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| << | < | > | >> |IndicePrefazione xix Introduzione xxi Come è organizzato il libro xxii Capitolo 1 - Conoscere Mac 05 X 1 Installazione 1 Su quali computer si può installare Leopard 1 Installare Leopard su un sistema che non lo consentirebbe 3 Time machine durante l'installazione 3 Installazione a monitor spento 5 La formattazione del disco fisso 5 Con cosa stampi? 6 Come far nascere un cucciolo di leopardo 6 Il leopardo comincia la sua caccia 8 L'ultimo passo per pochi 9 Aggiornamento Software 10 Avviare Aggiornamento Software 10 Programmare gli aggiornamenti periodici 12 Comprendere gli aggiornamenti 12 Per chi possiede più di un Mac 13 Per chi possiede più di un utente 13 Multiutenza, account, permessi 13 Tipi di account 14 Utente, amministratore e root 14 Creare un account 15 Aggiungi un posto a tavola 21 La botte piena e la moglie ubriaca 22 Cartelle speciali per gli account 23 Cambio utente rapido 24 Permessi e privilegi 26 root, il padreterno 29 Cancellare un account 30 Capitolo 2 - Il lancio del disco: davanti a Leopard 33 [...] Capitolo 3 - Le applicazioni fornite con Mac 0S X 123 [...] Capitolo 4 - Il sistema operativo che fa rete 243 [...] Capitolo 5 - .Mac, l'appendice Internet di Mac 281 [...] Capitolo 6 - Segreti assortiti per Mac 05 X 297 [...] Capitolo 7 - Chiamate la sicurezza 311 [...] Capitolo 8 - Quando le cose vanno storte 341 [...] Capitolo 9 - Sotto al cofano 363 [...] Capitolo 10 - Mac 05 X server, quello con i muscoli 375 [...] Capitolo 11 - Dal Terminale a Unix (e oltre) 385 [...] Appendice A - Scorciatoie da tastiera 443 [...] Appendice B - Siti utili per Mac 05 X 449 [...] Indice analitico 473 |
| << | < | > | >> |Pagina xxiIntroduzioneSi suppone che nell'introduzione gli autori dichiarino i motivi che li hanno spinti a scrivere il volume e gli obiettivi che si sono dati. Per chiarirlo, nel nostro caso, vorremmo cominciare spiegandovi che cosa non troverete tra le due copertine. Questo non è un libro su Mac OS X versione 10.5 Leopard, il prodotto Apple. Non siamo partiti con l'idea di voler documentare ogni singola funzionalità del nuovo sistema operativo di Apple. Sarebbe stato facile mettere in piedi sei pagine dove mostriamo che in Photobooth è possibile cambiare lo sfondo. Facilissimo, addirittura, se avessimo documentato la cosa con dovizia di immagini che riempiono le pagine. Crediamo però che questo tipo di informazione venga fatto meglio e più velocemente sui siti web; e che questo tipo di scoperta ed esplorazione sia più efficace se ciascuno gioca un po' con il proprio calcolatore. Questo è invece un libro su Mac OS X, il sistema operativo. Lo presenta, lo piega, lo illumina. Parte da poco più di zero: se sapete far clic, aprire e chiudere finestre, selezionare voci dai menu potete benissimo cominciare la lettura. Di tutti i programmi significativi che trovate installati in un nuovo Mac questo libro visita i menu, presenta le opzioni, consiglia la configurazione e le preferenze. Un comune manuale si fermerebbe qui, ma noi abbiamo cercato di andare oltre. Nel libro, e specialmente negli ultimi tre capitoli, abbiamo cercato anche di far capire come e perché il sistema operativo funzioni. Di dare una occhiata dentro al cofano e nel vano motore. Non cerchiamo di insegnare al lettore a programmare e neppure di trasformarlo in un sistemista, ma vorremmo che capisse bene come è architettato Mac OS X: solo in questo modo infatti l'utente può ragionare con il suo cervello e trovarsi da solo le soluzioni. L'utilizzatore che ha davvero capito come "gira il fumo" può intuire dove si troveranno le opzioni e le preferenze nei programmi che non sono ancora stati pubblicati mentre questo libro veniva scritto; non ha bisogno di tornare a sfogliare il manuale per ricordarsi le cose, ma semmai soltanto per recuperare uno specifico comando al Terminale. È diventato padrone della sua macchina: la guida personalmente, non se ne fa trasportare. Proprio qui sta la differenza tra il nostro libro e il "manuale che non c'è" che gli fa concorrenza. Non volevamo scrivere un manuale di consultazione, ma una scuola guida. A proposito di Leopard: questo libro certamente è basato sulla nuova versione del sistema operativo di Apple, ma non dipende da esso. Abbiamo lavorato su Mac OS X 10.5, seguendone tutte le fasi dello sviluppo, a volte riscrivendo il testo quando gli ingegneri di Apple cambiavano le cose in corsa, e ricontrollando tutto sulla beta finale in modo che il volume arrivasse in libreria tempestivamente, eppure in linea con il software che effettivamente è apparso negli scaffali.
Non diremmo però che questo libro dipenda da Leopard. Anzi, potrebbe
benissimo venire letto e fruito da chi ha un Macintosh basato su OS X 10.4
Tiger, perché abbiamo cercato di etichettare e esplicitare tutte le novità
dell'ultimissima versione ma senza farne l'oggetto del testo. Ci piacerebbe
addirittura se il nostro libro venisse comprato prima
della confezione di OS X 10.5. Immaginiamo che il lettore legga con calma,
imparando cose che prima ignorava sul sistema operativo e notando in ogni campo
di applicazione quali sono i miglioramenti, le novità, le ottimizzazioni
introdotte da Apple in 10.5. Il nostro lettore ideale, poi, deciderà se correre
dal proprio rivenditore per acciuffare la confezione di Leopard o se invece
attendere il prossimo cambio di calcolatore per passare al nuovo sistema
operativo.
Come è organizzato il libro Nelle prime cento pagine circa spieghiamo come installare e come configurare Mac OS X. Il sistema operativo Apple non è simile alle vecchie automobili modello T che, come dichiarò notoriamente il produttore Ford, potevano venire acquistate in qualsiasi colore purché nere. È invece un oggetto duttile e personalizzabile, che assume un aspetto speciale per venire usato dai bambini, un altro per gli adolescenti, uno ancora diverso per i non vedenti. Passiamo poi a documentare Mac OS X. È in questa parte, la più manualistica, che presentiamo le applicazioni fornite di serie con Leopard, le loro opzioni, le interazioni reciproche. Ci allarghiamo anche per presentare più in generale l'installazione e configurazione di altre applicazioni. Per esempio, una delle maggiori novità di Mac OS X 10.5 è Boot Camp (che permette di installare Windows sulla stessa macchina che ospita Leopard); noi abbiamo dedicato qualche pagina a spiegare cos'è, come funziona e quali sono le tre alternative. Più, naturalmente, vantaggi e svantaggi di ciascuna. Non abbiamo detto nulla dell'installazione o della manutenzione di Window - che avrebbe richiesto ben oltre cinquecento pagine extra. La parte centrale del libro è dedicata alla rete e alla manutenzione: cominciamo spiegando come stampare, scambiare documenti, usare il servizio .Mac, sincronizzare il cellulare e il palmare e in generale collegare il Mac al resto dell'universo. Una parte di questo spazio sarà preziosa ai proprietari di portatili, e la cosa ci sembra doverosa visto che ormai si tratta della maggioranza dei Mac messi in commercio. Un intero capitolo è dedicato alla sicurezza perché se è pur vero che Mac OS X è un sistema progettato per essere sicuro (a differenza di altri sistemi operativi di cui non faremo il nome), parte di questa sicurezza dipende dalle accortezze a cui noi utenti dobbiamo sottostare. In altre parole, se l'architetto che ha progettato casa l'ha realizzata con criteri antincendio, antisisma e il miglior sistema antifurto al mondo, non possiamo pretendere di vivere in una casa sicura se lasciamo una latta di benzina vicino ai fornelli di cucina o la porta blindata spalancata. Per quanto riguarda la manutenzione, abbiamo voluto documentare tutta una serie di procedure utili quando Mac non si avvia, o segnala problemi al disco rigido. Una manciata di pagine è dedicata alle cose da fare prima che si verifichino problemi (oltre e al di là delle copie di sicurezza) in modo che gli interventi di recupero siano facilitati e velocizzati quando ne nasce la necessità. Le ultime cento pagine del libro potrebbero anche essere tralasciate dal lettore meno curioso, ma non lo consigliamo. Si parla del Terminale, croce e delizia degli appassionati di Mac. Partendo da zero, guidiamo l'utente a capire non solo a cosa serva, ma soprattutto quando serve. Il Terminale infatti viene spesso visto come un libro di magia nera, dai poteri oscuri, sconfinati e pericolosi: è invece un modo diverso, più vecchio ma non meno sofisticato, di dare ordini al nostro calcolatore. È un po' come se foste abituati a scambiare informazioni con uno straniero disegnando schemi, figure e simboli su un blocco di carta e improvvisamente vi insegnassero a parlargli. Scoprireste che certamente alcune cose si spiegano meglio per immagini mentre altre a parole, e vedresti che il colloquio diviene molto più chiaro e veloce se siete in grado di usare entrambi i modi di comunicare. Buona lettura, e non solo. Provate quello che leggete, sperimentate, approfondite. Diventerete maestri di Mac OS X. E questo libro diventerà una rampa di lancio. Per noi sarebbe il massimo della soddisfazione. Per voi, crediamo, pure. | << | < | > | >> |Pagina 363Capitolo 9
Sotto al cofano
Parliamo ora sinteticamente di alcune caratteristiche
progettate all'interno di Mach, il nucleo di Mac OS
X: la loro presenza rende il nuovo sistema operativo
Leopard (Mac OS X 10.5) più brillante in vari casi
specifici. Alcune di queste caratteristiche sono state
introdotte in Tiger (Mac OS X 10.4) e sono state
perfezionate in Leopard; altre sono una novità. Per
alcune figure professionali queste caratteristiche
possono essere importanti e persino suggerire un
aggiornamento immediato a Leopard.
Due, quattro, otto processori Quasi tutti i Macintosh venduti sino a tutto l'anno 2005 possiedono un solo processore e quel processore sa eseguire una sola istruzione per volta. Questo modo di lavorare dei processori recenti ma non recentissimi viene qualche volta chiamato seriale o single core. Tutti i Macintosh in produzione oggi e la quasi totalità di quelli venduti dall'inizio del 2006 in poi lavorano invece con più processori e/o con processori dual core, i quali sono in grado di eseguire più istruzioni per volta. È abbastanza intuitivo il fatto che un processore dotato di parallelismo interno, cioè capace di eseguire più istruzioni contemporaneamente, sia migliore di un processore che non ne è capace, ma le prestazioni di un computer non dipendono certo solo da questa prerogativa. Il sistema operativo Mac OS fino alla versione 9 non era in grado di lavorare veramente bene con più di un processore per volta. Anche se esistevano già alcuni modelli estremamente costosi di Macintosh dotati di più di un processore, l'utilizzo in parallelo di queste due unità di calcolo incontrava severe limitazioni, al punto che essi venivano utilizzati solo per alcuni compiti estremamente specifici. Con l'arrivo di Mac OS X, invece, è stato il sistema operativo stesso a farsi carico della distribuzione del carico di lavoro su tutti i processori disponibili: con alcune limitazioni. Il computer, in ogni momento, esegue una gran quantità di programmi più o meno contemporaneamente. Una visita al programma Monitoraggio attività, che si trova nella cartella Utility della cartella Applicazioni, mostra la gran quantità di programmi aperti contemporaneamente sul computer. Tutti i programmi elencati sono in questo momento presenti nella memoria centrale del computer e competono per l'attenzione del microprocessore. È evidente dunque, che il computer in ogni momento ha molto lavoro da svolgere. È perfettamente possibile immaginare un Macintosh che lavora con un centinaio di processori contemporaneamente presenti e attivi: basterebbe dedicare un processore a ciascuno di questi processi che noi vediamo attivi in quel programma. Tuttavia non sarebbe un uso particolarmente efficace della potenza di questo ipotetico Macintosh da cento processori: infatti, la maggior parte dei processi visibili nel monitor delle attività richiede una quantità minima di potenza di elaborazione per funzionare. Per esempio, il programma LoginWindow, che è perennemente attivo su Macintosh, serve quasi esclusivamente a consentire la connessione al computer digitando nome e password. Il programma deve restare perennemente aperto, in modo da essere a disposizione quando un utente corrente smette di lavorare, in modo che l'utente successivo possa prendere il possesso del Macintosh (oppure che l'utente attuale possa riprenderne il possesso dopo un periodo di pausa). È chiaro che destinare un intero processore al lavoro di un processo semplice come LoginWindow sarebbe un colossale spreco di potenza di calcolo (Figura 9.1). Molto più interessante è la possibilità di dedicare più processori contemporaneamente a quei programmi applicativi che eseguono calcoli estremamente complicati, come per esempio Photoshop con i suoi filtri per l'elaborazione delle immagini in qualità fotografica, oppure iMovie con la sua necessità di elaborare tutti i fotogrammi di un intero film. Qui però la flessibilità del sistema operativo Mac OS X non è più sufficiente da sola. Anche se il sistema operativo è abbastanza intelligente da distribuire programmi aperti contemporaneamente su tutti i processori disponibili, la sua intelligenza non è più sufficiente per consentire a un programma di lavorare contemporaneamente su più processori: infatti un programma, normalmente, non è nient'altro se non una sequenza di operazioni che vengono eseguite dall'inizio alla fine. Un programma come iMovie può lavorare contemporaneamente con più processori soltanto quando i suoi programmatori intuiscono la possibilità di sfruttare tutti questi processori in parallelo; ovvero il programmatore che si trova a dover elaborare uno stesso effetto su più fotogrammi destina ciascuno di quei fotogrammi a un differente processore, in modo che, per esempio, l'elaborazione di quattro fotogrammi avvenga contemporaneamente su altrettanti processori. In questo modo l'elaborazione dei quattro fotogrammi termina in un quarto del tempo necessario in un Macintosh dotato di un unico processore operante alla medesima frequenza di elaborazione in GHz. Quindi, soltanto i programmi che sono stati creati dai loro autori in modo da riconoscere e sfruttare la presenza contemporanea di più processori (o più nuclei all'interno del medesimo processore, il che è pressappoco la stessa cosa) sfruttano questa caratteristica dei Macintosh moderni (Figura 9.2). Non tutti i programmatori compiono lo sforzo necessario a rendere i lori programmi così intelligenti: non tutti i programmi sono così intelligenti da dividere il loro carico di lavoro su tutti i processori disponibili. Soltanto i programmi che richiedono una gran quantità di potenza di calcolo sono internamente parallelizzati in modo da sfruttare tutta la potenza dei moderni processori dual core e quad core. Questo ha senso, poiché nessuno vuol pagare il doppio un programma che, nella pratica, si mostra soltanto l'uno percento più veloce rispetto al programma sviluppato nella metà del tempo e quindi costoso la metà. Tuttavia è importante notare che un programma moderno e ben scritto, per esempio Adobe Photoshop CS3, potrebbe dimostrarsi meno prestante di quanto dovrebbe sui Macintosh moderni dotati dell'ultima versione di Mac OS X. Per esempio, se inserite in Photoshop ultima versione un filtro, (o plug in), vecchiotto allora è certamente possibile che l'esecuzione di questo filtro rallenti Photoshop, perché l'autore di quel filtro non aveva pensato a parallelizzarne l'esecuzione. Sarà sufficiente aggiornare il filtro all'ultima versione, o in alternativa sostituirlo con un filtro equivalente ma sviluppato in tempi più moderni o da un programmatore più abile, per vedere aumentare a dismisura le prestazioni di Photoshop quando si fa uso di quel filtro. Qualcuno potrebbe a questo punto chiedersi: ma se questa è la realtà dei fatti, perché gli ingegneri che progettano i moderni microprocessori non li realizzano con un solo nucleo ma a una velocità di esecuzione della singola istruzione migliorata su quell'unico nucleo? In effetti, questo è quello che si è fatto sino al 2005 circa, dopodiché, però, gli ingegneri hanno incontrato un limite non più valicabile: la velocità della luce. I circuiti non possono trasmettere informazioni a una velocità superiore e ogni tentativo di velocizzare i processori, ovvero la velocità di esecuzione di ogni singola istruzione all'interno del processore, andava a scontrarsi contro quel limite. I processori stavano diventando sempre più ingordi di corrente elettrica, il loro raffreddamento sempre più problematico e a causa di questi limiti fisici erano sempre meno utilizzabili nei computer portatili. È stato dunque deciso di concentrare le forze degli sviluppatori sulla possibilità di introdurre più unità di elaborazione all'interno di un unico microprocessore: è così che sono dunque nati i processori dual core e poi quad core che trovate nei moderni Macintosh. Il lettore del nostro libro a questo punto potrebbe allora domandarsi: non è possibile che io abbia investito moltissimi soldi per comprare un computer moderno e in realtà questa macchina, alla prova dei fatti nell'esecuzione dei lavori che io faccio giorno dopo giorno, si dimostri veloce tanto quanto il mio computer precedente? Questo è certamente possibile: chi usa programmi non adattati per la realtà dei moderni sistemi dual core, come per esempio Microsoft Word 2004, potrebbe trovarsi di fronte ad un programma che non beneficia affatto della presenza di un processore dual core o quad core. Resta il fatto che in un Macintosh moderno difficilmente in un dato momento è in esecuzione un solo programma: se siete abituati a tenere aperti più programmi contemporaneamnte, magari per scaricare un documento da Internet o per ricalcolare l'indice del disco rigido con Spotlight mentre state scrivendo una lettera usando Microsoft Word, sicuramente il vostro computer sarà un po' più efficiente usando un sistema dual core rispetto a quanto lo sarebbe stato con un singolo processore, ma la differenza, in effetti non sarà particolarmente sensibile. Chi invece ha acquistato un sistema a due o più processori perché sa di avere necessità di sfruttare tutta la potenza del calcolo parallelo, potrebbe chiedersi se il suo sistema sia effettivamente efficacemente utilizzato, cioè se sia l'hardware sia il sistema operativo sia il software in uso siano combinati al meglio per dare la massima velocità di elaborazione. Per ottenere le massime prestazioni da un Macintosh moderno occorre pertanto badare a tre fattori distinti: serve la versione più recente del sistema operativo (consigliamo almeno Mac OS X versione 10.4 o superiore), naturalmente un Macintosh dotato di un numero quanto più grande possibile di nuclei di elaborazione (per esempio un Mac Pro) e una versione sufficientemente recente e ben scritta del programma sul quale state lavorando. Come si capisce facilmente, è proprio quest'ultimo l'aspetto più problematico. Come capire se l'applicativo sfrutta al meglio tutti i core, i nuclei a nostra disposizione? Un sistema piuttosto semplice sfrutta un software gratuito distribuito da Apple sul proprio sito: i CHUD Tools (Figura 9.3). | << | < | > | >> |Pagina 385Capitolo 11
Dal Terminale a Unix (e oltre)
Nel 2000, con l'addio al Mac OS tradizionale, giunto in sedici anni di evoluzione alla versione 9.2.2, Apple preparò l'ingresso nel nuovo millennio con una svolta davvero epocale in termini di sistema operativo. Mac OS 9 aveva raggiunto grandi livelli di maturità e affidabilità ma le sue fondamenta con consentivano di fargli compiere un salto di qualità, consistente essenzialmente nel multitasking (avere più applicazioni in funzione, contemporaneamente) al massimo dell'efficienza, memoria protetta (far sì che se un programma si blocca il resto del sistema continui a funzionare), memoria virtuale (sfruttare la RAM al massimo e, quando serve, usare lo spazio del disco fisso come se fosse RAM) e una nuova architettura, riveduta da zero, più moderna e adeguata per l'evoluzione. La scelta di Unix, da questo punto di vista, può sembrare paradossale, dal momento che questo sistema operativo si avvia a compiere i quarant'anni di vita e parlarne nel nuovo millennio pare poco indicato. Invece Unix è la scelta migliore possibile. È il primatista mondiale indiscusso in fatto di stabilità ed efficienza, è flessibile come Mac OS o Windows non potranno mai sperare di essere ed è, naturalmente, assai collaudato. Di più, Apple ha lavorato a lungo al proprio concetto di Open Desktop, e Unix rappresenta la base migliore per attuarlo. Open Desktop significa, essenzialmente, la possibilità di eseguire programmi per Mac OS classico, per Mac OS X, per il sistema grafico XWindow (molto popolare su Unix), per altre varianti di Unix, per i programmi in linguaggio Java e per qualsiasi altra piattaforma si renda disponibile. L'apertura a Unix significa che improvvisamente il numero di programmi disponibili per Mac OS X è praticamente triplicato. Inoltre aumentano di giorno in giorno i programmatori Unix che rivolgono il loro sguardo a Mac OS X, grazie alla compatibilità prima inesistente e all'eleganza del sistema, allargando ulteriormente il parco software a disposizione di chi usa Mac OS X. Inoltre le fondamenta di Mac OS X sono open source, ossia aperte e liberamente scaricabili, esaminabili e migliorabili da chiunque nel mondo. È una garanzia, un vantaggio e un'opportunità in più per utenti, programmatori e anche per Apple. La vera sfida di Mac OS X è stata per Apple (azienda all'avanguardia nella realizzazione di software semplice da usare) facilitare l'utilizzo di Unix, un sistema operativo intrinsecamente difficile da padroneggiare. L'interfaccia grafica di Mac OS X serve proprio a questo: rendere Unix usabile anche da una persona non esperta. Ma sotto icone e finestre il cuore del sistema è accessibile a tutti quanti sentano la curiosità o la necessità professionale di entrarvi.
Questa trattazione del Terminale non vi aiuterà a diventare esperti di Unix:
non basterebbe un libro intero. Invece intende dare la consapevolezza di che
cosa si muove sotto l'interfaccia grafica e offrire le nozioni base del suo
utilizzo. Per usare al meglio Mac OS X non è necessario conoscere Unix; tuttavia
una conoscenza anche superficiale offre alcuni vantaggi e maggiori possibilità a
chi vuole approfittarne. L'interfaccia grafica, infatti, per sua natura, non può
dare accesso a tutte le possibilità del sistema.
NOTA
Il cuore Unix di Mac OS X è inevitabilmente basato sulla lingua inglese. Di
conseguenza, anche in un sistema italiano, il nome di tutte le cartelle
predefinite del sistema e dei comandi è in inglese.
SUGGERIMENTO
Potete immaginare il lato Unix di Mac OS X come un sistema più elementare,
specializzato e difficile in grado di svolgere, dietro le quinte, i compiti che
svolgete in modo sofisticato, comprensibile e facile con l'interfaccia grafica
di Mac OS X. Non è necessario conoscere Unix per usare Mac OS X. Chi non fosse
interessato all'argomento può usare con profitto Leopard anche saltando questo
capitolo.
Lo Unix di Mac 0S X Si fa presto a dire Unix. Dalla sua creazione, avvenuta nei laboratori Bell all'inizio degli anni Settanta, questo sistema operativo si è ramificato in diverse varianti o dialetti, in inglese flavour. Una variante recente, relativamente nota anche ai non addetti ai lavori, è Linux, il cui primissimo nucleo è nato a fine 1991 a opera di un programmatore finlandese di nome Linus Torvalds. Lo Unix di Mac OS X si compone di diversi strati, frutto di tecnologie sviluppate in vari ambiti.
Un kernel Mach: il kernel è il nucleo del sistema operativo, che cura al
livello più basso i contatti tra il software e l'hardware. Mach è stato
inizialmente sviluppato presso l'università
Carnegie-Mellon, ha attraversato vari stadi evolutivi presso NeXT (la società
fondata da Steve Jobs negli anni del suo esilio da Apple e successivamente
acquistata da Apple stessa)
ed è stato ulteriormente arricchito da Apple, appositamente per Mac OS X.
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