Copertina
Autore Antonio Barocci
Titolo Parto di testa
SottotitoloLa gravidanza del padre
EdizioneNuovi Equilibri, Viterbo, 2003, eretica , pag. 122, cop.fle., dim. 120x170x10 mm , Isbn 978-88-7226-759-2
LettoreElisabetta Cavalli, 2004
Classe narrativa italiana
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Indice


La mia gravidanza                3
Essere incinto                   5
Istruzioni per l'uso            26
La nuova coppia                 40
La biologia della gravidanza    58
La nascita di un padre          81
È nato                         l06


 

 

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Pagina 3

La mia gravidanza



Sono incinto, iuuuu iahaaee... e poi?

Quanto ne sapevo? Che cosa sapevo di bambini, di gravidanza e quant'altro? Domande. Dubbi. Afflizioni. Un giorno che me ne stavo in postazione al solito bar, all'ombra di un Daiquiri, mi sforzai di ricordare una cosa che non mi apparteneva più, semmai era stata mia: l'abbraccio di un bambino.

Mi era più familiare un Vic 20 della Commodore.


Il giovane padre ha sempre quella faccia come se avesse perduto le chiavi di casa: quell'espressione fra l'ebete e l'estasiato. "Cosa mi sta succedendo?" è la domanda che più volte al giorno si pone. Quanti fratelli ha visto nascere, quanti figli di sue sorelle o di vicine ha tenuto in braccio e cullato?

È lo spaesamento dovuto alla crescita zero degli ultimi vent'anni e della società polverizzata in tanti minuscoli nuclei familiari. Certo, la situazione della gravidanza va vissuta momento per momento, senza perdere la testa tutto si svolgerà in modo naturale. Però. Però il raptus dell'insicurezza acuta, dell'incertezza più nera assale tutti i futuri padri. Come lanzichenecchi ci caliamo in libreria sperando di trovare il testo scientifico risolve-problemi tipo Tutto quello che volete sapere sulla gravidanza e sul parto, Wolf Editori.

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Pagina 26

Istruzioni per l'uso



Dirlo agli altri

Dirlo o non dirlo? La consuetudine vuole che lo si dica dopo i primi tre mesi. Soprattutto per scaramanzia, perché è il periodo più a rischio di aborti spontanei. Rispettare la convenzione? "E con i miei genitori?".

Il gene della sopravvivenza consiglia

Prima di diffondere la notizia è meglio avvertire i propri genitori che si sta pensando di fare un bambino. La loro reazione, qualunque sia, non dovrà influenzarvi minimamente. Però avvisarli aiuta a prepararli e a spianarci la strada; a far sì che quando vengono a sapere che aspettiamo un bambino non stramazzino al suolo.

Regola base

Non importa a quante persone lo dite e quando, l'importante è dirlo solo alle persone che vi vogliono bene.

La cartina di tornasole

Differenziate fra gli amici che hanno già un figlio e quelli che ancora non ce l'hanno. Perché le loro reazioni potranno stupirvi. Comunque osservatele bene. Potreste scoprire in quell'occasione che la persona che vi sta davanti non è un amico così fraterno. Vi riporto il mio caso. Quelli che non hanno figli di solito si fermavano a fissarmi come fossi stato Lazzaro che si alza e cammina o un Cristo avvolto nella sindone e l'unico suono che emettevano era un allibito: "Tu!?".

"Sì, io perché? Non ho capito, tutti fanno figli, io no? A me deve essere interdetto?".

Che non fossi mai stato credibile come scrittore ci ero abituato, ma non essere credibile come papà mi è scocciato.

"Ma sai cosa significa avere un figlio?".

"Io so cosa è volere un figlio, non certo cosa significa".

A essere onesti fino a quando uno non ha un figlio non sa cosa significa, ed è questo il punto che spesso viene confuso: non vogliono un figlio perché pensano di sapere cosa significa. Perché vuole dire: confrontarsi con se stessi, smettere di nascondersi, cambiare la superficialità in leggerezza, mettersi in gioco, non rimanere più a casa dalla mamma a farsi viziare, dover rinunciare al ruolo di figlio per cominciare quello di babbo. Pericolose sono anche le persone che prima ti fanno congratulazioni e "complimenti" e "come la chiamerete" e su e giù... e poi subdolamente ti mettono nelle stesse difficoltà degli altri e cercano di insinuare i dubbi, le ansie, le insicurezze e le paure che hanno dentro. Questi sono i più difficili da sgamare e i più pericolosi. Stiamone alla larga.

In generale invece quelli che hanno già un bimbo hanno tutt'altro atteggiamento. Ti caricano, ti incoraggiano, si entusiasmano e ti danno un sacco di consigli utili; insomma si sente che sanno di che cosa si parla e sono di grande aiuto, non foss'altro per materiale e vestiti che ti passano. Lo vedi e lo senti che sono leali nei tuoi confronti: non ti nascondono la fatica e le rinunce, ma la gioia gli si legge negli occhi.

Un'ultima categoria, i più rari: sono quelli che mi hanno risposto con tenerezza dicendomi che facevo bene, che sentivano anche loro questo desiderio biologico e che non mi dovevo preoccupare di nulla perché tutto si aggiusta. Già, soprattutto perché non si è rotto niente, ancora, dico io, soprattutto le acque...

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Pagina 50

La consapevolezza della gravidanza

La nostra presenza così strutturata farà maturare in noi una maggiore consapevolezza della gravidanza. È chiaro che la donna vive questi mesi come un processo fantasmagorico mentre per noi è tutto uguale. Così succede che spesso fin quando non vediamo il bambino nato e in quell'esserino tutto grinze e pieghe riconosciamo nostro figlio, per noi la pancia è una pancia.

Non abbiamo in giro ormoni che circolano come se stessero a un rave party. Non smettiamo di lavorare, non abbiamo paure latenti per il dolore che dovremo subire durante il parto. Non sentiamo il liquido amniotico muoversi, agitarsi e non sappiamo cosa significa sentire un calcio di nostro figlio all'interno della pancia. Non sappiamo cos'è fare parte del grande mistero della vita, della procreazione e della nascita. Per noi è una scopata fatta bene e possibilmente con tanto amore, poi il nostro compito si conclude lì. Il resto è un mondo che si vive la donna.

Non soffriamo d'invidia durante la gravidanza, perché vediamo spesso la nostra compagna in una tale situazione che siamo contenti di essere maschi. La gravidanza è delle donne, è vero, e così il mistero profondo sui significati intimi che una simile esperienza lascia.

Per noi uomini c'è una sfuocata fotografia di tutto questo che potremmo definire consapevolezza. Ci sono momenti in cui il padre si ferma a fantasticare sul bambino che verrà e si perde in mille fantasie come se fosse incantato. Conoscevo un calciatore che durante la gravidanza della compagna si fermava a trequarti campo nel bel mezzo delle partite come colto da un raptus di demenza precoce, mentre gli avversari partivano in contropiedi fulminanti. E lui là come il palo della cuccagna. Un altro mio amico, autista dell'ATC di Bologna, era così rapito dal fascino e dall'emozione di diventare padre di una splendida bambina che mentre guidava l'autobus di linea sbagliava strada, non rispettava le fermate, tirava dritto con le persone a bordo che strillavano per la sua negligenza. A noi uomini capita spesso di fantasticare, pensando al bambino che verrà. Durante i nove mesi ci creiamo dei mondi fatti di come lui sarà, che voce avrà, in che scuola andrà, ci mettiamo a fabbricare giocattoli in legno, ridipingiamo stanze, compriamo la biciclettina rosa etc...

Non spaventiamoci, è salutare, anzi utile oltre che naturale. Abbandoniamoci senza indugi al lovebus della gravidanza. Ci aiuta a entrare nel mondo della gravidanza. Aiuta ad avere una maggiore consapevolezza. Poi nella quotidianità ricordiamo che siamo i guardiani del vapore e che il vapore (la nostra compagna) è tutto il giorno che si tira dietro la carretta (il pupo in ammollo nel liquido amniotico). Il concetto è il seguente: la mamma pensa al bambino, noi pensiamo alla mamma. Se la mamma sta bene il bambino sta meglio. Se il bambino sta bene la mamma sta meglio.

Questo schema rimane valido, anzi si potenzia e si rafforza, quando il bambino nascerà. Quando tornate a casa alla sera "date una carezza ai vostri figli e ditegli questa è la carezza del papa", scherzo, quando torniamo a casa alla sera diamo una carezza a nostra moglie. Anzi baciamola, facciamole le coccole, preoccupiamoci di lei. E dopo, dopo un bel po' informiamoci su cosa c'è per cena. Anzi portiamola a cena fuori.


La solitudine del padre

A questo punto la questione è: chi si occupa di noi? Nessuno. A noi non ci fila nessuno. È una sporca verità. Per esempio quando il bambino nasce festa, nonni, zii, fratelli, cugini, amici tutti a portare regali al pupo, qualcosina alla mamma. Delle volte anche qualcosa di consistente tipo anellini, collanine in oro. Oh, se li è meritati, per carità, e a noi? Nada. Neanche i nostri genitori. Oddio, spesso arriva il padre e con movenze da gangster ci fa scivolare un assegno in tasca guardandoci un po' commosso, cosa che non avremmo mai sospettato e un po' con quell'aria come per dire "e mò fjo mio so' cazzi tua". Ma in generale sono tutti lì che sbavano intorno a un mostro raggrinzito, con la testa a pera, che sa fare solo smorfie che gli sfigurano il volto e hanno la faccia tosta di dire: "È bellissimo". Ma per piacere.

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Pagina 81

La nascita di un padre



I corsi pre-parto

Siamo oramai dentro alla gravidanza fino al collo. I 9 mesi stanno esaurendosi. Non possiamo tirarci indietro, la nostra presenza è fondamentale eppure mai come ora non contiamo nulla. Si deve andare avanti, coraggio. Pensavamo che il corso preparto fosse una cosa per la nostra compagna. Entusiasti l'avevamo sollecitata ad andarci nei giorni di martedì o mercoledì, così da poter fare, per quei due mesi, l'abbonamento a una pay-tv e organizzare meravigliose serate di coppe europee con gli amici. Invece no. Fatale errore.

Se nei primi due trimestri di gravidanza ci siamo comportati come dio vuole e questo libro spiega, eccoci allora nella condizione di non potere e manco volere mancare l'occasione di partecipare al parto. Da qui il passo successivo, inevitabile: il corso pre-parto. Addio mercoledì da leoni. Addio Champions League. Lo so che a un occhio esperto, tipo quello dei nostri padri, risultiamo tanti bietoloni abbindolati dalle rispettive mogli che ci hanno addomesticato come un barboncino. Compreso il corso premaman. Capita, ma veniamo al dunque. Innanzi tutto ignoriamo il nostro genitore e vediamo di superare l'idea di sentirci idioti perché frequenteremo un corso preparto.

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