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| << | < | > | >> |Indice7 Prefazione 13 1. Scrivere per comunicare 1.1. La trasmissione culturale, 17 1.2. Cognizione situata, 19 1.3. Permanenza e impermanenza, 22 26 2. Il cervello in azione 2.1. Arte preistorica, 34 50 3. Linguistico ed extralinguistico 3.1. Scrittura extralinguistica, 56 3.2. Scrittura linguistica, 67 71 4. L'invenzione della scrittura 4.1. Egitto: la scrittura extralinguistica, 71 4.1.1. Scrivere e leggere con i geroglifici, 85 4.2. Fenicia: la scrittura linguistica sillabica, 89 4.3. Grecia: la scrittura linguistica alfabetica, 96 1O4 5. Il numero 5.1. Mesopotamia, 1O5 5.1.1. Notazione numerica extralinguistica e linguistica, 108 5.1.2. La numerazione addizionale: dai «calculi» alle cifre, 110 5.1.3. La numerazione posizionale, 116 5.2. Egitto, 118 5.3. India, 123 5.3.1. Notazione in cifre brahmi, 124 5.3.2. Notazione in lettere: numeri in poesia, 126 5.3.3. Notazione decimale completa: l'invenzione dello zero, 130 5.4. Gli Arabi, 133 5.4.1. I numeri arabi in Europa, 134 139 Conclusioni 141 Bibliografia |
| << | < | > | >> |Pagina 7PrefazioneLa tesi fondamentale di questo libro è che la scrittura sia un particolare tipo di comunicazione che ha la caratteristica della permanenza. Che il linguaggio serva essenzialmente a comunicare non è affatto ovvio: in effetti la più influente corrente linguistica contemporanea - quella che si rifà a Noam Chomsky - lo mette decisamente in discussione. Sembra invece esserci buon accordo sull'idea che la scrittura sia stata inventata per un fine squisitamente comunicativo. Così la tesi iniziale del mio lavoro appare piuttosto tranquilla, priva di controversie apparenti. Ma quando mai nella vita le cose vanno così lisce? Innanzitutto è necessario dare una definizione di comunicazione: userò quella di costruzione comune di significati. Successivamente specificherò cosa intendo con l'uso di termini quali «tipo particolare» che ho premesso nella frase iniziale a «comunicazione». Svolgerò l'argomento chiarendo che si tratta di una comunicazione situata, permanente, con caratteristiche sia linguistiche sia extralinguistiche. Tutti questi punti, e l'ultimo in particolare, non sono affatto scontati: li discuterò uno per uno. Analizzerò poi la scrittura dal punto di vista evoluzionistico, sostanziando la mia ricostruzione attraverso l'analisi della più importante tradizione dei metodi di scrittura: quella nata nell'area del Mediterraneo. Darò spazio infine all'evoluzione del numero, invenzione straordinaria fra tutte le altre, che fungerà da suggello sintetico a tutte le mie tesi. Ho attinto ampiamente alla bibliografia esistente, eppure il risultato mi appare profondamente diverso da tutti i libri in circolazione: la ragione sta nel fatto che la mia ricostruzione evolutiva si basa su un'ipotesi precisa. Parto dall'idea che per comunicare sia necessario un corpo comune di conoscenze, sulla cui base tutti i partecipanti alla comunicazione diano un significato condiviso alla loro interazione. Significato condiviso vuol dire che il senso di quel che succede non può essere costruito liberamente, perché è vincolato da una serie di giochi e norme sociali che tutti conoscono. Gli ominidi hanno affrontato con successo la questione di come sia possibile trasmettere significati non solo fra persone appartenenti alla stessa generazione, ma fra individui che vivono in tempi diversi. In questo senso, grazie alla scrittura la comunicazione è stata resa permanente. Inoltre la comunicazione permanente ha sfruttato una serie di risorse disponibili nell'ambiente in cui vivevano le successive generazioni di ominidi. La mente umana, nello svolgere le sue attività cognitive e comunicative, si è allargata oltre i propri ristretti confini fisici: il suo essere situata dentro un corpo, che a sua volta è in costante interazione con l'ambiente, ha permesso di utilizzare alcuni aspetti modificabili dell'ambiente come supporti esterni. Nel più familiare degli esempi, la possibilità di prendere un appunto su un foglio cartaceo o elettronico ha allargato incredibilmente la memoria umana; analogamente, poter scrivere una lettera o fare una telefonata ha ampliato le possibilità della comunicazione umana. Gli ominidi sono riusciti a sfruttare le caratteristiche del loro ambiente per ampliare le già straordinarie qualità del loro cervello. Infine, dato che la comunicazione umana in condizioni naturali è sia extralinguistica che linguistica, nel momento in cui si è cercato di renderla permanente è stata privilegiata una di queste due modalità. Ciò significa che la scrittura non è necessariamente basata sul linguaggio: la scrittura si è basata sulla comunicazione di tipo extralinguistico per almeno 30000 anni, prima che l'invenzione dell'alfabeto si imponesse, non più di 5000 anni fa. I testi precedenti sull'evoluzione della scrittura hanno tentato di assumere un'ottica neutrale, e così si sono condannati a diventare una pura raccolta di esempi. I diversi tipi di scrittura inventati dal genere umano appaiono non collegati fra loro, privi di un filo logico che possa connettere fenomeni diversi come l'invenzione degli ideogrammi e quella dell'alfabeto. La mia ambizione è quella di fornire un quadro generale, al cui interno le diverse soluzioni allo stesso problema (Come si fa a rendere permanente la comunicazione?) trovino una chiara e sensata relazione. Ma è ovvio che la valutazione finale del lavoro spetta al lettore, non all'autore, accecato ugualmente da un vizio: l'orgoglio, e da una virtù: la speranza. | << | < | > | >> |Pagina 50Capitolo 3
Linguistico ed extralinguistico
In questo capitolo presenterò l'idea base della mia ricostruzione di come è stata inventata la scrittura, vale a dire la sua derivazione dalle due modalità possibili di comunicazione, quella linguistica e quella extralinguistica. Ciascuna modalità di comunicazione può essere resa permanente, generando quindi rispettivamente una scrittura extralinguistica (pittografica e ideografica) e una scrittura linguistica (sillabica e alfabetica). Dopo aver introdotto i due tipi di comunicazione in termini generali, mostrerò in cosa consiste rendere permanente sia l'una che 1'altra. Nella distinzione tradizionale che si fa fra comunicazione verbale e non verbale l'enfasi è posta sul modo con cui i dati si presentano: un discorso è verbale, mentre un sorriso è non verbale. Questa tesi presenta una serie di insormontabili difficoltà, che mi limito qui ad accennare: una più approfondita discussione è offerta in Pragmatica cognitiva (Bara, 1999). La più importante critica alla dicotomia fra verbale e non verbale è che esistono linguaggi, come quello dei segni per i sordomuti, che presentano ogni caratteristica del linguaggio, compresa la localizzazione cerebrale della sua gestione, pur essendo ovviamente non verbali, ma basati appunto su gesti. Inoltre, è impossibile classificare in modo adeguato tutti gli indicatori non linguistici che si accompagnano al linguaggio, come il tono e il volume della voce. La distinzione alternativa qui proposta è che la differenza fra comunicazione linguistica ed extra linguistica è un processo, non un dato. L'idea consiste nel considerare i due tipi di comunicazione diversi per il modo in cui elaborano i dati, indipendentemente da come i dati stessi siano codificati: la comunicazione è un processo, e comunicare linguisticamente o extralinguisticamente vuol dire usare due modi diversi di analizzare i dati. Lo stesso input si presta quindi a un'analisi sia linguistica che extralinguistica, e presumibilmente, tranne che in casi particolari, sarà quindi elaborato in due modi diversi, paralleli fra loro, integrantisi a vicenda e che non si escludono reciprocamente. Mentre nell'ottica della comunicazione verbale e non verbale il dato in ingresso ammette una sola elaborazione, stabilita dalla sua struttura intrinseca, nell'ottica che sto proponendo ciascun tipo di espressione comunicativa viene contemporaneamente analizzato da due diversi processi, uno linguistico e uno extralinguistico. Alcuni tipi di input privilegiano la modalità linguistica, per esempio nel caso di una registrazione audio, o di una lettera. Viceversa, altri tipi di input privilegiano la modalità extralinguistica, per esempio nel caso di un'interazione corporea emozionalmente carica come un commosso abbraccio di ringraziamento, o di un film muto. La modalità comunicativa extralinguistica è sia quella filogeneticamente più antica, sia quella che ontogeneticamente è per prima disponibile negli esseri umani, essendo attiva già a poche ore dalla nascita. La sua particolare ricchezza espressiva affonda nella filogenesi, ed è dunque legata meno alla dimensione astratta e concettuale esclusiva degli esseri umani, e più alla dimensione emozionale e comportamentale caratteristica dei mammiferi superiori. La comunicazione extralinguistica, proprio perché più elementare, è efficace nelle interazioni di base, ma impone un maggior carico di conoscenza, memoria e inferenza per essere compresa, non appena si carica di significati complessi. La struttura composizionale del linguaggio semplifica enormemente la comunicazione: è più facile comunicare usando costituenti piuttosto che parti, una volta che i costituenti siano accessibili e che la composizionalità sia padroneggiata. Dal punto di vista evoluzionistico, la struttura linguistica è un'importante conquista, che rende possibile effettuare agevolmente comunicazioni di difficoltà insormontabile per la struttura extralinguistica. | << | < | > | >> |Pagina 70L'alfabetoSiamo arrivati all'ultima frontiera, quella attuale, della scrittura linguistica. Con un numero di segni variabile fra venti e trenta si può rendere permanente qualunque aspetto della lingua parlata. La semplicità della riproduzione permette l'allargamento della capacità di leggere e scrivere alla maggioranza della popolazione, facilitando ulteriormente il processo di diffusione della cultura. Nel capitolo che sta terminando, ho mostrato che ciò che conta nella scrittura è la sua possibilità di rendere permanenti la comunicazione e la memoria condivisa, ponendole in uno spazio comune cui chiunque può avere accesso, e stabilizzando così la cultura in una dimensione transgenerazionale. Per realizzare l'obiettivo della permanenza, la prima modalità che si è evoluta è stata quella extralinguistica, basata sull'associazione di simboli. In un certo senso è ovvio che sia avvenuto questo, dato che la comunicazione extralinguistica è più semplice e ontogeneticamente disponibile fin dalla nascita (mentre per il linguaggio bisogna aspettare i due anni d'età). La scrittura extralinguistica ha ottenuto straordinari risultati, ha realizzato un'insuperata potenza espressiva a livello di immagine che accompagna il senso dello scritto, e ha creato l'humus giusto perché si sviluppasse quella linguistica. Se consideriamo i pittogrammi come la prima testimonianza di scrittura extralinguistica, questa ha dominato il campo per almeno 10000 anni. Quella linguistica è stata inventata più recentemente, circa 5000 anni fa: ha realizzato la permanenza del linguaggio, mantenendo la sua principale proprietà, quella composizionale. Grazie alle proprietà della produttività e della dislocazione, che quella extralinguistica non possiede, la scrittura linguistica è equivalente al linguaggio parlato.
Nei capitoli che seguono ripercorreremo immergendoci nella concretezza
storica le tappe che ho finora delineato in forma solo teorica. Rispetto
all'enorme numero di scritture inventate nella storia del genere umano, mi
concentrerò su quelle che hanno maggiormente influenzato la cultura occidentale,
e che sono nate nel bacino del Mediterraneo.
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