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| << | < | > | >> |IndiceL'incontro mancato 9 Introduzione 13 1. Aggettivi L'insostenibile pesantezza del turista, 13 Viaggiatori leggeri, 22 Il «peso» dello zaino, 26 37 2. Incontri Etici e responsabili, 37 L'incontro interrotto, 47 Il malinteso, 56 59 3. Equivoci Delusi da Timbuctu, 59 «Roots travels», 67 Il dono di Arouna, 72 81 4. Specchi Mediatori turistici, 81 Il turista, il nativo, le foto, 90 Musei, 102 111 5. Maschere Stereotipi, 111 Danzare per lo straniero, 114 L'autenticità perduta, 124 138 6. Bagagli Come rabdomanti, 138 Portarsi con sé, 143 Lo spazio del turista, 146 Tempo libero, tempo vuoto, 151 In gruppo, 158 162 7. Ritorni L'incontro narrato, 162 Immagini, 168 Tornare stranieri, 170 173 Bibliografia |
| << | < | > | >> |Pagina 9IntroduzioneRimuginiamo sul fatto che ormai gli antropologi non hanno più molto da fare con le popolazioni primitive, ridotte a sbandati straccioni o comparse esotiche. Qualche rara équipe insegue gli ultimi gruppi nelle foreste dell'Amazzonia, ma se li trovano ancora nudi con arco e frecce, subito li contagiano con il raffreddore o l'influenza, malattie per loro letali. Dunque perché non farla finita e scegliersi un oggetto di studio meno deperibile, come appunto sono i turisti? I turisti sono sani, parlano quasi tutti l'inglese, sono un popolo in crescita vertiginosa. Inoltre hanno già elaborato un loro sistema di credenze, una mitologia molto complessa, dei propri modi di vestirsi, mangiare, viaggiare. La cosa importante, dice Jean, è che ormai sono un vero popolo. Ed ecco improvvisamente un amore fraterno per tutti i turisti, perché forse è l'unico popolo a cui si può appartenere ormai, in quanto viaggiatori o sbandati perpetui. G. Celati, Avventure in Africa Estate 1987, strada Nairobi-Arusha. L'autista del bus è un kikuyu simpatico e chiacchierone. Mentre percorriamo la savana appena a sud della città vedo due masai, vestiti come ci si aspetta che siano vestiti i masai, camminare lungo la strada. «Quelli sono masai!» dico entusiasta girando il capo per seguirli con lo sguardo, mentre sfilano accanto al bus che corre rapido. L'autista mi guarda contrariato. È quasi arrabbiato: «Voi bianchi io non vi capisco. Siete venuti a civilizzarci, avete portato la modernità, le auto, la città. Poi venite qui e nemmeno guardate i grattacieli di Nairobi! Nairobi è una grande città, moderna, ma voi andate a cercare quelli che vivono nelle capanne. I selvaggi, come quei masai. Guarda come sono vestiti loro e guarda come sono vestito io!» Allora facevo il turista, non l'antropologo, e come tale cercavo nel viaggio un appagamento alle mie curiosità, al mio desiderio di conoscenza e di esotismo, ma anche di emozioni nuove. Emozioni che non potevano darmi i grattacieli di Nairobi, perché non rientravano nel mio immaginario turistico. Un immaginario peraltro condiviso dalla maggior parte di chi intraprende viaggi in paesi lontani, ma non da quell'autista di bus. Il suo aspirava a una modernità da cui io volevo evadere, a un modello di città che io vivo tutti i giorni e, giustamente, si era arrabbiato con me perché mi entusiasmavo per quelli che lui considerava i residui di una cultura destinata a scomparire proprio sotto la spinta di quella società che noi bianchi avevamo esportato in Kenya. In quel momento lui era più occidentale di me e il nostro sguardo vedeva cose diverse. Vedere cose diverse, ecco l'equivoco che spesso attraversa l'incontro del turista con un mondo lontano dal suo. Non è mia intenzione occuparmi di certe forme di turismo di massa, su cui spesso si ironizza, ma di quel turismo che si rivolge ai paesi extraeuropei e propone esperienze di carattere culturale o naturalistico ai viaggiatori. Il turista che cerca il villaggio vacanze per il puro piacere del relax, del divertimento e del sentirsi trendy può essere oggetto di molte analisi e critiche. Così come vari altri tipi di turisti più o meno «macdonaldizzati», ingabbiati in programmi preconfezionati che lasciano poco o nessuno spazio all'incontro. Si tratta di evidenti messe in scena dell'esotico, di costruzioni teatrali dove i luoghi visitati finiscono per diventare dei semplici fondali e i loro abitanti, al massimo, delle comparse di seconda fila. Ci sono però altre forme di turismo, che si pongono in alternativa ai modelli di massa, e che stanno tentando, per voce di associazioni, organizzazioni non governative ed enti vari, di proporre un tipo diverso di incontro con l'altro. Il turismo che si definisce «responsabile, etico, sostenibile» ha dato vita a nuovi immaginari, a «esotismi» diversi, che spostano il turismo dalla sua tradizionale dimensione di svago a quella dell'esperienza. Come scrive Jean Michaud:
Da circa una ventina d'anni la domanda per il cosiddetto turismo d'avventura
è costantemente in aumento, soprattutto da quando, come avviene da alcuni anni,
si è unito al discorso promozionale un sapiente dosaggio di valori umanitari
alla moda
[...] Si sono ora aggiunti dei concetti
vedette,
quali la scoperta delle culture altre (a maggior ragione se in via
d'estinzione), la conoscenza dell'umanità, l'esperienza primordiale, emotiva e,
paradossalmente, la fuga dai luoghi da quell'altro turismo, quella volgarità che
è il turismo di massa.
Il turismo esotico in genere è caratterizzato da tre paradossi: l'impossibile ricerca dell'autenticità; un certo fondo di paura; lo spazio vuoto dell'incontro, la cosiddetta «bolla ambientale». Quest'ultima è il prodotto di tutti gli sforzi messi in atto dai molti mediatori che accompagnano il turista (dal tour operator alla guida locale) per attenuare lo shock dell'incontro: incontrare l'Africa, l'Asia o l'Australia senza mai provarle pienamente. Lo notiamo facilmente nel turismo convenzionale, quello dei gruppi e dei pacchetti vacanze, dove il turista si «arrende» alle proposte dell'organizzatore e del mediatore; tuttavia, nemmeno le forme alternative di turismo messe in atto oggi sono immuni da tale interposizione. Ho fatto il turista e l'accompagnatore di turisti prima di fare l'antropologo. È stato viaggiando come turista che mi è nata la passione per le culture altre. Non è quindi mia intenzione «sparare sul turista», ma riflettere sul fatto che l'incontro, promesso dagli operatori e desiderato dai viaggiatori, finisce spesso per essere viziato o interrotto da equivoci, incomprensioni, e dalle aspettative precostruite con cui noi di solito viaggiamo. Insieme con gli abiti, le medicine, le guide, il bagaglio del turista contiene anzitutto le sue incertezze, le sue paure, la sua visione del luogo e delle persone che sta per incontrare. Un beneficio indotto dalla pratica del turismo potrebbe essere un maggiore apprezzamento della diversità culturale. Allo stesso tempo, però, la breve e superficiale presentazione del patrimonio culturale di una popolazione, attraverso gli eventi organizzati che sono tipici del turismo, può far nascere malintesi e stereotipi.
La costruzione dell'immaginario turistico, sia esso fondato
sull'esotismo o sull'attenzione alle questioni sociali, come nel
caso del turismo alternativo, dà sempre vita a chiavi di lettura che ci
accompagnano fin dalla partenza e che sovente finiscono per aprire una sola
porta d'accesso ai mondi visitati: quella per gli stranieri.
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