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| << | < | > | >> |IndiceGli autori 9 Presentazione, di Alfio Lucchini 13 Introduzione, di Franco Avenia, Annalisa Pistuddi 15 Parte I - Caratteri individuativi della dipendenza da sesso 1. "Sexual Addiction": una difficile definizione, di Franco Avenia, Annalisa Pistuddi 21 2. Elementi distintivi della dipendenza da sesso, di Franco Avenia 24 3. Riconoscere il dipendente sessuale, di Annalisa Pistuddi 32 4. Dipendenza e compulsività e dipendenza da reazione orgasmica, di Fernando Liggio 41 5. Il ruolo della prolattina nella sazietà sessuale, di Giovanni Alei, Emanuele Cigna 56 6. Correlazione tra il disturbo da ipersessualità ed altre patologie dell'adulto e dell'adolescente, di Maria Costantino, Saverio Costantino, Matteo M. Schonauer, Orlando Todarello 60 7. Aspetti psicodinamici della dipendenza da sesso, di Antonio Iaria 70 8. Comorbilità della dipendenza da reazione orgasmica con altre dipendenze e con disturbi parafilici, di Fernando Liggio 83 9. Dipendenza da sesso e dipendenza da sostanze, di Uber Sossi, Gianlorenzo Beretta, Annalisa Pistuddi 88 Parte II - Diagnosi e percorsi terapeutici 1. SAI/2: un questionario per la rilevazione della dipendenza da sesso, di Franco Avenia 107 2. Valutazione degli attuali strumenti per la rilevazione della dipendenza da sesso, di Daniel Giunti, Franco Avenia 119 3. Aspetti clinici ed inquadramento diagnostico della dipendenza da sesso, di Ezio Manzato, Isabella Maggiolo, Giuseppina Cifelli, Sergio La Rosa, Vincenzo Marino 136 4. Approcci psicoterapeutici, di Annalisa Pistuddi, Gianlorenzo Beretta, Carilla Dominoni, Uber Sossi 158 5. La terapia farmacologica della dipendenza da reazione orgasmica, di Fernando Liggio 165 Parte III - Dipendenza da sesso e società 1. Il piacere negato ovvero il desiderio impossibile, di Giorgio Rifelli 173 2. Un caso di ipersessualità femminile, di Augusto Ermentini 181 3. La dipendenza da sesso nei maschi omosessuali, di Massimo Piscitelli 186 4. Esiste una specificità della compulsione sessuale negli omosessuali maschi?, di Sergio Perri 195 5. La dipendenza da sesso in un campione di detenuti, di Carilla Dominoni, Annalisa Pistuddi 199 Appendice Dati sulla dipendenza da sesso in Italia, di Franco Avenia, Annalisa Pistuddi 209 Bibliografia 217 |
| << | < | > | >> |Pagina 15Introduzione
di Franco Avenia, Annalisa Pistuddi
La sessualità, come l'alimentazione, l'idratazione ed il sonno, si presenta nella forma appetitiva ad intervalli più o meno regolari. La sua piena soddisfazione però si manifesta maggiormente complessa e di difficile realizzazione rispetto alle necessità primarie di sopravvivenza, in quanto prevede il concorso di una altra persona, seppur in modo vicario possa essere agita autonomamente. Ciò implica, di fatto e concettualmente, una tracimazione dalla sfera del privato a quella della collettività. La sessualità, poi, nella sovrapposizione d'esperienza volta al raggiungimento del piacere e di funzione riproduttiva, assume ulteriormente un carattere sociale. In aggiunta, la soddisfazione dell'impulso sessuale non è basilarmente necessaria al singolo individuo, cui può essere negata senza comprometterne la sopravvivenza. Nell'evoluzione socio-culturale della nostra specie, ques'ultimo motivo ha reso la sessualità reprimibile, mentre i due precedenti hanno originato la normazione ed il controllo dei comportamenti sessuali. Nella comprensione della dipendenza da sesso (DdS) — obiettivo a cui mira il presente volume — vanno evidenziati, dunque, in via preliminare due aspetti: uno prettamente tecnico, che consiste nell'incongruità di ogni sovrapposizione — che non sia esclusivamente di riferimento o esemplificativa — tra la sfera sessuale e fenomeni correlati ad altri comportamenti appetitivi (tanto più a dipendenze di natura esperienziale); l'altro, decisamente più generale, che si sostanzia nel tenere sempre presente i risvolti socio-culturali della sessualità, nella duplice forma di dettami più o meno socialmente espliciti e della loro introiezione soggettiva. Quest'ultimo aspetto, sia ben chiaro, non va inteso quale riferimento ad un parametro socio-culturale con il quale misurare la devianza dei comportamenti (sebbene sarebbe possibile in una visione storica), ma come un segnale che indichi la demarcazione sempre prossima tra prospettiva individuale e sociale. Goodman (1997) sintetizza bene tale limite "... il comportamento sessuale può essere classificato come dipendente non in relazione al tipo di comportamento sessuale o di oggetto del desiderio o sulla base della sua accettabilità sociale, ma piuttosto sulla relazione esistente tra la condotta sessuale e la vita dell'individuo". È evidente, anche se implicito, che Goodman quando fa riferimento alla "vita dell'individuo" intende una valutazione sia della centralità della sessualità nella vita del dipendente sessuale, sia delle conseguenze affettive, sociali ed economiche, evidenziando due dei cardini identificativi della DdS, ma è anche evidente che, pur volendo escludere ogni misura di matrice culturale, in qualche modo la reintroduce, intersecando la linea di demarcazione tra prospettiva individuale e sociale. Per quanto riguarda la dipendenza, a tale modello viene frequentemente contrapposto quello della compulsività, anche se entrambi gli inquadramenti hanno alcuni punti in comune: il disorientamento psicologico con sconfinamenti in ambito psichiatrico; la limitazione ed il deterioramento della vita affettiva e sociale; l'utilizzo della sessualità come risposta a stati di ansia, depressione, sensi di colpa. La differenza, invece, che distingue sostanzialmente i due modelli è quella inerente all'effetto immediato del comportamento: il piacere, nel caso della dipendenza; la riduzione del malessere, nel comportamento compulsivo. Nella dipendenza si osservano, infatti, comportamenti egosintonici, mentre caratteristica essenziale della compulsività è l'egodistonicità dei comportamenti. La sessualità, così come il concetto di dipendenza sono di per sé assai complessi e, quando connessi tra loro, lo sono ancora di più. Nell'interpretazione corrente della DdS si percorrono molte strade, alcune divergenti, altre parallele, quasi mai univocamente orientate, ed anche in questo volume, volendo propone una rassegna di contributi volti ad una maggior comprensione della dipendenza da sesso, non mancano opinioni contrastanti. Il nostro lavoro non ha, dunque, la pretesa di sviscerare esaurientemente l'argomento, né di arrivare a conclusioni certe e definitive. Abbiamo invitato alcuni autori a collaborare per offrire una panoramica più ampia possibile di quanto a tutt'oggi si conosce sulla dipendenza da sesso, di ciò che attualmente si può fare per individuarla, curarla, arginarla e prevenirla, e di quanto socialmente può sovrapporvisi. La diversa formazione degli autori, che operano in campi differenti (sessuologia, psichiatria, psicologia, sociologia, andrologia, giornalismo) ha conferito un taglio pluriprospettico al nostro lavoro creando sicuramente alcune sovrapposizioni non sempre organiche, così come producendo alcune ovvie ripetizioni, ma offrendo una dimensione allargata della problematica, capace di fissare un punto di partenza – ancorché composto da opinioni a volte discordanti – per ulteriori necessari approfondimenti. La prima parte del volume è orientata verso l'inquadramento generale della dipendenza da sesso. Si inizia, pertanto, con l'individuare gli elementi caratteristici della DdS, per poi confrontare i diversi modelli interpretativi ed analizzare la comorbilità con altre dipendenze. La seconda parte è conseguentemente indirizzata verso la diagnosi ed i percorsi terapeutici. Dopo l'illustrazione di un recente questionario per la rilevazione della DdS, sono affrontati gli aspetti clinici e l'inquadramento diagnostico, per concludere con gli approcci terapeutici, sia a livello psicologico sia farmacologico. Nella terza parte, l'orizzonte della dipendenza da sesso si amplia per mostrare i suoi riflessi sociali, focalizzando l'interesse sul piacere, i legami con l'omosessualità maschile e con l'aspetto della pericolosità sociale della DdS, in un interessante studio su un campione di detenuti. Infine, nell'appendice sono per la prima volta pubblicati integralmente i risultati di una ricerca sulla dipendenza da sesso, da noi curata per l'Associazione Italiana per la Ricerca in Sessuologia (AIRS), che per numero di soggetti coinvolti ci risulta essere la più grande ricerca svolta sull'argomento. Anche sull'interpretazione di tali dati ci sarà ancora da lavorare ed integrare, certi che altri ricercatori ed esperti andranno oltre il labile confine da noi tracciato. | << | < | > | >> |Pagina 211. "Sexual Addiction": una difficile definizione
di Franco Avenia, Annalisa Pistuddi
Quasi dieci anni fa, quando cominciammo ad occuparci di "attività sessuale compulsiva", il panorama scientifico che vi faceva da contorno poteva apparire sufficientemente chiaro; poi col passar del tempo, approfondendo sempre di più la materia, ci siamo imbattuti in tante e tali distinzioni – alcune delle quali puramente formali, altre decisamente cavillose – da trovarci imprigionati in una ragnatela di definizioni e differenziazioni dalla quale non è stato facile trarsi per operare una scelta. Prima, pertanto, di affrontare il problema nella sua sostanza, proponiamo una carrellata di "etichette" sotto le quali può andarsi a collocare la condizione psico-fisico-esistenziale nella quale un individuo percepisce la propria sessualità centrale rispetto alla sua vita ed agisce in risposta ad un irrefrenabile impulso sessuale, indipendentemente dagli effetti negativi che il suo comportamento può arrecare a sé ed agli altri, poiché la soddisfazione del bisogno che genera l'impulso gli procura piacere ed, al contempo, ricava forte disagio, ansia e mal-esssere dalla sua mancata soddisfazione (Avenia, 2005). Ecco, di seguito un elenco delle principali denominazioni utilizzate dallo scorso secolo in poi: ipereroticismo (Hirshfeld, 1948), erotomania, ipersessualità, iperfilia, desiderio sessuale iperattivo; dipendenza da sesso; dipendenza dal sesso; dipendenza sessuale; sesso compulsivo; ninfomania (Ellis, Sagarin, 1965); satiriasi (Allen, 1969); dongiovannismo (Stoller, 1975); sexual addiction (Carnes, 1983); sexual compulsivity (Quadland, 1983; Coleman 1986); sexual dependence (Naditch & Barton, 1990); compulsivity/sexual addiction (Shaffer, 1994); compulsive sexual behaviour (Reed, 1994); sexual impulsivity (Kafka, 1995a); addictive sexual disorders (Irons, Schneider, 1997); hypersexual desire (Kafka, 1997); non-paraphilic hypersesexuality (Kafka, Hennen, 1999); dipendenza da reazione orgasmica DRO (Liggio, 1998); sexual addiction/compulsivity (Rickards, Laser, 1999); non-paraphilic hypersesexual disorder (Kafka, 2000); sex addiction (Johnson, 2002). Per quanto ci riguarda, in italiano l'espressione Dipendenza da Sesso (DdS) sembrerebbe la più adeguata, anche se la definizione in lingua inglese "Sexual Addiction" può risultare ancora più denotativa. È noto, infatti, che in inglese esistono due termini simili cui solitamente vengono attribuiti significati diversi: 'dependence' e 'addiction', il primo con riferimento alla realtà fisica, il secondo a quella psichica. Come ben chiariscono Del Miglio e Corbelli (2003) che includono la DdS nelle new addictions "... la lingua inglese opera una distinzione tra il termine 'dependance' (dipendenza fisica e chimica) e il termine 'addiction' (bisogno psicologico di attuare determinati comportamenti significativi)". Notiamo in proposito che il termine "addiction" ha come suo sinonimo il termine "bent", il cui significato è "strongly inclined" – "fortemente orientato/incline" – (Webster's Third New International Dictionary, 1996), che è nella fattispecie decisamente più esplicativo di "dipendente". Anche Liggio (cfr. più avanti, Parte I, capitolo 4), contesta giustamente l'uso del termine "addiction", per quanto riguarda la dipendenza da droghe (originariamente classificata come tossicomania) "... il termine anglosassone 'addiction' non risulta chiaramente denotativo [...] tanto è vero che dall'Organizzazione Mondiale della Sanità già da tempo è stato sostituito col termine 'drug-dependence' ('farmaco-fipendenza')". Accetta però Liggio, in relazione alla love addiction, quest'ultimo termine: "... per quanto riguarda la modalità esclusivo-compulsiva di amare, caratterizzata da 'inclinazione' ('addiction') coercitiva verso il partner momentaneo finché non si determina l'assuefazione per monotonia, in cui la 'dipendenza' è chiaramente d'ordine psicologico, risulta denotativa la denominazione di 'addiction'. Per ciò che attiene la DdS, invece, preferisce "dependence-dipendenza", poiché da lui individuata come dipendenza da sostanze stupefacenti endogene: "... con tale espressione ['dipendenza da sesso'] in realtà si suole alludere alla dipendenza da 'reazione orgasmica' (ivi compresa anche quella autodeterminata con la masturbazione) di cui è ormai ben documentato che la sua funzione specifica consiste nella produzione endogena di sostanze stupefacenti..." (cfr. più avanti sempre F. Liggio). Vediamo, però, che in questo caso la dipendenza da sesso, da dipendenza psicologica si trasforma in dipendenza fisica, con un capovolgimento radicale di prospettiva che trascina con sé avvicinamenti diagnostici, indicazioni terapeutiche ed interventi sociali. La DdS, di sicuro, come si desume dalle poche righe precedenti, deve ancora essere studiata a fondo, compresa definitivamente, in modo da individuarne con chiarezza le cause ed accertare di quali comportamenti disadattivi individuali e sociali sia il precursore. Il resto del volume è dedicato proprio a questo scopo, intendendo offrire un contributo per un maggior avvicinamento al complesso fenomeno della dipendenza da sesso. | << | < | > | >> |Pagina 323. Riconoscere il dipendente sessuale
di Annalisa Pistuddi
Come abbiamo visto dalle definizioni diverse e variegate, già prese in considerazione, è difficile pensare di comprendere la genesi di un sintomo come la dipendenza da sesso se non ci si dà l'opportunità di uno studio più approfondito e più diversificato. I risultati delle ricerche compiute sia in Italia sia negli Stati Uniti, citate in modo approfondito più avanti, evidenziano che questo problema sta assumendo un rilevante impatto sociale. Al di là dei computi numerici, sempre utili per comprendere l'entità dei fenomeni e per approntare, per gli studiosi più motivati, delle efficaci azioni di prevenzione, esso rappresenta un forte disagio per chi ne è affetto: delle cause non si conosce molto, essendo esiguo, rispetto alle attuali ricerche epidemiologiche significative su altri disturbi, il numero di casi giunti alla nostra osservazione e presi in carico per la cura. Troppo pochi sono ancora i casi studiati in modo approfondito per una valutazione statistica sull'eziologia psichica e per monitorare una modalità fatta di azioni di cura che tengano conto di una possibile parte di trattamento integrato fra specialisti di queste discipline (delle dipendenze patologiche e della sessuologia); di questo aspetto ci occuperemo in modo più particolareggiato nel capitolo sui possibili trattamenti. Il processo di conoscenza del soggetto dipendente da sesso può coinvolgere anche i personaggi della famiglia di origine: la loro storia vissuta dal paziente o raccontata in modo diretto dai familiari stessi se sono disponibili e ben accetti dal paziente a intervenire in una fase conoscitiva. La scelta del partner e i vissuti della famiglia attuale sono altresì preziosi per comprenderne il ruolo e l'interazione con la situazione che il paziente sta vivendo. La dipendenza da sesso è da considerare un sintomo, che permea la vita relazionale e sociale e che è da ascrivere ad una struttura di personalità che va descritta e compresa nella sua globalità. Questo è importantissimo al fine di poter formulare una diagnosi accurata e significativa dal punto di vista clinico.
Occorre ricordare altresì che non esiste né un disturbo di personalità né un
disturbo psichiatrico associato a priori alla dipendenza da sesso come si
potrebbe presumere per comodità di classificazione. Per di più si è notato dai
casi presi in esame, sia dalla letteratura che da noi, e da alcuni tutt'ora in
trattamento, che può esistere una comorbilità di sintomi che può fuorviare gli
affezionati a una diagnosi monofasica e univoca, che per di più può far cadere
nella collusione con gli agiti del paziente.
1. Complessità diagnostica Alcuni autori definiscono il comportamento dipendente (Goodman, 1988; Carnes, 1989) associandolo ad alcune variabili e così considerando delle ipotesi patogene che si ritrovano nei fattori dello sviluppo del bambino: l'immagine di sé, in particolare come il bambino ha percepito se stesso, il cui fattore che sembra essere più importante è la presenza del vissuto di abbandono; le relazioni, come il bambino ha percepito le sue prime relazioni oggettuali e poi come ha sviluppato su questa base le relazioni con gli altri, se egli può fidarsi di loro e instaurare delle relazioni intime oppure se non pensa sia possibile dipendere da loro costruendo così un'immagine sociale che serve da difesa; come il bambino percepisce i propri bisogni, emozioni e sensazioni sessuali. Lo sviluppo di un sé sano dipende in gran parte dalla strutturazione delle prime relazioni d'oggetto: se il bambino può contare su qualcuno o dipendere da qualcuno o se si sente perduto e non protetto. Nelle storie dei dipendenti sessuali emergono ricordi infantili di solitudine e sentimenti di smarrimento: essi si sono sentiti senza nessuno su cui contare o da cui poter dipendere per la soddisfazione dei propri bisogni; pertanto la modalità che si è andata sviluppando nel tempo è stata quella di cercare cose, che arrechino sempre conforto, che li facciano sempre sentire bene, che siano sempre disponibili, anziché relazioni sperimentate come frustranti. Se non intervengono esperienze che fungano da correttivo, questa ricerca può continuare tutta la vita, portando la persona a dipendere da cose quali sesso, cibo, alcol, droga. Il bambino pare aver strutturato la convinzione, che si protrae negli anni, che i suoi bisogni non saranno mai riconosciuti e soddisfatti se deve dipendere dagli altri. A causa del vissuto della mancanza di cure può avvenire che l'esplorazione della sessualità vada al di là dell'autoconforto e che il sesso, per esempio, si confonda con il conforto e con l'educazione (nel caso dei bambini vittime di abusi sessuali) e che questa convinzione diventi per lui universale. Ed è così che la relazione con altre persone rischia di essere sostituita nel corso dello sviluppo da una relazione con la sessualità di tipo dipendente. L'abuso sessuale potrebbe anche non essere stato l'elemento critico nell'eziologia del disturbo che può essere invece correlato con un ambiente famigliare disturbato con altri fattori patogeni e altri tipi di abusi, come la trascuratezza fisica ed emotiva, l'abbandono, le umiliazioni per qualsiasi forma di sessualità. La dipendenza è una relazione patologica nella quale l'ossessione sessuale rimpiazza le relazioni con le persone. I dipendenti pensano che il sesso sia il loro bisogno primario. Se il sesso veniva giudicato come perverso dalle persone più importanti per il bambino (i genitori o i sostituti di essi) e questo ha lasciato indelebili tracce nei suoi vissuti, in età adulta e dopo aver sviluppato una dipendenza da sesso che gli pone dei disagi, la sensazione disastrosa che il soggetto prova è di essere indesiderabile e quindi ancora una volta solo, perduto e non protetto. Queste sensazioni accrescono il dolore e la solitudine, la tensione, lo sconforto e alimentano la necessità di ricorrere incondizionatamente al sesso. Se si sono verificati episodi di abusi sessuali infantili la fusione tra sesso ed educazione ha dato modo al bambino di codificare questa modalità di instaurare le relazioni intime e avrà in seguito notevoli difficoltà a separare la sessualità dalle relazioni. La diagnosi della personalità può essere fatta con diversi strumenti a seconda della modalità consolidata del diagnosta e della dimestichezza nell'uso degli strumenti che la scienza mette a disposizione: colloqui diagnostici, esami medico-diagnostici per informazioni sulle eventuali patologie somatiche o psicosomatiche, test psicodiagnostici, psicometrici e proiettivi di personalità. Sono disponibili oggi, vari metodi per mettere in luce le caratteristiche della psiche umana e strumenti piuttosto affinati che consentono di ottenere una diagnosi differenziale approfondita; sembra sufficiente, dai dati raccolti fino ad oggi, fermarsi ad un'azione diagnostica centrata su una sola modalità per i casi che manifestano sintomi da dipendenza da sesso in quanto poi, nel tempo della durata della psicoterapia, essa può risultare parziale e insufficiente per la risoluzione della patologia, che si può rivelare molto più articolata. Se si evidenzia una patologia del carattere al limite, ovvero borderline, essa va differenziata dalle nevrosi e dalle psicosi e loro patologie, e dai disturbi affettivi di differente eziologia. La diagnosi strutturale, che mette in luce la struttura di personalità del paziente considerando l'Io nelle sue strutture, nei processi psichici e loro attivazioni e nel rapporto fra i loro derivati e le relazioni oggettuali interiorizzate (Kernberg, 1976), è tanto più utile quanto più risulta descrittiva perché più ricca di significati. La costellazione di tratti del carattere, più o meno patologici e le caratteristiche di organizzazione della personalità di un individuo, se rilevate in modo accurato, assicurano, soprattutto nei casi di più difficile classificazione, come quelli qui descritti, maggior attendibilità e utilità per la prognosi e per la terapia. I fattori che caratterizzano una persona e anche la sua struttura psichica comprendono i caratteri genetici, costituzionali, biochimici, familiari, psicodinamici, psicosociali. Le caratteristiche predominanti di un individuo che siamo chiamati ad osservare per arrivare a formulare una diagnosi strutturale riguardano: il grado di integrazione dell'identità, la tipologia di operazioni difensive utilizzate abitualmente, la capacità di esame di realtà (Kernberg, 1984). Inoltre, per differenziare le personalità nevrotiche da quelle borderline o psicotiche è importante osservare manifestazioni di debolezza dell'Io, la capacità di sopportare l'angoscia, il controllo degli impulsi, il grado e la qualità dell'integrazione del Super-Io e, per soffermarci sulle modalità psicotiche, la presenza o l'assenza delle forme di pensiero tipiche del processo primario. | << | < | > | >> |Pagina 495. Correlazione tra "dipendenza" e "compulsività"[di Fernando Liggio]
In modo particolare, è la dipendenza psichica ad essere correlabile con la
compulsività poiché la dipendenza psichica consiste in una situazione
psicopalogica caratterizzata dal bisogno, avvertito coattivamente come imperioso
ed irrinunciabile, di assumere una sostanza o di eseguire un comportamento
abitudinario, o un dato cerimoniale, onde placare uno stato di insoddisfazione
o per perpetuare uno stato di soddisfacente rassicurazione. Di conseguenza,
la compulsività si instaura gradualmente per successivi condizionamenti operanti
(Wikler, 1973: Siegel, 1979: ecc.) legati ad esperienze di privazione e di
ansia anticipatoria, nei confronti dello stato di privazione, più che all'ansia
sintomatica d'astinenza, preponderante in caso di prevalente dipendenza fisica.
Pertanto, ne deriva un comportamento incontrollabile da parte dell'individuo
costretto ad agire compulsivamente al fine di riassumere la sostanza, o di
ripetere l'azione, di cui è divenuto abitudinario, per poter ripristinare lo
stato di soddisfazione interiore.
6. La dipendenza da reazione orgasmica Innanzitutto, per comprendere il fenomeno della "dipendenza da reazione orgasmica" (DRO) si deve tenere presente che, in definitiva, la dipendenza consiste in una condizione psicofisiopatologica, correlata all'alterazione del sistema cerebrale della gratificazione implicante una coartazione della modalità con cui l'individuo si procura soddisfazione e piacere, caratterizzata da desiderio impellente con perdita di controllo inibitorio e passaggio all'azione risolutrice, appresa attraverso un condizionamento operante, che conduce alla reiterata riappropriazione relazionale irrinunciabile della sostanza (come l'assunzione di droghe, bevande alcoliche, nicotina, caffeina, teina, ecc.) o della "situazione" (come giochi d'azzardo di ogni genere compreso quello in borsa, lo shopping con impulso ad acquistare, il cimentarsi nei videogiochi, il praticare riti religiosi, ecc.) o dell"'azione" (come l'attività erotico-sessuale, ludica ed agonistica, ecc.), tutte gratificanti ed inducenti sensazioni piacevoli, estremamente intense, che finiscono nel comportare, più o meno, tolleranza ed assuefazione e, conseguentemente, disturbi d'astinenza, in caso di sospensione, proporzionalmente all'entità della componente di "dipendenza fisica" rispetto alla componente di "dipendenza psichica". Il concetto di "Sexual Addiction" (letteralmente "sessuale dedicazione" nel senso di "dipendenza sessuale") è stato introdotto per la prima volta da Reed e Blain (1988), i quali ne hanno descritto il processo di instaurazione in quattro fasi progressive, così distinte: 1. fase dell'ossessione in cui l'individuo, reagendo a delle difficoltà esistenziali, è completamente assorbito da preoccupazioni riguardanti la sessualità; 2. fase della ritualizzazione caratterizzata dalla messa in atto da parte dell'individuo di complessi rituali nell'immediata precedenza dell'azione sessuale; 3. fase dell'azione sessuale da cui l'individuo trae sollievo temporaneo e provvisorio; 4. fase della disperazione in cui l'individuo avverte un sentimento d'impotenza a poter controllare il proprio comportamento erotico. Quindi, Carnes, che nel 1983 aveva pubblicato la prima monografia incentrata sull'"understanding sexual addictions", in una serie di monografie specifiche (1989, 1990, 1991, 1992, 2001 a-b, ecc.), indica la fenomenologia in questione con le espressioni "sexual addict" (letteralmente "sessuale dedicato"), "sexual addiction" (letteralmente "sessuale dedicazione"), "sex addiction and compulsivity" ("sesso dedicazione e compulsività"), ed anche Goodman (1997) — il quale la inquadra come vera e propria malattia — e Levin (1998) la indicano con l'espressione "sexual addiction" ("sessuale dedicazione") nonostante che nel più autorevole Dizionario medico inglese-italiano (1994) alla voce "addiction" si legge testualmente "... È un termine popolare che non dovrebbe comparire più nella letteratura scientifica. Comprende sia la dipendenza che i comportamenti di ricerca della sostanza, la tolleranza e il deterioramento fisico e mentale associati all'uso della sostanza". Inoltre, i termini "sesso" e "sessualità" dovrebbero essere usati esclusivamente in riferimento all'istinto fisiologico di riproduzione tipico dell'età riproduttiva, connessa ai cicli ormonali, e non all'erotismo ed alla reazione orgasmica in se, nei cui riguardi si può instaurare il fenomeno della dipendenza. Pertanto, nel caso specifico, è scientificamente corretta la denominazione DRO. Infatti, proprio nella specie umana, la selezione naturale ha favorito la riproduzione di quegli individui nei quali casualmente, durante lo sviluppo embrionario, la massima concentrazione dei "recettori erogeni" (corpuscoli di Krause) si è indovata nel derma dei segmenti più esterni degli organi genitali. Infatti, se così non fosse stato, proprio la specie umana, per il massimo sviluppo della capacità introspettiva (coscienza) e della capacità telecinetica o di previsione delle conseguenze future delle proprie azioni (intelligenza), potendo prevedere il sacrificio ed il costo che comporta sia la gestazione che la nascita e la crescita di un figlio (essendo la prole umana estremamente inetta a lungo), avrebbe rischiato la sua completa estinzione. Quindi, la funzione primaria del cosiddetto "erotismo", consistente nella stimolazione degli "erotorecettori" (corpuscoli di Krause), è quella di sollecitare la "reazione erotica" culminante con l'"acme orgasmico", il quale quanto più è intenso e soddisfacente tanto più risulta efficace nel riequilibrare la funzionalità neurovegetativa e nel ripristinare il tasso normale del neuromudolatore sinaptico endorfinico (b-endorfina in specie) e del neuromediatore sinaptico indolaminico (serotonina) che, come è noto, smorza la tensione libidica la quale, invece, è stimolata dal neuromediatore sinaptico catecolaminico (dopamina). L'intensità dell'"acme orgasmico risulta direttamente proporzionale alla durata della relativa fase di mantenimento, la quale è l'unica fase della reazione erotica suscettibile di modulazione intenzionale con la possibilità di essere prolungata al massimo, mediante adeguato addestramento, anche fino ad oltre un'ora. Conseguentemente, in proporzione all'intensità della acme orgasmico, oltre a determinarsi una consistente diminuzione dolorifica, si determina la caratteristica sensazione di distensione con euforia analibidica, per la repentina produzione endogena di β-endorfine, tale da saturare momentaneamente la fame di orgasmo (tipico aspetto consumatorio). Persino nei criceti da laboratorio il tasso ematico di β-endorfine aumenta in proporzione diretta al numero delle eiaculazioni (Carnes, 1991). D'altra parte, ormai è ben documentato come la somministrazione intracerebrale di β-endorfine inibisce il desiderio erotico-sessuale (Meyerson e Terenius, 1977) e come gli antagonisti degli oppioidi (quale il naloxone), oltre a neutralizzre gli effetti erotoinibitori della morfina e della β-endorfina (McIntosh e coll., 1980), elicitano anche l'attività copulatoria in ratti originariamente impotenti (Gessa e coll., 1979). Mentre, nei riguardi della sessualità finalizzata alla riproduzione, l'erotismo ha un ruolo acquisito secondariamente, per selezione naturale durante il processo evolutivo della specie umana, come associazione alla predetta funzione primaria non connessa con la riproduzione (Liggio, 1998 e 2004a). Infatti, come ormai è ben documentato, il processo della selezione naturale ha permesso la diffusione strategica di tutti quei comportamenti specifici idonei a favorire il miglior successo riproduttivo tanto che non vi è più alcun dubbio che persino la predisposizione genetica al comportamento qualificato come pluralismo sessuale costituisca una delle fondamentali strategie biologiche selezionatesi al fine di ottenere la massima varianza casuale onde assicurare con la massima probabilità la migliore scelta riproduttiva per la necessità di adattamento ambientale del momento. Tuttavia, gli esseri umani per la loro acquisita capacità inibitoria dovuta allo sviluppo delle aree noetiche telencefaliche, in base alle norme etico-culturali, possono sopprimere la tendenza istintiva al "pluralismo sessuale" ma, spesso, al prezzo di uno stato conflittuale interiore sfociante in sofferenze psicosomatiche od in manifestazioni neurotiche di altro genere (Liggio, 1989). Da ciò si può dedurre quanto sia difficile per la specie umana riuscire ad inibire in senso assoluto la pulsione al "pluralismo sessuale" nonostante sia riconosciuto come questo rappresenti uno dei comportamenti di maggior esposizione al rischio di ogni tipo di contagio. Ma, la dimostrazione che la funzione primaria della reazione erotica è del tutto indipendente dalla sessualità riproduttiva pur essendosi ad essa associata, è data dall'inconfutabile evidenza che, durante lo sviluppo ontogenetico, il periodico impellente bisogno di orgasmare compare molto prima che l'essere umano abbia raggiunto la maturità sessuale finalizzata alla riproduzione ed è, per istinto, fisiologicamente soddisfatto con pratiche automasturbatorie, la cui inibizione per pregiudizi culturali, aggrava lo squilibrio neurovegetativo ed induce fastidiosi disturbi psicosomatici. D'altra parte, quanto sostenuto è dimostrato anche dal fatto che negli omosessuali – come, del resto, anche negli individui in menopausa ed in andropausa – l'erotismo svolge in pieno la sua funzione primaria (di riequilibrio della funzionalità neurovegetativa, neuromodulatoria e neuromediatoria) mentre delle due funzioni secondarie (di gratificazione al fine sessuale-riproduttivo e di rinforzo affettivo-socializzante) svolge esclusivamente quella di rinforzo affettivo-socializzante. Infine, una ulteriore dimostrazione riguardo le funzioni secondarie associatesi per selezione naturale alla funzione primaria dell'erotismo, è data dal fatto che, come hanno potuto constatare Kano (1980) e De Waal (1989), i rapporti erotici fra i bonobo – i quali sono stati erroneamente ritenuti dei "scimpanzé nani", ma che, in realtà, non sono né scimpanzé né nani, ormai sono ritenuti con certezza essere, fra tutti i primati, i veri residui viventi dei diretti precursori della specie umana – non hanno come funzione prioritaria lo scopo riproduttivo, bensì lo scopo di promuovere relazioni sociali basate sul vantaggio dello scambio reciproco del piacere (indipendentemente dal genere del sesso degli individui). Kano (1980) precisa che tra i bonobo gli amplessi effettuati senza scopo fecondante "... riducono l'ostilità e contribuiscono a creare ed a mantenere l'intimità tra femmine e maschi..." proprio come si verifica nell'ambito della specie umana. Al pari degli esseri umani i bonobo sono sempre eroticamente attivi indipendentemente dai cicli riproduttivi ed espletano un erotismo appassionato omosessuale, lesbico in specie, per alleviare la tensione individuale e per ridurre la conflittualità interpersonale. [...]. Ma, l'erotismo, distinto da quello finalizzato per la riproduzione (sessualità eterogenere), già ben delineato nei bonobo, raggiunge la massima espressione evolutiva nella specie umana sganciandosi completamente dai cicli biologici riproduttivi ed acquisendo la potenzialità di massimo prolungamento e di massima intensità della relativa reazione orgasmica con piena possibilità della sua rievocazione mnestica cosciente e della sua ripetizione in qualsiasi momento per scambio di piacere reciproco sia eterogenere (etero-sessualità) che omogenere (femmina-femmina e maschio-maschio) ed, a riguardo, Eisler (1995) precisa quanto segue: "... la sessualità umana fornisce una base biologica ad un'organizzazione sociale strutturata sul dare ed il prendere piacere ed altri vantaggi reciproci. A differenza delle femmine di altri primati, sessualmente attive solamente per un periodo dell'anno (il 35% dell'anno nel caso degli scimpanzé comuni ed il 75% nel caso dei bonobo), le donne possono essere sessualmente attive tutto l'anno. [...]. Tra le scimmie la durata dell'amplesso, per non parlare dell'orgasmo, è molto breve [...] di conseguenza, è difficile credere che la loro sia quell'esperienza che agli esseri umani può far conoscere l'estasi [favorendo l'instaurarsi della dipendenza specifica] -, senza contare che la femmina umana è capace di orgasmi multipli [...] negli esseri umani i rapporti sessuali sono spesso accompagnati da un vincolo che si estende oltre il sesso ed abbraccia la relazione nel suo complesso, con affetti quali il desiderio di vicinanza e comportamenti affiliativi quali premure reciproche e cura della prole [...) in quanto il piccolo dell'uomo dipende dalle cure degli adulti per un periodo di tempo assai lungo. Di conseguenza [...] un'organizzazione sociale che incoraggia invece di inibire i rapporti sessuali e sociali più orientati sul modello della partnership tra femmine e maschi sarebbe stata altamente adattiva agli albori dell'evoluzione umana [...] non riconoscendo l'importanza della clitoride, le autorità scientifiche non hanno riconosciuto neanche che nella femmina umana esiste una separazione anatomica tra il luogo centrale del piacere sessuale (la clitoride) e l'apertura vaginale attraverso la quale avviene il coito (ovvero l'atto necessario per la riproduzione). Ciò facendo hanno contribuito a mantenere la mistificazione secondo cui il sesso fatto solo per piacere è peccato, è inferiore e animalesco. Ed è tutt'ora questo il messaggio di alcune autorità religiose quando, in realtà, è proprio la separazione tra sesso per la riproduzione e sesso per il piacere [erotismo] a distinguere la nostra specie dalla maggior parte degli [altri] animali..." e, non a caso, risulta proprio "il sesso per il piacere", indipendentemente dall'istinto riproduttivo, a poter dare dipendenza! Inoltre, la DRO non deve essere confusa con la normale piacevole ed intensa attività erotica, goduta con un'alta frequenza di rapporti sessuali, se gli individui sono in grado di controllarli senza inconvenienti psico-fisici e socio-economici. Gli individui affetti da DRO, appena in essi si smaltisce l'incremento endorfinico e serotoninico indotto dalla reazione orgasmica (RO), si sentono infelici, irrequieti, depressi ed in preda a fastidiosi disturbi psicosomatici. Quindi, sono costretti a ricercare nuovamente sollievo con l'immediata ripetizione della stimolazione erotica provocante la RO, stabilendo così un ciclo vizioso difficilmente gestibile, in quanto il bisogno di orgasmare diviene fondamentale, a tal punto da far considerare i propri partners sessuali solamente come oggetti da usare, con la conseguenza di danneggiare se stessi, oltre che in senso psico-fisico (incorrendo a disfunzioni sessuali di ogni genere, a malattie veneree, a dissonnie, a disturbi da somatizzazione, ad alterazioni mentali, ecc.), anche in senso socio-economico (a causa della perdita di tempo sottratto alla famiglia ed al lavoro; a causa della perdita di denaro speso per le prostitute, per la pornografia, per i regali alle amanti, ecc. ed a causa delle spese legali per offese a terzi, per separazioni, per divorzi, ecc.), essendo incapaci di smettere e, nonostante le deleterie conseguenze, persistono nel continuare la loro attività erotico-sessuale con crescente inesauribile bramosia. Inoltre, gli individui affetti da DRO mettono in atto una strategia di adattamento (coping), per alleviare l'ossessionante preoccupazione erotico-sessuale, consistente nell'abbandonarsi in complicate fantasie erotiche, ed un meccanismo di esternazione attiva irriflessiva (acting-out), a contenuto erotico-sessuale, per scaricare la tensione emotiva. Ma ciò, difficilmente distoglie tali individui dallo spendere la maggior parte del tempo nella ricerca dell'attività erotica, nel vivere le relative esperienze e nel gestirne le conseguenze, trascurando gli impegni familiari e socio-lavorativi. In questi soggetti l'agire segretamente aumenta l'eccitazione e, conseguentemente, incrementa il piacere ed alcuni di essi arrivano persino a masturbarsi cronicamente ed a dedicarsi ossessivamente alla pornografia, alla telefonia erotica ed a tutte le altre attività parafiliche, comprese quelle che comportano gravi conseguenze legali, oltre ad includere anche la concomitanza con ogni sorta di altre dipendenze.
Concludendo, da quanto esposto si deduce che per indicare il concetto in
questione è scientificamente corretta la denominazione "dipendenza da reazione
orgasmica" e non le denominazioni "dipendenza da sesso" e "dipendenza sessuale"
comunemente usata dagli autori italiani (Lambiase, 2001; ecc.), poiché la
pulsione sessuale consiste nell'istinto naturale per la conservazione della
specie, come tutte le altre pulsioni istintive naturali per la conservazione
individuale, quali quelle concernenti l'alimentazione, il sonno,
l'evacuazione fecale ed urinaria, ecc., di cui sarebbe anormale non esserne
dipendenti. D'altra parte, l'attività sessuale eccedente il raggiungimento del
fine riproduttivo, al pari dell'assunzione alimentare eccedente il bisogno per
la sopravvivenza, è considerata "peccato" dalla religione e semplicemente
"iperattività" dalla psicofisiologia. Infatti, ad esempio, la cosiddetta
"satiriasi" nell'uomo e la cosiddetta "ninfomania" nella donna non sono
annoverate tra le dipendenze, ma nell'ambito delle parafilie in quanto
iperattività egosintoniche, cioè effettuate dall'individuo in pieno accordo
interiore nel compierle con sollievo se opportune nel momento o non compierle,
se inopportune nel momento, senza avvertire alcun stato di astinenza. Tuttavia,
tali attività sessuali abnormi devono essere considerate "codipendenze" se
egodistoniche, cioè se intraprese compulsivamente, nonostante il desiderio di
liberarsene, da individui affetti da DRO per il bisogno di aumentare lo stato di
eccitazione e, conseguentemente, esaudire la necessità di incrementare la
sensazione di piacere erotico di cui sono dipendenti.
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