Copertina
Autore Edoardo Albinati
Titolo Guerra alla tristezza!
EdizioneFandango, Roma, 2009, , pag. 406, cop.fle., dim. 14,8x21x2,2 cm , Isbn 978-88-6044-126-3
LettoreLuca Vita, 2010
Classe narrativa italiana
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Indice


GUERRA ALLA TRISTEZZA!

Astronauti                                       13
Voci nel buio                                    22
Vita in breve di Guido Dirceo                    37
Il fulmine                                       40
Un amico                                         45
Cosa debbo fare con te, amore mio?               47
Stanotte muori!                                  51
Serenata al rettilario                           53
Presepe in acido                                 62
Ore di sessanta minuti                           64
Cream                                            77
Le quattro sorelle di Gisele (puzzle)            89
Ogni babbo è Stephen King                        70
Un pilota spaziale                               98
Spine                                           104


SUPERCREDERE

Simboli                                         115
Quanto a morire                                 116
Serata iniziatica                               118
Corso di chitarra per principianti              120
Casi di un gondoliere                           123
Il serpentello                                  126
Ossessione per il nome: Donatella               128
Massimo in coma                                 131
Sulla curva                                     133
Carne di cavallo                                138
La morte più assurda                            140
Familiarità                                     142
Tristezza di San Luigi                          143
Riflessioni su una lattina di birra Mythos      149
Analisi illogica                                151
Amroscio                                        154
Sciarada                                        158
L'uomo che bruciò un'isola per amore            164
W.M., un mito                                   167
Chi crede in Dio                                169
Folgorazione                                    171
Sci d'acqua                                     174
Undicesimo: non insegnare                       176


CINQUE PEZZI FACILI

Il bambino scettico                             181
Tu credi di spingere e invece sei spinto        202
Un San Pietro alla rovescia                     212
Nel vuoto                                       247
Le pesche                                       266


SANGUE SPORTIVO

L'albero centenario                             287
I segreti di miss Guerra-alla-tristezza         289
Tutte le malattie del mondo                     295
Cari sulla luna                                 301
Il ritratto                                     304
Scarabeo, api, tracina                          314
Slobo                                           321
Serata di poeti a Ostia Antica                  324
Cazzo di pergolato                              332
La macchia sul divano                           336
Anubi                                           347
Hagen o Intervista sull'infanzia                357
In tre parlavano di Jaco Pastorius              366
La piovra                                       373
Ancora un raccontino-ino-ino sullo sci d'acqua  376
Scene per un racconto dal titolo Gli oblò       378
Spiaggia libera                                 394
Italia dall'alto                                402


 

 

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Pagina 70

Ogni babbo è Stephen King


Il bambino non voleva dormire, quando il padre sdraiato accanto a lui accostò le labbra al suo piccolo orecchio e gli disse:

"Visto che non vuoi dormire... la vecchia delle candele verrà a prenderti".

Il bambino rimase a occhi aperti ma si irrigidì.

"La vecchia sta salendo le scale, la senti?"

Il bambino girò di scatto la testa e aprì la bocca con uno sforzo che lo fece tremare: anche la sua voce tremò.

"È... è uscita dal quadro?" chiese.

"Sì, è uscita dal quadro e ora sale le scale con i suoi piedi fasciati di stracci neri. Lo senti il rumore?"

Thump... thump... thump.

Mentre diceva questo il padre batteva contro il muro il pugno nascosto sotto il cuscino. A ogni colpo il letto sobbalzava come se in effetti qualcuno dal passo pesante stesse salendo per le scale, e siccome il padre picchiava sul muro sempre più forte, suo figlio aveva la sensazione che la creatura minacciosa si stesse avvicinando, fosse ormai dietro la porta, la stesse per spalancare.

"Ti prego, babbo, dille di non entrare", mormorò il bambino, raggomitolandosi e coprendosi gli occhi con un angolo del lenzuolo. "Non farla entrare, per fa-vo-re, bab-bo..."

Thump, thump, thump, sempre più vicino, il letto tremava.

"No, no, PER FAVORE!"

L'adulto considerò giunto il momento di negoziare una soluzione.

"Se tu ora dormi, le dico di non entrare", propose. "Ma solo se dormi subito, capito? Chiudi gli occhi!"

Il bambino non accettò immediatamente la transazione e volle sapere se suo padre avrebbe fatto tornare la vecchia al piano di sotto, costringendola poi a rientrare nel quadro. E tenne gli occhi ancora aperti, seppure mezzi nascosti dal lenzuolo, per dimostrare che questa era l'unica condizione posta per arrendersi e dormire: il patto del sonno.

"Dipende da te", rispose il padre, "dipende solo da te, ma sbrigati a decidere, lei sta per entrare, senti, la porta comincia a scricchiolare, si sta aprendo, ecco, SI APRE...!"

Nella camera buia un rumore di legno, o qualcosa di simile a un gatto misterioso che miagola sottovoce. Ma quale gatto? Era la porta della camera che si apriva piano spinta dalla vecchia. Il bambino guardava lo spiraglio della porta socchiusa, lo fissava, e, in effetti, quello spiraglio cominciò ad allargarsi, ma sì, sicuramente si stava allargando, piano, piano, era più grande adesso, un po' più grande lo spazio, quasi abbastanza per passarci attraverso, la vecchia era magra e spingeva per entrare, usava la punta di una candela per spingere l'uscio ed entrare nella stanza, tra pochissimo nella striscia di luce si sarebbe visto il profilo del suo naso, sarebbero spuntati i suoi occhi circondati di rughe.

E la vecchia sarebbe scivolata dentro col suo pacco sottobraccio. Il pacco di candele, candele bianche per i morti.

"La bocca – la sua bocca – senza denti", mormorò il bambino e l'immagine della vecchia sdentata del quadro, vestita tutta di nero, che vendeva candele fuori da un cimitero, lo fece urlare di terrore. Era scesa dal quadro ed entrava nella sua cameretta. Urlò che non voleva e chiuse gli occhi, anzi, li strizzò così forte da guadagnarsi un nuovo rimprovero da parte del padre, il quale gli passò bruscamente la mano sopra la faccia per fargli distendere le palpebre. Il bambino continuò, a strillare e si agitò nel letto al punto che il padre dovette tenerlo fermo con tutto il suo peso, lo coprì col corpo, continuandogli a soffiare nell'orecchio l'ordine di dormire. Ma siccome non la smetteva, temette di aver esagerato.

"Accidenti", pensò, "si è spaventato davvero", poi si rivolse verso la porta e gridò:

"Stai fuori vecchia, capito! NON ENTRARE!".

Ammonì la vecchia delle candele affinché non entrasse nella stanza del bambino. Si era pentito di aver tentato quella scorciatoia per ottenere il sonno del bambino e sperò vivamente che la madre non venisse mai a saperlo: certo lei non avrebbe approvato i suoi metodi per costringere il piccolo a dormire. "Mi direbbe che sono un criminale", pensò. Scosse la testa accorgendosi che stavolta era lui a stare in apprensione per colpa della vecchia delle candele.

"VATTENE VIA, VECCHIA!"

Ma il bambino non accennava a calmarsi: sbatteva la testa sul cuscino, singhiozzava parole difficili da capire da sotto il lenzuolo e non sembrava confortato dal tentativo del padre di arrestare l'ingresso della vecchia venditrice di candele, come se non credesse che il tentativo fosse sincero o come se fosse convinto che non era in potere del padre sbarrare il passo alla vecchia. Lei era lì. Era lì accanto.

"Ma no! No! Piccolo! La senti? Se ne sta andando", disse l'adulto usando un tono carezzevole e preoccupato. "Se n'è andata ora. Stai tranquillo." Toccandolo attaverso il lenzuolo, il bambino gli sembrava freddo, allora lui lo' scoprì e tentò di riscaldarlo nello stesso modo in cui prima lo immobilizzava. Ma quando sollevò il lenzuolo il bambino smise di colpo di agitarsi e rimase con le braccia rigide lungo il corpo. Aveva di nuovo gli occhi spalancati, verso il soffitto.

"Su, su, se n'è andata», disse il padre. E posò le sue labbra calde su quelle del bambino. Erano dure e coperte da un velo di bava fredda. Lui si rialzò e si asciugò la bocca col dorso della mano, colpito da quel contatto sgradevole. Si affrettò ad aggiungere che, come d'accordo, visto che ora il bambino stava facendo il bravo, la vecchia era regolarmente rientrata nel quadro in salotto, a piano terra, e si azzardò ad aggiungere che era venuta l'ora di liberarsi di quel brutto quadro. Quindi pensò: "Ma sì, finiamola una buona volta con questi trucchetti".

"Che ne dici, eh? Domani stacchiamo il quadro dal muro e andiamo a metterlo in cantina." Poi visto che il bambino continuava a sbarrare gli occhi nel buio senza dire una parola, cercò di suscitare la sua complicità per compiere una specie di vendetta sulla vecchia delle candele - vecchia, brutta, schifosa, col fazzoletto e la gobba e le sue maledette candele da vendere. "Lo buttiamo dalla finestra, il quadro, eh? Lo buttiamo giù nell'immondizia."

A questa promessa il bambino parve rilassarsi. Provava a dire qualcosa ma gli usciva solo un mugolio.

"Mmm... mmm..."

"Sì, sì, sì", disse il padre, e lo abbracciò con vera tenerezza.

"Non devi aver paura della vecchia, ormai sei grande, lo capisci?" e lo stringeva forte contro il petto.

Quando lo posò di nuovo sul letto, il bambino gli chiese di chiudergli gli occhi.

"Come hai detto?"

"Chiu-chiudimi tu... gli occhi... babbo", ripeté il bambino, di nuovo rigido e immobile sul fondo del lenzuolo.

"Ti prego."

L'adulto obbedì con un brivido di repulsione dato che si trattava dello stesso gesto che si fa con i morti: gli passò la mano sulla faccia e con due dita gli abbassò le palpebre. Suo figlio mandò un lungo sospiro. Passarono un paio di minuti e il bambino dormiva. I suoi respiri si erano fatti regolari, persino troppo profondi, come se avesse bisogno di incamerare molto ossigeno, eppure, aggiustandogli addosso le coperte, il padre notò che le membra del bambino erano ancora rigide, le braccia incollate lungo i fianchi e le gambe piegate a novanta gradi. Cercò di stirargliele, di spianarne l'angolo, ma i ginocchi erano bloccati da uno spasmo. Si rassegnò a lasciare il bambino così come si trovava, in quella strana posizione, per cui formava un rilievo con le gambe sotto le coperte.

Uscì silenziosamente dalla stanza attraverso lo spiraglio che doveva essere usato dalla vecchia per entrare. Scese le scale pensando:

"È troppo nervoso".

In salotto guardò bene il quadro che spaventava suo figlio. Non aveva in realtà niente di orribile. Era stato dipinto senza molte pretese e nessuno ricordava chi l'avesse regalato e quando fosse stato appeso lì. Il pittore aveva probabilmente voluto offrire un saggio di sensibilità sociale. La vecchia intabarrata stava curva sul tavolo dove era poggiato il fascio di candele avvolto da un foglio di carta bianco e il coperchio rovesciato di una scatola, dentro il quale venivano lasciate le offerte in denaro: Cosa poteva rappresentare quella povera donna di così mostruoso? Forse erano le rughe che la scavavano, il naso adunco, o la bocca piegata in una smorfia?


Era cominciato tutto per caso, in una serata di particolare esasperazione col bambino. Chissà come gli era saltata in mente una cosa del genere.

"VECCHIA! VIENI FUORI DAL QUADRO!" aveva urlato così, tanto per dire, avendo esaurito le minacce più blande e usuali per costringere il bambino a obbedirgli, mai immaginando che questi si sarebbe messo a urlare dal terrore.

"Forse dovrei farlo vedere da uno psicologo."

Dalla sera in cui la vecchia era scesa per la prima volta dal quadro reggendo il pacco di candele nelle mani deformate dall'artrite, l'espediente pra stato usato solo poche volte, quando proprio il bambino non voleva inghiottire nemmeno una cucchiaiata di pappa, o quando scalciava per non farsi infilare nel letto: e si era dimostrato sempre efficace. Al padre dispiaceva dovervi ricorrere, ma, insomma, in certi casi...

Sorrise e si abbandonò sul divano alla stanchezza della lunga giornata. Avrebbe aspettato a metter via il quadro della vecchia, poteva ancora tornare utile. E poi non poteva nascondere a se stesso di provare ogni volta un sottile e volgare divertimento nello spaventare suo figlio, il che lo turbava ma al tempo stesso lo riempiva di un segreto piacere. Forse si trattava del fatto di sentire il bambino sotto il suo pieno dominio. "Sono proprio un idiota", pensò di se stesso e di quel genere di pensieri imbarazzanti.

Accese la televisione e lesse il giornale che fino a quel momento non aveva avuto il tempo di aprire: le notizie economiche e quelle sportive. Si levò le scarpe per stare più comodo. C'erano articoli che valeva la pena di leggere... programmi che valeva la pena di vedere. Si addormentò e dormì qualche tempo. Al risveglio le luci del salotto erano accese, la casa ronzava, ma doveva essere notte fonda: era troppo stanco e faticò a decidere di alzarsi per andare a letto, con la camicia fuori dai calzoni e i piedi nudi. Passò davanti alla camera del bambino ed entrò per vedere se stava ancora con le ginocchia puntate verso l'alto e se c'era bisogno di rimboccargli le coperte. Senza far rumore, in punta di piedi: nel caso il bambino si fosse svegliato, dio mio, la complicata procedura del sonno sarebbe dovuta cominciare da capo e stavolta sarebbe stato ancora più difficile averla vinta.

Per fortuna tutto sembrava quieto. Il buio della stanza era una massa densa e immobile, non si avvertiva alcun movimento, eccetto una leggera oscillazione di forme aeree, in alto, quando l'adulto le urtò con la testa ed ebbe un sussulto si ricordò degli uccelli di carta appesi al soffitto, sorrise e li scansò. Guardò verso l'angolo tra le cui pareti era sistemato il letto e fu sorpreso di vedere là dove si doveva trovare all'incirca la testa, due punti luminosi. Erano due piccoli ovali ed emettevano la stessa luce verde scialba dei pupazzetti fosforescenti che si trovano dentro le scatole di cereali per la colazione. L'adulto immaginò che un paio di quegli oggettini fossero rimasti nel letto di suo figlio, dimenticati lì nel corso della complicata operazione per farlo addormentare. Fantasmi, mostri, astronauti, anfibi, coccodrilli. Sorridendo nell'oscurità si fece più vicino pensando che era meglio recuperarli e levarli dal letto, avrebbero potuto dar fastidio al bambino se si fosse girato su un fianco, nel sonno.

Questo genere di giocattolo microscopico è pericoloso anche perché i bambini più piccoli possono metterselo in bocca e strozzarsi. Ma suo figlio aveva passato l'età in cui ci si mette le cose in bocca. Non aveva più di questi problemi.

Sentì il piede urtare contro il bordo del letto, era arrivato, e s'inchinò. I due ovali luccicavano più forte, verdi e netti, strana la loro forma identica, no, non erano giocattoli, quando avvicinò la mano per afferrarli si accorse che erano gli occhi spalancati del bambino. Il loro bagliore freddo lo colpì e lui ritrasse la mano. Il bambino era sveglio anche se non si muoveva e non sembrava nemmeno respirare.

"Babbo", disse dopo un interminabile silenzio.

"La vecchia è venuta lo stesso."

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Pagina 116

Quanto a morire


Ho sempre pensato che l'unica soluzione sia morire, o sennò che esista un dio che vede e prende nota di tutto. Ma dovrebbe essere un dio buono, della qual cosa dubito. Non riesco a immaginare un dio altro che potente e iracondo. Un dio buono è poco probabile e l'idea che qualcosa come la pietà limiti il dispiegarsi della sua potenza suona come una bestemmia.

Dunque, meglio morire. La morte da ragazzo mi attraeva enormemente per la sua facilità. Pensavo alla morte come alla cessazione immediata di tutte le ingiustizie, o almeno come l'istante in cui sarebbe cessata la percezione delle ingiustizie, del dolore e delle umiliazioni dell'esistenza, cioè, le ingiustizie potrebbero pure continuare dopo la morte ma chi se ne importa, almeno ce ne viene risparmiato lo spettacolo. Era quest'ipotesi di liberazione a affascinarmi: la morte mi tirava fuori dal mondo come una mano provvidenziale, proprio come la mano di dio.

Verso i dodici anni cominciai a pensare che chi moriva fosse un privilegiato. E sopratutto chi moriva giovane e in modo imprevisto, da un giorno all'altro, quando la mano miracolosa lo pescava e lo levava fuori dal mucchio. Beato lui, pensavo, che ha risolto. Ancora adesso, che ho un'altra mentalità, diciamo, più conservativa, mi capita spesso di usare l'espressione "voglio morire!" quando mi capita qualcosa che non sopporto o che mi dà anche solo un po' fastidio, basta una notizia di giornale, una dichiarazione di qualche uomo politico o di cultura, per farmi strillare o mormorare tra le labbra "voglio morire!" con disperata convinzione.

La morte aiuta in effetti solo chi deve morire, non può essere una soluzione per chi è destinato a vivere. Bisognerebbe dunque essere capaci di leggere nel proprio futuro e non contrastare il risultato, il responso della lettura. Credo che chi si uccide, era destinato a quello, e dunque è morto della morte che gli spettava, della morte naturale, che era sua, così come si muore di infarto o andando sotto una macchina mentre si attraversava un certo incrocio a una certa ora di un giorno di autunno.

L'autunno, a corso Trieste, per esempio, mentre gli alberi si scuotono al vento e i motorini sfrecciano verso il liceo Giulio Cesare con due studenti a bordo (il che è proibito), quanto sarebbe facile morire... e poi tutti mi piangerebbero... tutti si dispererebbero perché non ci sono più... e finalmente qualcuno direbbe una parola buona su di me, senza i "se" e i "ma" e i "tuttavia", direbbero, oh, era molto meno stronzo di quanto sembrava... era fatto a modo suo... un tipo così... poi come nei fumetti che leggevamo da ragazzini e montando la guardia durante il servizio militare, un vero amico addolorato mormorerebbe, mandando un bacio al feretro che si allontana scivolando dentro un macchinone nero: "Vaya con dios!".

Strana consolazione... l'idéa di essere morto, di sentirsi morto, di stare ormai di là, nella stanza accanto, dove nessuno ti può disturbare, dove puoi stare tranquillo, perché tutta tua, quella stanza, era destinata solo a te e ora la occupi. In silenzio, senza l'obbligo di dover rispondere a nessuno.

Ahhh, finalmente in pace.

Come c'era scritto su una pietra, incisa dai romani:

    Fortuna, Speranza, addio. Sono libero.
    Prendetevi gioco di qualcun altro.

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Pagina 140

La morte più assurda


Ci siamo riuniti per stabilire chi ha fatto la morte più assurda. Una ragazza ha ricordato il caso del fratello di suo nonno, avanguardista a Cuneo, che è saltato in aria facendo il giocoliere con tre bombe a mano, come fossero tre arance, solo che erano spolettate. Poi è stato evocato Marvin Gaye, cantante e compositore di soul music: fu ucciso a pistolettate da suo padre, un reverendo, che lo accusava di aver tradito "la vera soul music". Per me la morte più assurda l'ha fatta un ragazzo al mare dove andavo da piccolo: un pomeriggio ha scavato una buca enorme nella sabbia, con grande pazienza, e mentre era chino sul fondo della buca a scavare, un colpo di vento ha fatto crollare la sabbia accumulata sull'orlo della buca e l'ha sepolto. Sulla spiaggia a quell'ora non c'era nessuno. Non si è mai saputo perché avesse scavato una buca così profonda. Qualcuno aveva letto sulla cronaca di Firenze della Nazione che era morto, cadendo in un tombino, un automobilista fermatosi a fare un bisogno sul bordo della strada. Un altro ha descritto la foto di Robert Capa dove si vede un soldato tedesco aggomitolato in una pozza di sangue nero: ucciso qualche ora dopo la firma della resa. Una morte parecchio assurda e misteriosa è stata quella di uno zio del nostro amico David Lurie, quando ancora i Lurie stavano a Kiev, e lo zio di Lurie poteva avere sedici o diciassette anni. Morì schiacciato da un samovar. Come da un samovar? Schiacciato? Be', ha risposto David, erano diciotto fratelli, quindi ti lascio immaginare che samovar doveva essere.

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Pagina 158

Sciarada


La grande sapienza tutto abbraccia, la piccola sapienza distingue. Nel sonno lo spirito mescola, nella veglia la forma separa. L'arte di disporre segni nasce dall'insoddisfazione. La frivolezza e l'ozio segnano il volto. La gioia produce vuotezza, il calore fa nascere il fungo. È labile il confine tra gloria e ignominia. La bellezza maschera l'ignominia. La nostra pietà ha un limite che non conosciamo e che non è ragionevole. Il nome ospita la realtà. Contentezza e scontentezza derivano da fatti analoghi. Cambiando la disposizione di alcuni fatti, senza alterarne la sostanza, la scontentezza si muta in contentezza e la bruttezza in bellezza. Il santo mira allo splendore del confuso e del dubbio. Se un uomo non è di alcuna utilità, cosa può metterlo in pericolo? Se non siamo aggressivi possiamo ottenere il successo? Se una guerra è perduta in che misura ci si può dire salvi? E se si è salvi, che senso ha dire che la guerra è perduta? La parola che classifica non raggiunge lo scopo, la regola che non ammette deroghe non è vincolante. La legge è simile a una ragnatela che trattiene i piccoli insetti e viene lacerata da quelli grandi. Fuori dalla legge l'uomo non è nulla. Solo col non odiare si placa la legge dell'odio. Non vi è un metodo infallibile per preservare la castità dai desideri corporali. Il desiderio sensuale include quello celeste. Chi volesse scrivere un libro che duri per sempre deve usare inchiostro invisibile. Non esiste pena paragonabile a quella che due amanti possono infliggersi l'un l'altro. La funzione di uno scrittore è produrre capolavori, altrimenti egli è inutile. Soltanto ciò che è inutile ha speranza di durare: ciò che è utile viene subito consumato e distrutto, come la piccola foca dalla pelliccia bianca. Una persona virtuosa non sarà mai utile al potere. Solo chi non sa, spera. Il sapiente comprende il vizio, l'ignorante si ostina a chiedere giustizia. La comprensione conduce al realismo, il realismo conduce al cinismo, il cinismo conduce alla cecità, dunque capire conduce a non capire. Il pensiero tremulo, labile, difficile, raddrizza l'uomo. Senza amore nulla può essere vero, senza verità l'amore è untuoso. L'amore è ricercato poiché tra le forme di limitazione dell'essere è la più piacevole. Il modo più sicuro per indispettire un potente è far mostra delle proprie virtù. Ogni dittatura è preceduta da un'acclamazione. Ogni festa culmina con lo spargimento di sangue. Passando di grado in grado il potere si raffredda. Il rispetto nasce dalla modestia. La modestia provoca rancore. Il rancore è improduttivo. Come da una cosa giusta può nascere una cosa sbagliata? Perché la giustizia è inapplicabile? Perché la misura è in sé incommensurabile? Come può la legge nascere da un arbitrio? I progressisti di ieri oggi sono conservatori. La ricchezza non può essere vinta dalla santità. Quando una richiesta si ferma nell'orecchio, il cuore è libero di esaminarla. Rinunciare a tutto in nome della verità è molto più agevole che accettare tutto in nome dell'assurdo. Arrestare il passo è facile, ma non toccare il suolo è difficile. La verità senza incremento di emozione resta inascoltata. Per girare il caffe nella tazza occorre uno strumento minuto e leggero. Per ragionare sottilmente un uomo energico deve essere allo stremo delle forze. L'uomo virtuoso è spesso insospettito dall'arte. Dal suo punto di vista l'arte può esistere a patto che sia buona, l'immagine a patto che abbia significato. Gli artisti non possono essere né malvagi né buoni. L'uomo principe della natura devasta il suo regno. Esiste un significato avulso dalla forma, e se esiste, come sarà possibile percepirlo? La forma è una degradazione del puro significato? Se la verità è nelle mani dei fanciulli, degli ignoranti e dei pazzi, come hanno sostenuto molti saggi, perché non distruggiamo tutti i libri? Perché l'amministrazione del bene deve far ricorso alle armi? Un tiranno merita di essere ucciso? Al mercato non si va coi lingotti d'oro, ma con gli spiccioli. Se difende gli uomini chi non li conosce a fondo, mentre chi li conosce vuole sterminarli, vuol dire che la conoscenza genera il crimine. Se l'uomo è una creatura tanto malvagia, perché tanti scrupoli a uccidere? La conoscenza mette fine all'illusione, l'illusione genera la felicità, la felicità è la più alta forma dello spirito umano, dunque la conoscenza è la più bassa. Con quale diritto non dubito dell'esistenza delle mie mani? Con quale dei miei amici preferirei che mia moglie si sposasse se io muoio? Con quale sacrificio si potrebbe mettere fine a una guerra? Le cose sono di due maniere, alcune in nostro potere, altre no. Se vai in piscina, e là ti spingono, ti spruzzano, ti rubano la borsa lasciata nello spogliatoio, il tuo piacere sarà rovinato a meno che tu avessi previsto queste cose, e dunque non avessi messo in conto alcun piacere. Ma allora perché sei andato in piscina? Come si può intraprendere un'azione se si è consci dell'eventualità del fallimento? Il piacere consiste nella soddisfazione del desiderio o nella strategia seguita per soddisfarlo? Il rituale esalta o soffoca il piacere? Il piacere dovuto alla quiete è superiore o inferiore a quello dovuto al mutamento? Quando qualcuno ha tentato di pensare alla quiete non come negazione, bensì come accettazione del mutamento, si è detto di lui che era un santo troppo al di sopra degli uomini. Se la forma è frammentazione del flusso continuo della vita, allora la forma è un ostacolo frapposto alla libera espressione dello spirito vitale. La parola combatte l'immagine e vorrebbe dominarla. La parola avverte che l'immagine mente, eppure ha bisogno di essa per convincere. La persuasione sembra non poter fare a meno della menzogna. Se un uomo appare in lontananza, minuscolo sull'orizzonte, noi non pensiamo che è molto piccolo ma semplicemente che è lontano. Quando vedi un remo immergersi nell'acqua, non credi neanche per un istante che è spezzato. Nessuno è immaturo, nessuno è troppo maturo, nessuno ha finito di cambiare. Nessuno è vicino o lontano dalla salvezza. Solo chi corre rischi può essere salvato. Impossibile estinguere la catena del risentimento senza fare concessioni. La spada che taglia il mondo taglia anche il pane. La fortuna si esprime attraverso la perdita. Il dubbio non consuma ma preserva il pensiero. Se vuoi possedere, offri. Se vuoi insegnare, ascolta. Se vuoi unire, abbandona. Se vuoi conoscere il significato delle parole, scorda di averle mai sentite. Se vuoi amare, lascia l'amato là dove si trova. Lascia il pesce nella profondità del mare. Se vuoi legare, sciogli. Se vuoi incantare, chiudi gli occhi. Il cane abbaia, il vento disperde. Ascoltare la maldicenza senza parteciparvi è un passo obliquo come quello del cavallo. È probabile che ciò che noi riteniamo insipido sia veritiero. È probabile che ciò che noi scartiamo come banale sia importante. È probabile che ciò in cui ci siamo meno impegnati sia la cosa in cui riusciamo meglio. L'amore non conosce tecniche. In un cuore acceso non si sa cosa bruci. La nobiltà è solo del cuore. Verso sera i giochi perdono vivacità e acquistano cattiveria. La verità per primeggiare non può che restare inespressa: se si manifesta in forme finite, essa prevarica se stessa, e la verità stessa finisce per mentire. La verità si esprime attraverso le forme dell'impostura o non si esprime affatto. Come al politico è concesso l'inganno, purché gli consenta di conseguire il potere, così allo scrittore è concessa la menzogna purché egli realizzi una cosa bella. La letteratura è approssimazione. Solo la morte è giusta, la vita è ingiusta. Perciò chi desidera giustizia aspira all'annientamento. Il filosofo dapprima la disprezza, ma verso la fine s'inchina alla bellezza. Il fascino del cristianesimo deriva dalla sua ingiustizia. In un sistema di misure certe, la misericordia è offensiva. Il diavolo, che possiede un grande senso della giustizia, non ha mai potuto capire perché basti una lacrima in punto di morte a salvare un'anima cattiva. È possibile acquistare forza perdendo corporeità? Uno dei paradossi della leggerezza è che essa diventa indispensabile nelle situazioni critiche. Più facile essere retti che inventivi. Se non posso diventare noto perché ho costruito il Colosseo, diverrò noto perché l'ho abbattuto. Nella storia i distruttori godono di un rispetto maggiore che i costruttori. Sposare una donna vuol dire non sposarne migliaia di altre. Gli individui che si circondano di mistero piacciono agli sciocchi. Alcune donne nascondono la loro bellezza sotto la sciatteria affinché solo persone molto attente la scorgano. Desideriamo essere aiutati ma non superati da chi ci aiuta. Se si agisce sempre nello stesso modo si finisce per annoiare gli amici e rendere vita facile agli avversari. L'opposizione amico-nemico è il punto di partenza di ogni politica e il punto di arrivo di ogni mente schematica. Senza un cattivo non si dà letteratura. Tolstoj era propriamente un "romanziere»? Hitler è stato un "grande uomo"? Avresti partecipato volentieri alla crocefissione di Cristo? Dove non esiste lo stato, nulla è ingiusto. È l'eguaglianza naturale tra gli uomini a spingerli a farsi la guerra. Tutti si preoccupano di quel che sarà di loro dopo la morte mentre non gli importa di cosa è stato di loro prima della nascita. La verità del filosofo deve risultare valida in quella sfera degli affari e degli affetti umani da cui egli si è ritirato per acquisirla. Come puó la contemplazione essere produttiva? Come può la solitudine essere giusta? Spesso si scambia per amore un disordine dell'anima, per passione una mania. Che nome dobbiamo dare ai sentimenti che non ne hanno? Chi ci assicura che non esiste un luogo dove i martelli sono usati per dirigere l'orchestra e le bacchette per piantare chiodi nel muro? Quando sto per dire una cosa, so esattamente quello che dirò? Se così non fosse, allora cosa posso affermare di sapere prima di aprire bocca? Le persone che vanno d'accordo permettono di immaginare che essi potrebbero raggiungere lo stesso accordo su qualcosa di più nobile ed elevato. Esperienze tremende ci fanno dubitare se colui che le ha vissute non sia per caso tremendo. Ci si dimentica del pranzo quando la casa va a fuoco ma poi si torna a riprenderselo nella cenere. Uomini e dei è meglio che si frequentino il meno possibile. Pappagalli ammaestrati dicono la verità più di noi.

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L'uomo che bruciò un'isola per amore


Qualche estate fa un uomo bruciò un'isola. Fu scoperto una settimana dopo, che dava fuoco all'ultimo noce rimasto verde. "Oh, no! Anche questo, sopratutto questo doveva bruciare!" pare si sia lamentato mentre lo portavano in prigione. A chi gli ha chiesto perché lo avesse fatto, non rispondeva. Non parlò per tre giorni, né con i poliziotti, né con il magistrato, né all'avvocato. Chiuso in una cella, muto, ogni tanto piangeva e imprecava, ma in un modo sconnesso, ed era impossibile trarre dai suoi farfugliamenti qualche indicazione utile all'inchiesta, per cui si concluse che si trattava di un piromane, afflitto da varie altre patologie sommate a quella che lo aveva spinto a dar fuoco all'isola.

La quale se ne stava nera e ancora avvolta di fumo e ceneri, in mezzo a un arcipelago di isolette verdeggianti.

La verità si seppe solo quando l'incendiario fu portato di nuovo sull'isola per un sopralluogo nei punti in cui aveva appiccato il fuoco. Appena sceso dalla motovedetta l'uomo riacquistò la parola, anzi, divenne loquace, come se una piena di ricordi e sentimenti dovesse trovare sfogo.

Raccontò, tra le lacrime e i sospiri, che aveva bruciato l'isola per amore.

I carabinieri, gli appuntati, il maresciallo e il giudice all'unisono esclamarono: "Bruciare un'isola... per amore!?". Sì, l'uomo dieci anni prima, proprio su quell'isola, aveva vissuto una straordinaria passione per una donna, che poi aveva accettato di diventare sua moglie.

Ma una volta sposata e accasata, lei aveva reso la vita in comune un inferno. Si lamentava dalla mattina alla sera. Strillava. Beveva, di nascosto e poi apertamente. Rubava. Tradiva il marito alla minima occasione, con i garzoni dei fornitori, l'idraulico, il vicino di casa, tutti (almeno, questa è la versione dei fatti che, di tanto in tanto piangendo lacrime sincere, stava dando alle autorità l'incendiario, il quale veniva già indicato dagli inquirenti nei loro "a parte", come "l'incendiario innamorato"). E alla fine la donna lo aveva lasciato. Il loro rapporto era durato un anno esatto. Per i nove anni seguenti, l'uomo, che non si era risposato, né aveva trovato un'altra donna di cui innamorarsi davvero, anche perché era una persona seria e riservata che non poteva intendere la passione come un accesso episodico verso soggetti intercambiabili, ebbene, costui si era tormentato alla ricerca di una spiegazione della disgrazia che gli era capitata. Come può un rapporto d'amore trasformarsi in una tortura, in un disgusto perpetuo, nel desiderio di morire piuttosto che allungare di un giorno solo la serie di inganni, litigi, insulti, sofferenze?

È un tipo di domanda che non ha risposta. O ne ha talmente tante che diventa impossibile capire qual è la risposta giusta, o se tutte sono giuste, e hanno pesato ciascuna a suo modo, con le sue percentuali, come colori in un quadro, alcuni dominanti, altri quasi impercettibili. In questo caso, se le ragioni dell'infelicità sono a miriadi e scintillano come iridescenze mobili nella mente, l'uomo che le insegue può diventare pazzo. L'incendiario ne era consapevole e lo ammise: "Non ho pensato ad altro per anni". Quindi si era deciso di punire l'isola. Le aveva dato fuoco in quattro punti diversi in modo che sarebbe bruciata anche se il vento cambiava direzione. Gli ascoltatori furono colpiti dai sentimenti visibili sul volto dell'incendiario e dalle sue parole, e lo avevano interrotto sempre più di rado con richieste di chiarimenti. "E il noce, allora? Perché voleva bruciare proprio quest'albero, l'unico che si era salvato?" gli chiese il giudice dell'istruttoria, rimasto un po' scettico e impermeabile alla commozione.

"Be', giudice", disse l'incendiario e arrossì, "è stato qui, sotto l'albero, che ci demmo il primo bacio..."

Un giovane carabiniere sorrise e mormorò nell'orecchio del collega.

"Questo vuol dire che l'amore è più forte di ogni cosa."

"L'amore alla fine vince."

"Eh sì. Su tutto. C'è poco da fare..."

"Infatti vedi? L'albero è ancora bello verde."

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In tre parlavano di Jaco Pastorius


Suonava da dio.

Come Charlie Parker.

Adesso non esageriamo.

Faceva le stesse cose col basso invece che col sax.

Perché no?

Ed è anche più difficile.

Prendi Donna Lee. Non è uno scherzo fare un assolo come quello al basso elettrico!

Puoi giurarci!

Si era montato la testa e voi ragionate come lui. È morto per questo.

Vi ricordate Heavy Weather dei Weather Report?

Il disco che contiene Birdland.

Di che anno era?

Heavy Weather? 1977.

Sicuro?

Al cento per cento. È l'anno che ho fatto la maturità.

Quanto hai preso?

Quarantadue. E tu, quanto avevi preso?

Io? Sessanta sessantesimi.

Accidenti! Eri un secchione.

Ho sempre avuto una buona memoria. Per i titoli.

Birdland è diventato uno standad.

Ne hanno fatto duemila versioni.

Sì, ma non era mica il pezzo più bello di quell'album.

I pezzi di successo non sono quasi mai i più belli.

Se Heavy Weather è del 1977, allora il concerto che abbiamo visto noi dev'essere del 78 o del 79.

Al Palazzo dello Sport.

Quanto tempo è passato.

Più di vent'anni.

Al Palazzo dello Sport. Te lo ricordi?

Almeno ventuno. Porca miseria.

Cioè, è passato più tempo della mia vita da quel concerto a oggi... di quanto ne sia passato prima.

Prima di cosa?

Voglio dire da quando sono nato fino a quel concerto.

Tu di che anno sei?

1960.

Allora quest'anno, dong!

Dong! Quaranta.

Cifra tonda.

Volevo fare un bootleg di un suo concerto con Bireli Lagrene. L'anno prima che Jaco morisse. Tenevo il registratore sotto il giubbotto e i microfoni dentro le maniche della camicia.

Per ottenere un effetto stereo.

Esatto. Ho tenuto le braccia alzate tutto il concerto.

Risultato?

Non è venuto un cazzo di niente.

E come mai?

Boh. Solo un ronzio. Non ho mai capito perché.

Secondo me comunque fece male a lasciare i Weather Report.

Dici, Pastorius?

Troppa competizione con Joe Zawinul.

Zawinul era il capo e voleva restare il capo.

Capirai, una razza di zingaro come Joe Zawinul.

Non uno zingaro: un capo zingaro!

Alcuni dicono che Pastorius ha cominciato a bere e a fare lo stronzo proprio per sfidare Zawinul.

Voleva essere più duro di lui.

Invece è diventato un intoccabile.

La prima volta che Jaco gli ha dato da ascoltare un suo nastro, Zawinul non aveva mica capito che quello era un basso elettrico.

Suonare il basso elettrico in quel modo!

Nei Weather Report suonava spesso funky.

Non era funky, ma una parodia del funky.

Una sublimazione del funky.

Il basso è uno strumento funky.

Se lo suoni slap.

Vale a dire?

Percussivo.

Non sapevo che ti interessasse il jazz.

Sì, anche il jazz mi piace, o meglio, mi piaceva.

Non sono un purista.

Quando cadde in disgrazia, continuava a pretendere di essere il più grande.

È vero. Saltava sul palcoscenico durante i concerti degli altri.

Voleva suonare lui al posto loro.

Una volta l'ha fatto con Santana e il servizio d'ordine lo ha buttato giù dal palco.

Lo avevano preso per un pazzo...

Del resto era pazzo.

Ma era Jaco Pastorius!

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