Copertina
Autore AA.VV.
Titolo Il disegno del nostro secolo
SottotitoloPrima parte da Klimt a Wols
EdizioneMazzotta, Milano, 1994
LettoreRenato di Stefano, 1994
Classe arte , arti figurative
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Indice


  7 Presentazione
    Fondazione Antonio Mazzotta

 11 Cinque variazioni sul modo di
    praticare e guardare il disegno
    nel XX secolo
    Vittorio Fagone

 29 Quel che sogniamo d'aver visto
    Jean-Jacques Lebel

 41 Del disegno e del disegnatore
    Ewald Rathke

 60 Il disegno del nostro secolo

 61 Gusta Klimt
 69 Egon Schiele
 77 Oskar Kokoschka
 83 Amedeo Modigliani
 94 Marc Chagall
 99 Umberto Boccioni
109 Giacoma Balla
115 Carlo Carrà
122 Gino Severini
127 Mario Sironi
134 Pablo Picasso

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Pagina 9

Il Novecento è forse il secolo del disegno per eccellenza perché è il secolo della linea, del "punto e linea nel piano", così come esemplificato nella lezione dei due grandi pedagoghi del Bauhaus, Kandinsky e Klee. Mondrian sosteneva che la vita moderna è sempre più lontana dalla natura e quindi sempre più astratta. Punti, linee, figure geometriche diventano così emblemi e simboli. Il disegno, che è sempre stato considerato più astratto della pittura (cui invece era affidato il compito di imitare la completezza e la varietà del reale), diventa nel secolo dell'arte astratta e concettuale un fattore imprescindibile della partica e della teoria artistica. Con la caduta dell'obbligo mimetico, del riferimento al dato naturale e visivo da imitare, ecco che la semplice essenzialità del bianco e nero e del tratto contengono "a priori" l'intero universo dell'arte. Poichè tutti i movimenti artistici del nostro secolo hanno insistito sul fatto che l'arte moderna non è più imitazione del visibile ma ricreazione artistica del mondo, gli strumenti di questa rifondazione (linee, volumi, sezioni, piani ecc.) diventano gli elementi privilegiati del discorso teorico.

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Pagina 14

Baudelaire, che aveva sostenuto dal versante di una "critique poétique" uno strenuo attacco al «metodo» considerato omologante e improduttivo - ci vorranno centoventi anni prima che Paul Feyerabend assuma una posizione analoga in campo epistemologico -, aveva evitato di arenarsi nelle secche di un' "estetica mistica" teorizzando il valore determinante della "rencontre" tra l'acuta percezione poetica e l'irreversibile complessione dell'opera visuale. Poeta-critico e artista individuano una condizione di originale specificità dell'opera, determinata secondo un'intera coerenza, non separabile però, in accordo con le due grandi chiavi della cultura romantica, da un'inerenza stertta al generale clima storico e a una individualizzata determinazione esistenzaile.

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Pagina 27

L'esaltazione della fisicità del gesto primario del disegnatore come per un impulso a toccare ciò che dovrebbe costituire solo oggetto di percezione visuale, a trasferire una presenza in una memoria profonda, ridà fisicità all'orizzonte del disegno, spesso considerato, da Vasari in poi, una sorta di "terreno ideale". Il disegno è, in questa chiave, un "cercare" prima che un "comunicare". Non si tratta, per Derrida, dell'esperienza di bloccare la visione, di recuperarne, a specchio, interne accensioni e rivelatrici espansioni.

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