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| << | < | > | >> |IndicePrefazione, 5 Parte prima Angiolo Bandinelli Le avventure del testo Libro (I), 9 Libro (II), 9 Fare il libro, 10 Il sapere e i saperi, 11 Libro, passato e presente, 11 Libro feticcio, 13 Farsi il libro (I), 13 Farsi il libro (II), 14 Farsi il libro (III), 14 Autori APS, 15 Edizioni clandestine, 16 Di chi è il libro, 16 Scrittore, 17 Autore (I), 17 Autore (II), 17 Autore ed editore (I), 18 Autore ed editore (II), 18 Editing, 19 Dattiloscritto, 19 Tipografia, 20 Computer, 21 Il dentro e il fuori del libro, 21 Copertina, 22 Frontespizio, 22 Titolo, 23 Nome dell'autore, 24 Carattere (I), 24 Carattere (II), 25 Il libro e l'occhio, 27 Illustrazione/immagine, 28 Illustrazioni, 29 Note, 29 Retrofrontespizio, colophon, 29 Correzione delle bozze, 29 Epitesto, 30 Tatto, 31 Castrante, 31 Lettura, 32 Lettore (I), 32 Lettore (II), 32 Lettura ed eros, 33 Libro d'artista, 33 Libro d'arte, 34 Libro-game, 34 Pocket-book, 35 Costi e prezzo, 36 Fiscalizzazione, 37 Distribuzione, 37 Autodistribuzione, 37 Libreria, 38 Libro/giornale, 38 Bibliofilia, 39 I dispiaceri del testo, 40 Il libro e la rivoluzione, 40 Soglie, 41 La Biblioteca di Babele, 41 Autoproduzione o Auto da fè?, 43 Parte seconda Giovanni Lussu Caratteri eminenti Nota, 47 Garamond, 48 Le due sorgenti, 48 Francesco Griffo, 49 Il cosiddetto Garamond, 50 Baskerville, 52 William Caslon, 52 L'eccentrico laccatore di Birmingham, 52 Carta e inchiostro, 53 Il bel cavallo da tiro, 54 Bodoni, 56 Il Romano del Re, 56 Re dei tipografi e tipografo dei re, 57 Il trionfo del neoclassico, 57 Rockwell, 60 Gli egiziani, 60 Ancora egiziani, 62 Century, 64 La meccanizzazione della tipografia, 64 Il grande incendio di Chicago, 65 De Vinne, 66 Altri caratteri, 66 Gill, 68. Stamperie private e calligrafia, 68 Frank Pick, 69 Incisori e comunisti, 69 Futura, 72 La tipografia del Bauhaus, 73 Renner alla Triennale di Milano, 73 Rudolf Koch, 74 Times, 76 Alla stazione di King's Cross, 76 Il carattere del secolo, 77 Il problema del potere, 78 Helvetica, 80 Un senza grazie tipicamente ottocentesco, 80 Univers, 82 Optima, 84 La confraternita dei calligrafi, 84 L'epigrafia fiorentina, 86 Parte terza Roberto Iacobelli Diario di lavoro La carta, 91 Cos'è, 91 Tipi, 91 L'impasto, 91 L'impiego, 92 Comprarsi la carta, 92 Formati, 93 Il formato Uni, 93 Foglio e formato finito, 96 Gli originali, 97 Il testo, 97 Calcolarne lo sviluppo, 99 Come va passato, 101 Originali delle illustrazioni, 101 La preparazione, 105 La forma della scrittura, 105 I caratteri da stampa, 106 Scegliere il carattere, 107 Le misure tipografiche, 111 La giustezza, 112 L'interlinea, 113 Ordini di composizione, 114 La composizione a blocchetto, 114 I capoversi, 114 La composizione non giustificata, 115 La spaziatura, 117 Le tecniche di realizzazione del testo, 118 La composizione "a caldo", 118 La composizione a "freddo", 119 L'intervento sui caratteri, 120 Il desktop publishing, 122 La correzione delle bozze, 123 La bozza di impaginazione, 123 Le indicazioni di correzione, 124 Il libro e i suoi componenti, 126 La copertina, 126 Le prime pagine e le ultime, 126 La numerazione delle pagine e i titoletti correnti, 127 Le note, 127 L'impaginazione, 128 La gabbia, 128 Il menabò, 128 La dimensione delle immagini, 130 Le didascalie, 131 Le illustrazioni in bianco e nero, 133 Le illustrazioni a colori, 134 Il prodotto finito, 135 I sistemi di stampa, 135 Stampa tipografica, 135 Stampa offset, 135 Stampa rotocalco, 136 Stampa serigrafica, 136 La confezione, 139 Cellofanatura e fustellatura, 140 Ultimi consigli, 140 Appendice Testi consultati e fonti iconografiche, 143 |
| << | < | > | >> |Pagina 7Parte prima
Le avventure del testo
Fare il libro Nella società complessa - per definizione, la società di oggi - fare il libro sarà, anch'essa, operazione complessa. L'osservazione appare lapalissiana. Invece è con qualche stupore e con apprensioni smisurate che si viene oggi riscoprendo una complessità cui in fin dei conti altre volte, con modalità diverse nella loro lunga storia, stampa e scrittura hanno dovuto far fronte. Ma, si dice, la complessità odierna ha a che fare con uno sconvolgimento senza precedenti nel sistema degli strumenti tecnici, nella tecnologia chiamata ad operare con processi non piú lineari - come nella tradizione gutemberghiana - ma fittamente reticolari, multicentrici. L'osservazione è fondata, la tecnologia gutemberghiana è divenuta, in un ventennio o poco piú, un relitto di archeologia industriale. Eppure, a guardar bene, le vere ragioni dell'odierna complessità stanno altrove: in un mutamento delle motivazioni e degli obiettivi che tutti vedono ma che nessuno sembra in grado di analizzare e padroneggiare. Comunque sia, investito dal flusso di questi sconvolgimenti, il libro soffre di una perdita di identità gravissima, forse irreversibile e per alcuni già incurabile. Il libro è a disagio e sul suo proprio terreno, la comunicazione, subisce l'aggressione (e l'ironia) degli altri massmedia. Il dubbio piú radicale ed eversivo assale la scrittura, erode la certezza delle sue funzioni e del suo ruolo sociale e culturale. Si celebra un po' dovunque, con gioia o nel terrore, il ritorno alla centralità dello scambio orale. Si demonizza ma si fa propria la straripante virulenza dell'immagine, con la sua capacità di seduzione e di attrazione che rende non solo inutile la scrittura, ma ne scalza l'autorità e ne denuncia, con accanita opera di sobillazione, il carattere retrivo, classista, artificioso e persin ridicolo. L'immediato violenta la memoria storica, il mercato, con il suo rigidissimo sistema di scambio (tra ineguali!), inibisce ogni rapporto non controllabile e quantificabile: la contemplazione, lo 'scarto', il disinteresse, il rifiuto. La sequenza delle forme unilineari, che caratterizza la struttura della stampa, cede a sistemi reticolari nei quali si ha compresenza, o sovrapposizione, tra i vari operatori. Il Robinson moderno - come ci ha raccontato Tournier - non edifica piú la società borghese e mercantile ma regredisce alle radici oscure della terra, ripercorrendo il linguaggio fino all'afasia.
Tutto insomma congiura contro il libro. Fare il libro
è diventata un'operazione non solo complessa, ma a rischio.
Il sapere e i saperi La civiltà del libro aspirava all'Enciclopedia, in cui si celebra l'unità del sapere. La crisi della civiltà borghese ha reso impossibile, e comunque non appetibile, la forma dell'unità del sapere. La complessità del mondo moderno fa del labirinto dei linguaggi il suo punto di partenza e di arrivo: al fondo della modernità appare non il libro ma il computer. Tra il libro e il lettore c'era un rapporto intenso e univoco; la macchina non presuppone invece spettatori, che diventano elementi superflui del labirinto geometrico, elettronico. L'operatore, lo spettatore, interagisce col computer, diviene egli stesso elemento variabile del gioco dei possibili: ogni programma è il possibile dei possibili, la memoria artificiale propone indifferentemente sui suoi monitor esperienze di scrittura collettiva, giochi elettronici, parole in scena, sequenze modulari, romanzi a piú uscite, esercizi di stile, campi e movimenti di voce. La lettura, con il suo 'tempo' specifico - si pensi al piacere della rilettura! - cede il posto alla consultazione. È il postmoderno. Ma dove sta il libro?
Eppure, il libro ha raccontato e profetizzato la propria
eclissi, e l'apparire dei nuovi soli: in Borges e nella sua
Biblioteca di Babele, in Queneau coi suoi esperimenti di
scrittura, in Calvino e i sentieri dei destini incrociati, in
Perec e la moltitudine delle cose: è la generosità del
libro.
Libro, passato e presente Nella cultura e nell'immaginario borghese, un filo rosso legava l'autore, l'editore/stampatore, il libraio e, all'estremità della lunga e salda catena, il lettore. A ciascuno di questi soggetti veniva attribuito un ruolo definito, evidente e indiscusso, e i reciproci rapporti apparivano regolati da norme non scritte ma rispettatissime. Perché la serie delle operazioni editoriali potesse svolgersi - dalla scrittura del testo fino al momento in cui il libro arrivava, "rivestito della sua legatura", al lettore o magari nella vetrina del "bibliofilo" - il libraio/editore poteva avvalersi di numerosi ausiliari: letterato (homme de lettres), fonditore, stampatore, fabbricante di carta, disegnatore, incisore, "brocheur", legatore, ecc., i quali tutti concorrevano al medesimo fine, "la perfezione del libro", pur se al solo editore si attribuiva la facoltà di afferrare nel suo senso complessivo l'intero processo. Cosí, un secolo fa, scriveva Anatole France. Alla enumerazione manca un elemento che oggi invece emerge con prepotenza a condizionare la sequenza, scompigliandola nella sua immanente regolarità. È il mercato. Per essere piú esatti, riferendoci all'oggi dovremo parlare di mercati. All'epoca di France (e trascurando il contesto particolare del suo discorso) il mercato è unico (è il mercato, il contesto borghese) e dunque non sembra necessario analizzarlo e metterlo nel conto come componente del processo, variabile indipendente di cui occorra tener preliminare conto. Oggi, il contesto in cui il libro vive è costituito da una molteplicità di mercati, di ambiti, ciascuno dei quali con esigenze proprie, che poco hanno a che fare con quelle degli altri. Tale molteplicità di mercati è irrelativa e assoluta, ed ha a che fare con la molteplicità dei linguaggi che, nella società complessa, si intersecano senza obbligo di incontrarsi.
Dell'antico - e oggi scomparso - mercato unico, il
libro era espressione forte. Il libro era la (cattiva)
coscienza del mercato e del suo ambito, l'ideologia
speculare al mercato inteso, piaccia o no, come
koiné
dei parlanti l'unica lingua espressione di valori omogenei,
e loro certezza visibile. Un rapporto di continuità
orizzontale, senza fratture o salti, legava (o si pensava
legasse) tutti i libri esistenti, e quelli possibili o
immaginati; i quali tutti si collocavano dentro un'atmosfera
rassicurante, positiva. Nella uniformità della sua
struttura il libro, sostanzialmente identico a se stesso pur
nell'evolversi storico delle sue forme, rappresentava un
bene, un investimento socialmente riconosciuto, sia dal
potente che dal poveraccio; il quale poteva temere la magia
emanante dai fogli coperti di segni per lui lontani, ma non
avrebbe osato mettere in discussione il verdetto che fosse
uscito dalla loro consultazione.
Libro feticcio Nel momento in cui il libro - come si è detto - entra in crisi, ecco però che sempre piú numerosi, insistenti e petulanti sono coloro che in tutti i modi pretendono di voler fare (scrivere, anzi, in primo luogo) il libro: il loro libro. Il libro mantiene infatti, ed esibisce, un certo aspetto, se non il carattere, di feticcio cultuale prima che culturale. Si indigna e si ribella alla proliferazione della 'volgare' comunicazione elettronica. Scrivere/fare/farsi il libro si presenta come operazione gratificante, degna di qualche sacrificio e comunque del rischio. Il libro, in definitiva, vive in un' 'aura' che va contromano rispetto alla perdita di sacralità delle arti propria dell'epoca - lo ripetiamo anche noi - della riproducibilità tecnica. Eppure si dice, confidenzialmente: "Ho fatto un libro", piuttosto che "Ho scritto un libro". Come per il corpo, si tende ad annullare la distanza (vale a dire, il rispetto) dal libro.
Tutto ciò è molto ambiguo.
Farsi il libro (I) Colui che vuole farsi il libro (il nostro lettore, insomma?) pretende di compiere un'operazione perfettamente autarchica. Egli pensa di poter, con la sua iniziativa, arrivare a rompere finalmente - in un percorso tutto lineare, esplicito e visibile o, al piú, circolare - l'intreccio condizionante tra interessi diversificati e frantumati, o magari contrapposti, che egli - sia pur confusamente - vede armeggiare attorno al libro. Il nostro autore attribuirà probabilmente alla maligna stupidità di questi operatori, o forse anche dell'incombente (oscuro!) potere politico, la responsabilità del rifiuto opposto al suo libro, alla sua opera.
L'autoeditore, chi piú in generale intende promuovere la
stampa di un libro (anzi, di un testo), in fondo piú che ad
una operazione tecnica pensa ad una iniziativa
moralizzatrice, grazie alla quale finalmente potranno essere
restituiti ai diversi soggetti e partecipanti (l'autore,
l'editore, lo stampatore, il libraio e cosí via) le loro
vere, originarie funzioni, distorte e corrotte da una prassi
piú o meno falsificata e degenerata. Questa è l'insidia piú
pericolosa, motivo di crisi possibile e irreparabile per il
nostro Candide.
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