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| << | < | > | >> |IndicePrefazione del prof. Luciano Angelucci 3 Capitolo 1 Cannabis: necessità di una rivalutazione medica Massimiliano Verga 5 Capitolo 2 Storia degli usi medici della cannabis Claudio Cappuccino, Salvatore Grasso 10 Capitolo 3 La marijuana medica: una panoramica internazionale Massimiliano Verga 26 Capitolo 4 Aspetti botanici della cannabis medica Gianpaolo Grassi 37 Capitolo 5 Cannabis e cannabinoidi Vincenzo Di Marzo, Salvatore Grasso 46 Capitolo 6 Indicazioni terapeutiche di cannabis e cannabinoidi Claudio Cappuccino, Francesco Crestani, Paolo Crocchiolo, Salvatore Grasso, Vincenzo Di Marzo 60 Capitolo 7 Testimonianze Raccolte da: Salvatore Grasso, Francesco Crestani, Nunzio Santalucia 137 Capitolo 8 Italia: quadro legislativo attuale e proposta di legge da parte di ACT Angelo Averni 165 Capitolo 9 Le sentenze emesse in Italia Angelo Averni 173 Capitolo 10 Consigli utili per chi vuole curarsi con i derivati della cannabis Angelo Averni, Salvatore Grasso 178 Scheda Siti internet per approfondimenti Massimiliano Verga 188 GLOSSARIO 192 |
| << | < | > | >> |Pagina 3Non si pensi che il titolo di questa opera, ERBA MEDICA, voglia garbatamente sollecitare e solleticare il lettore con un doppio senso: il doppio senso c'è giacché sia l'erba medica dei prati che quella conosciuta come herba da canapo - cannabis - hanno in comune l'origine dalla regione iraniana nominata Media dai conquistatori romani, da cui la qualifica medica per la prima, mentre per la seconda la qualifica medica si riferisce esclusivamente alle sue proprietà di erba medicinale, riconosciute e sfruttate per molti secoli. Non del tutto sorprendente, dunque, la cannabis ritorna oggi alla nostra attenzione per la certa utilità terapeutica dei suoi principi attivi in numerose condizioni patologiche, puntualmente indicate nell'opera, di sostanziale severità, direttamente o indirettamente dipendenti dal sistema nervoso, un'utilità la cui applicazione è però formalmente inibita dalla norma legislativa che penalmente ne vieta la coltivazione ed impiego personali, suo e dei suoi principi attivi in qualsiasi forma di assunzione, in quanto classificata quale stupefacente. Ancora resta difficile far comprendere al legislatore che l'impiego terapeutico della cannabis non può essere proscritto a causa del suo possibile uso abusivo (possibile, comunque, per moltissime erbe medicinali, o droghe, regolarmente iscritte nella Farmacopea Ufficiale, dotate di grande attività farmaco-tossicologica: digitale, podofillo, ricino, colchico, aconito, stramonio, veratro, ecc.). Contro questa deformazione concettuale, derivante dall'uso improprio peggiorativo del termine droga, è in atto una seria attività esperta di informazione ed istruzione - nella forma dell'Associazione per la Cannabis Terapeutica - volta alla definizione e distinzione di uso abusivo voluttuario e di uso terapeutico. Per questo aspetto va fortemente richiamata la nozione che il primo è condizionato da un particolare tratto psicologico, poggiante su una ben precisa condizione neurobiologica che sensibilizza all'azione di gratificazione della cannabis. Diversamente, la condizione neurobiologica sottostante a malattie quali la sclerosi multipla, la malattia di Parkinson, l'epilessia, sensibilizza alle azioni curative della cannabis, i cui principi attivi operano il potenziamento di specifici meccanismi neurotrasmettitoriali nelle regioni del sistema nervoso cui attinge il processo anatomo-fisiopatologico, per questa via combattendo spasmi, rigidità, dolore, tremori. Le diverse sezioni di ERBA MEDICA trattano gli aspetti medicoscientifici, socio-culturali e legislativi della "questione" cannabis ad un livello di realismo informato quale indispensabile al costituirsi di un'opinione civica capace di reclamare misure legislative a favore di una non piccola minoranza di malati, che al presente può aspettarsi dalla cannabis un sostanziale alleviamento della propria sofferenza, verosimilmente non soltanto sintomatologico, ma anche patogenetico, per la capacità di alcuni cannabinoidi di stimolare il trofismo di cellule nervose, ad esempio quelle note come oligodendrociti, produttrici della mielina costitutiva della guaina neuronale. Luciano Angelucci, Professore Emerito di Farmacologia, Università di Roma La Sapienza. | << | < | > | >> |Pagina 5La cannabis, usata per millenni nella medicina orientale, conosce una discreta diffusione anche in occidente a partire dalla seconda metà dell'Ottocento. Tuttavia, con l'entrata in vigore del Marihuana Tax Act del 1937, scompare dal novero dei farmaci legalmente riconosciuti negli Stati Uniti e, nel giro di pochi anni, dalla farmacopea internazionale. Salvo rare eccezioni, il dibattito politico e scientifico sulle proprietà terapeutiche della cannabis conosce un lungo periodo di silenzio, durante il quale vengono accantonate le conoscenze accumulate nel corso dei secoli. A partire dagli anni settanta del Novecento, per la "marijuana medica" comincia fortunatamente una nuova epoca. Inizia a prendere piede la sua rivalutazione, per lo meno in una parte minoritaria del mondo medico e politico, in particolare nel paese dove la sua proibizione viene sostenuta con maggior vigore: gli Stati Uniti. Gran parte di questo processo di rivalutazione è dovuto a Lester Grinspoon, professore di psichiatria dell'Università di Harvard che, con la pubblicazione nel 1971 di Marihuana reconsidered, pone la prima pietra miliare di quello che sarebbe diventato in seguito il movimento per la reintroduzione della cannabis in medicina. E allo psichiatra californiano Tod Mikuriya, che nel 1973 scrive il primo libro sugli usi medici della cannabis, raccogliendo 24 articoli scientifici pubblicati fra il 1839 e il 1972. In seguito alla diffusione del suo uso "ricreativo" durante gli anni sessanta, la cannabis diventa anche oggetto di diversi rapporti ufficiali, quali il rapporto Shafer (Marihuana: a signal of misunderstanding), pubblicato negli Usa nel 1972, o il rapporto Le Dain, pubblicato in Canada nello stesso anno. In entrambi i casi, riecheggiando quanto era già stato detto nel famoso rapporto La Guardia del 1944, gli estensori si dichiarano molto critici sulle politiche in materia di droghe, in particolare su quelle relative alla cannabis. | << | < | > | >> |Pagina 10Le origini in Oriente La canapa è una pianta dai mille usi. Probabilmente originaria dell'Asia centro-orientale, è stata coltivata fin dai tempi più remoti. Resti di corde di canapa risalenti a circa diecimila anni fa sono stati trovati in un sito archeologico dell'isola di Taiwan. Anche i suoi usi medici si perdono nella notte dei tempi. Il più antico testo cinese sulle piante medicinali, il Pen T'sao Ching, che si fa tradizionalmente risalire al mitico imperatore Shen-Nung del terzo millennio a.C., la raccomanda per «disordini femminili, gotta, reumatismo, malaria, stipsi e debolezza mentale», tutte condizioni caratterizzate da una diminuzione di yin (la componente femminile di ogni cosa naturale). Ma si tratta di una medicina da usare con cautela: come avverte il compilatore, una dose eccessiva «fa vedere demoni».
Sempre in Cina, nel II d.C., il grande chirurgo Hua T'o usa la canapa a
scopo analgesico-anestetico nei suoi interventi. Nel X secolo, T'ang Shen-wei
scrive che essa «è usata nelle malattie da deperimento e nelle ferite; purifica
il sangue e abbassa la temperatura; riduce i flussi; risolve il reumatismo;
scarica il pus. Se presa in eccesso produce allucinazioni e rende barcollante il
passo». In India, la cannabis è citata nell'Atharvaveda, testo sacro che risale
al secondo millennio avanti Cristo, come «pianta che libera dall'ansia». Fu
usata da diverse scuole della medicina tradizionale indiana fino ai nostri
giorni. Come riassumerà J .M. Campbell, nella sua
Nota
acclusa al famoso
Indian Hemp Drugs Commission Report (1893-4),
la
bhang
cura in primo luogo la febbre agendo «non direttamente, ovvero fisicamente, come
un farmaco ordinario, ma indirettamente, ovvero spiritualmente, calmando gli
spiriti rabbiosi a cui la febbre è dovuta». Inoltre «raffredda il sangue caldo,
provoca il sonno negli ipereccitati, dona bellezza e assicura lunga vita. Cura
la dissenteria e i colpi di calore, purifica il flegma, accelera la digestione,
stimola l'appetito, corregge la pronuncia nella blesità, rinfresca l'intelletto,
dona vivacità al corpo e gaiezza alla mente». Ma: «la
ganja
in eccesso provoca ascessi, o anche pazzia».
Verso l'Europa La cannabis è citata in antichi testi assiri, egizi, persiani ed è ben conosciuta anche dalla medicina greco-romana. La Materia medica di Dioscoride, l'erbario più importante dell'antichità, che nei quindici secoli successivi alla sua pubblicazione nel 70 d.C. ebbe innumerevoli edizioni e traduzioni, contiene la più antica raffigurazione conosciuta della pianta. Dioscoride la raccomanda per mal d'orecchi, edemi, itterizia e altri disturbi. Secondo Galeno (II sec. d.C.) le preparazioni di canapa sono utili contro le flatulenze, il mal d'orecchi e tutti i tipi di dolore. Però, se si esagera con le dosi, «colpiscono la testa, immettendovi vapori caldi e intossicanti". In Europa, prima della vera e propria scoperta scientifica della cannabis nella prima metà dell'Ottocento, troviamo solo segnalazioni isolate del suo uso come farmaco. Garcia da Orta, medico portoghese in servizio presso il vicerè di Goa, in India, la cita nel suo Colloqui sui semplici e sulle droghe dell'India (1563) come stimolante dell'appetito, sonnifero, tranquillante, afrodisiaco e euforizzante. Anche Cristobal Acosta ne parla in Sulle droghe e le medicine delle Indie orientali (1578). L'inglese Robert Burton, nel famosissimo Anatomia della melancolia (1621), ne suggerisce l'utilità in quella che oggi chiameremmo "depressione". Fra il 1600 e il 1800, la cannabis viene regolarmente citata nei testi medici e farmaceutici, anche se alquanto confusamente. Ad esempio, nel 1682, il New London Dispensatory dice che essa «cura la tosse e l'itterizia ma riempie la testa di vapori". Nel 1794 l' Edinburgh New Dispensary offre un'ampia panoramica sui suoi possibili usi e chiude la trattazione con parole lungimiranti: «Benché solo i semi siano stati finora prevalentemente in uso, altre parti della pianta sembrano più attive, e possono essere considerate meritevoli di ulteriore attenzione». Vent'anni dopo, Nicholas Culpeper, all'epoca il più imponante studioso di piante medicinali, nel suo Erbario completo (1814), dà un quadro aggiornato degli usi medici della cannabis, a partire da quelli indicati da Galeno. | << | < | > | >> |Pagina 60Il punto sulle conoscenze attuali Allo stato attuale delle conoscenze, la cannabis e i cannabinoidi potrebbero avere molteplici applicazioni terapeutiche, vedi Tabella 1 (Robson, 2001; Williamson, Evans, 2000). Alcune di queste, ossia l'uso come antinausea nei pazienti in chemioterapia, e la stimolazione dell'appetito nei pazienti affetti da AIDS, hanno già passato il vaglio di sperimentazioni cliniche controllate, condotte con rigorose metodologie statistiche, e sono pertanto comunemente accettate dalla comunità scientifica internazionale. Per altre applicazioni terapeutiche, quali la terapia della spasticità muscolare nella sclerosi multipla, o il trattamento di varie forme di dolore cronico, esistono evidenze preliminari significative tali da giustificare la conduzione di sperimentazioni cliniche controllate nell'uomo, alcune delle quali sono attualmente in corso in vari paesi. In Italia, allo stato attuale, non è stata ancora autorizzata alcuna sperimentazione. Infine, per altre patologie, esistono per ora solo evidenze "minori", anche se talora suggestive. Le citiamo per completezza, ammettendo che nella maggior parte dei casi si tratta, al momento, solo di potenzialità da approfondire. Tabella 1 POTENZIALI CAMPI DI IMPIEGO TERAPEUTICO DEI DERIVATI DELLA CANNABIS A - Patologie per le quali esistono evidenze incontrovertibili (evidenze di tipo A): A1) Trattamento della nausea in chemioterapia A2) Stimolazione dell'appetito nei pazienti con sindrome da deperimento AIDS-correlata B - Patologie per le quali esistono promettenti evidenze preliminari tali da giustificare sperimentazioni cliniche controllate nell'uomo: B1) Sclerosi multipla B2) Terapia del dolore B3) Effetti neuroprotettivi e antiossidanti (ictus e traumi cranici) B4) Sindrome di Gilles de la Tourette B5) Glioblastomi B6) Artrite reumatoide B7) Glaucoma B8) Epilessia C - Patologie in cui esistono evidenze meritevoli di ulteriori approfondimenti: C1) Terapia dei tumori C2) Lesioni midollari (tetraplegia, paraplegia) C3) Malattie neurodegenerative (distonie, Parkinson, Huntington, Alzheimer) C4) Asma bronchiale C5) Malattie autoimmuni e patologie infiammatorie croniche (lupus eritematoso, morbo di Crohn, colite ulcerosa,...) C6) Sindromi ansioso-depressive e altre sindromi psichiatriche C7) Patologie cardiovascolari C8) Sindromi da astinenza nelle dipendenze da sostanze C9) Prurito intrattabile | << | < | |