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| << | < | > | >> |IndicePrefazione 9 Introduzione. Disegni 13 1. I tanti volti di Orione 19 2. Pleiadi per tutti 35 3. Zodiaci del mondo 49 4. Saghe della Via Lattea 69 5. Le nebulose oscure della Via Lattea 85 6. Le costellazioni polari 101 7. Disegni stellari ai tropici 117 8. L'impero nel cielo 131 9. Soffitti di stelle e megacostellazioni 147 10. Dare un genere al cielo 165 Epilogo 181 Ringraziamenti 185 Saggio bibliografico 187 Indice 203 |
| << | < | > | >> |Pagina 9PrefazionePrima degli smartphone, c'erano i libri; prima dei libri, c'erano le pitture rupestri e le immagini dipinte sulle pareti dei templi sacri, corredate di messaggi amplificati da parole orali ormai perdute. Anche il cielo, per secoli, è stato una tela sulla quale illustrare storie sul significato della vita. I primi esseri umani cercavano somiglianze nascoste fra la sfera celeste e quella terrestre, con la speranza, attraverso l'immaginario astrale cui davano vita, di coniugare l'ignoto di lassù con il quotidiano di quaggiù. I nostri contatti con il cielo ci umanizzavano, ci incoraggiavano a utilizzare la fantasia per raccontare storie su chi eravamo. A differenza di ogni altra cosa al mondo, i cieli erano puri e perfetti: il luogo ideale in cui collocare la dimora degli dèi. Il tempo celeste avanzava in cicli eterni, preannunciando il nostro destino. Quale modo migliore di sporgersi dietro l'angolo del tempo per dare un'occhiata al futuro? Quale mezzo migliore per inventare racconti con un significato morale se non il muto e affidabile percorso delle stelle, che andavano e venivano con le stagioni, e quello delle costellazioni, che annunciavano nascite e morti, ci ricordavano periodi di guerra e prosperità, e rievocavano i nostri amori e le nostre avventure personali? Stelle si concentra sulla diversità culturale che caratterizza le narrazioni celesti. Le costellazioni e i gruppi stellari, ideati da una grande varietà di culture antiche e contemporanee, faranno da sfondo a un dibattito approfondito sul modo in cui natura (clima, ambiente, latitudine) e cultura (dai cacciatori-raccoglitori agli imperi) abbiano indotto gli esseri umani a creare un'ampia varietà di narrazioni basandosi sui disegni che individuavano nel cielo. Ora queste storie, che hanno attraversato un'infinità di generazioni, sono arrivate fino a noi. Questo libro è un'occasione per rievocarle e condividerle. | << | < | > | >> |Pagina 11Introduzione
Disegni
Vi è mai capitato di sdraiarvi sull'erba durante una calda giornata di mezza estate? Magari avete osservato i cumuli vaporosi delle nuvole avvicendarsi nel cielo azzurro intenso e avete immaginato forme familiari trasformarsi l'una nell'altra: ecco un'auto da corsa, un guantone da baseball, il muso del vostro cane. Ci capita anche con le formazioni rocciose: Old Man of the Mountain in New Hampshire, Queen Victoria Rock in Gran Bretagna, la cosiddetta Moglie di Lot in Israele, la Dama del Mali in Guinea, oltre a decine di giganti e gigantesse addormentati, perfino con i tratti indistinti di un viso extraterrestre nelle immagini che ci sono arrivate da Marte. I nostri cervelli sono veri e propri esperti nel riconoscere forme e disegni: gli psicologi chiamano la capacità umana di visualizzare l'unità fra dati casuali «pareidolia». La nostra mente cerca di sciogliere la tensione che accompagna la casualità, tentando di percepire qualcosa di familiare all'interno di un disegno che per il resto non lo è affatto. Queste apparizioni assumono spesso sfumature religiose: Maometto in una fiammella, Gesù Cristo su una tortilla. Un dipinto rupestre di trentamila anni fa, in una grotta a Chauvet (Francia), ritrae due uri con le corna, progenitori del nostro bestiame da allevamento, con le teste basse e i muscoli delle spalle contratti. Altri animali con palchi di corna tratteggiati sullo sfondo osservano i tori prepararsi allo scontro. Il pittore della grotta ha realizzato questa scena colma di tensione con la delicatezza di un artista contemporaneo. Mi pare di vedere una famiglia allargata che osserva il dipinto seduta a gambe incrociate attorno al fuoco, mentre uno di loro sta lì in piedi di fianco alla pittura con una lancia in mano, e un altro, avvolto nella pelliccia di un animale, finge di lanciarsi all'attacco. È la storia antica quanto il mondo del cacciatore e della preda, un evento fondamentale per la sopravvivenza del gruppo e per la diffusione della sua progenie. Quella piccola recita era un'anticipazione di ciò che sarebbe avvenuto il giorno dopo? Era necessaria per far sì che la caccia andasse a buon fine? Non lo sapremo mai. Quando le nuvole evaporano nel crepuscolo serale, mentre il velo azzurro lascia spazio a un cielo nero come la pece trapunto di stelle, fuori dall'ingresso della grotta di Chauvet si materializza un altro sfondo, altrettanto adatto a esprimere la narrazione della caccia. Il firmamento ospita una parata di stelle in un buio completo che oggi, per via dell'illuminazione artificiale, è sempre più raro. I pastori dell'antico Medio Oriente, che non avevano granché a cui pensare a parte occuparsi delle greggi, riflettevano su quanto il Grande Carro somigliasse a un aratro e Orione a un uomo. Il cielo notturno divenne il loro storyboard naturale, e chiunque poteva servirsene gratuitamente. Molto, molto tempo prima dei nostri device elettronici, dei libri illustrati come questo e perfino delle pareti delle grotte in attesa del tocco dell'artista, il cielo notturno rappresentava già un mezzo di comunicazione pieno di un'infinità di puntini luminosi che parevano invitare gli osservatori a collegarli tra loro. A poco a poco, riconoscere e dare un nome ai disegni nel cielo divenne più che una semplice occupazione casuale: divenne parte di un richiamo intenzionale a un immaginario carico di valore religioso o mitico, una testimonianza della gloria degli dèi che lodiamo per aver creato il mondo o del potere del sovrano che proclamava di discendere da essi. Un uso che potrebbe essere nato con i sacerdoti che, guardando in alto mentre veneravano i loro dèi celesti, immaginarono figure fatte di disegni stellari con le quali potersi esprimere meglio. A giudicare dai loro nomi, le costellazioni familiari per gli osservatori di formazione culturale occidentale derivano dalla civiltà sumera del III millennio a.C. Le loro prime apparizioni tangibili risalgono alle pietre di confine e alle tavolette in grafia cuneiforme del VII secolo a.C., nonché ai coevi poemi epici dei greci Omero ed Esiodo. (In tutto il volume, esporrò spesso le differenze fra le culture che si sono sviluppate nel corso della storia in diverse aree del mondo e l'«Occidente»: con quest'ultima espressione intendo la civiltà occidentale europeo-americana, nata da credenze e usanze dell'antico Medio Oriente e passata per il mondo greco-romano classico. Il percorso che da qui giunge all'Occidente moderno attraversa l'islam, l'Europa medievale e rinascimentale e l'Illuminismo francese.) Tolomeo, un astronomo alessandrino del II secolo, ci ha lasciato un elenco di 48 costellazioni. Una trentina abbondante avevano il nome di animali terrestri, pesci e uccelli, con un paio di serpenti e umanoidi qua e là, nonché un insetto. Nel 1603 se ne aggiunse un'altra decina, quando l'avvocato e cartografo tedesco Johann Bayer realizzò la prima mappa stellare dell'emisfero australe. Nel 1922 l'Unione astronomica internazionale portò l'elenco ufficiale a 88: una cifra che comprende il contributo dell'Illuminismo del Settecento al progresso scientifico - costellazioni che raffigurano un telescopio, un microscopio, una pompa ad aria, un forno alchemico, una squadra da architetti e uno scalpello. Le costellazioni medievali, come le Chiavi del Cancello del Paradiso di San Pietro, ne furono espunte. La Cina vanta ben 283 costellazioni, i cui nomi sono molto diversi rispetto alle controparti di origine sumera; i più antichi sono stati trovati incisi su ossi oracolari della dinastia Shang risalenti circa al XIV secolo a.C. Anche il Rgveda, un testo religioso induista del II millennio a.C., menziona le costellazioni, e lo stesso vale per le iscrizioni rinvenute nelle tombe reali dell'Alto Egitto datate al XVI secolo a.C. Nelle Americhe, i nativi navajo, irochesi, maya, inca e aztechi tracciarono disegni stellari connessi a questioni che per loro rivestivano grande importanza. Così anche gli aborigeni in Australia, le tribù delle foreste pluviali tropicali in Sudamerica, quelle dei paesaggi ghiacciati della Siberia artica e dell'Alaska, nonché dei deserti, delle foreste e dei veld dell'Africa. Stelle parla di qualcosa che noi tutti abbiamo in comune. Abbiamo creato le costellazioni per parlare di dilemmi morali e di regole sociali, di vicende pratiche e spirituali, dei nostri bisogni più immediati e dei nostri sogni più sfrenati. Mi auguro che raccontare ancora una volta queste storie possa rendere omaggio alla sconfinata fantasia della nostra famiglia umana. | << | < | > | >> |Pagina 473. Zodiaci del mondoPer festeggiare il suo compleanno, l'imperatore di Giada, in Cina, decise di creare uno zodiaco. Per i dodici posti disponibili fece un provino a diversi animali e propose loro di attraversare un fiume: i dodici più veloci si sarebbero aggiudicati un segno. Il gatto e il topo, ai tempi buoni amici, erano entrambi pessimi nuotatori, e così si fecero dare un passaggio in groppa al bue; giunti a metà fiume, però, il topo egoista spinse in acqua il gatto, eliminandolo dalla gara e guadagnandosi un nemico per l'eternità. Proprio quando il bue stava per tagliare il traguardo sulla sponda opposta, il topo saltò giù e gli soffiò il primo posto. Il bue, per natura poco incline a lamentarsi, arrivò secondo, un palmo più avanti della tigre che, per quanto veloce sulla terraferma, in acqua era stata molto rallentata dalla pelliccia bagnata. Con la sua tipica velocità, il coniglio era stato dato per favorito all'inizio della gara, ma decise di compiere la traversata saltando di roccia in roccia per non bagnarsi e perse tempo prezioso; in più, poco prima di arrivare sulla riva opposta, scivolò e cadde nel fiume, ma fortunatamente si aggrappò a un legno galleggiante con il quale, infine, giunse a terra sano e salvo; avendo scelto un percorso tanto tortuoso, il coniglio dovette accontentarsi del quarto posto. Con grande sorpresa dell'imperatore, il drago giunse solo quinto, e, quando l'imperatore di Giada gli domandò come mai un animale dotato di tali poteri magici non fosse riuscito a fare di meglio, il buon drago rispose che si era sentito in dovere di fermarsi a salvare un gruppo di contadini intrappolati nel loro campo in fiamme (spense l'incendio con il suo poderoso respiro). L'imperatore di Giada gli porse i suoi complimenti per aver fatto una scelta tanto saggia. A questo punto sembrava che il cavallo fosse destinato al sesto posto, e il subdolo ma furbo serpente, che si era attorcigliato intorno a una zampa del cavallo per farsi dare un passaggio, al settimo. Ma gli osservatori più attenti si accorsero che il rettile aveva sporto il capo in avanti quel tanto che bastava a toccare terra prima del cavallo, e così le rispettive posizioni si invertirono. Rimanevano ancora cinque posti e il pubblico, pieno di entusiasmo, incitava la scimmia, il gallo e la pecora mentre nuotavano furiosamente, testa a testa, verso la sponda. D'improvviso, a pochi metri dal traguardo, la scimmia e il gallo decisero di lasciare l'ottavo posto alla pecora, che, secondo loro, aveva legato meglio con tutti gli animali in gara. Giunse poi il cane, bagnato fradicio e senza fiato, con la lingua penzoloni: come tutti i cani, aveva perso troppo tempo a giocare nell'acqua. E il dodicesimo posto? Non si vedevano altri animali in arrivo e l'imperatore di Giada si disse che forse tanto valeva chiuderla lì. Ma a un tratto la folla udì un grufolio lontano: era quel pigrone del maiale, che si era fermato a mangiare e poi si era concesso una sguazzata digestiva nel fango, prima di concludere la gara in tempo per aggiudicarsi l'ultimo posto nello zodiaco. È facile notare che nel racconto della Grande Corsa il narratore cinese offre commenti e giudizi sul comportamento morale degli esseri umani, usando il cosmo come scenografia e gli animali come contro-figure: il serpente furbo, il cane giocherellone, il maiale pigro e così via. Ha perfettamente senso, inoltre, che lo zodiaco cinese («Sheng Xiao») sia una sfilata di animali, dato che la stessa parola «zodiaco» deriva dal greco e significa «circolo di animali». Per l'astronomia, lo zodiaco è una fascia ampia 18 gradi che attraversa tutto il cielo, suddivisa in 12 segmenti ampi 30 gradi. Lo zodiaco occidentale è un percorso pieno di stelle che circonda il cielo e segna il tracciato che il Sole compie in un anno (l'eclittica) e l'arco mensile della Luna, nonché il cammino di altre cinque luci intense che si muovono avanti e indietro nel cielo notturno: i pianeti Mercurio, Venere, Marte, Giove e Saturno. Benché gli astronomi moderni sappiano che la Terra compie un'orbita completa intorno al Sole ogni anno, noi vediamo davvero il Sole spostarsi da ovest a est fra le stelle lungo quello stesso arco di tempo. (Nel corso di una giornata osserviamo il Sole spostarsi da est a ovest insieme a tutto quanto si trova nel cielo con lui, è vero, ma in termini moderni ascriviamo quel movimento al moto di rotazione su se stesso che il nostro pianeta compie in ventiquattro ore.) Analogamente, noi sappiamo in astratto che la Luna orbita intorno alla Terra in un mese (vicino al piano dell'orbita terrestre), anche se nello stesso periodo la vediamo muoversi fra le costellazioni, sempre da ovest a est. Sappiamo anche che i pianeti orbitano intorno al Sole, più o meno sullo stesso piano, ciascuno nel proprio periodo, anche se li vediamo percorrere lo stesso tracciato generale da ovest a est lungo l'autostrada stellare, tranne quando si muovono all'indietro (moto retrogrado) per brevi periodi di tempo. Ciò avviene quando la Terra li oltrepassa o, al contrario, sono loro a oltrepassare la Terra in orbita. È lo stesso effetto di quando, in autostrada, sorpassiamo un veicolo che viaggia nella nostra stessa direzione: per qualche attimo, rispetto allo sfondo lontano degli alberi e delle colline, abbiamo l'impressione che marci all'indietro. Nella tradizione occidentale, il Sole, la Luna e i viaggiatori (tale è infatti il significato contenuto nella parola «pianeta» in greco) percorrevano «la via di Anu», l'antico termine sumero per indicare lo zodiaco. Le stelle più accese illuminavano la via e le loro posizioni erano interpretate da consiglieri divini, incaricati di vegliare su quanto accadeva nelle zone del mondo di cui erano responsabili e di avvertire gli dèi degli sviluppi futuri. La regione settentrionale dello zodiaco, vicino al Tropico del Cancro, costituiva la «via di Enlil» o «Bel», signore della Terra, mentre il settore meridionale, cioè la regione del Tropico del Capricorno, era la «via di Ea», dio delle acque. Anu, dio del cielo, progenitore di tutte le divinità, passava spesso per lo zodiaco a ispezionarne le stazioni e a frequentare gli dèi planetari che le visitavano. Il Toro (Orione sembra attaccarlo senza apparenti motivazioni mitologiche) fu uno dei primi membri dello zoo celeste dei greci. Insieme a quelle del Leone e dello Scorpione, l'effigie del Toro compare come figura araldica nei cippi di confine e impressa sui sigilli cilindrici che risalgono al 3200 a.C. La sua posizione in una zona del cielo particolarmente trafficata, dove la Via Lattea attraversa lo zodiaco, gli fu concessa da Zeus come ricompensa per aver trasportato la divina Europa sopra il mare dalla Fenicia a Creta, dove viveva. Stando a una versione più vivace della storia, Zeus si innamorò di Europa e, per fare colpo su di lei, le si avvicinò sotto le sembianze di un toro bianco: lei rimase talmente affascinata dalla bellezza dell'animale che gli montò in groppa e fu condotta via verso l'isola dell'Egeo. Il Leone era il re di tutte le bestie, finché Ercole non lo uccise a mani nude; abbiamo già incontrato lo Scorpione, destinato a risiedere agli antipodi di Orione. La Vergine è una delle tre costellazioni umanoidi e, vista la sua vicinanza alla Bilancia, rappresenta Dike, «la giustizia», un'altra figlia di Zeus: si dice che un tempo la Vergine vivesse qui con noi sulla Terra, ma giunse a un tale,livello di disgusto per il modo in cui la razza umana era degenerata dai tempi dell'Età d'Oro del passato, che rinunciò a qualunque tentativo di far rispettare la legge. E così scelse l'esilio, prima sulle montagne lontane e poi, quando le faccende terrestri precipitarono ulteriormente, direttamente in cielo. L'Acquario, il portatore d'acqua, sembra un uomo che versa acqua da una brocca ed è una delle tre costellazioni «acquatiche» consecutive nella formazione zodiacale; le altre due sono il Capricorno, metà pesce e metà capra, e i due Pesci gemelli. Compaiono nel cielo l'uno dopo l'altro per ricordarci che il Sole attraversa le loro case durante la stagione delle piogge, un periodo delicato che si conclude quando il Sole le abbandona e ricompare sopra l'orizzonte orientale subito prima dell'alba. Alcuni nomi dei mesi in ebraico, come Nisan («sacrificio») e Iyar («bocciolo»), riflettono ancora oggi le attività che un tempo avvenivano nel calendario civico, rituale e agricolo locale. Oltre all'intento di onorare le storie tradizionali donando loro un significato duraturo, il desiderio di una cultura di costruire uno zodiaco risulta intensificato dalla naturale tendenza umana a prestare attributi terreni alle forze della natura. Ancora oggi gli astronomi parlano di stelle che nascono, di buchi neri che divorano le stelle e di supernove che si concedono un ultimo cataclismatico numero prima di morire. Non sorprende dunque che, in tutto il mondo, i popoli di pastori intenti a osservare i segni delle stagioni (dove si trova il Sole nel corso di ciascuno dei dodici mesi lunari dell'anno) descrivessero la posizione del Sole sulla strada celeste con nomi che rievocano fenomeni naturali. Nell'ambito di un test di associazione verbale, la risposta standard al termine «zodiaco» è «astrologia». Che si scelga o meno di credere a oroscopi e affinità sentimentali, l'astrologia è ancora oggi parte del desiderio comune a tutti gli esseri umani di trovare ordine nel mondo, di scovare l'armonia di fondo che siamo convinti debba esistere. Porsi domande rientra nella natura umana: da dove derivano il potere e il controllo, il potere di un singolo individuo sull'altro, dei sovrani sui sudditi, degli uomini sulla natura, della natura sugli uomini? Come possiamo conoscere ciò che ci aspetta nel futuro? Fra tutti i mezzi naturali in grado di comunicarci ordine immacolato, perfezione e certezza, nessuno è più efficace del cielo. Nulla è più prevedibile dei percorsi che il Sole, la Luna e i pianeti seguono sulla strada dello zodiaco. Sui segni del cielo possiamo contare, è per questo che ci siamo sempre affidati a loro. Cercare di conoscere il futuro attraverso l'osservazione dei fenomeni celesti, però, non è impresa da poco, perché non richiede solo una grande familiarità con il trascendente e i suoi meccanismi, ma anche grandi abilità e perseveranza da parte dell'osservatore del cielo professionista. A giudicare da un'iscrizione su una statua di Harkhebi, un famoso astrologo egiziano, la divinazione per mezzo degli astri doveva essere una professione rispettata, destinata a un «principe ereditario e conte, solo compagno, saggio nelle sacre scritture, che tutto osserva in cielo e in terra, chiaroveggente nell'osservare le stelle, fra le quali non v'è errore; che annuncia a tempo debito albe e tramonti, insieme agli dèi che predicono il futuro». I documenti antichi ci rivelano altresì che la vita degli astronomi era tutt'altro che tranquilla. Possiamo avvertire la tensione in questo passaggio tratto dal diario di Minnabitu, un astronomo di corte assiro del VII secolo a.C., che è chiaramente assai preoccupato per la stabilità del proprio impiego: Il re mi ha dato un ordine: osserva e dimmi tutto ciò che accade! E così io riferisco al re tutto quanto sembri propizio e benaugurante [e] benefico perché il re mio signore [ne sia a conoscenza] [...] In caso il re domandi «Cosa mi dici di quel segno?», [io rispondo] «Dal momento che [il pianeta Marte] è tramontato, nulla [...]». E se il sovrano di tutti i re dovesse dire: «Perché il primo giorno del mese [è trascorso senza che tu] mi scrivessi [presagi] favorevoli né sfavorevoli?», io rispondo: «La sapienza non può essere discussa [ascoltata] al mercato!». L'audace astrologo si lamenta ancora: «Magari il sovrano di tutti i re mi convocasse alla sua presenza in un giorno di suo gradimento, così potrei riferire al re mio signore la mia precisa opinione!». Povero Minnabitu! La tensione è percepibile anche nelle invocazioni di un sacerdote babilonese che, con gli occhi rivolti alle stelle, supplica gli dèi con parole poetiche e, per non sbagliare, offre loro un sacrificio animale: «O Pleiadi, Orione e drago [...] Non abbandonatemi, e poi [...] Concedetemi la verità». Non sapremo mai se l'indovino preoccupato abbia colto i segni della natura in tempo utile. Forse consultò l'elenco delle posizioni di Marte nello zodiaco ma scelse il giorno del mese sbagliato, o forse scambiò gli eventi terrestri che corrispondono alle singole date. Oppure ancora era semplicemente troppo esausto e oberato per lavorare al meglio delle sue capacità? Questi esempi così intensi dipingono gli antichi astrologi non come alcuni di noi tenderebbero a considerarli (ovvero come ciarlatani), quanto piuttosto come spettatori impotenti che tentano il tutto per tutto per seguire le complesse regole della loro professione di eruditi. Perlomeno agli occhi del suo re, l'astrologo di corte non appare affatto come un arrogante dispensatore di autentica conoscenza, una figura dotata di vero potere. In alcuni casi, le parole che giungono dall'alto sono sufficientemente chiare, ma in altri, come in quel «concedetemi la verità», sono piuttosto nebulose. D'altronde, però, quale grande religione non ha elaborato un suo modo di affrontare l'inatteso, la novità? La religione non pretende di dare risposte precise a tutte le domande importanti per noi.
Quando la prosperità dello stato dipendeva dall'astrologo di corte
e questi non otteneva i risultati sperati, lo scotto da pagare era altissimo. Si
dice che Ho e Hi, una coppia di astronomi cinesi del II millennio a.C., siano
stati giustiziati in seguito a un errore nelle previsioni.
Secoli dopo, il loro fato fu commemorato in una filastrocca popolare:
Secondo una versione molto diffusa della vicenda, i due stavano bevendo mentre erano in servizio, ma la teoria più probabile per gli studiosi è che, quando l'eclissi si manifestò, si comportarono in modo inadeguato. «Come sopra, così sotto» diceva Tolomeo: la logica della divinazione astrologica è davvero inequivocabile. Attraverso l'esperienza quotidiana, un osservatore scrupoloso può accorgersi senza sforzi che i cicli del Sole e della Luna sono correlati con le stagioni, le maree, il ciclo mestruale e altri bioritmi. Parrebbe consequenziale, dunque, che se osserviamo il cielo con sufficiente attenzione possiamo scoprire legami fra gli eventi naturali prevedibili con la più grande precisione, come le eclissi e il comparire di Venere nelle vesti di Stella del Mattino, ed eventi meno prevedibili, come un'epidemia o un'ondata di locuste. Questo genere di domande era un rovello fisso per quanti, nelle corti antiche, si occupavano di misurare il tempo: gli specialisti del cielo che in età prescientifica componevano e dettavano il contenuto delle tavole astronomiche ai loro scribi. Il linguaggio con cui il mortale di quaggiù dialogava con il trascendente di lassù era fatto di offerte e formule magiche, non di esperimenti scientifici; gli strumenti della comunicazione erano talismani e amuleti, anziché bussola e telescopio. Se zodiaco chiama astrologia, il test di associazione verbale prima o poi vede comparire anche «oroscopo». Un altro termine di origine greca: hóroskópos significa «che osserva l'ora», o, in termini più informali, «che guarda ciò che sorge», e si riferisce all'arte di predire gli schemi generali che si pensa siano destinati ad accadere nella nostra vita, in base all'analisi dei corpi celesti che si presentano sull'orizzonte orientale al momento e nel luogo della nostra nascita. A differenza dei babilonesi, la cui astrologia si preoccupava di ciò che poteva succedere a un intero stato, i greci, nati e cresciuti in un sistema democratico, credevano che tutti avessero diritto al proprio oroscopo personale. Immaginate l'astrologo specializzato mentre è impegnato a dare un responso circondato dalla folla nel principale spazio pubblico dell'Atene antica, l'agorà, 2500 anni fa. Il cliente di turno avrebbe potuto sottoporgli domande come: «Mia sorella darà alla luce un bambino sano?», «Posso aspettarmi un tempo migliore per i miei raccolti il mese prossimo?». Nella cultura greca, tutti avevano il diritto di conoscere il futuro. I cinesi, in realtà, avevano inventato tre sistemi simili allo zodiaco. Uno era costituito dai segni animali di cui abbiamo parlato sopra e dava vita a un ciclo di dodici anni (non dodici mesi), nell'ambito del quale ciascun animale rappresentava un anno. Il secondo sistema prevedeva ventotto segni, disposti lungo l'equatore anziché lungo l'eclittica, per tenere traccia del moto della Luna sullo sfondo stellato. Infine il terzo sistema divideva i cieli (anch'esso lungo l'equatore) in quattro direzioni, ognuna rappresentata da un animale guardiano, o talismano: il Drago Azzurro dell'Est, l'Uccello Vermiglio del Sud, la Tigre Bianca dell'Ovest e la Tartaruga Nera del Nord. A ciascuna regione erano assegnate caratteristiche specifiche: una stagione, un colore, un elemento e così via. Lo zodiaco lunare cinese, detto «xiu», compare su alcune mappe celesti ritrovate in tombe che risalgono al V secolo a.C. I suoi segni prendono nome da parti anatomiche animali e umane, come becco di tartaruga, stomaco, ala, cuore ed esofago, o da termini domestici come falce, casa, pozzo, bue e setaccio. Vi sono poi altre case lunari, come il fantasma e le tre stelle (ovvero le tre che formano la Cintura di Orione), che sono ancora più astratte. Benché il sistema sia complesso, per la popolazione che li ha inventati questi nomi non sono né oscuri né insignificanti. Per esempio, la criniera e la coda di yak sono connesse a eventi relativi ai guerrieri, la rete ai cacciatori, la corda ai prigionieri, lo stomaco a questioni relative ai magazzini e ai granai. Il becco di tartaruga governa la raccolta delle piante selvatiche, mentre il fantasma è capace di individuare trame e complotti ai danni dell'imperatore. Ciascuna casa portava con sé un presagio specifico. Come già nell'astrologia babilonese, tali affermazioni erano relative al regno dell'imperatore cinese, il Figlio dei Cieli, e all'influenza delle forze celesti. Di conseguenza, «Quando sul trono siede un principe saggio, la Luna segue la strada giusta», «Quando gli alti funzionari lasciano che i loro interessi prevalgano sul bene pubblico, la Luna va fuori rotta in direzione nord o sud»; oppure ancora «Quando la Luna è lenta, è perché il principe dispensa punizioni con troppa fretta». L'animale simbolo di ogni anno incarnava l'essenza del taiyang, ovvero la forza che alimenta la vita, la benevolenza e la virtù, tutte qualità dell'imperatore, naturalmente. Poteva però rivelarne anche i difetti. Ogni cambiamento nell'aspetto del Sole preannunciava un cambiamento nelle condizioni dell'impero: in tempo di guerra, per esempio, il cambiamento del colore del Sole poteva indicare sconfitta in battaglia, mentre in tempo di pace poteva far pensare alla morte di un aristocratico. La Luna, che viaggiava su un percorso tutto suo, era la controparte del Sole - non il suo opposto, il suo complemento. La sua essenza era detta taiyin, una forza che in genere veniva associata all'imperatrice e alle sue qualità. Anche la Luna meritava un'attenta osservazione, poiché sotto un'imperatrice saggia il suo percorso era regolare. Deviava verso sud o verso nord quando le norme punitive non erano applicate correttamente, e un cambiamento di colore improvviso poteva indicare che l'imperatrice si era comportata in modo sciocco. Anche seguire il moto dei pianeti, di Giove in particolare, era importante nell'astrologia cinese: il loro moto diretto o retrogrado, nonché il loro rapido spostarsi lungo le costellazioni zodiacali, pareva preannunciare certi eventi nel mondo degli uomini. Si faceva ricorso a termini specifici per descrivere un pianeta che ne aggirava un altro, come se si parlasse di persone che scendevano da un piano più alto o, al contrario, vi risalivano da uno molto più in basso. In particolar modo, era essenziale segnare quando un pianeta ne superava un altro a grande velocità o lo nascondeva, quando due di essi si muovevano in direzioni opposte lungo la stessa linea, oppure ancora quando si coprivano a vicenda, prima unendosi e poi separandosi, o si scontravano. I leader della dinastia Ming, per esempio, osservarono un grande ammasso planetario nel 1524 d.C. e lo considerarono un messaggio del cielo che presagiva la fine del loro regno. Quell'anno, infatti, Marte, Venere, Giove e Saturno si avvicinarono e allontanarono per qualche tempo, quindi si radunarono nel quadrante della Tartaruga Nera: che i «servi dell'imperatore», come li chiamavano gli astrologi Ming, si stessero riunendo nel regno del soprannaturale per parlare dei cambiamenti politici che avrebbero potuto scatenare nel mondo umano sotto di loro? Gli annali storici dei Ming narrano di un precedente analogo che riguardò gli stessi pianeti più di 2500 anni prima, nel 1059 a.C., nel quadrante dell'Uccello Vermiglio, e lo fanno corrispondere con il momento in cui gli Zhou rovesciarono la dinastia Shang. Gli storici cinesi sostengono che i Ming potrebbero essere stati a conoscenza anche di un altro evento astronomico simile, che si verificò nel 1579 a.C., e tutti e tre gli episodi rientrano in un lunghissimo schema di 516 anni in cui si sono verificati prodigi planetari forieri di grandi cambiamenti, analoghi alla stella di Betlemme che per i cristiani indicò la nascita imminente di Gesù Cristo. Alcuni astronomi sostengono che quella manifestazione fu in realtà la congiunzione ravvicinata di Giove e Saturno - due pianeti particolarmente luminosi - nella costellazione dei Pesci al tempo della nascita del salvatore dei cristiani. Anche le corti medievali europee avevano i loro astronomi di fiducia, proprio come i palazzi cinesi. Vescovi e re, sacerdoti e principi, qualunque funzionario desiderasse sapere quali eventi si preparassero nei cieli e quando di preciso si sarebbero verificati consultava questi saggi. Cecco d'Ascoli, astrologo di corte nella Firenze del Trecento, veniva chiamato in causa soprattutto quando si trattava di prevedere le congiunzioni planetarie. Cecco aveva il ruolo di consigliere speciale per i medici fiorentini e considerava della massima importanza che essi conoscessero le stelle e le costellazioni. In alcuni testi, Cecco elenca le piante e le erbe associate a ciascun pianeta, in modo che i suoi lettori possano somministrarle al momento giusto. Purtroppo, però, il potere e la fama lo condussero a scavalcare i limiti posti dalla Chiesa: quando iniziò a cimentarsi con predizioni pericolosissime - basate sulla nascita di Cristo, la venuta dell'Anticristo e la fine del mondo - venne spedito direttamente davanti all'Inquisizione. Nel 1327, la Chiesa cattolica lo fece bruciare sul rogo, ed è impossibile dire con sicurezza se la condanna fu causata dall'illecito astrologico o dagli intrighi politici: uno dei giudici che presero parte al processo, il vescovo della città di Aversa, considerava Cecco d'Ascoli un alleato della rivale Cesena, che a sua volta sosteneva la fazione francescana scissionista appoggiata dall'astrologo. Chi è abituato a cercare spiegazioni razionali per i fenomeni fisici non può capire fino a che punto la mente medievale collegasse le vicende del mondo con i moti celesti. Nel 1348, la facoltà di Medicina dell'Università di Parigi segnalò che all'una del pomeriggio del 20 marzo 1345 la congiunzione fra Marte, Giove e Saturno in Acquario aveva causato uno degli eventi più mostruosi a cui l'umanità avesse mai assistito. Ma come? Giove, caldo e umido per natura, aveva tratto dal suolo terrestre vapori malsani, mentre il caldissimo e secco Marte li aveva incendiati e, infine, il malvagio Saturno li aveva diffusi nel mondo degli uomini. Nel corso dei tre anni successivi, la Peste Nera sterminò quasi metà della popolazione europea. Probabilmente preferiamo la deforestazione dell'Amazzonia, la scomparsa della fascia di ozono e l'aumento delle temperature globali a una pestilenza causata da uno sfortunato incrocio di pianeti; ma occorre chiedersi se la scienza moderna finirà per non riuscire a controllare il destino del nostro pianeta più dell'astrologia medievale. Quando nel 1542 i conquistadores spagnoli entrarono nella capitale del regno maya, Mayapàn, nello Yucatán nordoccidentale, portarono con sé anche un drappello di sacerdoti della Chiesa cattolica, la cui missione era convertire gli infedeli al cristianesimo. Iniziarono demolendo i luoghi di culto degli indigeni e dando alle fiamme tutti i codices - libri fatti di carta ricavata dalla corteccia degli alberi e ricoperti da un leggero strato di calce che venivano utilizzati per programmare i periodi di culto basati su eventi astronomici - su cui i nuovi arrivati riuscirono a mettere le mani. Un missionario si vanta di un falò immenso che divampava davanti alla soglia di una chiesa appena costruita, alimentato da cataste di questi documenti pieghevoli pieni di geroglifici sacri e di annotazioni matematiche espresse in puntini e strisce. La distruzione fu pressoché totale, a eccezione di alcuni frammenti che furono con ogni probabilità portati via da uno spettatore, forse come souvenir. Il Codice di Parigi, gravemente danneggiato, prende nome dalla città che lo ha accolto nella sua biblioteca; fu riscoperto negli anni cinquanta dell'Ottocento, abbandonato in una pila di carte coperte di polvere all'angolo di un caminetto della Bibliothèque Nationale de France. In quel che rimane delle pagine 23 e 24, è raffigurata una serie di animali appesi sotto una striscia continua, con le mascelle strette attorno ai simboli del Sole. A giudicare dallo stile del resto del codice e dal contenuto di una pagina contigua, la striscia rappresenta il corpo del serpente a due teste del cielo (caan). La serie di animali prosegue nella fascia inferiore. Tredici in totale, costituiscono lo zodiaco maya.Le creature meglio identificabili sono un serpente a sonagli (si vede bene il sonaglio), una tartaruga, uno scorpione, una coppia di uccelli (di cui uno è probabilmente un avvoltoio) e un serpente. Più incerte sono le figure che fanno pensare a una rana, un cervo, un teschio umano e un pecari. Queste creature celesti stanno forse divorando il Sole, la Luna e i pianeti che entrano nei loro settori dello zodiaco? Sotto gli animali vediamo una tavola con nomi di giorni e numeri maya, e ciascuna data è separata dalla successiva da ventotto giorni. Complessivamente, vi sono registrati tredici archi temporali da 28 giorni, per un totale di 364 giorni lungo ogni fila orizzontale. Come nello zodiaco, il numero ventotto implica un collegamento con la Luna. A quanto pare, gli antichi maya usavano questa tavola per tenere traccia del moto della Luna fra le stelle, suddividendo il calendario lunare in tredici mesi da ventotto giorni ciascuno, in modo tale che un anno lunare durava 364 giorni. Vi sono però prove secondo cui la disposizione degli animali dello zodiaco maya non sarebbe lineare come potremmo aspettarci: le costellazioni sembrano impostate per coppie che si alternano cosicché, per esempio, quando la prima si trova subito sopra l'orizzonte a est, la seconda è subito sopra l'occidente, a circa 160 gradi di distanza, come se dialogassero da un capo all'altro della volta celeste. Sui fregi degli edifici cerimoniali dello Yucatán sono state identificate altre due versioni dello zodiaco maya, e ciascuna indica la posizione del pianeta Venere. Lo zodiaco maya ritorna anche in una magnifica pittura murale che decora una sala del palazzo di Bonampak, in Chiapas (Messico). Vi sono illustrate una scena di resa al termine di una battaglia e l'insediamento sul trono del sovrano vincitore. Sopra la fascia che rappresenta il serpente celeste si trovano quattro cartigli ovali e due delle costellazioni che vi sono dipinte compaiono anche nel Codice di Parigi: una tartaruga e una coppia di pecari, ritratti durante l'accoppiamento, affiancano una figura umanoide armata di lancia e un'altra che regge un vaso di ceramica. Tutti e quattro i cartigli sono decorati con geroglifici maya che rappresentano il pianeta Venere. Nella sanguinosa scena al di sotto del fregio zodiacale, un gruppo di guerrieri prosternati dopo la recente sconfitta supplica di essere risparmiato rivolgendosi al re di Bonampak, che, coperto di ornamenti splendidi, torreggia gigantesco sugli uomini appena conquistati. Una vittima leva le mani insanguinate, da cui per punizione sono state strappate le unghie, mentre la testa mozzata di un'altra rotola dalla scalinata raffigurata a fianco. La conquista in guerra e l'ascesa al potere sono temi saldamente legati nelle pitture murali e nelle sculture maya. È interessante che le date incise sui monumenti a Bonampak facciano riferimento a specifiche prime e ultime apparizioni di Venere: che siano queste le prime «guerre stellari» della storia? Non abbiamo idea di come abbiano fatto i maya a profetizzare gli eventi in un dipinto di 1200 anni fa, e i loro discendenti d'oggi sanno poco circa l'uso che i loro progenitori facevano dei codices. Di conseguenza, per gettare un minimo di luce sulle tecniche astronomiche del passato, dobbiamo affidarci agli studi etnografici dedicati alle usanze maya contemporanee. In un'occasione documentata di queste usanze, indovino e cliente erano seduti ai capi opposti di un tavolo sul quale erano state poste candele, vasetti di incenso aromatico e file di semi e cristalli. Come nell'agorà di Atene, il cliente formulava la sua domanda: «Sarà un buon matrimonio?», «Questa malattia ha un padrone?» (ovvero, «La mia malattia ha una causa?»). Lo sciamano estraeva una serie di oggetti dalla sua borsa divinatoria, come un astrologo consulterebbe codici e carte, e, rivolto alla natura, rispondeva: «Io ora prendo in prestito il respiro ci questo giorno». Dopodiché si girava in ciascuna delle quattro direzioni: «Io prendo in prestito il respiro, il freddo, il vento, la nuvola, la nebbia al levar del Sole (est), al calar del Sole (ovest), ai quattro angoli del cielo (sud) e ai quattro angoli della Terra (nord)». A questo punto invocava il lampo nel proprio sangue, così che potesse riferirgli la verità. Oggi, la maggior parte delle divinazioni si svolge contando le disposizioni di cristalli e semi, spostando e riposizionando le varie pile, che rappresentano i vari giorni e luoghi in cui celebrare le offerte rituali. Qualcuno di voi potrebbe trovare inquietanti simili descrizioni del funzionamento dell'astrologia per gli indigeni che davvero ci credevano, soprattutto se ha una formazione scientifica. Potrebbe chiedersi: come facevano i fedeli ad affidare le proprie sorti alle predizioni di persone tanto lontane dalle preoccupazioni quotidiane? Che cosa accadrebbe se qualcuno ai piani alti si dedicasse a quest'arte oggi? Pensate a cosa potrebbe succedere nel mondo! Per la maggior parte di noi, i principi dell'astrologia sembrano troppo illogici per credervi, i suoi modi di agire troppo arbitrari e soggettivi. Gli scienziati moderni hanno screditato l'astrologia perché non è riuscita a sintetizzare i suoi principi in un tutto onnicomprensivo che possa ridurre e spiegare i movimenti di tutti i pianeti attorno al Sole. Siamo pronti a lodare gli antichi babilonesi per averci tramandato i loro appunti ordinati - pieni di attente e accurate osservazioni celesti - e gli astronomi maya per i loro precisi codices ricchi di dettagli matematici, ma diamo ben poco peso alle loro idee sul cosmo o al rapporto fra le loro credenze sul cielo e le pratiche religiose o la vita quotidiana. Mentre ci chiediamo come mai questi popoli antichi non fossero più simili a noi, dobbiamo tenere a mente che il messaggio dell'astrologia - greca, cinese o maya che fosse - era destinato a persone che vivevano in circostanze molto diverse dalle nostre. Non dovremmo considerare premonizioni e presagi astrologici solo come predizioni fatalistiche e inaffidabili, perché la loro funzione era piuttosto spingere la gente a riflettere e a discutere delle questioni umane. La nostra astronomia scientifica non pone alcun accento sulle informazioni che questi popoli antichi cercavano nelle stelle, ma per loro erano informazioni essenziali, e integravano queste conoscenze con credenze fortemente sentite circa i rapporti fra la natura e l'umanità. Se apriamo gli occhi a sufficienza, gli zodiaci del mondo possono insegnarci molto su noi stessi. | << | < | > | >> |Pagina 1439. Soffitti di stelle e megacostellazioniQuella della Balena Ceto, mostro marino degli antichi greci, è la costellazione più grande del cielo ed è tra i protagonisti di una storia celeste che risponde a un'annosa questione: «Chi è la più bella del reame?». Tutto inizia con una vanteria della regina d'Etiopia, Cassiopea: sua figlia Andromeda, una comune mortale, supererebbe in bellezza le divine nereidi, ninfe marine figlie di Nereo, divinità dei mari e amico di Poseidone. L'arroganza della regina raggiunge il limite e spinge Poseidone a inviare Ceto a devastare le coste del suo regno e divorare la ragazza. Nell'antichità, attraversare il mar Mediterraneo era un'impresa estremamente rischiosa. Ascoltando i resoconti di tremendi naufragi, gli abitanti delle zone costiere immaginavano che le sue acque pullulassero delle più incredibili e terrificanti creature. Basti pensare al Leviatano, il serpente alato dalle molte teste che nella Bibbia ebraica viene ucciso da Yahweh, che salva il popolo dalla fame offrendogli la carne del mostro marino. Oppure a Scilla, che pattugliava un lato del pericoloso stretto situato fra la penisola italiana e la Sicilia (dall'altra parte lo stesso ruolo era affidato al vortice Cariddi): un tempo giovane bellissima, Scilla era stata trasformata in una bestia con quattro occhi, dodici tentacoli, sei teste e denti da squalo, che affondava le navi e ne divorava l'equipaggio; oggi è per antonomasia uno dei due luoghi in mezzo ai quali sarebbe davvero preferibile non ritrovarsi mai. Ascoltando racconti di questo genere, i sovrani del regno d'Etiopia avevano ottimi motivi per essere terrorizzati. Sapevano che Ceto era un mostro marino gigante con la testa di una balena, denti affilati come rasoi e la coda a spire di un serpente. La reazione di Poseidone spinse Cassiopea e il marito a consultare il famoso oracolo di Apollo in cerca di consiglio, e Apollo li avvertì che era bene non sottovalutare la minaccia. Non avrebbero trovato alcuna soluzione se non avessero sacrificato la figlia al mostro, come riparazione per la vanità della regina. E così i genitori incatenarono la figlia nuda a una roccia al largo della costa di Joppa (l'odierna Giaffa, e a quanto sembra è ancora possibile osservare il luogo preciso). Nel frattempo, il guerriero Perseo stava tornando in patria dopo aver liberato quella stessa zona da un'altra minaccia, la gorgone Medusa, un mostro alato dalle sembianze di una donna con una chioma di serpenti velenosi, capace di pietrificare i mortali con un semplice sguardo. Perseo la uccise con uno stratagemma astuto: le si avvicinò di soppiatto tenendola d'occhio attraverso il riflesso sul suo lucente scudo. Dopodiché, stringendo in mano la testa della gorgone, incappò nella giovane principessa che stava per essere divorata da Ceto. In un lampo Perseo affondò la spada nel cuore dell'orrendo mostro marino e liberò Andromeda. Si narra che in seguito l'abbia sposata e la coppia abbia messo al mondo nove figli (sette maschi e due femmine), i cui discendenti assunsero il governo di Micene. Per creare uno sfondo adatto al racconto, gli dèi collocarono Andromeda di fianco a Perseo nel cielo boreale, non lontano dalla regina Cassiopea e dal re Cefeo, ma sistemarono Ceto, il mostro marino, a distanza di sicurezza, a sud, fra altre costellazioni acquatiche come i Pesci, il fiume Eridano e l'Acquario, il portatore d'acqua. La Balena era la mia costellazione preferita. Quando avevo dieci anni non mi stancavo mai di osservare il cielo. Per la disperazione di mia madre (eravamo in affitto), creavo stelle di cartone colorato e le incollavo al soffitto della mia stanza. Riservai il posto d'onore sopra il mio letto alla Balena, mentre posizionai Orione con l'azzurra Rigel sulla parete orientale e lo Scorpione a occidente. Per tutta la notte dormivo tranquillo, avvolto dalle stelle.
Se oggi avete perso i contatti con i veri astri, potete accontentarvi di ciò
che i produttori terrestri hanno da offrire, acquistando un
soffitto da 1500 stelle top di gamma, in fibra ottica e multicolore, con
tanto di stelle che brillano, stelle cadenti (una ogni trenta secondi) e
Via Lattea, e potete aggiungere qualunque genere di musica di sottofondo
preferiate. I soffitti di stelle sono disponibili per qualunque
stanza della casa, bagno compreso. Una versione prevede anche un
lucernario che dà accesso alle stelle vere. Alcune ditte, poi, propongono un
cosmo su misura per le coppie: le stelle sopra il vostro letto a
baldacchino saranno disposte esattamente come la sera di quando vi
siete sposati. Ecco una recensione entusiasta: «Fantastico! Viviamo
a Las Vegas e le stelle non riusciamo a vederle. Il [soffitto di stelle] è
stato un'esperienza di osservazione completamente nuova per noi!».
(Anche se una veloce escursione nel deserto lì vicino avrebbe offerto
un panorama completo sulle stelle vere.)
A quanto sembra, io e Seti I, faraone egizio della XIX dinastia (XII secolo a.C.), desideravamo entrambi dormire sotto le stelle. Il cenotafio, o tomba simbolica, nel suo tempio funebre ad Abidos contiene un soffitto di stelle: la scena raffigura il corpo di Nut, dea del cielo, disteso orizzontalmente dalle dita dei piedi fino ai polpastrelli delle mani. La dea è sorretta da Shu, dio dello spazio. Il testo che accompagna il dipinto contiene una vera e propria lezione di astronomia, perché spiega quando anticipare il nuovo anno cronometrando il moto di Sirio, o Sothis, dea della fertilità. | << | < | |