Copertina
Autore Andrea Angiolino
Titolo Interviste di fine millennio
EdizioneNovecento, Roma, 2003, Backstage , pag. 154, dim. 150x210x10 mm , Isbn 978-88-88423-33-3
LettoreCorrado Leonardo, 2003
Classe arte , musica , umorismo , satira , fumetti
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Indice

Introduzione                 9
Claudio Bisio               13
Bonvi                       27
Lucio Dalla                 33
Augusto Daolio              37
Elio e le Storie Tese       47
Gene Gnocchi                51
Francesco Guccini 1         55
Francesco Guccini 2         73
Paolo Rossi                 89
Silver 1                    97
Silver 2                   129
Roberto Vecchioni          151

 

 

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Pagina 9

INTRODUZIONE



Questo libro raccoglie alcune interviste di varia lunghezza che risalgono alla fine dello scorso millennio. Si tratta di chiacchierate con cantanti, umoristi, fumettari e comici: gente che lavora senza grandi steccati tra queste attività, dal momento che molti di loro cadono in più di una categoria e alcuni addirittura in tutte e quattro.

Tra le varie interviste e i diversi personaggi spetta al lettore cercare fili conduttori, che certo non mancano: i Nomadi hanno cantato brani di Guccini, che ha sceneggiato fumetti per Bonvi, che ha lavorato moltissimo con Silver, che nella sua intervista attesta stima per Elio e le Storie Tese, il cui Rocca Tanica ha scritto parecchi testi a quattro mani con Claudio Bisio... Il primo che si ferma paga pegno. Sarà facile trovare punti in cui gli intervistati si citano a vicenda e talvolta, dove l'amicizia è più grande e rodata, si prendono bonariamente in giro l'uno con l'altro.

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Pagina 47

Elio e le Storie Tese



[18 maggio 1996]

[...]

Perché il peperone fa PAM?

Rocco Tanica - Talvolta mi capita di sentire una forza dentro che neanch'io so come, e in questi casi emetto un vento. Che solitamente fa FFFFFFTTT. A volte, come nel caso del peperone o di altre sostanze più robuste, fa invece PAM.

Che ne dite di Bossi?

Elio - Dovrebbe stare insieme agli altri bossi in un boschetto di alberi di bosso.

Rocco Tanica - Dovrebbe fare come Calindri, seduto a un tavolino in mezzo al traffico. Solo che gli automobilisti nel caso di Bossi sono bendati.

Perché Cicciobombo Cannoniere ha tre buchi nel sedere?

Elio - Ma devo proprio dirtelo? Volete dirglielo voi del pubblico? Beh, insomma: è ovvio. È una citazione dell'arcinota filastrocca infantile "Cicciobombo cannoniere / con tre buchi nel sedere / con due buchi nella pancia / Cicciobombo che va in Francia".

I vostri album hanno delle "bonus track" nascoste, delle canzoni compresse e rovesciate che i vostri fan con molta fatica ribaltano e rallentano per poterle ascoltare. Ciò vi ha posto al centro di una delirante trasmissione di RAI Due su rock e messaggi satanici, con esperti di musica del calibro di Michele Plastino. Cosa ne pensate?

Rocco Tanica - Non siamo stati interpellati. Altrimenti avremmo risposto isvrazlab aurlulp olac trizzablip...

È vero che avete deciso di suonare con Raoul Casadei per anticipare un 'analoga mossa dei Dhamm?

Elio - Il fatto di suonare con Raoul Casadei è dovuto alla Mafia dello Squacquerone. Siamo stati costretti a suonare perché minacciati. Hanno minacciato di incaprettarmi con dello squacquerone.

Rocco Tanica - A me hanno fatto trovare una testa di capretto avvolta nella piada.

Faso - A me hanno fatto trovare del caprino incaprettato...

È vero che la frase di Burattino senza Fichi "Sento una forza dentro che neanch'io so come" viene da uno spot pubblicitario?

Elio - Certamente. È uno spot della signora Famoso Jole di Viterbo per la quale propongo una standing ovation!

(i presenti si alzano in piedi e applaudono la nota veggente locale)

E quanto vi ha dato la Pasta del Capitano per essere citata nella vostra canzone?

Rocco Tanica - Niente. Anzi, siamo stati citati noi. Ci hanno citati perché abbiamo usato il nome del loro prodotto in un contesto, pensate un po', "dequalificante". Così hanno detto.

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Pagina 55

Francesco Guccini 1



[7 settembre 1987]

[...]

Giornalista A - Ma ti senti più vicino a quelli della tua generazione o a quelli che c'erano anche stasera, di una generazione più...

Mah, sai, io sono di una curiosa generazione. Io sono molto contento di essere del quaranta. Perché per esempio ho visto il film "Radio Days" di Woody Allen, e mi sembrava che parlasse di me.

Non solo sembrava che parlasse di me, ma ho sentito per la prima volta dal quarantaquattro una canzone che è stata la mia prima canzone professionale: faceva "Lay that pistol down, babe, lay that pistol down. Pistol packin' mama, lay that pistol down." Che io ho imparato dagli americani e cantavo nel quarantaquattro, mercimoniato. Cantavo ed essi mi davano cioccolate, caramelle, queste cose qua. È stata la prima mia esibizione professionale. Diciamo novembre del quarantaquattro. E mi sono commosso quando l'ho risentita. Perché è stata proprio la prima canzone che io ho cantato in maniera professionale e non la sentivo da allora.

Quindi "Radio Days" è veramente la mia generazione. Ci sono arrivato per caso. Tutti mi dicono: "Ma il sessantotto?" Ma quando c'era il sessantotto io ero già vecchissimo. Allora ero tagliato fuori.

Giornalista A - Però "La Locomotiva" la cantavano anche questi.

Ma è giusto. Non solo "La Locomotiva". Non mi stupisce tanto "La Locomotiva" né mi stupisce "Auschwitz", mi stupisce per esempio "Dio è Morto", di più. "Dio è Morto" è una canzone direttamente e chiaramente generazionale. Io cerco di pararla, facendo altre cose: ma il piacere è che, tutto sommato, visto che la canzone è un genere che non è che frivolo, è un genere che dura un'estate... Eh, è arrivata Madonna. Tra dieci anni, non è una domanda maliziosa, quanti canteranno ancora le canzoni di Madonna?

Giornalista F - E "Dio è Morto?"

Quello è un altro discorso. Sono venti anni che la si cantava. Non solo in Italia, va bene? Pure nel Canton Ticino!

Giornalista A - E a San Marino?

E a San Marino, anche, sì. Una volta sono stato a mangiare con il Ministro degli Esteri di San Marino che m'ha detto: "Vedete, voi italiani..." Mio romagnolo, o parliamo seriamente o non parliamo più!

No, un tempo c'erano canzoni che possono avere la grinta... Io cito sempre, e gli ho chiesto anche il permesso, Roberto Leydi, che voi come sapete è uno dei più grossi, più noti esperti delle cose italiane. Dice che una delle più grosse emozioni che ha avuto con la canzone italiana è stata ascoltare "La Locomotiva". Oltre ad alcune canzoni di Dario Fo, oltre ad alcune canzoni di Jannacci, eccetera. Un genere non popolare, chiaramente: però fatto popolare, o popolaresco. Che ha la fortuna di avere una presa immediata, un riscontro immediato. La canzone è fatta anche di queste piccole e misteriose cose. In fondo è un genere talmente miracoloso, tutto sommato.

Io, con tutto il rispetto che ho per i poeti contemporanei italiani, faccio sempre un gioco con gli amici, quando si parla di queste cose, che è: "Dimmi cinque nomi di poeti italiani viventi." Un casino. E quando si arriva a cinque, che è già difficile, mi chiedo che incidenza, che importanza hanno avuto per gli italiani, per i giovani.

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Pagina 73

Francesco Guccini 2



[24 settembre 1993]

[...]

Un'ultima curiosità, poi tra l'altro è una curiosità un po' mia: ho visto un racconto in un'antologia, ambientato in Argentina... È stato così, un caso isolato, oppure ci sono altri materiali...

Mah, no. Sì e no. Quello è un racconto che ho scritto di mia spontanea volontà perché mi è venuta l'idea di fare una serie di racconti ambientati in luoghi che o non conoscevo o conoscevo poco. Quindi lo stimolo era inventare un qualche cosa in un ambiente non conosciuto, cercando però di essere fedele a quelle immagini lette in un libro o viste in un film che potevano richiamare. E difatti ne avevo pensato uno sul Messico, per esempio... E così via. Poi naturalmente, come tante idee, rimane lì.

Ultimamente ho scritto uno scritto molto più lungo, di quaranta cartelle, perché me l'hanno chiesto: è stata una commissione, io avevo già l'idea di questo racconto e ho scritto questa cosa. Il venti di ottobre uscirà il prossimo libro, e quindi non sono episodi marginali.

D'altra parte, poi, per me il momento più difficile è scrivere delle canzoni. In generale, parlo, non per me personalmente. Perché la canzone è sintetica. Ma anche la canzone è una forma narrativa: e quindi il mio principale mestiere, se possiamo chiamarlo così, è quello di narrare, di raccontare. Ci sono tanti modi per farlo, tanti stili per farlo soprattutto, e qundi eccomi qua a fare canzoni, a scrivere: il mio mestiere è scrivere, insomma, è raccontare. E quindi adopero le varie possibilità che la scrittura e il racconto e il raccontare hanno.

E difatti poi mi meraviglio quando i primi tempi dicevano: "Ah, ma Guccini è anche scrittore!" Sono sempre stato scrittore! Non c'è differenza. Oh, certo, c'è differenza nello stile, c'è differenza nell'impostazione: la canzone io devo scriverla su un quaderno con una penna davanti, se si tratta di un libro scrivo al computer. Sono meccanismi diversi ma è sempre narrare.

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Pagina 89

Paolo Rossi



[7 ottobre 1993]

[...]

Ma bisogna intendersi anche su cosa vuol dire volgarità. Cioè, voglio dire, quando ci sta bene ci sta bene.

La volgarità... Come posso dire, la volgarità è un concetto molto astratto. È come la risata, come la comicità. Ormai bisogna rendersi conto che siamo delle tribù. In un paese come l'Italia ci sono delle tribù. La divisione non è Nord/Sud/Centro, la divisione è per tribù. Ci sono appartenenti di diverse tribù nello stesso nucleo familiare, a volte. A questo punto, questo significa delle cose ben precise: che si ride a squadre e ci si scandalizza in parrocchia. Questo è. Non c'è niente da fare...

Per dire, oggi son uscite le recensioni dello spettacolo che c'era l'altro giorno. Sono tutte buone tranne una che è molto negativa. Forse, tempo fa me la sarei presa, no? Perché te la prendi poi comunque, un po'. Però è normale. Cioè, mi sarebbe inquietante il contrario. E a differenza di una volta non sento neanche più la voglia di reagire: "Chi è, perché ha detto questo di me? Come fa a dire questo?"

Ma ha detto delle cose brutte, eh? Ma è normale, è giusto. Perché è così, insomma, no? Io non posso far ridere tutti. È sbagliato quando uno dice: "La risata è universale." Certo, bisogna far ridere i vecchi e i bambini. Ma anche i bambini sono di diverse tribù. Son mica tutti uguali i bambini, come non sono tutti uguali i vecchi.

Quindi sono discorsi molto astratti, quando fai queste cose sulla volgarità astratta. Cosa vuol dire? Per me è volgare vedere Emilio Fede accostato a dei corpi di marines trascinati alle sei e mezza di sera, no? Che finge di di di... di essere angosciato da questo fatto, mentre io so benissimo, che vengo dal mondo dello spettacolo, che c'è un'eccitazione morbosa. Come per quelli che godono a vedere gli incidenti automobilistici, no? Le conseguenze di un incidente automobilistico.

Per me questo è volgare. Io a mio figlio gli spegnerei la televisione, ma per un'altra signora può essere volgare se io dico "cazzo". Ognuno si scandalizza con quello che può.

Tribù nello stesso posto. A Milano un po' di problemi con la Lega ce li hai, per esempio. C'è qualcosa da dire su questo?

Sì, c'è da dire e da dire. La Lega a Milano è la spia di una realtà molto complessa, nel senso che all'inizio pensavo che fossero tutti stronzi, e poi ho voluto... Ed era una cosa superficiale, la mia. Fossero tutti della gente... Tutti razzisti, tutti avidi, tutti...

Poi ho cercato di capire meglio, e ho capito che non tutti quelli che votano Lega sono razzisti avidi e cose così. E dopo ho capito ancora un'altra cosa: che comunque quelli che comandano, li guidano, se si può dire guida un movimento che ha dei voti alle elezioni... Voglio dire, anche la Democrazia Cristana ha avuto il cinquanta per cento dei voti, a volte: però non si può proprio dire, è improprio dire che fosse un movimento popolare. Questo poi è anche circoscritto, tra l'altro: anche se è molto determinato, molto agguerrito. Però chi li guida o chi li governa è comunque gente di poco valore, e la gente di poco valore quando si avvicina al potere è pericolosa, è molto pericolosa.

Io non voglio dire che ci sono stati già degli imbianchini: perché gli imbianchini, è vero, non torneranno più. Però ci saranno altre cose. Ex cantanti, magari. Ex cantanti non a caso, voglio dire.

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