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| << | < | > | >> |Indice5 Artaud, poeta nero 19/20 Premiers poèmes / Prime poesie (1913-1923) Le Navire mystique / La nave mistica Sur un poète mort / Sopra un poeta morto En songe / In sogno Soir / Sera [...] 110/111 Tric Trac du ciel / Tric Trac del cielo Orgues tournants, petits orgues, anges / Organi a manovella, organetti, angeli Orgue allemand / Organo tedesco Neige / Neve Prière / Preghiera [...] 132/133 Bilboquet (extraits) / Da Saltamartino Extase / Estasi Fête nocturne / Festa notturna Musicien / Musicante Baraque / Baracca 142/143 Poèmes / Poesie (1924-1935) Boutique de l'âme / Bottega dell'anima Silence / Silenzio L'Arbre / L'albero La Rue / La strada [...] 176/177 Correspondance avec Jacques Rivière (extraits) / Da Corrispondenza con Jacques Rivière Cri / Grido 182/183 L'Ombilic des Limbes (extraits) / Da L'Ombelico dei Limbi Avec moi dieu-le-chien, et sa langue / Assieme a me dio-il-cane e la sua lingua Poète noir / Poeta nero Les poètes lèvent des mains / I poeti alzano mani 190/191 Addendum / Appendice Fête régence / Festa di reggenza 197 Note 201 Cronologia 209 Bibliografia |
| << | < | > | >> |Pagina 5L'avventura letteraria di Antonin Artaud inizia all'insegna della poesia. Nel 1923 l'autore, giovane attore dedito agli stupefacenti e con preoccupanti problemi di carattere psichiatrico, spedisce due poesie a Jacques Rivière, direttore della celebre "Nouvelle Revue Française", pregandolo di farle apparire sulla stessa rivista. Rivière risponde così: "Egregio signore, mi rincresce di non poter pubblicare le sue poesie sulla Nouvelle Revue Française. Mi hanno però interessato abbastanza per desiderare di conoscere il loro autore." Incomincia così un carteggio serrato tra i due scrittori, intervallato da alcuni incontri, che si protrarrà per circa un anno e che sfocerà nella pubblicazione nel 1924, in quella stessa rivista, di Une correspondance (nel 1927 raccolta nelle Edition de la Nouvelle Revue Française con il titolo di Correspondance avec Jacques Rivière), testo-chiave che impressionerà Breton e i suoi amici e che costituirà il trampolino di lancio che proietterà Artaud nel milieu dell'intellighenzia parigina. L'impressione che si ha, leggendo questo epistolario, riguarda il fatto che i giudizi di Rivière tendano a svilire il valore di queste prime poesie, in quanto quelle "goffaggini e stranezze sconcertanti" che il direttore della "Nouvelle Revue Française" riscontra nei suoi versi non possono che evidenziare il profondo disagio esistenziale di Artaud. Indubbiamente non possiamo non attribuire a Rivière un ruolo di primo piano nell'aver portato alla luce un caso umano e letterario così singolare e travolgente come quello dello scrittore marsigliese ma, al tempo stesso, dobbiamo riconoscere che la generosità con la quale si è prodigato nei suoi confronti non fuga le perplessità manifestate sul conto della sua poesia. Lo stesso Artaud d'altronde avrà sempre un rapporto piuttosto conflittuale con la poesia, sino ad arrivare a scrivere una vera e propria requisitoria contro di essa, Révolte contre la poésie, salvo recuperare negli ultimi anni di vita una particolarissima forma di scrittura in versi, di un diarismo stravolto e allucinato che non ha precedenti negli specimen letterari non solo novecenteschi. La produzione in versi che confluisce nel primo volume delle Œuvres complètes, che qui si ripropone integralmente, risulta composta tra il 1913 e il 1935 e si può dividere, un po' sommariamente, in due fasi. La prima, raccolta nei Premiers poèmes (1913-1923), risente ancora del clima della poesia simbolista legata alle esperienze di Poe, Baudelaire, Nerval, Rimbaud, Verlaine; la struttura compositiva è di tipo tradizionale e il verso adoperato è quasi esclusivamente l'alessandrino. Sono testi un po'di maniera, spesso dominati, come osserva giustamente Gianni Poli, dall"arredo del misticismo pagano che decora i poemi dal Parnassianesimo in poi". Ma è come se già un tarlo si fosse insinuato nell'impalcatura di questi versi e ne minacciasse poco alla volta il loro stesso equilibrio Sono le stranezze e goffaggini di cui parlava Rivière e che formano invece il nucleo sul quale si svilupperanno non solo la grande poesia della sua stagione surrealista ma anche le stupefacenti prose di quel periodo — L'Ombilic des Limbes, L'Art et la Mort, Le Pèse-Nerfs, i Textes surréalistes - in bilico tra le sue tipiche accensioni visionarie e la polemica pamphlettistica contro le istituzioni. Queste poesie si articolano attraverso una prosodia tutto sommato ancora legata alle cadenze canoniche del sonetto o della quartina rimata ma con esiti felici che, per la loro intrinseca singolarità, fanno pensare alla coeva poesia visionaria di Mandel'stam, come in Première neige: "Nella dolcezza della sera gemono i rami / Talora lungo le strade agonizza un uccello; / Ed ecco che il cielo assume il colore dell'acqua... / Mia sorella è il nostro amore che nevica tra i rami". D'altro canto non mancano sviluppi un po' eccentrici come il "rifacimento" della poesia di Edgar Allan Poe The Haunted Palace che sembra preludere alla riappropriazione che Artaud opera, attraverso la traduzione, di un testo che lo coinvolge particolarmente dal punto di vista emotivo. Si pensi in questo senso alla successiva rielaborazione di The Monk di Lewis soprattutto, ma anche al mostruoso corpo a corpo linguistico sostenuto con l' Humpty Dumpty, tratto da Through the Looking-Glass di Lewis Carroll, esaltato tentativo terapeutico di traduzione, stigmatizzato dalle innumerevoli sedute di elettrochoc subite nell'ospedale psichiatrico di Rodez e il cui titolo risulta particolarmente significativo: L'arve et l'aume. Tentative anzi-grammaticale contre Lewis Carroll. Non è un caso che la rielaborazione che Artaud opera di The Haunted Palace sia dedicata alla sua compagna di quel periodo, l'attrice Génica Athanasiou, come se si trattasse di una lirica scritta di suo pugno in onore dell'innamorata. A volte, leggendo questi versi, si ha l'impressione che paradossalmente rivelino più di quanto lo stesso autore non esponga nel suo carteggio con Rivière, pur mettendosi in tale sede quasi a nudo nei confronti del suo corrispondente. È la storia di un'ossessione, di una profonda e delirante ossessione, che si manifesta attraverso il continuo e quasi martellante ricorso ad immagini-chiave come quella del viaggio per mare, nell'utopico tentativo di voler trascendere dalla propria condizione patologica attraverso la vista di "vele gettate[...] contro piante / Che si specchiano nei riflessi di acque suadenti" o di "mari in cui i miei sogni travolgenti nuoteranno". Si instaura uno strano connubio tra l'ortodossia metrica di queste prime liriche e certe soluzioni visive un po' "sghembe"; come nella poesia intitolata Soir in cui una quartina predominata da un affiato misticheggiante si contrappone a quella precedente, dove risulta evidente una concezione panica della natura, con momenti degni della delicatezza di una tela chagalliana: "Le libellule d'oro erano cadute nelle messi, / I mietitori falciavano le loro ali come spighe, / I mietitori dell'ombra e della notte rosa / Dai cuori cantanti come violini stellati". A fare idealmente da spartiacque tra le prime poesie e quelle della stagione surrealista figurano una sottile plaquette, composta sia da versi che da brevi prose, intitolata Tric Trac du ciel, edita dalla parigina Galerie Simon nel 1923, e i testi usciti sulla piccola rivista "Bilboquet" di cui Artaud fu l'unico redattore. In questi scritti si avverte un'impronta più peronale, all'idealismo della prima maniera si contrappone la tendenza a voler cantare la materia nei suoi aspetti più aspri e crudi. L'umore stesso della carne — muco, sangue, urina, sperma — fa da contraltare alle atmosfere sublimate che dominavano la produzione degli esordi. Artaud stesso, a proposito di Tric Trac du ciel, scriveva un po' riduttivamente, a distanza di parecchi anni: "In effetti questo libriccino di versi non mi rappresenta in alcun modo. Non è che i versi qui raccolti non siano validi qua e là e non portino con essi la loro insolenza. [...] Ma hanno un'arietta desueta tipica di una letteratura alla Marie Larencin, alla Dignimont, alla Utrillo, alla Francis Carco, all'André Salmon, alla Raoul Dufy, farse di uno stile che non era tale e che fu, credo, inaugurato da Matisse, come il riconoscimento di una rabbiosa impotenza, come quella di un dandy che farebbe inamidare i suoi polsini, non avendo più per collo di camicia che il tronco di un ghigliottinato". Ma, francamente, mi sembra che con questi testi Artaud operi uno scarto di non poco conto rispetto ai precedenti e che, a distanza di tutti questi anni, non si riesca ad avvertire quali analogie possano sussistere tra il ventaglio di nomi che propone e strofe provocatorie come le seguenti: "E l'amore? Occorre lavarsi / Da questa sporcizia ereditaria / Dove i nostri pidocchi astrali / Continuano a spaparanzarsi" o "Ecco venire l'iper-spazio / Lo storpio santificato / La debosciata in stato di grazia / E la vedova dal ventre congelato". | << | < | > | >> |Pagina 49PendoloNon sono un mietitore, checché se ne dica. Accomodo sulle mie ginocchia la luna, mia promessa E l'ora del pastore risuona in qualche angolo Dietro il paravento dipinto della collina, Sotto le palme verdeggianti del cielo deserto. Sono incline A pensare che è senza dubbio per dosare meglio La lenta instillazione del vino annerito del dubbio In sentieri infiniti di cieli incrociati Che nell'acqua del silenzio questa pietra è gettata, Questa pietra sonora nell'attesa e nel dubbio. | << | < | > | >> |Pagina 93SquareIl giardino estendeva la sua sabbia alla caccia con i cani Piena di cieli girevoli e di musiche occulte Calmo lago in cui bambini piccoli venivano a giocare. E formiche sgobbavano. Tornadi e foreste Svincolate dall'essere unite alle spiagge dei tropici Soffiavano la loro cenere in fiamme sulla terra imbiancata. Qua e là pioveva. Nuvole stormivano Con le loro fiancate cariche di atroci tempeste E il bicchiere del giorno si riempiva come un vaso. Dall'una all'altra pietra la notte spaziava. Nei canali del cielo la luce si addormentava. Uno ad uno i granelli del giorno diventavano rosa Mentre la luna riposava tra le mani degli angeli. | << | < | > | >> |Pagina 137Festa notturnaQuesta festa collega gli stagni Al folgorante carreggio degli astri Con le sue cornucopie In cui rotolano i nostri pensieri brillanti. In qualche posto fra terra e cielo Essa vuota queste immondizie d'anime Che qualcuno nella notte in fiamme Scambia per cigni volanti E noi melliflui assistenti Della trasfusione del nostro midollo Vediamo fondere anche le stelle Dei nostri sogni esilaranti. | << | < | > | >> |Pagina 151L'alberoQuest'albero e il suo brivido, foresta cupa di richiami e grida, mangia il cuore oscuro della notte. Aceto e latte, il cielo, il mare, la massa densa del firmamento, tutto cospira a questo turbamento che dimora nel cuore denso dell'ombra. Un cuore che scoppia, un astro duro che si sdoppia e nel cielo si espande, il cielo limpido che si incrina al richiamo sonoro del sole, fanno lo stesso rumore, fanno lo stesso rumore della notte e dell'albero al centro del vento. | << | < | > | >> |Pagina 167L'amore senza treguaQuesto triangolo d'acqua che ha sete questa rotta senza scrittura Signora, e il segno delle vostre alberature sopra questo mare in cui annego I messaggi dei vostri capelli il colpo di fucile delle vostre labbra questa bufera che mi rapisce nella scia dei vostri occhi Quest'ombra infine, sulla riva dove la vita ha tregua, e il vento, e l'orribile scalpiccio della folla al mio passaggio. Quando sollevo gli occhi verso di voi si direbbe che il mondo tremi e i fuochi dell'amore assomigliano alle carezze del vostro sposo. | << | < | |