Copertina
Autore Cosimo Argentina
Titolo Beata ignoranza
EdizioneFandango, Roma, 2008, Tascabili , pag. 98, cop.fle., dim. 12x16,7x0,6 cm , Isbn 978-88-6044-115-7
LettoreGiovanna Bacci, 2009
Classe scuola
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Indice


Introduzione                                     7

Si fa presto a dire precario                    10
Collegi docenti? No, grazie                     17
Stipendi da fame? Diciamo che dimentichiamo
    il colore dell'aragosta                     22
Meritocrazia... meritoche?                      27
Tina la generalessa di tutte le bidelle         31
La dolce marmaglia                              36
La scuola come il Titanic                       42
La Gelmini raccontata alla classe               47
Colleghi                                        51
Fa tutto schifo... va tutto bene...             59
Dimmi a chi sei figlio e ti dirò chi sei        63
Famiglie atto secondo...                        68
Consigli... per gli acquisti? No, di classe     71
Che ci faccio io qui?                           76
La scuola che vorremmo? Quien sabe!             80
Max                                             85
Ferrovie Nord                                   88
Beata ignoranza...                              93


 

 

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Pagina 7

Introduzione


È la moda! Oggi tutti a parlare di scuola, di precariato, di sofferenza sociale da parte delle classi in bilico... i blade runner della pagnotta, i forzati delle dieci mensilità più sussidio di disoccupazione. Eppure, signori miei, non vedo le medaglie. E le medaglie si conquistano sul campo. Molti parlano e scrivono ma lo fanno da porti sicuri, paratie alte. Invece è necessario che chi blatera lo faccia con le mani sporche dell'inchiostro di un registro di lasse e con le suole levigate dai gradini dei provveditorati (li chiamo ancora così, altro che sovrintendenze).

I titoli, bisogna avere i titoli.

Quindi mi presento con due dati due: ecco le mie medaglie.

Precario della scuola dal 1988. Non un giorno o due, vent'anni... vent'anni scavalcati da poco. Vincitore di concorsi nazionali, regionali, dipartimentali, riservati e non. Abilitato sia sul campo che grazie a un esame più simile al gioco del lotto che a una verifica culturale.

Dall'88, per dirvela tutta, ho insegnato nella scuola pubblica e in quella privata. A nord (Milano) e a sud (Ginosa provincia di Taranto – e Taranto). Ho insegnato in scuole legalmente riconosciute e non riconosciute. Ai serali, ai diurni, nei corsi per adulti, nei corsi ordinari, in quelli per vigilatrici di infanzia e per infermiere professionali.

Insegno tuttora, si può controllare. Non parlo da una poltrona bulinata dei miei ricordi, no, signori miei, è roba talmente recente che appena finisco 'sta pagina mi vesto e vado in classe. Da precario ovviamente.

Ho insegnato nelle più disparate tipologie di scuola: Itis (gli industriali coi ragazzi che filmano le bravate in classe), Itc (istituti tecnici da competizioné come ad esempio quelli per ragionieri), Itg (dove i geometri in erba non amano il diritto), Ipc (i famigerati professionali di tutti i livelli... ad alto impatto ambientale), i Pacle (cioè le scuole per corrispondenti in lingua estera soffocate dalle sperimentazioni), gli Alberghieri (dove il cuoco è Gesù Cristo e il prof di italiano una caccola), i licei scientifici sperimentali (dove ce la si tira un po' e dove il precario è tale mille volte di più), gli ex magistrali (che adesso hanno nomi improponibili della serie licei socio-pedagogici e via dicendo), licei artistici (dove l'arte è bella a vedersi ma poi a te di diritto ti fanno un orario di merda), monoenni propedeutici (che non vi sto a spiegare perché nemmeno quelli che mi hanno dato la nomina, senza pagarmi, a tutt'oggi, a distanza di un anno, hanno saputo spiegarmi di che si tratta). Mi mancano gli agrari e i licei classici e faccio tombola.

Ecco le mie medaglie.

E rilancio, sul piatto, con 45 anni di età, una laurea in giurisprudenza acciuffata a 24 anni, venti scuole cambiate in vent'anni, moglie e due figli a carico e fedina penale ancora immacolata.

Ecco chi dovrebbe parlare della scuola. Ecco chi dovrebbe parlare dei precari. E invece che mi tocca sentire? Le parole di politici da operetta oppure le storie scritte da gente che è stata nella scuola mille anni fa o che ha assaggiato una settimana di precariato e, guardando negli occhi l'orrendo mostro, si è imbucato in una cuccia sicura buttando giù qualche paginetta di rovinose memorie.

Mostratemi i vostri vessilli e potremo cominciare a parlare. Senza tema di smentite. Cosimo Argentina, partita di spesa del tesoro numero 1638/63, contratto a tempo determinato che mi scade il 30 giugno. E questo da vent'anni!

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Pagina 10

Parlare di precari è una falsità.


È come parlare dell'inguine degli angeli. Come parlare del latte in polvere. Ci sono centinaia di tipologie e sottomarche, diramazioni e distinguo... il precario non esiste. Esistono i precari a mille euro al mese per otto, nove o dieci mesi all'anno, i precari da due stagioni e poi dentro, calcio nel culo indeterminato, i precari da trentamila euro l'anno e quelli da trentamila al mese. A esser precisi anche i grandi manager sono precari. I capitani d'industria. Cesare Romiti vi dirà che nella sua vita non ha mai avuto la certezza di un posto inamovibile... per lui parlavano le cifre.

Nessuno ha mai ammesso che in un anno un precario di lusso, un open space, riesce a mettere talmente tanto grasso in dispensa da essere a posto per parecchi luuunghi inverni. Questo non si dice, no, non aiuterebbe il lamento. Ma il precario vero, quello di origine controllata, è il gottoso mezz'acciaccato che coi soldi del mensile si trascina per trenta giorni e poi si vedrà...

Nella scuola il precario è un insegnante che ha tutte le incombenze del collega di ruolo ma quando firma il foglio presenze si ritrova in un elenco a parte.

"Ah, sei precario? Cristo, mi dispiace!"

Eh! Come no! Mors tua vita mea...

Un precario deve dimostrare che gode di sana e robusta costituzione con un certificato medico a settanta euro e deve presentarsi un giorno X. presso il provveditorato o le cosiddette scuole polo per arraffare una nomina.

Siete mai stati in provveditorato il giorno delle nomine? No? Andateci.

Vedrete noi... una marea grigia che cerca la dignità in una giacchetta upim o in un tailleur dai cinesi e che arriva due ore prima che gli impiegati decidano di aprire i cancelli e fare l'appello. E, a proposito... gli impiegati ci disprezzano. Se potessero ci sputerebbero in faccia perché noi siamo dei perdenti di trenta, quaranta, cinquanta e sessant'anni che permettono a loro, perdenti di serie C1, di potersi segnare il petto e... "madonna mia, ci sta di peggio!".

Il giorno fissato per le nomine non lo sai fino all'ultimo momento perciò, anche se vinci una vacanza coi punti della Galbani, rassegnati: il giorno fatidico potrebbe essere il 20 luglio o il 20 agosto e allora a quel punto neanche una delega ti metterebbe al sicuro.

Insomma sei lì, fa caldo, fa freddo (ci sono stati anni in cui la nomina l'ho avuta a gennaio) o fa quel che volete, ma tu sei lì e, in attesa della nomina, discuti con i tuoi consimili.

Giuro che sono vent'anni che ascolto gli stessi discorsi.

Provo orrore per i momenti che precedono la nomina sicché il foglio col timbro diventa una liberazione dalla ciurma depressa. Ci desquamiamo gli uni sugli altri... ci aggrappiamo ai vestiti di chi ci è davanti in graduatoria per capire che sede sceglierà... e poi, soprattutto, ci poniamo gli uni gli altri sempre le solite grandi domande: dici che immettono in ruolo, quest'anno? Secondo te sbloccano le assunzioni? Quei figli di puttana dei riservisti ci toglieranno un posto?

Mortificazione e scoramento giocano ai dadi sui nostri pezzi di carta. Lauree gettate nei bidoni della spazzatura, di questo si tratta. Donne calve e uomini ormai sintonizzati su un esaurimento nervoso di lungo corso entrano nel recinto alle grida e attendono la loro sorte.

"Dio santo, Argentì... è sparita una cattedra!"

E già, perché le cattedre a luglio e ad agosto spariscono. Spariscono sul serio per poi ricomparire a settembre/ottobre. Nulla di strano, si tratta di un vecchio gioco di prestigio dei presidi e dei compagnucci di merenda.

In pratica capita che qualche dirigente voglia favorire il professor X o il dottor Y e allora fa sparire una cattedra dichiarando che non è sicuro di poterla formare e poi, quando i legittimi sfigati hanno scelto sedi ai confini dell'Arizona, chiamano il provveditorato e tirano fuori dal cilindro nove ore più nove e il gioco è fatto.

Ma ad essere sinceri noi siamo i primi profanatori della graduatoria. Noi, i precari annuali al 30 giugno, nascondiamo le cattedre che desideriamo per evitare che quello che ci precede se la pappi. Siamo illusionisti. Storniamo l'attenzione. Spostiamo l'opinione pubblica. Creiamo falsi scopi e seminiamo l'ambiente di notizie false e tendenziose... "la preside di Besana Brianza odia i meridionali!"... "il preside di Mariano Comense convoca una riunione al giorno!!!"... "gli alunni di Cinisello si mangiano i precari!".

Il popolo dei nominandi ora dopo ora si gonfia, s'impuzzolisce, arriva alla frutta e dopo una mattinata di attesa vana comincia a schiumare.

Il novanta per cento di noi ha le orecchie infiammate perché ha trascorso due ore al telefonino con le varie scuole per accertarsi che le cattedre nascoste siano lì, sotto uno strato di foglie bollate. Parlano sottovoce per non farsi ascoltare dai colleghi, 'sti 007 dell' indocenza, e si infilano i cancri nel cervello. Lo fanno premendosi in modo compulsivo contro le tempie cellulari senza schermatura, quelli rimediati da ElettroJack a venti curo il pezzo.

"Tu cosa prendi, Argentì?"

"Mah... non saprei!"

Mai avere dubbi. I colleghi ti indirizzano condizionandoti come un capo bastone coi soldati. "Tu abiti da quelle parti... prenditi a Meda... si sta bene, ascolta a me". Sappiamo tutto di tutti. Conosciamo le abitazioni di ognuno... i figli, le mogli a carico, le amanti, le lauree e i corsi di specializzazione fatti. Quando uno scala la graduatoria si sente in difetto. Magari ha comprato uno di quei corsi on-line che ti permettono, spendendo dei quattrini, di racimolare tre punti e scavalcare uno che ti sta davanti da quindici anni, forse venti. E tu lo guardi... "Cristo, Francè, me l'hai messa in quel posto 'st'anno, ah?!"

"Argentì! Ho 54 anni: Devo entrare di ruolo!"

Alla fine, quando ti siedi per la scelta, hai in testa una confusione totale e poi sulla schiena ti stanno appollaiati gli avvoltoi che bramano le tue ore, il tuo completamento cattedra, le tue briciole orarie... e tutto quello che ti scivola per terra se lo pappano i vampiri montessoriani facendo anche la scarpetta col sugo della pubblica istruzione.

"Oggi hanno convocato dal numero 1 al numero 100!"

"Ah, bene, io sono il 13... e tu?"

"Il 287!"

Molti vengono a vuoto. Arrivano e cominciano a fare calcoli e a lamentarsi perché a loro la convocazione non arriverà mai. Ti chiedono i punti. Ti sottopongono a screening per capire qual è il modo più onorevole per farti fuori e passare dal 500esimo posto al 499esimo. Pregano che ti venga un colpo. Un incidente stradale. Un blocco sulla statale 106. Un uragano... Gesù che ti impone di abbandonare la via della perdizione scolastica e darti all'ascetismo...

Ecco chi sono i precari della scuola. Pressione arteriosa a mille, tutti. La sistolica alle stelle e la diastolica sulla luna: di questo si tratta.

E poi arriva il momento in cui ci si presenta in sede.

Hai scelto Cusano Milanino? Bene, ti metti su un treno delle Nord e poi scavigli verso la segreteria e lì compili un chilo di moduli ripetendo alla paranoia il tuo codice fiscale fino a che non lo sbagli per troppa sicurezza. Poi la presentazione col dirigente scolastico (guai a chiamarli presidi che alcuni la prendono male).

"Lei è sulla professoressa Deflangre?"

"Non so!"

"Sì... le assegno la cattedra della professoressa... cinque classi. Le peggiori, sa... hanno avuto solo precari, negli ultimi tre anni!"

La sala docenti è la prova successiva. Il cassetto coi registri, la postazione internet per le scuole che hanno un simile lusso, il raccoglitore delle circolari: su tutto domina uno strisciante nonnismo.

Un precario che passa di ruolo da un giorno all'altro comincia subito col dire "voi dovete alzare la voce!" VOI. Il ruolo è una conquista sociale che il poveretto ha agognato per anni e adesso che è salito sul carro giusto guarda quelli che corrono a piedi nudi e dice VOI... voi sfigati, voi pezzenti, voi fottuti della terra, mentre io ce l'ho fatta. Sono dentro appena in tempo e ho fottuto pure la Gelmini che altrimenti mi spazzava via senza né leggere né scrivere.

Ecco il precariato scolastico... potrei dirvi molto altro... potrei dirvi che il sussidio di disoccupazione prevede altre questue, altri moduli, altri codici fiscali; potrei dirvi che se uno inizia a lavorare a settembre cosa pretende? Di avere lo stipendio a ottobre? L'accredito latita. Le segreterie sbuffano. Si va in processione all'ufficio del tesoro ma lì si trovano code bibliche e impiegati esasperati – magari precari pure loro.

Potrei dirvi che dopo vent'anni di lavoro la mia anzianità è zero. ZERO. 0.

Se la voglio buttare sul patetico ho anche visto colleghi con le mani in faccia e le lacrime che io la mettevo sul ridere ma loro avevano il mutuo come una scimmia cannibale a mettergli paura.

Potrei dirvi che ogni volta che si rinnova la domanda in provveditorato per l'inserimento o aggiornamento delle graduatorie nasce un problema, un errore. Fascicoli smarriti; certificati abracadabrizzati... solleciti finiti nelle cloache dei provveditorati kafkiani.

Ma perché ne parlo? Tanto i precari sono destinati a essere spazzati via, no? È solo questione di tempo, ci raccontano gli esperti.

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Pagina 47

La Gelmini raccontata alla classe


In terza C mi chiedono cos'è 'sto decreto Gelmini. Qualcuno mi chiede la differenza tra un decreto legge e uno legislativo.

"Ehi, lo avete fatto in prima!"

"Ma non ce lo ricordiamo!"

"Va bene, repetita iuvant!"

Qualcuno mi dice che qui siamo in Brianza, che in classe di politica non si parla.

"Sono d'accordo. Perciò vediamo di accennare solo alla parte normativa e lasciamo la parte politica a quelli che hanno tempo da perdere!"

"Si, prof. Ma la Gelmini di che partito è?"

"Niente politica, abbiamo detto!"

"Prof!"

"Eh?"

"Posso andare in bagno?"

"Vai."

Le guardo. La dolce marmaglia di terza consta di due fazioni che a volte si mescolano più per necessità che per virtù.

"Allora... inizio con le probabili novità per voi delle superiori. L'anno prossimo dovrebbe esserci una riduzione del monte ore..."

"Allora usciamo prima!"

"Non voi... credo che si comincerà con le prime e poi pian piano a regime... ehi, Doris, lascia perdere quell'affare e cerca di stare attenta! Dicevo... un'altra novità sarà quella delle classi di concorso che verranno accorpate e allora io che sono un A019 potrei essere unito agli A017 come la professoressa Gaviraghi che insegna economia aziendale!"

"Ah! E lei potrà insegnarci aziendale?"

"Preferisco diritto!"

"E poi?"

"Poi si riformerà il comparto dei professionali e degli istituti tecnici ma qui ci saranno delle leggi quadro e delle decisioni successive che ci faranno capire di che morte dobbiamo morire, e infine c'è la faccenda del voto di condotta ma quello lo sapevate già, che se insufficiente provoca la bocciatura. Quanto alle università si parla di trasformarle in fondazioni il che vorrà dire che cambia il modo di recuperare i fondi e l'organizzazione interna sarà più simile alle attuali università private che a quelle statali, ma su questo si sa ancora poco."

"Ah! E mia mamma?"

"Che c'entra tua mamma!"

"Mio fratello alle elementari potrebbe uscire alle 12.30?"

"Per le elementari c'è l'introduzione del maestro prevalente. Il tempo pieno c'è chi dice che è finito e c'è chi dice che sarà comunque garantito. Non saprei, al momento. Poi viene introdotta la disciplina dell'educazione civica ma senza aggiunta di ore curriculari..."

"Curricuche?"

"Non si faranno ore in più. Al limite il prof di lettere, tipo la vostra, la Zito, magari sottrarrà qualche ora alla storia e farà educazione civica... però questo alle medie!"

"Ah. capito! Ma a lei questa riforma piace, prof?"

"No".

"Perché?"

"Perché credo che in una società democratica le grandi innovazioni e le novità vadano introdotte dopo aver avviato un dialogo con le parti in causa. Magari la Gelmini è una buona legge ma io non la conosco, non so nulla, e mi devo fidare di maggioranza e opposizione che si scannano esibendo dati pro e contro che stanno a significare che qualcuno bluffa e..."

"Prof!"

"Che c'è?"

"Posso andare in bagno?"

"E interrompi per questo?"

"Non ce la faccio più!"

"Ma c'è ancora..."

"No, Bea è tornata!"

"Ah già... vabbè, vai... anche perché la discussione rischia di prendere una piega politica e abbiamo detto che non si parla di politica in classe e allora rispetto la vostra richiesta anche se ricordate che far politica non è solo parlare di Berlusconi e di Veltroni. La politica è uno stile di vita... anche le civiltà primitive avevano un indirizzo politico anche se non conoscevano concetti come destra, sinistra, centro, marxismo, fascismo, comunismo e via dicendo. Voi fate politica sempre. Anche quando mi stressate col bagno, la vostra è una rivendicazione anche di natura politica. E io a seconda dei termini che uso e di come mi comporto agisco come animale politico e... perché ridi; Sara?"

"Lei... si definisce un animale..."

"Sì, un cammello politico!"

Risata generale.

"Vabbè, chiudiamo 'sta parentesi e torniamo a bomba sulla Corte dei conti e sui controlli che opera a proposito del bilancio dello Stato!"

"Prof!"

"Eh!"

"Ma la riforma la manda via da questa scuola?"

"Non sperare di liberarti così facilmente di me, Martina, e ora concentrati sulla Corte dei conti altrimenti poi facciamo i conti... battuta!"

"Sa fare di meglio, prof!"

È vero, ha ragione. So fare di meglio.

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Pagina 93

Beata ignoranza...


Il grembiule, il voto in condotta, le focaccine all'intervallo, i tornelli e compagnia cantante non sono il problema, sono i contorni... e l'uomo pare il re dei contorni. Tutto contorno. Ci si accanisce sui contorni. Si studiano i contorni, si analizzano, ci si spantega a macchia d'olio su questioni minimali, su quisquilie e lo si fa per non dover affrontare il cuore delle situazioni.

Se mettiamo a paragone un ragazzo di terza media di oggi da un punto di vista didattico ne sa meno di uno del 1975. Ma se allarghiamo l'orizzonte sulle fonti cognitive vince la dolce marmaglia del Ventunesimo secolo.

Ignoranti si nasce e poi iniziano le differenziazioni. Già il fatto di nascere in un ambiente in cui ci sono libri e dove viaggiano nell'etere parole non banali e svincolate dalla logica delle soap e della fanghiglia realiteggiante aiuta.

Non possiamo far finta di niente.

Una volta la dolce veniva nutrita dalla parola, dal racconto, dalla narrazione. Oggi è il dio denaro che gioca sia il ruolo principale che quello sussidiario. Agli occhi della dolce marmaglia l'aver abbandonato lo studio legale in cui avevo prospettive economiche notevoli – e magari diventavo ministro della pubblica istruzione! – per insegnare e scrivere libri è una follia. È folle rinunciare a mettere in tasca due bigliettoni in più per passare un'ora con il piccolo Franz e con la cucciola Milena.

La scuola è una specie di purgatorio dove i dannati senz'arte né parte vanno a svernare perché, è opinione comune, non sono in grado di finire nel paradiso dell'euro, del lingotto d'oro, e al tempo stesso sono troppo miseri e piatti per osare discendere lo Stige o l'Acheronte all'inferno e provare i brividi delle fiamme impazzite. La scuola perciò diventa una sorta di limbo asettico.

Coltivare la beata ignoranza diventa una missione. Trasmettere un sapere di legno e rigido dà la sensazione a noialtri di essere comunque migliori della dolce... la scuola, si dice, è lo specchio dei tempi e i tempi sono sbudellati di fresco ogni giorno di più. Ogni tanto incontro un ex alunno in giro, a volte li trovo messi bene, a volte in difficoltà... Uno ad esempio era diventato un santone e appariva in tivù fino a che gli è saltata la testa. Un altro lavora sulle navi che fanno rotta verso la Groenlandia e quando torna in Lombardia mi passa a salutare. Diego ha un locale a Cesano Maderno e la sera ogni tanto calo per una birra e per domandare dei suoi ex compagni. L'unico che s'è mosso dalla palude è finito per diventare assessore comunale. Da Diego incontro anche alunne del liceo artistico e alunni da competizione dell'Iris più violento della Lombardia.

Numeri da circo, là dentro. Una seconda N indimenticabile un giorno portò in classe una torta con tre candeline: un UNO e due ZERO.

"Ehi ragazzi, che ci fate con la torta... è il compleanno di uno coi soldi o cosa?"

"No prof!" mi fa Vincenzino "È per la prossima ora... festeggiamo perché quella di inglese di sicuro ci mette la nota e quella sarà la centesima dall'inizio dell'anno!"

Ed eravamo solo a febbraio.

Sì, quella seconda era una classe violenta. Facevano gli aerei di carta e li facevano volare. Quella di inglese lo disse al preside.

"Be', professoressa... è un classico, suvvia... chiuda un occhio!"

"Mica vero, preside... quei delinquenti incendiano le code e fanno le simulazioni verosimili!"

Un giorno facevo lezione in una quarta, sotto di loro, e vidi piombar giù una cattedra. Vennero bocciati in diciottà su ventuno... Ma quando ne incontro uno, da Diego, non trovo la dolce marmaglia... trovo maschi complessi, irrisolti, cambiati – ovvio – e capisco che dietro il branco c'erano personalità che non sono mai riuscito a capire fino in fondo e che probabilmente noi abbiamo lasciato così come li abbiamo trovate... nella beata ignoranza in cui sguazzavano e avrebbero sguazzato per sempre.

Nulla di più. Nulla di meno.

Come mi è stato detto una volta... si va oltre! Oltre... oltre le riforme, le cazzate e i tentativi di sabotaggio di ciò che va bene e di ciò che potrebbe andare meglio.

Nonostante tutto se ritornassi indietro, come Max, rifarei l'insegnante... forse...

Lo farei anche per esclusione perché non amo fare l'impiegato di banca; non sopporto fare l'avvocato perché devi avere un pelo sullo stomaco che arriva alle ginocchia; non reggo la vista del sangue perciò dal chirurgo al paziente sono ruoli che non ho voglia di interpretare; non riesco a vedermi giornalista perché sono un pasticcio vivente e gli schemi, le battute e il numero di cartelle mi mandano a male; per l'astronauta ho perso la coincidenza e per il missionario non ho la vocazione; per fare il pescatore c'era il limite della sveglia e lo stesso valeva per il panettiere... gratta gratta ecco che l'insegnante, gomito a gomito con la dolce marmaglia, restava e resta un modo onorevole per sbarcare il lunario e avere l'illusione di forgiare al meglio dell'1% le nuove leve di questo mondo da incaprettati.

Il tutto, per quant'è possibile, fatto con il sorriso sulle labbra.

Perciò prevedo che, a meno che noi precari non si venga spazzati via dalla riforma al tagliere, qui mi toccherà restare... registro al seguito.

Questo salvo che, dopo aver scritto questo breve libro, non decidano di sollevarmi dall'incarico per manifesta turbativa ambientale.

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