Copertina
Autore Luisa Alloero
CoautoreMarisa Pavone, Aura Rosati
Titolo Siamo tutti figli adottivi
SottotitoloNove unità didattiche per parlarne a scuola
EdizioneRosenberg & Sellier, Torino, 2004, , pag. 220, cop.fle., dim. 150x210x15 mm , Isbn 978-88-7011-900-8
PrefazioneAndrea Canevaro
LettoreFlo Bertelli, 2004
Classe scuola , sociologia , pedagogia
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Indice

  7 Presentazione
    Andrea Canevaro

    PARTE PRIMA

 19 Insegnanti, bambini e genitori di fronte alla realtà
    dell'adozione
 51 Nove unità didattiche per parlarne a scuola
 52 Figli. Le cure nelle famiglie degli animali
 62 Il cucciolo dell'uomo
 76 I piccoli vanno protetti. Anche gli animali adottano
 82 Una famiglia per ogni bambino
 91 Dalla parte dei bambini
106 Figli e genitori agli antipodi del mondo
122 L'adozione è sempre reciproca
130 I figli non ci appartengono
142 Handicap: una famiglia accogliente per un bambino
    con qualche problema in più

    PARTE SECONDA. STRUMENTI PER APPROFONDIRE

161 Minori e diritto alla famiglia. I contenuti più
    significativi della legge che disciplina l'adozione
    e l'affidamento familiare
167 I danni individuali e sociali dell'istituzionalizzazione
187 Diventare genitori a pieno titolo di un figlio
    non procreato
195 «Avere» un figlio o «essere» genitori. Un problema
    che non riguarda solo le famiglie adottive
209 Minori in adozione o affidamento familiare e
    documenti scolastici

219 Bibliografia consigliata

 

 

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Pagina 7

DIVENTARE FIGLI E DIVENTARE GENITORI

Andrea Canevaro


Come in tante situazioni, cercare il senso di una parola può voler dire scoprire quante altre parole sono racchiuse in essa. Ed è così anche per il termine adozione. Adottare contiene due parole latine: "ad" che vuol dire per; e "optare" che vuol dire scegliere. Scegliere per: per sé, per altri, per crescere insieme. E il termine è ancora da esplorare comprendendo che nella operazione di adottare c'è il muoversi, muoversi verso: verso qualcuno, verso una storia, verso un orizzonte. E c'è anche il capire. Significa incontrare, mettere in azione una conoscenza che non è semplicemente guardarsi, è anche andare oltre lo sguardo e mettere insieme tanti elementi che non si trovano in un istante: hanno bisogno del tempo, di una lunga strada, di un percorso.

Adozione è questo e altro ancora. Ma se la prima parola contenuta è quella dello scegliere, dobbiamo anche riflettere su quanto questo termine rischi di essere strapazzato dal consumismo, perché la scelta si fa guardando un catalogo di prodotti, guardando un banco di oggetti e dicendo: «Questo fa per me!», «Questo me lo posso permettere», «Per questo posso anche fare un debito, tanto poi quello che prendo è mio!». E dal momento che dico che è mio ne posso fare quello che voglio.

La parola "scelta" è quindi sottoposta a questa forte influenza di un mercato che si vuole liberalizzato, vale a dire non schiavo, non sottoposto a molte regole. L'adozione, se così fosse, rischierebbe di diventare una sorta di conquista di una piccola proprietà e quindi di far diventare un soggetto padrone e l'altro sua proprietà. La scelta, così espressa, troverebbe inutili i vincoli relativi alla regolamentazione dell'adozione perché sarebbe guidata da una pretesa di amore che è capace di superare tutte le regole. La scelta - ancora - diventerebbe un affare privato, un punto di non ritorno della volontà di una coppia, di una famiglia, di alcuni individui. Di non ritorno apparente e forse provvisorio perché, dal momento che fosse un affare privato, questa scelta potrebbe anche giustificarsi nel tornare sulle proprie decisioni e nel rimettere l'oggetto che si è fatto proprio là dove era stato trovato.

Ma l'adozione non è questa scelta. L'adozione può rappresentare davvero uno degli elementi più interessanti e importanti per capire quanto la nostra vita debba avere una collocazione sociale e non possa autodeterminarsi con una libertà che rischia di essere solo di un soggetto contro la libertà degli altri soggetti. Intanto c'è da domandarsi se una parola che contiene tante e così importanti altre parole possa essere affare di un individuo solo. O se non richieda un intreccio di individui, e quindi un percorso ben organizzato, con compiti precisi per ciascuno.

Sono solito, per ragionare su simili temi, fare riferimento al linguaggio. Quando nasce un bambino o una bambina entra in un contesto, in una comunità di persone che hanno già un linguaggio che ha regole, convenzioni e possibilità di essere accolto e utilizzato con una intenzionalità del tutto originale da ognuno dei soggetti, a patto che il suo utilizzo avvenga secondo le convenzioni e le regole. Chi nasce entra in un linguaggio fatto di grammatica e sintassi, di regole, di parole che sono già codificate, che possono essere reinvestite dalla creatività di ciascuno. Proprio come tale, la creatività è il dare un senso nuovo a qualcosa che è già codificato. Non sarebbe immaginabile una creatività che avvenisse in un contesto linguistico privo di regole e di convenzioni.

Questa indicazione relativa al linguaggio permette anche di capire che cosa vuol dire libertà. Non è la libertà di inventare soggettivamente una lingua totalmente nuova, ma di dare un significato originale alla lingua che ha le regole accettate dalla comunità che la utilizza. E, quindi, entrare ed accettare dei vincoli per poter godere di una libertà.

L'adozione percorre lo stesso itinerario in maniera ancora più profonda. Non quindi una scelta che fa diventare proprietari di un oggetto. Quando si dice che una persona è padrona del linguaggio, si intende che sa usare così bene le regole linguistiche, da poter dare il proprio senso originale a ciò che dice o scrive. Così è per l'adozione: è una scelta in un contesto regolato, per mettere nella propria vita un nuovo soggetto e conoscerlo sviluppando un percorso insieme, camminando insieme.

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Pagina 19

INSEGNANTI, BAMBINI E GENITORI DI FRONTE AD UNA NUOVA REALTÀ


La scuola di ogni ordine e grado può e deve dare un contributo importante per la piena attuazione della Legge che disciplina l'adozione e l'affidamento familiare sia in riferimento a disposizioni specifiche della legge stessa, sia più in generale, per favorire concretamente un corretto processo di socializzazione di ogni bambino e ragazzo e per la promozione di quel cambiamento culturale che deve vedere il minore soggetto di diritti e non oggetto dei bisogni dell'adulto.

Le nove unità didattiche illustrate in questo libro riguardano un aspetto particolare, legato all'impostazione culturale della legge, la quale sollecita un profondo cambiamento di mentalità in termini di rapporti tra genitori e figli: la riformulazione del concetto di paternità e maternità inteso non solo come derivante da un rapporto biologico, ma anche e soprattutto come conseguenza di un rapporto affettivo che si costruisce giorno per giorno.

La scuola rappresenta un servizio pubblico di primaria importanza nel campo educativo e formativo. Purtroppo, molti testi scolastici in uso continuano ad esprimere in materia di filiazione una concezione esclusivamente di tipo fisiologico, oramai largamente superata. Inoltre, nella prassi didattica, non sono rari i casi in cui il piano di lavoro dei docenti prevede di affrontare il tema della paternità e della maternità come successivo e consequenziale rispetto a quello della procreazione.

Va tenuto conto, invece, che il rapporto genitori-figli si fonda non solo sull'atto procreativo, ma anche - se non soprattutto - sui rapporti affettivi e formativi che si instaurano. Menichella distingue il rapporto di filiazione da quello di procreazione; «quest'ultimo - sostiene - è legato solo ad un fatto biologico, il primo è più complesso [...]: nato da non significa figlio di». Affermare che dei vari elementi sia più importante «la semplice procreazione, è contraddire alla morale ed alla supremazia dei problemi dello spirito su quelli biologici ed anche alle attuali visioni scientifiche sulla importanza relativa della eredità e della educazione nella formazione dell'uomo».

D'altra parte, i rapporti affettivi e formativi non sono a senso unico: se è vero che i genitori contribuiscono alla formazione della personalità dei figli, è altresì vero che i figli - in una certa misura - esercitano una influenza, a volte anche notevole, sulla personalità dei loro genitori.

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Pagina 22

I nuovi modelli di famiglia

Sosteneva Donati nel primo Rapporto sulla famiglia in Italia: «Se negli anni '70 la famiglia veniva data quasi per spacciata, o al massimo era vista come una sfera di riproduzione sociale, capace di resistere al cambiamento solo a patto di ridursi a qualcosa di meramente biologico e comunicativo, con gli anni '80 è diventata più acuta la consapevolezza che la famiglia è e rimane un gruppo ed una istituzione sociale basilare. Non ha più senso considerarla, in omaggio ai vecchi miti dell'illuminismo, come una sopravvivenza culturale. Si deve anzi riconoscerle un nuovo e autonomo dinamismo. Di qui la percezione, sempre più viva, che vi è qualcosa di errato nelle rappresentazioni collettive dominanti allorché queste ultime continuano a trattarla, di fatto, come un residuo, ossia secondo un processo che valorizza la famiglia in modo marginale ed estraniante, come ciò che lo Stato, il mercato, la scuola o altre agenzie non possono fare. In una tale visione residualistica la famiglia è soltanto ciò che (ancora) ricade sulla famiglia per arretratezza storica della società. Ma questo è precisamente quanto gli anni '80 si sono incaricati di dimostrare essere falso.

Il Rapporto, promosso dal Centro Internazionale Studi Famiglia, richiamava l'esigenza di rispondere, da un lato, a interrogativi di carattere conoscitivo (offrire una descrizione adeguata di ciò che accade), dall'altro, di chiarire quali siano le scelte di valore di campo.

1. Circa il primo aspetto, è importante prendere atto che la famiglia sta subendo una mutazione che ne moltiplica le tipologie possibili e ricorrenti. Diversi sono i modelli di tamiglia che si prospettano alla fine del secondo millennio, in questo «villaggio universale» che cambia sempre più in fretta.

Accanto al modello tradizionale (per altro, anch'esso profondamente condizionato nei rapporti interpersonali dalle trasformazioni sociali in atto), coesistono e crescono le «nuove famiglie». Ecco alcune tipologie:

- la famiglia monoparentale: con i figli c'è un genitore solo; molto spesso, la madre. Si pensi al grande numero di coppie con prole separate o divorziate o di figli riconosciuti ed allevati da un solo genitore;

- la famiglia domino, cioè quella in cui vivono un uomo ed una donna con figli nati da rispettive precedenti unioni e/o con figli nati da quest'ultima unione;

- la famiglia multiculturale e multietnica: le migrazioni di massa da un Paese all'altro, da un continente all'altro, portano alla costituzione di famiglie i cui componenti possono provenire da etnie, culture, religioni diverse, con problemi di non sempre facile soluzione sia tra i coniugi, sia tra questi ed i figli, sia fra la famiglia nel suo insieme e la cultura dominante del Paese di immigrazione;

- la famiglia in cui i rapporti fra genitori e figli non sono fondati sull'atto procreativo, ma sull'adozione o, comunque, sulla accoglienza da parte di una coppia di un bambino nato da altre persone. In questo caso, il discorso si fa molto più articolato, perché diverse possono essere le situazioni: coppie senza figli che diventano genitori attraverso l'adozione; coppie con figli «biologici» e adottivi o in affidamento familiare; adozione di minori italiani o provenienti da altri Stati; adozioni interrazziali...;

- la famiglia con figli nati in seguito all'utilizzo delle nuove tecniche di «procreazione artificiale» (o, meglio, di «fecondazione con tecniche alternative»), rispetto alle quali giuristi, moralisti ed esperti sollecitano una regolamentazione a livello internazionale, tenendo conto in primis dei problemi umani e giuridici che possono sorgere nei rapporti di parentela.

2. Sul secondo aspetto (le scelte di valore in campo), si possono richiamare, ai fini del nostro discorso:

- un coinvolgimento più paritario di ambedue i genitori nei confronti della cura e dell'educazione dei figli, con un certo superamento nella rigida distinzione dei ruoli;

- una maggiore disponibilità di entrambi a stare vicini ai figli;

- la riscoperta del ruolo sociale ed educativo della famiglia;

- l'acquisizione di un concetto di «fecondità della coppia» legato non solo al concepimento, ma anche all'accoglienza, alla capacità di dare e di ricevere affetto, al servizio alla vita. Una accoglienza che si può strutturare in modi diversi, nel tempo e da parte della singola famiglia: la procreazione fisiologica, l'adozione, l'affidamento familiare a scopo educativo....

Tuttavia, non vanno dimenticati i possibili disvalori sia nell'ambito delle relazioni intra-familiari (permissivismo, abbandono educativo, frantumazione dei rapporti...), sia sul piano sociale. «Vi è il sottile pericolo - sostiene Alfredo Carlo Moro - che alla famiglia si guardi oggi con fiducia non tanto perché se ne intravede il vero valore personalizzante e socializzante [...], ma perché resta l'unica struttura che possa rimuovere o attenuare i guasti di una società che rischia di diventare disumana».

Lo scenario dei processi di globalizzazione del XXI secolo, secondo Donati, vede prospetticamente confermata una sostanziale fiducia nella famiglia come organismo fondamentale della vita sociale e come uno dei luoghi di maggiore innovazione socio-culturale, al di là dei luoghi comuni che la considerano in difficoltà. Parlando di «forte pluralizzazione delle forme familiari», il sociologo sostiene che questo fenomeno «non può essere visto solo come conseguenza di una "crisi" del modello (supposto) tradizionale della famiglia eterosessuale nucleare stabile, più o meno isolata dalla parentela. Né lo si può intendere come mero riflesso delle devianze rispetto a quel modello».

Proprio i mutamenti che si verificano nella famiglia mostrano che la qualità della sua vita diventa ancora più decisiva di un tempo agli effetti del benessere e della felicità sia degli individui che della collettività. La «morfogenesi al plurale che la famiglia incontra, e sempre più incontrerà nel XXI secolo, si configura come dialettica relazionale» tra la famiglia come gruppo sociale (insieme dei vissuti, immagini simboliche, nucleo visto a partire dal mondo vitale dell'intersoggettività quotidiana dei componenti) e come istituzione sociale (organizzazione di status-ruoli definiti da precise aspettative normative reciproche). Non bisognerebbe mai dimenticare che la famiglia «non consiste di entità materiali, ma è essenzialmente una relazione, con i suoi contenuti e le sue forme. Nonostante tutto, la famiglia resta, anzi sempre più diviene, il paradigma della reciprocità come dono reciproco e come realizzazione di sé nell'incontro vitale con l'altro». sempre qualcosa. Osserva G. Cattabeni: «Se due genitori sanno che il figlio non è nato da loro, è impossibile non dire la verità. In un modo o in un altro, qualcosa di questo viene trasmesso. Può essere comunicato nel modo giusto. E allora è fonte di aiuto e di stimolo per crescere e risolvere i problemi. Può essere comunicato nel modo sbagliato, a livello inconscio, e lasciare il segno del fatto che "di questo problema non si parla"». Di fronte a questa realtà, la scuola non può ignorare l'argomento. Il problema di quella bambina (citata in queste pagine) invitata dall'insegnante a portare a scuola la storia fotografica della sua vita è stato risolto con l'efficacia della semplicità e facendo ricorso alla parola veritiera: «Mamma, figlia e insegnante si sono accordate. Mentre i compagni hanno portato l'album fotografico della loro vita, la mamma adottiva è andata in classe a raccontare la storia della nascita e della vita della loro compagna, con grande gioia della bambina, che ha scoperto così di avere una mamma considerata "vera" anche da tutti gli altri»33.

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Pagina 40

I figli non ci appartengono (ma possono migliorare la nostra vita)

Rispetto al tema della educazione alla genitorialità, merita domandarsi se il problema sia quello di affrontare il discorso che riguarda alcune decine di migliaia di famiglie adottive, oppure sia quello più complessivo che coinvolge la generalità delle famiglie (in Italia, milioni di persone), per proporre un nuovo concetto di paternità e di maternità che si basa soprattutto sul vincolo affettivo.

Ancora F. Dolto sostiene che i figli non ci appartengono. Bisogna che i genitori adottino i propri figli; purtroppo, molto spesso non lo fanno. Non si ha mai un figlio come lo si è sognato. Si ha un certo tipo di bambino e bisogna lasciare che cresca secondo la sua verità: spesso, invece, facciamo il contrario.

Autonomia, cura, sopraffazione: la Dolto «correla questi termini con altri tre - oggetto, bisogno, desiderio - che assume dalla teoria di Lacan, e che articola fino al più piccolo gesto della vita quotidiana [...]. Il ruolo degli educatori consiste nel soddisfare i bisogni, nel fare cioè quanto è necessario alla vita e parlare del desiderio. Non sono i genitori o gli educatori che devono realizzare il désiderio perché non lo conoscono, perché può essere del tutto in contrasto con i loro pensieri e le loro abitudini e perché infine ognuno di noi deve sostenere il proprio».

Inoltre, è opportuno insistere sulla dimensione di reciprocità del rapporto genitorialità-figliolanza. Se da un lato è bene ricordare che l'adozione è sempre reciproca, perché è uno scambio dal quale imparano sia i figli che i genitori, dall'altro è noto che un rapporto vero e profondo tra genitori e figli non si basa solo sui «vincoli di sangue», ma soprattutto sull'affetto, sulle cure e sull'attenzione reciproca.

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Pagina 44

Una esperienza didattica

Le nove unità didattiche costituenti la parte centrale di questo volume sono state realizzate dal team docente di una scuola elementare e proposte agli alunni di due classi parallele nel corso del secondo ciclo. Esse comprendono sia il materiale utilizzato per le diverse attività didattiche, sia parte dei lavori che, singolarmente o in gruppo, i bambini hanno prodotto nel corso dell'esperienza.

L'obiettivo generale che ci si è posti è quello di spiegare, con linguaggio ed esemplificazioni adeguate all'età, il concetto di paternità e di maternità fondato non solo sul rapporto biologico. L'articolazione delle nove unità didattiche (vedi Tavola A) fa chiarezza circa gli obiettivi specifici di ciascuna di esse e può dare una idea dell'ampio percorso educativo-didattico che si è cercato di compiere: da un approccio etologico alla attenzione al pari valore di altre civiltà, da un avvicinamento ai problemi che riguardano l'emarginazione alla dimensione concretissima dei propri rapporti familiari.

È sorprendente constatare come alcuni stereotipi emersi sin dalle prime riflessioni dei bambini e scritti sui cartelloni collettivi siano stati poi invalidati dagli alunni stessi, al momento della verifica delle ipotesi e delle conclusioni. Quasi tutti i bambini, all'inizio sostenevano ad esempio che «i figli sono i bimbi nati dai genitori». In sede di verifica si legge, invece, che «i genitori sono quelli che crescono e amano i figli, indipendentemente dal modo con cui essi sono arrivati in famiglia». O, ancora, alla domanda «perché una coppia decide di adottare un bambino?», la maggior parte degli alunni rispondeva inizialmente: «Per avere un figlio», indicando - a scanso di equivoci - fra parentesi, il «problema della solitudine». In sede di verifica, la situazione si è ribaltata: «Adottare - scrivono i bambini nel testo collettivo - significa dare dei genitori a dei bambini soli».

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Pagina 45


Tavola A. Il percorso didattico


unità
didattica               obiettivo

 1  Acquisire il concetto che gli animali, tanto più
    evolvono nella scala naturale della specie, tanto più
    per sopravvivere e diventare autonomi - hanno bisogno
    delle cure dei genitori

 2  Acquisire il concetto che i bambini, per crescere in
    modo adeguato dal punto di vista fisico e affettivo,
    hanno bisogno delle cure dei genitori per un tempo più
    lungo ed intenso che nel mondo animale

 3  Comprendere che anche nel mondo animale la protezione
    dei piccoli va al di là dei rapporti cosiddetti «di
    sangue» e si allarga all'intero branco, superando in
    certi casi antagonismi ritenuti tradizionali

 4  Comprendere che l'essere genitori non coincide
    necessariamente con la procreazione in senso fisiologico
    e che l'essere figli non comporta necessariamente
    l'essere nati in quella famiglia

 5  Acquisire il concetto che «adottare» significa dare dei
    genitori ai bambini che, per vari motivi, sono rimasti
    soli e non dei figli a coniugi che non ne hanno

 6  Acquisire il concetto che il diritto alla famiglia vale
    per tutti i bambini del mondo

 7  Acquisire il concetto che l'adozione è sempre reciproca,
    perché è uno scambio dal quale imparano sia i figli che
    i genitori

 8  Acquisire il concetto che un rapporto vero e profondo
    fra genitori e figli non si basa solo sui «vincoli di
    sangue», ma soprattutto sull'affetto, sulle cure e
    sull'attenzione reciproca

 9  Comprendere che anche il bambino in situazione di
    handicap, come tutti gli altri bambini, può diventare
    autonomo e svilupparsi, se cresce fra le amorevoli cure
    di una famiglia accogliente

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