Copertina
Autore Raymond Aron
Titolo L'oppio degli intellettuali
EdizioneCappelli, Milano, 1958 , pag. 378, dim. 133x210x25 mm
OriginaleL'opium des intellectuels
EdizioneCalman Lévy, Paris, 1955
TraduttorePaolo Casini
LettoreRenato di Stefano, 1965
Classe politica , destra-sinistra
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Indice


  7 Introduzione all'edizione italiana


 25 Miti politici

 27 I    Il mito della sinistra
         Mito retrospettivo (pp. 28-35)
         Dissociazione dei valori (pp. 35-42)
         Dialettica dei rgimi (pp. 42-50)
         Pensiero e realtà (pp. 50-59)

 61 II   Il mito della rivoluzione
         Rivoluzione e rivoluzioni (pp. 62-69)
         Prestigio della rivoluzione (pp. 69-79)
         Révolte e rivoluzione (pp. 79-88)

 89 III  Il mito del proletariato
         Definizione del proletariato (pp. 90-96)
         Liberazione ideale e liberazione reale
                (pp. 96-103)
         Seduzione della liberazione ideale (pp. 103-110)
         Prosaicità della liberazione reale (pp. 111.119)

120 Dell'ottimismo politico


129 Idolatria della storia

131 IV   Chièrici e fedeli
         L'infallibilità del partito (pp. 133-141)
         L'idealismo rivoluzionario (pp. 141-148)
         Processi e confessioni (pp. 149-156)
         Di una pretesa giustizia rivoluzionaria
                (pp. 156-164)

165 V    Il senso della storia
         Molteplicità dei significati (pp 166-173)
         Delle unità storiche (pp. 173-181)
         Del fine della storia (pp. 181-188)
         Storia e fanatismo (pp. 188-194)

195 VI   L'illusione della necessità
         Determinismo aleatorio (pp. 196-203)
         Previsioni teoriche (pp. 203-214)
         Previsioni storiche (pp. 214-220)
         Della dialettica (pp. 220-229)

230 Del dominio della storia


241 L'alienazione degli intellettuali

243 VII  Gli intellettuali e la loro patria.
         Dell'intellighenzia (pp. 245-251)
         L'intellighenzia e la politica (pp. 251-257)
         Il paradiso degli intellettuali (pp. 257-266)
         L'inferno degli intellettuali (pp. 266-273)

275 VIII Gli intellettuali e le loro ideologie
         I fatti capitali (pp. 276-279)
         I dibattiti nazionali (pp. 279-289)
         Gli intellettuali giapponesi e il modello
                francese (pp. 289-296)
         L'India e l'influenza britannica (pp. 297-307)

309 IX   Intellettuali alla ricerca d'una religione

         Opinione economica o religione secolare
                (pp. 310-315)
         Militanti e simpatizzanti (pp. 31-5-322)
         Dalla religione civile allo stalinismo
                (pp. 323-331)
         Clericalismo secolare (pp. 331-341)

342 Destino degli intellettuali

355 Conclusione   Fine dell'era ideologica

 

 

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Pagina 27

CAPITOLO PRIMO
IL MITO DELLA SINISTRA



L'alternativa della destra e della sinistra ha ancor oggi un significato? Chi pone questa domanda diventa subito sospetto. Scrisse Alain: «Quando qualcuno mi chiede se la frattura tra partiti di destra e partiti di sinistra, uomini di destra e uomini di sinistra, ha ancora un significato, penso subito che chi mi fa questa domanda non è certo uomo di sinistra». Quest'interdetto non potrà trattenerci; più che di convinzione razionale, ha sapore di pregiudizio.

Secondo il Littré la sinistra, «è il partito d'opposizione nelle camere francesi, il partito che siede alla destra del presidente». Ma, sinistra e opposizione non sono termini identici. I partiti si alternano al potere: il partito di sinistra resta di sinistra anche quando è al potere.

Con l'uso insistente che si fa, dei due termini destra e sinistra non si vuole soltanto significare che, nella dinamica delle forze politiche, tendono a formarsi due blocchi separati da un centro, sottoposto a sua volta, alla continua opera di corrosione delle ali estreme. Si tende piuttosto a porre in luce l'esistenza di due tipi d'uomini, d'atteggiamento fondamentalmente opposto; di due tipi di concezioni, dialoganti tra loro in modo sempre costante, attraverso i mutamenti di linguaggio e d'istituzioni; di due opposti campi insomma, la cui contesa empie di sé le cronache d'ogni epoca. Questa distinzione tra due tipi d'uomini, d'ideologie, di partiti, esiste forse soltanto nella mente degli storici, tratti in inganno dall'esperienza dreyfusiana o da una discutibile interpretazione della sociologia elettorale?

Tra i diversi gruppi che si definiscono di sinistra non v'è mai stata unità profonda. Programmi e slogans mutano di generazione in generazione. Che cosa v'ha di comune tra la sinistra che si batteva ieri per un regime costituzionale, e quella che si afferma oggi nei regimi di democrazia popolare?


Mito retrospettivo

La Francia è considerata la patria dell'antagonismo destra-sinistra,. Questi termini, che fino alla seconda guerra mondiale figuravano appena nel gergo politico britannico, hanno ottenuto diritto di cittadinanza in Francia da ormai lungo tempo. La sinistra gode di un prestigio talmente superiore, che i partiti moderati o conservatori si ingegnano di ripetere parecchi motivi presi dal linguaggio degli avversari. Ideali repubblicani, democratici, socialisti, s'intersecano e entrano in conflitto ovunque.

Secondo l'opìnione corrente, vi sono due fatti che rendono estremamente grave quest'antagonismo in Francia. La concezione del mondo alla quale aderivano i sostenitori dell'Ancien Régime era legata alla dottrina cattolica. Lo spirito nuovo che preparò la Rivoluzione si oppose al principio d'autorità vigente nella Chiesa e nella monarchia. Il partito pregressista, alla fine del secolo XVIII e per una gran parte del XIX, lottò contro il trono e l'altare, fu incline all'anti-clericalismo, perché la gerarchia ecclesiastica favoriva o sembrava favorire le forze conservatrici. In Inghìlterra, dove la libertà religiosa fa occasione e apparentemente scopo della Grande Rivoluzione del 1688, i partiti d'avanguardia coalizzarono attorno a sé le forze indipendenti, anti-conformiste, radicali, evangeliche, anziché quelle atee e nazionalistiche.

Il trapasso dall'Ancien Réginw alla società moderna ebbe luogo in Francia con rapidità e violenza singolari. Oltre Manica il regime costituzionale è stato edificato a poco a poco, le istituzioni rappresentative scaturirono dal Parlamento, che a sua volta risale all'ordinamento sociale medioevale. Nei secoli XVIII e XIX la legittimità democratica andò sostituendosi alla legittimità monarchica senza totalmente distruggerla, l'uguaglianza dei cittadini cancellò a poco a poco la separazione tra i vari stati. Le idee violentemente diffuse in tutta l'Europa dalla Rivoluzione Francese - sovranità popolare, esercizio dell'autorità secondo regole, elettività e sovranità dell'assemblea, abolizione delle ineguaglianze dei diritti soggettivi - furono realizzate in Inghilterra forse prima che in Francia, senza che il popolo fosse costretto a scuotersi di dosso le proprie catene con un atto prometeico. La democrazia inglese nacque dalla collaborazione di partiti rivali.

Grandiosa o orribile, la catastrofe o l'epopea rivoluzionaria determina una frattura all'interno della storia di Francia; sembra opporre l'una all'altra Francia; la prima non si rassegna a scomparire, l'altra non si stanca di lottare contro il passato. Entrambe vogliono rappresentare l'incarnazione d'un tipo umano quasi eterno. Qua si invoca famiglia, autorità, religione; là eguaglianza, ragione, libertà. Gli uni rispettano l'ordine lentamente elaborato attraverso i secoli, gli altri hanno fede nella capacità dell'uomo di ricostruire la società secondo le leggi della scienza. La destra, partito della tradizione e dei privilegi, contro la sinistra, partito dell'avvenire e dell'intelligenza.

Questa interpretazione classica non è erronea, ma presenta soltanto l'esatta metà della verità. I due tipi di uomini si trovano in tutti gli strati sociali e intellettuali (sebbene i francesi non appartengano tutti all'uno o all'altro tipo); il signor Homais contro il signor curato, Alain e Jaurès contro Taine e Maurras, Clémenceau contro Foch.

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