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| << | < | > | >> |IndicePrefazione alla seconda edizione inglese 9 Prefazione alla prima edizione inglese 13 Prefazione alla prima edizione russa 15 Nota della redazione 17 1 Singolarità, biforcazioni e catastrofi 21 2 La teoria di Whitney delle singolarità 23 3 Applicazioni della teoria di Whitney 27 4 Una macchina delle catastrofi 30 5 Biforcazioni di stati di equilibrio 34 6 Perdita di stabilità di stati di equilibrio 41 7 Singolarità ai confini dei domini di stabilità e il principio di fragilità delle cose migliori 50 8 Caustiche, fronti d'onda e loro perestroike 52 9 Distribuzione su grande scala della materia nell'universo 65 10 Singolarità in problemi di ottimizzazione 69 11 Singolarità dei confini di accessibilità 72 12 Superfici lisce e loro proiezioni 82 13 Il problema di evitare un ostacolo 88 14 Geometria simplettica e di contatto 92 15 Singolarità complesse 100 16 Il misticismo della teoria delle catastrofi 112 Appendice 117 Bibliografia 129 Indice analitico 141 |
| << | < | > | >> |Pagina 9La descrizione matematica del mondo dipende da una delicata interazione tra continuità e fenomeni discreti e discontinui, che sono i primi di cui ci si accorge. «Le funzioni, proprio come gli esseri viventi, sono caratterizzate dalle loro singolarità» affermò Montel. Singolarità, biforcazioni, catastrofi sono termini differenti usati per descrivere la nascita di strutture discrete da quelle continue e uniformi. Alla fine degli anni trenta la teoria delle singolarità aveva raggiunto un livello altamente sofisticato, grazie soprattutto a Whitney (1955), Thom (1959) e Mather (1965). Questa teoria si è rivelata un nuovo strumento molto potente che trova applicazioni in vari campi della scienza e dell'ingegneria, specialmente se combinata con la teoria delle biforcazioni, fondata da Poincaré (Thèse, 1879) e sviluppata da Andronov (1933). Lo scopo di questo libro è spiegare come funziona questa teoria a un lettore senza una particolare preparazione matematica. Spero comunque che anche gli esperti possano trovare qualche fatto e qualche idea per loro nuova. Alcuni considerano la teoria delle catastrofi una parte della teoria delle singolarità, mentre altri, al contrario, includono la teoria delle singolarità nella teoria delle catastrofi. Per evitare discussioni accademiche, considererò teorico delle catastrofi chiunque dichiari di lavorare sulla teoria delle catastrofi, lasciando così agli autori dei lavori discussi la scelta tra i termini «singolarità» «biforcazioni» o «catastrofi». [...] Io ho imparato la teoria delle singolarità durante una conversazione di quattro ore con B. Morin, dopo il suo ispirato intervento sulle singolarità di Whitney e Morin al seminario di Thom del 1965. Morin mi spiegò i teoremi fondamentali di Mather sulla stabilità, secondo quanto Mather stesso gli aveva comunicato di recente in una lettera (e più tardi, nello stesso giorno, trovai una dimostrazione diversa). Il lavoro non pubblicato di Mather del 1968 sulla corretta equivalenza mi era sfortunatamente (o fortunatamente) sconosciuto, e mi resi conto della relazione tra il lavoro di Tjurina del 1967 (pubblicato nel 1968), analogo a quello di Mather, e il mio articolo del 1972 «A, D, E» a lei dedicato, solo dopo che Milnor me lo fece notare. Né nel 1965 né più tardi fui in grado di capire una parola dei discorsi di Thom sulle catastrofi. Una volta egli me le spiegò (in francese?) come «bla, bla, bla», dopo che, erano i primi anni settanta, gli chiesi se avesse dimostrato le sue affermazioni. Ancora oggi non so se gli enunciati di Thom sulla classificazione topologica delle biforcazioni nei sistemi dinamici dipendenti da quattro parametri siano veri (in una forma corretta, ossia per metriche e potenziali generici: un controesempio all'originale «teorema di Thom», come fu enunciato in «Topology» nel 1969, è stato trovato da Guckenheimer nel 1973, e anche il «magico numero 7», così sacro per i teorici delle catastrofi, deve essere aumentato affinché il teorema sia corretto). Tantomeno mi sento in grado di discutere altre dichiarazioni di Thom più filosofiche o poetiche, formulate in modo tale da rendere impossibile decidere se siano vere o false (come nella scienza medievale prima di Descartes o di Bacone (o dei Baconi)). Fortunatamente le scoperte matematiche fondamentali del grande topologo non sono affette da alcuna filosofia irrazionale. Come disse una volta Poincaré, i matematici non eliminano gli ostacoli in cui la loro scienza si imbatte, ma li spingono semplicemente ai confini di essa. Possano questi ostacoli particolari essere portati oltre i confini il più lontano possibile, fino a raggiungere il dominio dell'inconscio e dell'irrazionale. V. I. ARNOL'D Mosca, febbraio 1986 | << | < | > | >> |Pagina 21Le prime informazioni sulla teoria delle catastrofi apparvero sulla stampa occidentale circa dieci anni fa. Riviste come «Newsweek» parlarono di una rivoluzione in matematica, paragonabile forse all'invenzione di Newton del calcolo differenziale e integrale. Si asserì che la nuova scienza, la teoria delle catastrofi, era molto più utile all'umanità dell'analisi matematica: mentre la teoria newtoniana tratta solo processi continui, la teoria delle catastrofi offre un metodo universale per lo studio di tutte le transizioni brusche, delle discontinuità e degli improvvisi mutamenti qualitativi. Apparvero centinaia di pubblicazioni scientifiche e divulgative in cui la teoria delle catastrofi veniva applicata coi più diversi obiettivi, come per esempio lo studio del battito cardiaco, l'ottica geometrica e fisica, l'embriologia, la linguistica, la psicologia sperimentale, l'economia, l'idrodinamica, la geologia, la teoria delle particelle elementari. Tra i lavori pubblicati sulla teoria delle catastrofi ci sono studi sulla stabilità delle navi, modelli per l'attività del cervello e dei disturbi mentali, per le rivolte nelle carceri, per il comportamento dei giocatori in borsa, per l'influenza dell'alcool sui guidatori e per il sistema di censura sulla letteratura erotica. Nei primi anni settanta la teoria delle catastrofi diventò rapidamente una teoria alla moda ampiamente divulgata, che per le sue pretese di abbracciare tutto lo scibile, richiamava alla mente le teorie pseudo-scientifiche del secolo scorso. Gli articoli del fondatore della teoria delle catastrofi, Rene Thom, vennero ristampati in un libro in edizione tascabile, cosa che in matematica non succedeva più dalla nascita della cibernetica, da cui la teoria delle catastrofi ha tratto molte delle sue tecniche propagandistiche. Dopo l'eccessiva esaltazione per la teoria delle catastrofi, furono pubblicati lavori critici più sobri. Alcuni di questi apparvero anche in pubblicazioni destinate alla divulgazione con titoli eloquenti del tipo Il re nudo. Ora sono ormai molti gli articoli dedicati alla critica della teoria delle catastrofi. Si veda per esempio John Guckenheimer (1978), che fornisce una panoramica generale, e la parodia della critica alla teoria delle catastrofi del 1979. Le origini della teoria delle catastrofi risiedono nella teoria di Whitney sulle singolarità delle applicazioni continue e differenziabili e nella teoria di Poincaré e Andronov sulle biforcazioni di sistemi dinamici. La teoria delle singolarità è un'ampia generalizzazione dello studio delle funzioni nei punti di massimo e di minimo. Nella teoria di Whitney le funzioni sono sostituite dalle mappe, ossia da collezioni di più funzioni di molte variabili. La parola biforcazione è usata in senso generale per designare ogni sorta di riorganizzazione o perestrojka di diverse entità, risultate da un cambiamento dei parametri da cui dipendono.
Le
catastrofi
sono bruschi mutamenti che avvengono come reazione improvvisa di un sistema
sottoposto a una variazione regolare delle condizioni esterne. Per capire di che
cosa si occupa la teoria delle catastrofi è necessario conoscere gli elementi
della teoria delle singolarità di Whitney.
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