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| << | < | > | >> |IndiceINTRODUZIONE pag. 22 UN AFFRESCO NATURALE pag. 34 LE CITTÀ SI SVELANO pag. 144 TESORI FRA LE ONDE pag. 226 IL GUSTO DELLORDINE pag. 318 E DELLA MISURA INDICE pag. 404 |
| << | < | > | >> |Pagina 23La Toscana è stata costruita come un'opera darte da gente che non aveva altra preoccupazione che la bellezza. È il risultato di un lento e paziente lavoro di un popolo che, generazione dopo generazione, ha trasformato il volto della terra in un perfetto paesaggio, unico al mondo, e originato un'armonia che fonde le bellezze della natura con il segno geniale lasciato dall'uomo. Qui tutto è piacevole e a misura d'uomo, le persone, le opere darte, le stagioni, il paesaggio, le feste, i sapori, i profumi; tutto coinvolge in una piacevole esperienza dei sensi. Per l'intero corso dell'anno, anche se l'autunno e l'inverno sono stagioni in cui la vita si fa ovunque un po' più tranquilla e solitaria, questa terra si mette, con espressione toscanissima, "in ghingheri", sfoggia le vesti e le acconciature più belle; nasconde le rughe sotto un belletto accurato; incede, nonostante l'età, con l'eleganza e la sicurezza di una ballerina: è una vecchia signora avvenente e piena d'ironia che si guarda allo specchio e vede Flora della Primavera di Botticelli. Eppure la toscana è sempre stata fresca e giovane, fin dai tempi di Porsenna, e questo mascherarsi in leggiadra gentildonna è un vezzo, un "fare la burletta" (altro delizioso toscanismo), per stupirci, per prenderci in contropiede, per non dare, quando si parla di lei, nulla di scontato. Una terra mai uguale a se stessa, che andrebbe sempre rincorsa per stare al passo con i suoi continui mutamenti (di forme, di colori, di luce, di atmosfere) ma che, guardata a distanza, in tutto il suo insieme, si svela completamente e si arrende all'osservatore e madama Toscana perde il suo pudore, il suo trasformismo e, osiamo dire, anche la sua privacy, se vista dall'alto. Dalla prospettiva aerea le diversità di questa terra balzano agli occhi e assumono connotazioni proprie, riconoscibilissime. I boschi di abeti bianchi, per esempio, che coprono quello squarcio di appennino che è il Casentino, rappresentano la metafora vivente dell'afflato religioso e della spiritualità che da sempre hanno attraversato la zona. Qui san Romualdo ha fondato l'eremo di Camaldoli e san Francesco, che pure toscano non era, è venuto a ricevere le stimmate: luoghi senza tempo, segnati nei secoli da questo "andare verso dio", che significa anche, e soprattutto, curare la natura circostante come creatura preziosa. Ma subito dopo, con un coup de théàtre, la vecchia signora ci impone la visione della popolosa valle dell'Arno, fiume che nasce sì nel silenzio del Casentino, ma che, dopo aver "disdegnoso volto il muso" (come dice il poeta) da Arezzo - che pure è città quieta e ricca di cultura - si snoda tra i rumori (e gli odori) delle industrie dei comprensori del cuoio e delle pelli, delle manifatture e dei traffici, fino a tornare al silenzio quando va a esaurirsi in un mare antico. Sempre così, di seguito, campagna dopo campagna, città dopo città. Al Chianti mondano e scenografico, che ti impegna la vista e ti inebria come il suo vino forte, si oppone la quieta, riflessiva val d'Orcia, dove un alberello isolato, posto al culmine di una collinetta a cupola, in mezzo ai campi ondulati di grano appena spuntato e che presto diventerà coltre tutta d'oro, richiama alla mente uno sfondo di Luca Signorelli. E ancora: un borgo turrito della Valdelsa, nitido dall'alto come un intaglio, e il sinuoso, rombante, circuito automobilistico del Mugello; la casa colonica più bella del mondo nel Senese e la villa padronale della Lucchesia; il porticciolo turistico di Marciana Marina nell'Elba, che da quassù sembra l'illustrazione di un calendario, e le architetture industriali di Piombino, caotiche e un po' obsolete, che richiamano alla mente un avamposto spaziale in disuso così come lo abbiamo visto al cinema (saranno prima o poi un museo della siderurgia, si dice); le dune solitarie del parco dell'Uccellina, e le allegre, gremitissime, file di ombrelloni colorati sulle spiagge della Versilia o della Riviera degli Etruschi. E le città. Dall'alto esse mostrano il loro disegno e la loro struttura come fossero modellini di legno. Papa Pio II avrà visto così, in scala, la sua Pienza e deve essersene compiaciuto quanto noi che ora la sorvoliamo; Lucca è perfetta, chiusa a riccio nelle sue mura, e la Piazza del Campo di Siena è davvero una conchiglia. Sopra Firenze lo sguardo corre incredulo alla cupola del Brunelleschi: da terra dici: "è alta', "è bella" ma non puoi abbracciarla tutta intera con lo sguardo; dal cielo vedi invece una grande rosa col rosso del cotto e il bianco del marmo dei costoloni, che dalla lanterna sembra rovesciarsi sull'intera città: e davvero capisci che è un miracolo di ingegno, di armonia e di amore. E oltre a quello che vedi dallalto c'e quello che dall'alto immagini di vedere se questa sotto di noi è la Maremma, allora le macchie marrone che si muovono lente tra il giallo delle stoppie sono gli stessi buoi dalle lunghe corna dipinti da Giovanni Fattori. Quel puntolino che traversa Piazza del Carmine a Firenze è una vecchietta, sollecita al suono della messa, che va a trovare Masaccio. Il riflesso che appare e scompare tra le onde presso la costa scoscesa di Capraia non può essere che la barca di un pescatore in cerca di tesori che, insomma, non possono essere stati nascosti solo a Montecristo.
Il cielo sopra e la Toscana sotto: molti si considererebbero
quasi in paradiso.
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