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| << | < | > | >> |IndiceRingraziamenti 11 1. Introduzione 13 2. Ogni scolaretto sa che... 39 I. La scienza non prova mai nulla 43 II. La mappa non è il territorio e il nome non è la cosa designata 47 III. Non esiste esperienza oggettiva 48 IV. I processi di formazione delle immagini sono inconsci 49 V. La divisione in parti e in totalità dell'universo percepito è vantaggiosa e forse necessaria, ma nessuna necessità determina come ciò debba essere fatto 58 VI. Le successioni divergenti sono imprevedibili 61 VII. Le successioni convergenti sono prevedibili 65 VIII. Dal nulla nasce nulla 67 IX. Il numero è diverso dalla quantità 72 X. La quantità non determina la struttura 77 XI. In biologia non esistono "valori" monotòni 78 XII. Talvolta ciò che è piccolo è bello 79 XIII. La logica è un cattivo modello della causalità 84 XIV. La causalità non opera all'indietro 86 XV. Il linguaggio sottolinea di solito solo un aspetto di qualunque interazione 87 XVI. «Stabilità» e «cambiamento» descrivono parti delle nostre descrizioni 88 3. Versioni molteplici del mondo 93 4. I criteri del processo mentale 123 5. Versioni molteplici della relazione 175 6. I grandi processi stocastici 195 7. Dalla classificazione al processo 249 8. E allora? 269 Appendice. Il tempo è fuori squadra 283 Glossario 297 Indice analitico 305 |
| << | < | > | >> |Pagina 46 [ scienza, percezione, provare/esplorare ]La previsione non può mai essere valida in modo assoluto e perciò la scienza non può mai "provare" una proposizione generale e neppure "verificare" un singolo enunciato descrittivo e arrivare così alla verità ultima.Vi sono altri argomenti per mostrare questa impossibilità. La tesi di questo libro (che a sua volta può convincervi certo solo nella misura in cui ciò che io dico si accorda a ciò che voi sapete, e può sgretolarsi e cambiare radicalmente nel giro di pochi anni) presuppone che la scienza sia un "modo di percepire" e di dare per così dire «senso» a ciò che percepiamo. Ma la percezione opera solo sulla differenza. Ricevere informazioni vuol dire sempre e necessariamente ricevere notizie di "differenza", e la percezione della differenza è sempre limitata da una soglia. Le differenze troppo lievi o presentate troppo lentamente non sono percettibili: non offrono alimento alla percezione. Quindi ciò che noi, come scienzati, possiamo percepire è sempre liimtata da una soglia: ciò che è sublimale non giunge ad arricchire le nostre cognizioni. In qualsiasi istante, la nostra conoscenza è sempre funzione della soglia dei mezzi di percezione di cui disponiamo. L'invenzione del microscopio, del telescopio, degli strumenti per misurare il tempo fino a una frazione di nanosecondo e per pesare quantità di materia fino a un milionesimo di grammo, tutti questi raffinatissimi dispositivi di percezione svelano quel che era del tutto imprevedibile ai livelli di percezione raggiungibili in precedenza. Non solo non possiamo far previsioni sul momento successivo del tempo, ma, più radicalmente, non possiamo far previsioni relative allo stadio successivo della dimensione microscopica, della distanza astronomica o del passato geologico. La scienza, come metodo di percezione - perché essa non può pretendere di essere altro che questo -, così come ogni altro metodo di percezione, ha una capacità limitata di raccogliere i segni esteriori e visibili di ciò che può essere verità. La scienza non prova, "esplora". | << | < | > | >> |Pagina 66 [ statistica/individuo, casuale-disordine-nuovo, selezione naturale ]In questo senso, le cosidette leggi della probabilità mediano fra le descrizioni del comportamento del singolo e le descrizioni del comportamento della massa. Vedremo in seguito che questo tipo di conflitto tra l'individuale e lo statistico ha perseguitato lo sviluppo della teoria dell'evoluzione dai tempi di Lamarck in poi. Se Lamarck avesse affermato che i cambiamenti dell'ambiente possono influire sulle caratteristiche generali di intere popolazioni, egli sarebbe stato al passo con i più recenti esperimenti di genetica, che descriveremo nel capitolo VI. Ma Lamarck, e in effetti tutti i suoi seguaci, sembrano aver avuto un'innata propensione a confondere i tipi logici. (Questo argomento e le corrispondenti confusioni degli evoluzionisti ortodossi saranno discussi nel capitolo VI).Sia come sia, nei processi stocastici (si veda il Glossario), tanto dell'evoluzione quanto del pensiero, il nuovo può essere tratto esclusivamente dal disordine del casuale. E per trarre il nuovo dal casuale, se e quando esso si manifesta, occorre un qualche meccanismo selettivo che dia conto della persistenza nel tempo della nuova idea. Deve vigere qualcosa di simile alla "selesione naturale", in tutta la sua lapalissiana tautologia. Per persistere, il nuovo deve essere tale da durare più a lungo delle sue alternative. Ciò che dura più a lungo tra le increspature del casuale deve durare più a lungo di quelle increspature che non durano altrettanto a lungo. Ecco, in poche parole, la teoria della selezione naturale. | << | < | > | >> |Pagina 121 [ epistemologia ]Infine, tutto questo confrontare confronti era un crescendo che voleva preparare l'autore e il lettore alla riflessione sui problemi della Mente Naturale. Anche lì incontreremo il confronto creativo. La tesi platonica del libro è appunto che l'epistemologia è una metascienza indivisibile e integrata il cui oggetto è il mondo dell'evoluzione, del pensiero, dell'adattamento, dell'embriologia e della genetica: la scienza della mente nel senso più ampio del termine.Confrontare questi fenomeni (confrontare il pensiero con l'evoluzione e l'epigenesi con entrambi) è il "modo di ricerca" della scienza detta « epistemologia ». | << | < | > | >> |Pagina 123 [ cos'è una mente, mente-corpo ]Questo elenco è la chiave di volta di tutto il libro. È indubbiamente possibile addurre altri criteri, che potrebbero forse sotituire o modificare l'elenco da me proposto. Una profonda ristrutturazione dei fondamenti della matematica e dell'epistemologia può forse venire dalle "leggi della forma" di G. Spencer-Brown o dalla "teoria delle catostrofi" di René Thom. Il successo o il fallimento del presente libro devono dipendere non dal contenuto specifico del mio elenco, ma dalla validità dell'idea che sia possibile strutturare in qualche modo l'epistemologia, l'evoluzione e l'epigenesi. Io sostengo che il problema mente-corpo si può risolvere lungo linee simili a quelle qui abbozzate. Per offrire al lettore una rassegna preliminare di quanto propongo, elencherò qui di seguito quei criteri di mente che mi sembrano operare insieme per fornire questa soluzione. 1. "Una mente è un aggregato di parti o componenti interagenti". 2. "L'interazione fra le parti della mente è attivata dalla differenza" e la differenza è un fenomeno asostanziale, non situato nello spazio o nel tempo; più che all'energia, la differenza è legata all'entropia e all'entropia negativa. 3. "Il processo mentale richiede un'energia collaterale". 4. "Il processo mentale richiede catene di determinazione circolari (o più complesse)". 5. "Nel processo mentale gli effetti della differenza devono essere considerati come trasformate (cioè versioni codificate) della differenza che li ha preceduti". Le regole di questa trasformazione devono essere relativamente stabili (cioè più stabili del contenuto), ma sono a loro volta soggette a trasformazione. 6. "La descrizione e la classificazione di questi processi di trasformazione rivelano una gerarchia di tipi logici immanenti ai fenomeni".
La mia tesi sarà che i fenomeni che chiamiamo "pensiero,
evoluzione, ecologia, vita, apprendimento" e simili si
presentano solo nei sistemi che soddisfano questi criteri.
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