Autore Devorah Baum
Titolo La barzelletta ebraica
SottotitoloUn saggio con esempi (meno saggio piú esempi)
EdizioneEinaudi, Torino, 2019, Vele 145 , pag. 136, cop.fle., dim. 10,5x18x1,2 cm , Isbn 978-88-06-24015-8
OriginaleThe Jewish Joke. An Essay with Examples (Less Essay, More Examples) [2017]
TraduttoreElena Loewenthal
LettoreFlo Bertelli, 2019
Classe umorismo , religione












 

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Indice


    Introduzione

  3 Che differenza c'è fra uno shlemiel e uno shlimazel?


    Meno saggio, più esempi

 15 Che differenza c'è fra un ebreo e un altro ebreo?
 18 Che differenza c'è fra un ebreo e un gentile?
 22 Che differenza c'è fra un ebreo e un comico?

 26 Che differenza c'è fra un ebreo e un pappagallo?
 33 Che differenza c'è fra un ebreo e un antisemita?
 35 Che differenza c'è fra una battuta e ciò che non è una battuta?

 40 Che differenza c'è fra una benedizione e una maledizione?
 43 Che differenza c'è fra un buon affare e un cattivo affare?
 47 Che differenza c'è fra un sarto e uno psichiatra?

 51 Che differenza c'è fra moralità e nevrosi?
 54 Che differenza c'è fra una donna ebrea e una shiksa?
 62 Che differenza c'è fra una mamma ebrea e una suocera ebrea?

 71 Che differenza c'è fra un comico ebreo maschio
    e un comico ebreo femmina?
 76 Che differenza c'è fra un re e un accattone?
 80 Che differenza c'è fra ebrei e israeliani?

 86 Che differenza c'è fra la vita e la morte?
 90 Che differenza c'è fra la Trinità e l'Altissimo?
 95 Che differenza c'è fra l'uomo e Dio?

 99 Che differenza c'è fra una battuta buona e una battuta cattiva?
104 Che differenza c'è fra comicità e teologia?
108 Che differenza c'è fra qualcosa di ebraico e qualcosa da goy?
112 Che differenza c'è fra lo sport e l'umorismo?


    E infine...

115 Che differenza c'è?


129 Indice analitico



 

 

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Pagina 33

Che differenza c'è fra un ebreo e un antisemita?


L'antisemita pensa che gli ebrei siano una razza spregevole, ma Cohen? Un tipo in gamba, in fondo. Kushner? Una persona per bene. L'ebreo, d'altro canto, è convinto che il suo popolo sia un faro per le altre genti, ma Cohen? Che razza di shmuck, un perfetto idiota! E Kushner? Lasciamo perdere!


Dunque anche quando si tratta di spiegare la differenza siamo su un terreno scivoloso. E lo stesso può dirsi della differenza fra una barzelletta ebraica e una antisemita. Perché mentre alcune storielle ebraiche sembrano esprimere un antisemitismo globalizzato, altre si prendono gioco dell'antisemitismo che scimmiottano.

Berlino, 1935. Rabbi Altmann e la sua segretaria sono seduti in un caffè. «Herr Altmann», dice la segretaria, «vedo che sta leggendo "Der Stürmer"! Non riesco a capire perché. Un fogliaccio di propaganda nazista! È per caso masochista o, Dio non voglia, uno di quegli ebrei che odiano se stessi?»

«Al contrario, Frau Epstein. Quando leggevo i giornali ebraici sapevo tutto di pogrom, massacri subiti in Palestina e gente che abbandonava la fede andando in America. Ora che leggo "Der Stürmer" vedo ben altro: che gli ebrei controllano tutte le banche, fanno il bello e il cattivo tempo nelle arti e sono in procinto di dominare il mondo. Ha idea di quanto mi faccia stare meglio?»


Gli ebrei sono avvezzi a sentir dire che sono i responsabili di tutti i mali del mondo. E non soltanto dei guai prodotti dall'uomo, anche delle catastrofi naturali:

«Hai sentito che sono stati gli ebrei ad affondare il Titanic?»

«Gli ebrei? Credo fosse stato un iceberg».

«Iceberg, Goldberg, Rosenberg. Son tutti uguali».

Eppure, anche nei momenti peggiori loro hanno trovato il modo di riderci su:

Cohen vive a Berlino, nel 1933. Cammina per la strada quando alla guida di una Volkswagen compare Hitler, che balza fuori con una pistola Luger in mano. «Scendi nel tombino e mangia quella sporcizia, da bravo cane schifoso che sei, ebreo!», ringhia.

Cohen non ha alternative. Obbedisce e mangia direttamente dal tombino. Hitler comincia a ridere davanti a quella scena, e ride cosí tanto che gli casca la pistola. Cohen la agguanta. «Tocca a voi, mein Führer», dice puntando la pistola.

La sera, Cohen torna a casa. Sua moglie gli chiede come è andata la giornata.

«Beh, cosí cosí... Ma non indovinerai mai con chi ho pranzato oggi».


E tuttavia non si può mai dire se di battuta si tratti o meno, come dimostra questo dialogo tratto da Harry a pezzi di Woody Allen (1997):

Burt: «Ti importa dell'Olocausto o pensi che non sia mai successo?»

Harry: «Non solo so che abbiamo perso sei milioni di ebrei, ma quello che mi preoccupa è che i record sono fatti per essere battuti».

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Pagina 54

Che differenza c'è fra una donna ebrea e una shiksa?


La mamma ebrea ha ovviamente un sacco di cose da dire quando a morire di fame è qualcun altro:

Un barbone la avvicina per strada:

«Signora, sono tre giorni che non mangio».

«Sforzati», risponde lei.


Se «mangino brioche» è l'errore che capita quando si è troppo ricchi, «sforzati» è il frutto di troppa analisi:

Sadie Goldberg vuole allargare i propri orizzonti intellettuali, cosí va a una conferenza sulla «Sessualità umana» tenuta da un illustre psicanalista, il dottor Feigenbaum.

È cosí affascinata che alla fine della conferenza decide di rivolgersi al relatore.

«Dottor Feigenbaum», dice, «ci tengo a dirle che ho trovato interessantissima la sua relazione. C'è soltanto una cosa che non ho proprio afferrato. Lei faceva continuo riferimento alla "zooerastia". Di cosa si tratta?»

«Dunque», risponde Feigenbaum, «la zooerastia è la pratica in cui un essere umano ha un rapporto sessuale con un animale. Per esempio, lei potrebbe fare sesso con un cane».

«Un cane?»

«Sí, un cane. O magari con... un cavallo».

«Un cavallo?!?!?!»

«Già, un cavallo. Oppure con un toro».

«UN TORO?????!!!!???»

«Si, un toro, perché no. Oppure preferirebbe un pollo?»

«Un pollo? Bleah!!»


Se Sadie Goldberg è autorizzata a trovare attraente un toro, il marito di una donna ebrea deve evitare di paragonarla a una mucca, se vuole ottenere qualcosa:

Una povera coppia in miseria in un povero e misero shtetl polacco non riesce piú a sbarcare il lunario e si consulta sul da farsi con i vicini. «Devi comprare una mucca, darle da mangiare, e quando è pronta la porti da un toro. Lei si accoppia e tu hai un vitello. Il vitello cresce e cosí ti ritrovi con due mucche». Cosí si diventa ricchi. I due risparmiano e risparmiano fino a che non riescono a comprarsi una mucca. La ingrassano per bene e la portano dal toro. Se non che, ogni volta che il toro prova ad avvicinarsi la mucca se ne va.

La coppia è nel panico; decide dunque di rivolgersi a un rabbino per chiedergli come fare. Cosi gli raccontano: «Ogni volta che il toro si avvicina alla nostra muca, lei se ne va. Se la avvicina da dietro lei va avanti. Se la avvicina da davanti, lei va indietro. Se arriva di lato, lei va verso il lato opposto».

Il rabbino ci pensa su un momento e domanda: «La mucca l'afete comprata a Minsk?»

I due sono esterrefatti: «Che saggio che è, rabbino», dicono poi, «come fa a sapere che l'abbiamo comprata a Minsk?»

«Mia moglie», risponde lui tristemente, «fiene da Minsk anche lei».

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Pagina 115

E infine...

Che differenza c'è?


A Pasqua gli ebrei si domandano: «Perché questa notte è diversa dalle altre notti?» Ma è davvero cosí diversa? Per lo meno sotto un certo aspetto, no: domandarsi il perché qualcosa sia diverso da qualcosa d'altro non è affatto insolito, per gli ebrei.

Se c'è infatti una cosa che amano è proprio dire dove sta la differenza. Che cosa è kasher e che cosa non lo è? Latticini o carne? Circonciso o incirconciso? Semplice sete o diabete? Nelle yeshivot, le scuole religiose, gli ebrei studiano il Talmud e la legge, sempre attenti a porre minuti distinguo tra cose che sono molto, molto simili fra loro. A volte la differenza sta soltanto nel modo di porre la domanda:

Yankel e Moshe, due studenti di yeshiva, stanno discutendo se sia permesso o meno fumare mentre si studia la Torah. Non sono d'accordo fra loro. Yankel dice: «Vado a chiedere al rabbino».

Yankel: «Rabbino, è permesso fumare mentre si studia la Torah?»

«No!», risponde accigliato il maestro.

Moshe: «Rabbino, io avrei un'altra domanda. È lecito studiare la Torah mentre si fuma?»

«Si, certo!», risponde benevolo il rabbino.


Ma in altre occasioni le differenze sono decisamente più rigide:

Una moderna coppia di ebrei ortodossi si sta preparando per il matrimonio religioso. I due incontrano il rabbino. Prima di andare, il rabbino chiede se hanno altre domande.

«Rabbino», fa lo sposo, «sappiamo che la tradizione impone che gli uomini ballino fra uomini e le donne fra donne, al ricevimento. Noi vorremmo il suo permesso per ballare insieme».

«Assolutamente no», dice il rabbino. «È indecoroso. Gli uomini e le donne ballano da sempre separati».

«E cosí dopo la cerimonia non potrò neanche ballare con mia moglie?»

«No», risponde il rabbino. «È proibito».

«Ok, va bene», dice lo sposo. «Ma il sesso. Potremo poi fare sesso?»

«Naturalmente», risponde il rabbino. «Il sesso è un precetto obbligatorio, nel matrimonio».

«In diverse posizioni?», domanda lui.

«Nessun problema», risponde il rabbino, «è un precetto!»

«Donna sopra?»

«Sicuro», dice il rabbino, «vai tranquillo!»

«Alla pecorina!»

«Ovvio! E sempre un precetto!»

«Sul tavolo della cucina?»

«Ma sí, ma si! Sempre precetto resta!»

«In piedi?»

«No», risponde il rabbino.

«Perché no?»

«Perché di lí a ballare il passo è troppo breve».

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Pagina 118

E allora qual è la differenza fra un ebreo e un comico? Si tratta soltanto di distinguere ciò che fa ridere da ciò che fa strano? O è possibile che questi due tipi di buffoneria siano inseparabili l'uno dall'altro come Stanlio e Ollio, Laverne e Shirley o qualunque altra accoppiata shlemiel/shlimazel? E poi, siamo davvero in grado di dire se ridiamo per quello scemo o per quello furbo? E se la risata grassa per i capitomboli dello shlemiel fosse soltanto la copertura per mostrare quanto sia ridicolo proprio quello «furbo»?

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Pagina 123

Proprio come solletico e carezza non sono la stessa cosa, la risata ha anche un che di aggressivo. Ma vista la propensione del comico ad affrontare le differenze, le contraddizioni e le incertezze piú che a cercare di azzerarle, questo è generalmente un modo migliore degli altri di affrontare le aggressioni. E cosí, se a un certo punto della loro storia gli ebrei hanno sviluppato una particolare inclinazione per il lato comico, presumibilmente ciò si deve al fatto che hanno avuto bisogno di mitigare il terrore di un mondo in cui le differenze non erano piú tollerate. Basta guardare al destino della «questione ebraica». Le domande poste agli ebrei nell'epoca successiva all'Illuminismo («Qual è la natura della vostra identità? Che cosa vi tiene insieme come gruppo? Che cosa vi rende diversi?») Si sono dimostrate inaspettatamente rischiose, perché gli ebrei non erano in grado di rispondervi in un modo che potesse appagare chi li interrogava. «Che cosa nascondono?»: questo volevano sapere, gli altri. Dopo tutto, non c'è nulla che renda aggressivi più della sensazione che quegli altri se la stiano ridendo per qualcosa che è un segreto fra loro. E c'è ben poco di peggio del presentimento che coloro che sono considerati divertenti stiano ridendo, segretamente o meno, di noi.

Perciò i comici ebrei hanno la tendenza a coprirsi le spalle con l'autodenigrazione - perché sanno quanto nervosa sia la risata. E se il Lenny Bruce di DeLillo ispira una risata vieppiú nervosa urlando «Moriremo tutti quanti!», l'ex rabbino reinventatosi cabarettista Jackie Mason è stato in grado di strappare al suo pubblico una risata non meno maniacale, solo pronunciando all'infinito un'unica parola:

Ebreo. Ebreo. Ebreo. Ebreo. Ebreo.


È chiaro che per lui la parola ebreo è una battuta di spirito, tanto che è possibile ridurre tutto il suo spettacolo a quell'unica parola, ripetendola sino a che tutta la sala cade in preda all'isteria. Anzi, tutti gli ebrei stanno ridendo e tutti i non ebrei si stanno domandando di che cosa diavolo stiano ridendo gli ebrei («L'ho sempre saputo che quelli avevano qualcosa di strano»).

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