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| << | < | > | >> |Pagina 3Come gli indianiAprile 1906 Dall'alto dell'argine lo sguardo può spaziare lontanissimo sulla campagna. È un mare verde, bianco e rosa; al grano fitto e alto già qualche spanna si alternano le distese colorate dei frutteti in fiore. Qualche macchione di alberi si ammassa scuro qua e là, come un enorme animale che dorme o che sta in agguato, gli spaventapasseri a braccia aperte sono fermi come sentinelle instancabili e solitarie, e i tetti delle fattorie luccicano nel silenzio increspato appena dai fruscii del vento, dal chiacchierare degli uccelli e dall'abbaiare lontano di qualche cane. Man mano che il sole si fa piu alto in cielo, la temperatura cresce e fa sudare. Sono in cammino da tre ore, ormai, e l'avvicinarsi della città è misurabile dallo stagliarsi piu netto dei campanili. Tanti campanili, tantissimi: ma quante chiese ci sono? E quanta gente ci va, in quelle chiese? Enrico cerca nella tasca, trova un biscotto e comincia a mangiarlo. È duro, crocchia sotto i denti e non fa che aumentargli l'appetito. Dev'essere quasi mezzogiorno, e ha una gran voglia di mettere mano al pane, formaggio e salame che tiene nella bisaccia; però il programma è di fermarsi a mangiare tutti insieme, i sette bambini e l'uomo che li accompagna. È la seconda volta che va in città, la prima che la raggiunge a piedi lungo il fiume. La volta precedente, con mamma e babbo, aveva viaggiato sul biroccio e si ricorda ancora di quel lungo sballottare, dello sbuffare della cavalla, dell'arrivo al mercato e dello stordimento nel vedere tutta quella folla, tutte quelle merci, tutto quel viavai; e si ricorda anche dell'indolenzimento che poi aveva sentito per giorni. Meglio a piedi, non c'è dubbio. E inoltre, con gli amici è un'altra cosa: è piu bello, piu divertente. Ogni tanto prendono a farsi scherzi, a rincorrersi, a lanciarsi sassi e zolle d'erba. Romeo l'hanno spinto giú ed è ruzzolato ridendo fin quasi all'acqua, facendo scappare via due anatre urlanti. La cosa migliore però è l'attesa di quello che vedranno. Il circo di Buffalo Bill è arrivato all'ippodromo, ai margini della città, e in paese per giorni è stato tutto un parlarne, tutto un sognare, finché lo zio di Giovanni non si è offerto di accompagnare i bambini a quell'appuntamento imperdibile. Imperdibile, si: dicono che ci sono soldati e indiani, cavalli e carri, che è uno spettacolo da non dimenticare mai piu. Gli indiani! Non ne sanno tanto, ma li hanno visti disegnati su qualche giornale e conoscono la fama della loro ferocia, delle battaglie che hanno sostenuto per decenni contro gli uomini bianchi, nelle praterie sterminate dell'America. Assomiglieranno un po' a questa campagna, le praterie? No, no davvero, pensa Enrico. Qui non ci sono i bisonti, non ci sono guerrieri che combattono, né accampamenti, né cariche della cavalleria. Chissà che effetto gli fa, a Buffalo Bill e a tutta la sua gente, il trovarsi in un posto dove le terre sono fatte per essere coltivate e non per correrci attraverso sparando di qua e di là, ubriachi di lotta e di avventura. Camminano da ore e non sono stanchi, anzi le gambe vanno sempre piu veloci, perché ci mancherebbe solo che arrivassero in ritardo, a cose già iniziate... Ma sono partiti assai per tempo, anzi un po' prima del previsto, perché nessuno di loro ha dormito bene e tutti si sono alzati prestissimo, impazienti, eccitati. Non capita mica tutti i giorni, una cosa del genere. | << | < | > | >> |Pagina 21Era già in pigiama, pronto a mettersi alla scrivania per partorire qualche tavola di fumetti, quando si accorse di non avere la borsa con gli appunti e gli schizzi. L'ho lasciata in macchina, pensò con disappunto.Mica che ci fosse un grande tragitto, per arrivare in garage, solo un corridoio, però là faceva freddo. Indossò il giubbotto sul pigiama, prese le chiavi dell'auto e andò sbuffando. Nella rimessa accese la luce, si guardò intorno pensando che in quel posto bisognava fare ordine e pulizia: ci aveva accumulato tutti gli scatoloni serviti per il trasloco e un migliaio di altre cianfrusaglie in attesa di collocazione. Apri lo sportello, prese la borsa, si girò per riguadagnare la porta; fu allora che lo vide. Era sulla parete, fermo, nero. Claudio rimase a bocca aperta, bloccato, irrigidito, in ciabatte e con la borsa in mano, incapace di distogliere lo sguardo dall'enorme ragno peloso. Poi riuscí a muoversi, fece un passo indietro, sempre fissando quell'animale incredibile. Incredibile e orribile. Nella luce scarsa della lampadina gialla da sessanta watt, quella bestia pareva piú irreale e mostruosa che mai. Non è possibile, pensò, non esiste un ragno grande cosí. Come accidenti fa a stare attaccato al muro? Deve pesare almeno un chilo, o forse piú. Gli venne da pensare a quei ragni di metallo o di vetro che la gente priva di buon gusto affigge a volte a fianco delle porte delle case, perché portano fortuna. Fortuna? Ebbe un tremito violento, forse di freddo o forse di terrore, e senti la vescica contrarsi. Posò la borsa a terra, poi si decise a distogliere per qualche secondo gli occhi da quella cosa per cercare un bastone, un'arma qualsiasi con cui spiaccicarla. Vide in un angolo un vecchio badile arrugginito, ereditato dai contadini che avevano abitato la casa. Andò a prenderlo in fretta, l'impugnò alto, ma quando si voltò verso la parete la bestia non c'era piú. Sparita in un battibaleno. C'erano un milione di posti, lí dentro, dove poteva essersi ficcata. Sempre col badile in mano Claudio si mosse verso l'automobile, la raggiunse e le si appoggiò. Poi gli venne in mente che il ragno poteva essersi rimpiattato lí sotto. Si scostò di colpo, si guardò i piedi scalzi nelle ciabatte e gli venne l'irresistibile voglia di alzarli, di alzarli tutti e due da quel pavimento su cui poteva comparire all'improvviso il ragno; ma tenere alzati tutti e due i piedi insieme non è possibile, c'è una crudele legge della natura che l'impedisce. Adesso il freddo era passato, anzi, si sentiva sul viso vampate di calore e si accorse che il sudore gli bagnava la fronte. | << | < | > | >> |Pagina 92- Il contratto parla chiaro, - disse il giovane indicando i fogli aperti sul tavolo della cucina di Luigi. - Tre stanze, bagno e garage.- Va bene, e chi dice niente? Però la macchina l'avete lasciata fuori per tutto l'inverno, e adesso... Non vi dico mica di non infilarla là dentro, solo che dovete lasciare il portone aperto. Il ragazzo fece un sospiro sibilante e spazientito, si girò per un attimo a guardare la moglie poi chiese a Luigi: - Ma lei li legge i giornali? - Si, tutti i giorni, li leggo. - E allora avrà saputo che qui intorno, nelle notti scorse, hanno rubato tre automobili e sono pure entrati in diverse case a portare via tutto quello che hanno trovato. S'è fatta brutta gente in giro, ci sono degli stranieri dappertutto, slavi, albanesi, negri. A proposito, alla porta d'ingresso dell'appartamento vorrei far mettere una serratura di sicurezza, dividendoci le spese. Inoltre, io la macchina fuori non ce la lascio piu: ci mancherebbe solo che me la fregassero, ho ancora due anni di rate, per finire di pagarla, e quel portone non solo lo chiudo, ma ci metto anche un lucchetto grosso cosi. Poi, mi scusi, ma perché mai non dovrei chiuderlo? Se là dentro ci sono cose sue, le darò le chiavi, oppure le può mettere da un'altra parte, ci sono tanti di quei capanni e casotti, qui... Luigi disse: - C'è il nido delle rondini, là dentro. - Un nido di rondini? Non l'ho mai visto. - Si, è sotto le travi, accanto alla parete che dà sul retro. Ci tornano ogni primavera da tanti anni. E in quel locale non ci sono finestre, vanno e vengono dal portone. - Magnifico, cosi ci cacano anche sulla macchina, - disse la ragazza accendendosi una sigaretta. - È vero, - disse il ragazzo annuendo. - Roba che si rovina la vernice metallizzata. - E allora, che cosa volete fare? - chiese Luigi. - Se quel nido non può stare li, lo butterò giú, - rispose l'inquilino. - Lo ricostruiranno da un'altra parte, non è mica la fine del mondo. - Buttarlo giu? Io spero che non dica sul serio. - Dico sul serio si. Luigi si agitò sulla sedia, e dentro la sua testa si mescolarono rabbia, confusione, senso di impotenza, odio per quei due tipi che si era messo in casa e che adesso pretendevano di comandare. - Ma le pare che sia il caso di creare un caso nazionale per un nido di uccelli? - chiese la ragazza. Ma che vuoi capire, tu?, pensò Luigi. Che cosa ne vuoi sapere? Si passò una mano sulla faccia, rimase in silenzio per qualche secondo poi disse: - Facciamo cosi: domani io farò un buco nella parete della rimessa, all'altezza del nido, di modo che le rondini possano entrare e uscire anche col portone chiuso. Lasciatemi un giorno di tempo e sistemo tutto. Il ragazzo si strinse nelle spalle. - Vabbe', - disse, tanto noi stasera partiamo per una vacanza in Liguria e stiamo via quattro o cinque giorni. Però quando torniamo, glielo dico subito, io la macchina la tengo là dentro col portone chiuso, su questo non ci piove. - E se ci cacano sopra? - insistette lei.
Il suo giovane marito allargò le braccia e sospirò, magnanimo: - La laveremo
piu spesso, non facciamo troppo i difficili.
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