|
|
| << | < | > | >> |Pagina 9Sebbene si chiamassero Anna Rose e Anna Felicitas, le due ragazze avevano deciso che i nomi più adatti per loro fossero Cristoforo e Colombo, dato che si apprestavano a scoprire il Nuovo Mondo. Sedute abbracciate in un angolo del ponte di seconda classe del transatlantico americano St. Luke tentando di darsi un contegno e rafforzando ancora di più la stretta al di sotto della coperta di viaggio - un dono della zia inglese per scaldare le loro sventurate gambe straniere - tenevano lo sguardo fisso sull'acqua sudicia del Mersey che si stavano lasciando alle spalle e sul molo di Liverpool che scompariva inghiottito dalla nebbia. L'inequivocabile sensazione di estraneità nei confronti di quel luogo, di non appartenervi in alcun modo, era accompagnata dalla scioccante presa di coscienza dell'immensa distesa di grigia, spaventosa e infida acqua di mare e degli interminabili giorni che sarebbero occorsi per solcarne la superficie, con onde infinite al di sopra che avrebbero dato loro il mal di mare e sottomarini nemici al di sotto intenzionati a ucciderle se appena avessero potuto farlo. Non avevano la minima idea, il più pallido barlume di conoscenza, di ciò che avrebbero dovuto aspettarsi se e quando fossero riuscite a raggiungere la sponda opposta di quella incredibile massa d'acqua, ma sapevano bene di essere una sorta di rifugiate, di naufraghe, di reiette della società, soltanto due miserabili giovani ragazze tedesche che, in fin dei conti, non potevano dirsi né realmente tedesche né realmente inglesi, essendo, così malauguratamente, così complicatamente, entrambe le cose.«Che meraviglia» esclamò Anna Rose. «Sì, che meraviglia partire alla scoperta dell'America. Noi due, tutte sole». Era stata Anna Rose a suggerire l'idea di quei nomignoli, Cristoforo e Colombo. Era maggiore della gemella di venti minuti. Il loro diciassettesimo compleanno era trascorso da un mese appena, e che compleanno: nessuna torta, candele, baci, ghirlande di fiori o poemi casalinghi. Del resto, considerò Anna Felicitas per arrecare un po' di conforto ad Anna Rose che se ne stava facendo un cruccio, era impossibile cavar sangue da una zia. Entrambe erano molto tedesche fuori e molto inglesi dentro. Entrambe avevano i capelli biondi, quel genere di mento che hanno di solito i tedeschi e occhi dello stesso colore del cielo lungo le coste del Baltico in agosto. La linea del loro naso era breve, una caratteristica guardata con sdegno in Germania, dove chi è di stirpe aristocratica deve dimostrarlo anche in quel particolare punto del proprio profilo. Anna Rose aveva un personalino compatto, tendente al tondo; Anna Felicitas, benché sua gemella, sembrava aver tratto il massimo vantaggio in fatto di crescita da quei venti minuti in più; era alta, snella e un po' curva. Inoltre, forse proprio la crescita rapida le aveva reso gli occhi sognanti e i pensieri piuttosto lenti. Ogniqualvolta sulla nave qualcuno gettava un'occhiata nella loro direzione, entrambe assumevano una postura ben eretta e un contegno composto inalberando un'espressione intesa a significare «Siamo felicissime e ce la stiamo godendo un mondo». Mai e poi mai avrebbero ammesso l'una all'altra di provare la più fievole traccia di ansia o il più recondito desiderio di piangere. Come tante altre persone di sangue inglese, non si mostravano mai tanto allegre né fingevano di essere così spensierate come quando si trovavano negli abissi della cattiva sorte. E, come tante altre persone di sangue tedesco, mantenevano le zone maggiormente vulnerabili nelle profondità del loro cuore dove, in segreto, potevano aggrapparsi con nostalgia e disperazione a cose quali torte di compleanno e alberi di Natale e dove si svolgeva altresì la loro battaglia privata contro la naturale tendenza a voler celebrare ogni possibile ricorrenza, sia dei vivi sia dei defunti. La presenza dei gabbiani, che volavano in circolo stagliandosi contro il cielo plumbeo che sovrastava i rifiuti galleggianti sulle acque del Mersey, le faceva sentire ancor più derelitte. Scatole vuote, frammenti di paglia, bucce d'arancia e una deprimente varietà di altri rifiuti ondeggiavano sparpagliati sulla superficie dell'acqua all'apparenza tanto ostile. Ecco che l'Inghilterra spariva in lontananza; l'Inghilterra, il paese della loro madre, il paese dei loro sogni fin da quando riuscivano a ricordare... All'improvviso il St. Luke frenò la sua avanzata producendo un intenso stridio. Nessuna delle due riuscì a trattenersi dal sobbalzare un poco avvicinandosi ancora al di sotto della coperta. Spaventate, si chiesero se per caso la nave non avesse già intercettato un sottomarino. «Siamo Cristoforo e Colombo» recitò velocemente Anna Rose, cambiando argomento nella loro tacita conversazione. | << | < | > | >> |Pagina 81Mr Twist - la cui bocca e mento avevano la linea più amabile al mondo e il cui nome era Edward - incapace com'era a non essere gentile, prese un vivo interesse nei progetti e nel futuro delle due giovani. Prese inoltre un vivo e sollecito interesse nel loro presente e un altrettanto vivo e profondamente partecipe interesse nel loro passato. A onor del vero, tutto di loro lo interessò al punto di renderlo immemore di ogni altra cosa; il suo unico desiderio divenne il poter vedere le fanciulle superare le insidiose secche che le attendevano in America sotto forma degli amici di zio Arthur - non nutriva alcuna fiducia nello zio Arthur, né nei suoi amici - e l'esser testimone del loro ormeggio nelle acque sicure della vera ospitalità e bontà d'animo americana.Sapeva che tali acque abbondavano, per chi riuscisse a trovarne la sorgente. Credeva in ciò che gli era stato inculcato fin dall'infanzia, cioè all'esistenza del grande cuore dell'America. Non dubitava che una volta recepito un bisogno, quel paese avrebbe accolto persone come le gemelle tra le sue braccia per non lasciarle andare mai più. Prima, però, bisognava che arrivasse a recepire. E affinché ciò accadesse si sarebbe probabilmente reso necessario qualche annuncio in toni squillanti. L'America infatti, rifletté, era un po' dura d'orecchi. Per farsi sentire bisognava urlare. Ma una volta recepito il messaggio, una volta afferrato il completo significato, allora... Nella sua cabina - una con bagno privato, giacché Mr Twist era dotato di ciò che zia Alice soleva definire ampi mezzi - meditò a lungo su quelle due ragazzine indifese. Se fossero state di nazionalità belga, oppure serba, o comunque persone chiaramente in stato di bisogno! Stando così le cose, invece, egli temeva che l'America avrebbe ritenuto preciso dovere della Germania o dell'Inghilterra badare a loro e che, conseguentemente a questo modo di pensare, avrebbe assunto un atteggiamento freddo e disinteressato. A quanto pareva zio Arthur non aveva molti amici in America, e a quei pochi non doveva andare particolarmente a genio. O, perlomeno, così aveva dedotto dalle parole di Anna Rose. La fanciulla non aveva mai asserito con sicurezza, bensì soltanto congetturato con candore, e Mr Twist non faticava a credere che gli amici di zio Arthur si sarebbero rivelati ben poco calorosi, non offrendo altro che un'accoglienza fugace e superficiale. E alla prima occasione avrebbero passato ad altri le Twinkler. E dopo tutto, perché avrebbero dovuto sentire e agire in modo diverso? Quanto prima sarebbe stato trovato per loro qualche monotono lavoretto, un incarico da istitutrice o dama di compagnia nella sterile atmosfera di un istituto femminile. Mr Twist provava per zio Arthur tutta l'avversione di un uomo impulsivo e generoso. A suo modo di vedere il patriottismo non contava nulla se raffrontato all'umanità; e il particolare tipo di patriottismo di zio Arthur gli riusciva del tutto odioso. Sfogarlo su quelle due povere ragazze, poi! La cosa lo lasciava sbigottito. Lasciate andare alla deriva in giovanissima età, un'età alla quale Mr Twist, in qualità di disciplinato figlio e fratello americano, non poteva pensare senza provare commozione, erano state spedite senza tanti complimenti oltre oceano con la più totale indifferenza per ciò che avrebbe potuto riservare loro il destino e con l'unico intento di liberarsi della loro ingombrante presenza. A quanto pareva, una volta gettati in acqua affinché imparassero a nuotare oppure annegassero, a zio Arthur non importava nulla della sorte di quei gattini, purché non dovesse sentirne i furiosi miagolii. La nobiltà d'animo di Mr Twist, dote presente in lui in dosi massicce, insorse in tutta la sua possenza nell'udire menzione di zio Arthur. Moriva dalla voglia di andare a chiedergli che cosa intendesse con tale comportamento e se lo ritenesse un modo d'agire degno di un gentiluomo. Poiché ciò non gli era consentito, trovandosi su una nave in rotta per New York, compensò quel desiderio prendendosi la massima cura possibile delle nipoti messe alla porta come se ne fosse lui stesso uno zio; del tipo giusto, però, il tipo che si trovava in America e che considera le proprie nipoti un dono sacro e prezioso. Mr Twist si figurava zio Arthur come il classico zappaterra inglese un po' bifolco, irascibile e con il viso incorniciato da folti favoriti. Se lo immaginava, piccolo di statura e grosso di piede, intento a trascinarsi attraverso la zuppa campagna inglese dai campi di golf verso casa, dalla moglie che lo aspettava tremante. Fu quindi sconcertato, un giorno, nello scoprire, da un accenno di Anna Rose, che in realtà si trattava di un uomo alto e niente affatto pingue, eccetto che in un unico punto. «Ma certo» convenne subito Mr Twist, rettificando prontamente il ritratto immaginario. «Il suo fisico si fa grasso all'improvviso» spiegò Anna Felicitas risvegliandosi da uno dei suoi sonnellini, «come se avesse ingerito una bomba che si fosse fermata all'altezza del gilè». «Sempre che riusciate a immaginare una cosa del genere» aggiunse Anna Rose educatamente, pronta a descrivere e illustrare con maggior dovizia di dettagli se richiesto. Mr Twist riusciva a immaginarselo senza alcun problema. Ritoccò la figura dello zio, e questa volta ci azzeccò: un uomo alto, di aspetto non spiacevole, ben rasato e con una quantità di capelli che superava di gran lunga la sua. Aveva pensato a lui come una vecchia canaglia; ora, però, comprendeva che difficilmente superava la mezza età e che zia Alice, una donna per la quale egli provava un senso di partecipazione quasi doloroso, avrebbe dovuto subire immani quantità di zio Arthur prima di riuscire finalmente a liberarsene. «Sì» confermò Anna Rose accettando la definizione «mezza età» come corretta. «In effetti nessuna delle sue due estremità appare più vecchia delle vostre. Il punto dove appare più vecchio è al centro. Solo lì. In corrispondenza della bomba». «Suppongo sia per quel motivo che è coniata la locuzione "mezza età"» disse Anna Felicitas con voce sognante. «Uno invecchia prima nel mezzo, e da lì l'invecchiamento si espande per tutto il corpo. Non deve essere piacevole» aggiunse pensosamente, «vedere il proprio corpo che va gradualmente deteriorandosi». | << | < | > | >> |Pagina 158Date le poche ore trascorse dal momento dell'arrivo non si era preso la briga di menzionare alla madre l'esistenza delle gemelle; e la cosa sarebbe stata normale, se solo lei non l'avesse interrogato sui compagni di viaggio a bordo della nave. Le sue domande, però, avevano riguardato esclusivamente i passeggeri di prima classe, ed egli aveva replicato in modo veritiero, riferendole che aveva a malapena rivolto la parola ai signori, e niente affatto alle signore.La notizia aveva tranquillizzato notevolmente Mrs Twist, che viveva nella paura di veder un giorno suo figlio cedere e inguaiarsi con qualche signora, come tra sé definiva tale eventualità. Infatti, se il peccare era già cosa sufficientemente grave - considerato che Mrs Twist ammetteva, suo malgrado, che persino con una signora era possibile farlo - per Edward il matrimonio sarebbe stato ancor più rovinoso, dato che durava ben più a lungo di un peccato. E per quanto terribile sarebbe stato il macchiarsi di un peccato, se non altro una volta mostrato il debito pentimento era possibile chiudere la faccenda una volta per tutte; la contrizione, dopo tutto, era pur sempre considerata un'azione degna di elogio. Il matrimonio, invece, non offriva alcuna possibilità di pentimento meritevole di favore sociale. Si trattava di un sacramento, e non ci si poteva certo pentire di un sacramento ricevuto o, quanto meno, non si sarebbe dovuto. E se proprio anche Edward, con il passare degli anni, avesse a tutti costi voluto compiere quel fatidico passo - così come prima di lui tanti altri sprovveduti giovanotti - nonostante già disponesse di un'affezionata e indulgente presenza femminile all'interno della sua famiglia, allora pareva a Mrs Twist che fosse di vitale importanza per il futuro benessere di quella stessa famiglia che a operare la scelta dovesse essere lei. Avendo avuto sotto gli occhi il proprio figlio fin dalla più tenera infanzia, infatti, era certa di sapere meglio di lui di che cosa avesse bisogno per essere felice; e, se proprio moglie vi doveva essere, allora era convinta di sapere pure di quale tipo di donna avessero bisogno anche lei e la figlia per essere felici a loro volta. Se il desiderio di formulare al figlio domande sui passeggeri di seconda classe non l'aveva nemmeno sfiorata, mai e poi mai avrebbe sospettato che il proprio rampollo avesse potuto allontanarsi dalla raffinata atmosfera della prima classe per andare a screditarsi nei bassifondi di una nave, ancora meno Mr Twist aveva sentito il desiderio di turbare la ritrovata serenità della madre dandole spontaneamente la notizia dell'incontro con le Twinkler. Non durante quelle prime ore, comunque. Per il momento aveva ritenuto sufficienti le informazioni date, pensando che vi sarebbero state numerose altre occasioni in futuro per ragguagliarla anche su quell'evento. Ma ciò che realmente rendeva così scarlatto l'orlo delle sue orecchie era l'aver taciuto la serata trascorsa con loro a New York. Quando sua madre, con l'amorevole sollecitudine propria di quel primo incontro, gli aveva chiesto che cosa l'avesse trattenuto, egli aveva risposto, similmente a tanti altri onesti uomini che prima di lui si siano trovati sotto il fuoco incrociato della curiosità dei propri congiunti, che si era trattato di affari. A quanto pareva ora doveva rientrare in sala da pranzo per confessare: «No, non si è trattato di affari, bensi di queste ragazze». Il solo pensiero era sufficiente ad attizzargli ancor più le orecchie. Detestava mentire. E l'aver mentito gli riusciva particolarmente odioso. Bastava un fugace istante di menzogna determinato dalla più impellente necessità, ed ecco che un povero diavolo si ritrovava in quattro e quattr'otto a contemplare il proprio rovinoso declino. Da sempre desiderava esser sincero, ma, sapeva con certezza, sua madre non sopportava le conseguenze di troppo candore. Quando in un paio di occasioni, subito dopo le preghiere - prima di Harvard egli soleva ancora pregare - si era sforzato di non ingannare la madre con le solite menzogne, ella ne era uscita cosi dolorosamente straziata che il figlio le aveva subito chiesto di perdonarlo e di dimenticare le sue parole. Ora la consapevolezza che il figlio le aveva mentito l'avrebbe ancor più atrocemente ferita. Nel pensare all'insidiosa tortuosità della vita familiare, Mr Twist fu colto da un moto di impaziente fastidio. Dopo l'esistenza libera condotta in Francia, il dover tornare a quegli squallidi sotterfugi, il dover arrovellarsi in continuazione per non urtare le altrui suscettibilità... | << | < | > | >> |Pagina 212Mr Twist aveva una sensibilità tutta americana per la pubblicità, verso la quale nutriva grande rispetto. Vide perciò all'istante le enormi opportunità implicite in quel nome; e, come in una visione, comprese ciò che era possibile ricavarne qualora fossero riusciti a trattare l'intera questione in modo opportuno. Se lo figurò campeggiare su cartelloni pubblicitari, insegne e centinaia di altre trovate promozionali pensate per attrarre l'attenzione del pubblico e, una volta catturata, per tenervela ben salda.Neanche a dirlo, l'idea era fantasiosa, non convenzionale, sicuramente al di là dei canoni che individui come sua madre e zio Arthur avrebbero considerato appropriati, ma del resto era proprio al di fuori dei parametri di gente come quella che nasceva un'esistenza vissuta con pienezza, creatività, inventiva e soddistazione. Adesso che era riuscito a sfuggire alla morsa rovinosa delle grinfie materne, e che anche le grinfie di zio Arthur avevano volontariamente rilasciato le gemelle, adesso che si trovavano lontani, non più obbligati a vivere nel timore inseguendo le linee grigie di un'esistenza che non era la loro, per quale motivo non avrebbero dovuto lanciarsi con audacia nella luce e nel colore che attendeva i liberi di spirito? Mr Twist aveva spesso osservato con perplessità quanto fosse difficile analizzare con imparzialità i pro e i contro di un argomento controverso. Ora - senza grandi perplessità, a dire il vero, dato che Anna Felicitas era stata capace di suscitare tutto il suo entusiasmo - stava elaborando un'opinione diametralmente opposta a quella concepita la sera precedente ed esposta poche ore prima sulle rocce riguardo alla cosa più giusta da fare. Mandare le gemelle a scuola? Assurdo. Sarebbe stato un delitto seppellire quelle due gemme di eternità - così gli apparivano in quel momento, ardenti d'entusiasmo e di luce crepuscolare - in un luogo di carte e inchiostri. E se, in considerazione della giovane età delle Anna, il progetto fosse risultato troppo poco convenzionale, il giusto tocco di convenzionalità si sarebbe potuto apporre assicurandosi la presenza di una signora di mezza età generosamente stipendiata affinché si unisse a loro e presidiasse. Lui sarebbe rimasto dietro le quinte svolgendo una benevola vigilanza. L'idea di Anna Felicitas consisteva nell'affittare, con le duecento sterline di zio Arthur, uno dei piccoli cottage di legno così numerosi nella zona, possibilmente in aperta campagna e ad almeno cinque miglia dal più vicino centro abitato; trasformarne poi l'interno in un cottage inglese, vale a dire in un ambiente tutto peltro, chintz e balze, e l'esterno in una locanda tedesca dall'aspetto il più innocente possibile. A quel punto lo si sarebbe dovuto dotare di tavolini verdi e di alberi con la chioma a ombrello e di un cuoco specializzato in dolci, dolci davvero deliziosi, dalla più variegata foggia, dolci poetici, meravigliose leccornie, insomma. Il risultato sarebbe stato una sala che servisse solo ed esclusivamente tè, e la cui frequentazione sarebbe diventata di gran moda. Era assolutamente necessario ingegnarsi affinché lo diventasse. Lei e Anna Rose avrebbero servito al tavoli. I prezzi sarebbero stati alti, anzi, esorbitanti - e qui Mr Twist ebbe un altro empito di ammirazione per la qualità dell'ispirazione di Anna Felicitas - così che il recarsi alla sala da tè sarebbe diventato un segno di distinzione per i suoi avventori, una sorta di status symbol. In una posizione ben visibile, sul lato opposto della strada, dove i veicoli di passaggio non avrebbero potuto non notarla, avrebbe campeggiato una vera e propria insegna, proprio come quelle esposte presso ogni locanda inglese che si rispetti recante il nome del locale. «Se la gente di qui fosse davvero neutrale, potreste istoriare l'insegna con gli scudi araldici imperiali della Germania e dell'Inghilterra» suggerì Mr Twist interrompendola, «così da poter mostrare la vostra particolarissima e insuperabile neutralità». «Potremo chiamarlo Christopher and Columbus» propose Anna Rose, che fino a quel momento era rimasta seduta come ipnotizzata dalle parole di Anna Felicitas. «Oppure Cup and Saucer» suggerì Mr Twist, «e avere un'insegna dominata dall'immagine di una tazza colma fino all'orlo di tè sormontata da un cappuccio di panna...»
«No» dichiarò Anna Felicitas. «Penso che il nome più consono sia
The Open Arms,
A braccia aperte».
|