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| << | < | > | >> |IndicePrefazione 9 Abol-Ma'ali 17 Ebn-e Moqaffa' 23 Il leone e la mucca 27 Inchiesta sul comportamento di Dimna 75 Motavasheh, il colombo che portava un girocollo di perle 93 Le civette e i corvi 111 La scimmia e la tartaruga 139 La donnola e il serpente 151 Il gatto e il topo 155 Lo sciacallo e il leone 159 Il corvo e la pernice 171 Belar e i bramini 175 Il viaggiatore e il gioiello 199 Ebn-e Malak e i suoi amici 207 Postfazione 217 |
| << | < | > | >> |Pagina 27Ray Dabashelim, lo scià dell'India, disse un giorno al bramino Bidpai: "Raccontami lo hekayat' di quei due amici la cui amicizia si trasformò in odio per colpa di uno sparlatore che seminò zizzania." "Intendete dire lo hekayat del leone e della muc- ca", rispose il bramino Bidpai. E cominciò a raccon- tare: Hekayat C'era una volta un ricco mercante che aveva dei figli già adulti. Ma quei suoi figli non facevano niente e non si sognavano nemmeno di andare a lavorare. Campavano sulla ricchezza del padre e sperperavano tutti i suoi averi. Il mercante pensò: "Devo rimproverarli, affinché diventino più saggi." Li convocò e disse loro: "Figli, l'uomo cerca tre cose importanti nella vita. La prima è la ricchezza. La seconda è raggiungere un alto rango nella società e la terza è fare in modo che Dio sia sempre contento. Ma queste tre cose non si possono ottenere senza queste quattro qualità: guadagnare in modo sano; avere abbastanza buon senso da non perdere ciò che si è guadagnato; provvedere alla propria tamiglia e agli altri pensando all'aldilà; e infine restare sani per quanto è possibile. A chi manca una di queste quattro qualità, la vita si rivolterà contro." I figli del mercante lo ascoltarono e seguirono il suo buon consiglio. Il figlio più vecchio decise di darsi al commercio e partì per un lungo viaggio. Portò con sé due mucche: Bandabe e Shatrabe. Ma lungo la strada le due mucche finirono nelle sabbie mobili. Shatrabe rimase bloccata, senza più riuscire a venirne fuori. Con molti sforzi riuscirono a tirarla fuori dal fango, ma era troppo debole per continuare a camminare. Così il figlio del mercante pagò uno dei suoi servi perché la curasse fino a quando avrebbe ritrovato le forze. Il servo restò alcuni giorni con Shatrabe, ma poi cominciò ad annoiarsi. Allora la lasciò li, tornò dal mercante e disse che la mucca era morta. Dopo qualche giorno Shatrabe comincio pian piano a stare meglio. Alla ricerca di cibo, finì in un prato selvatico, dove crescevano erba tenera e piante profumate: un prato di cui il paradiso sarebbe stato invidioso e che il cielo guardava dall'alto con ammirazione. Shatrabe si ricordò improvvisamente di un detto: se arrivi alla fine del viaggio sano e salvo, non andare oltre; e se trovi un prato d'erba tenera e verde, fermati lì. Così Shatrabe rimase a vivere in quel prato meraviglioso e tranquillo e si rimpinzò della sua erba infinita. Allegra e ubriaca di piacere inizio a muggire talmente forte che un leone rosso che viveva in quei paraggi, e a cui tutti gli animali di quel territorio ubbidivano, la sentì. Mai prima d'allora il leone aveva visto una mucca, o aveva sentito fare "mu". Si spaventò e cominciò a tremare, ma non voleva che i suoi sudditi se ne accorgessero. Il leone perse l'allegria, non uscì più dalla sua tana e non si fece più sentire. Due dei suoi sudditi, due sciacalli di nome Calila e Dimna, erano molto svegli. Dimna era orgoglioso e curioso di natura. Disse a Calila: "Ho notato che negli ultimi tempi il leone, nostro re, è molto pensieroso. Che cosa gli sarà successo? Perché non esce più dalla sua tana, perché non va più a caccia?" "E a te che cosa importa?" rispose Calila. "Perché sei così curioso? Siamo sicuri al suo servizio, viviamo bene e abbiamo da mangiare in abbondanza. Non spetta a noi immischiarci nel lavoro di sua altezza, o dire qualcosa o fare delle domande. Nessuno bada a noi. Lascia le cose come stanno, altrimenti capiterà anche a te quello che è successo alla scimmia."
"Quale scimmia?"
Hekayat
C'era una volta un falegname che stava lavorando, mentre una scimmia lo
guardava. Il falegname aveva infilato due lunghi chiodi a metà su entrambe le
estremità di due assi. La scimmia vide che prima fissava un chiodo e poi tirava
fuori l'altro. Quando il falegname dovette allontanarsi per un po', la scimmia
saltò sopra le assi e iniziò a inchiodarle con il martello. Mentre lavorava, il
suo pene si infilò tra le due assi e siccome prima di fissare uno dei due
chiodi, aveva tirato fuori l'altro, le due assi finirono una sopra l'altra e il
suo coso rimase schiacciato in mezzo. La scimmia svenne per il dolore. Fare il
falegname non è un lavoro da scimmia.
"Capisco che cosa vuoi dire", disse Dimna, "ma chi cerca la compagnia di un re non lo fa solo per mangiare, perché la pancia se la può riempire ovunque. Cerca la compagnia di un re per raggiungere una posizione migliore, per aiutare i suoi amici, umiliare i suoi nemici, mettere da parte l'avarizia e acquistare nobiltà di carattere, perché chi pensa solo a riempirsi la pancia è una bestia, come i cani che si accontentano di un osso o di un pezzo di pane. Prendi invece un leone: se sta dando la caccia a un coniglio e all'improvviso vede una zebra, lascia senz'altro perdere il coniglio e si mette senz'altro a cacciare la zebra." "Capisco quello che dici", replicò Calila, "ma non è il nostro caso e noi non apparteniamo alla classe dei nobili. Per noi è meglio se non ci immischiamo nelle loro faccende." "È nostro diritto aspirare a un rango più alto e non accontentarci dell'umile posizione che occupiamo." Su quel punto Calila era d'accordo. "Di' un po', che cos'hai in mente?" domandò a Dimna. "Voglio andare dal re", rispose Dimna. "Forse i miei consigli funzioneranno e riuscirò a liberarlo dalla sua paura. Così diventerò suo amico e potrò migliorare la mia posizione." "Ma come fai a sapere che ha paura?" "La mia esperienza e la mia intelligenza mi dicono che è così: leggo tracce di angoscia sul suo viso." "Come farai a vivere presso il leone, se ancora non sai come si tratta un re?" "Chi è saggio non si arrende facilmente di fronte a un'impresa difficile. E a chi è tenace non mancano i mezzi per raggiungere il suo ideale. Un uomo saggio non è straniero in terra straniera: ovunque gli capiti di trovarsi potrà vivere della sua saggezza " Disse Calila: "I re non nominano consiglieri le persone più intelligenti e astute, ma quelle della loro cerchia a cui possono appoggiarsi. Sono come il tralcio di vite, che non cerca un albero robusto a cui attaccarsi, ma si aggrappa al primo che trova." "Non è sempre così. Le persone più vicine al re non hanno ereditato la posizione che occupano, ma l'hanno raggiunta poco per volta, con le loro forze e il loro impegno. Farò così anch'io e ce la metterò tutta. Dice un detto: 'Quando hai raggiunto una posizione importante, non preoccuparti più se l'hai ereditata o l'hai raggiunta con le tue forze.' " "Immagina di riuscire a ottenere la compagnia del leone: che cosa pensi di fare poi?" "Se riuscirò ad avvicinarmi al leone e a conoscerlo bene, lo servirò e gli darò, dal profondo del mio cuore, tutti i consigli necessari. Gli ubbidirò e non criticherò ciò che farà o i suoi modi. Quando vorrà prendere una decisione che va bene per lui e anche per il regno, mi esprimerò esageratamente sull'utilità del suo lavoro. Così sarà contento e io lo incoraggerò a prendere quella decisione. E se mi accorgerò che le sue idee sarebbero solo causa di miseria, rabbia e rovina per il suo regno e per i suoi sudditi, ci penserò su, rifletterò e sceglierò le parole giuste per esprimergli, con molta prudenza e la massima umiltà, il mio parere. Così lo avvertirò delle disastrose conseguenze della sua scelta. E questo non tutti osano farlo tra coloro che lo circondano. E alla fine, quando si renderà conto della mia saggezza, sarà lui ad avere più bisogno di me che io di lui." "Fallo, se sei così deciso, ma sappi che corri un grosso rischio. I saggi hanno detto che tre cose non si devono mai fare: cercare, da ignoranti, la compagnia di un re; assaggiare una sostanza per scoprire se è velenosa; e infine raccontare un segreto a una donna. I saggi paragonano i re a montagne alte e difficili da scalare, dove si trovano ogni genere di alberi da frutto, leoni, tane di serpenti e molti altri animali feroci. Vivere in un ambiente così è spaventoso." "Hai ragione, ma chi evita il pericolo, non diventa grande. Se non ci fossero i pericoli, chiunque, dandosi molto da fare, diventerebbe grande." Calila disse: "Anche se non sono d'accordo con te, ti auguro buona fortuna. Spero che Dio ti prenda sotto la Sua protezione."
E così Dimna se ne andò per realizzare il suo sogno.
Dimna salutò il leone. Il leone chiese ai suoi cortigiani chi fosse. "È il figlio del figlio degli sciacalli che una volta erano a servizio qui", rispose qualcuno. "Ah sì, adesso mi ricordo chi era suo padre." Il leone fece segno a Dimna di avvicinarsi e gli domandò dove abitasse. "In un angolo del palazzo reale, dove c'è la mia utopia", rispose Dimna. "Anche se la mia presenza è paragonabile a quella di un mosca in compagnia di un pavone, aspetterò pazientemente il momento in cui succederà un fatto importante e il re chiederà consiglio a questo suo piccolo suddito. Allora, con il mio sapere e la mia saggezza, darò a vostra maestà il consiglio necessario. Anche un piccolo suddito, nonostante la sua inferiorità, può rivelarsi utile. Anche se valgo meno di un fiore della foresta, il sultano può sempre servirsi di me come legna da ardere nelle sue cucine." Il leone rimase stupito sentendo Dimna parlare così. Si rivolse ai suoi consiglieri e disse "Questo sciacallo è saggio. E un saggio che conosce le arti saprà farsi notare per le sue arti e per la sua saggezza, anche se magari è uno sconosciuto e ha molti nemici. La saggezza è simile alle fiamme di un fuoco: appena si cerca di spegnere un fuoco, le sue fiamme si alzano verso l'alto." Dimna sentì ciò che diceva il leone e fu contento, perché capì che il suo piano cominciava a funzionare. Prese di nuovo la parola: "È dovere dei sudditi dare al re un parere scientifico sulle questioni importanti, perché se il re non conosce bene i suoi sudditi e non è in grado di misurare la profondità della loro saggezza, non potrà servirsi di loro. È come un piccolo seme che sta sotto terra e nessuno lo vede, ma che, non appena sbuca, germoglia e adorna il mondo con la sua bellezza, e solo allora tutti sanno che cos'è veramente. È diritto di un suddito che il re gli offra la possibilità di crescere, ma chi non è adatto non deve avere la precedenza sui saggi e sugli artisti. Perché due sono le cose che un re non fa: mettersi un fazzoletto a un piede o una calza in testa. Né si incastonano perle e rubini nel piombo al posto dell'oro: questo non diminuirà il valore del gioiello, ma il fabbro verrà rimproverato per il suo errore. È dannoso essere circondati da molti amici sprovveduti e incapaci di prevedere le cose. Ciò che è utile va cercato tra i maestri del sapere e tra i saggi e non tra i molti conoscenti. Chi porta rubini non soffre, ma chi porta pietre si stanca e in caso di necessità non è in grado di usarle. E non bisogna guardare con disprezzo chi è intelligente e astuto, ma proviene da una famiglia umile. Prendete, ad esempio, una sella: è un pezzo di pelle che sta vicino al terreno, ma con cui si può fare una sella sulla quale può sedersi perfino un re; o le budella con le quali è fatto l'arco del re. Nessuno è più vicino al popolo di chi proviene dal cuore del popolo."
Quando Dimna ebbe finito di parlare, il re lo guardò con più ammirazione di
prima. Gli si rivolse cordialmente e gli domandò se volesse tenergli compagnia.
Un giorno in cui si trovava presso il leone, Dimna cercò il momento opportuno per parlargli da solo. Non appena ne ebbe la possibilità, gli si avvicinò e disse: "Ho notato che da un po' di tempo vostra altezza non esce più e non ha voglia di andare a caccia. C'è forse qualcosa che non va?" Il leone si trattenne, affinché non trapelasse nulla della sua paura, ma proprio in quel momento Shatrabe muggì fortissimo. Allora il leone fu preso da un tale panico, che non riuscì più a stare zitto e rivelò a Dimna íl suo segreto. "Ecco, hai sentito questo grido?'" gli domandò. "Non so da dove provenga, ma secondo me deve provenire da un grosso animale. E se è così, è meglio che io lasci questo prato." "C'è forse qualcos'altro, oltre a questo che preoccupa il sultano?" chiese Diurna. "No", rispose il leone. "Allora non è giusto che un leone abbandoni il suo posto per un motivo simile, lasciando il vuoto dietro di sé. Dice un proverbio: vantarsi indebolisce la ragione, le bugie sono nemiche delle buone maniere e un rumore molto forte è letale per un cuore debole. Ma io ho letto sui libri che non bisogna sempre prendere sul serio ogni rumore forte che si sente o ogni grosso animale che si vede. La storia della volpe e del tamburo ne è un buon esempio."
"Raccontami la storia!" disse il leone.
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