|
|
| << | < | > | >> |IndicePresentazioni / Presentations 7 Caterina Miraqlia 8 Nicola Oddati 9 Oltrepassare il limite Surpassing the limit Luca Beatrice 14 La moda come un cavallo di Troia Fashion as a Trojan horse Vittorio Sgarbi 15 Intervista a Gianni Molaro Interview to Gianni Molaro Massimo Sgroi 136 Indice delle foto Photo index |
| << | < | > | >> |Pagina 9Oltrepassare il limite
Luca Beatrice
Per rappresentare lo stile della nostra epoca è più significativa una sfilata di Alexander McQueen, una mostra di Damien Hirst, oppure si equivalgono? Può essere corretto inserire all'interno della categoria "opera d'arte" un designer, un architetto, un fotografo, chiunque abbia a che fare con la questione di un oggetto moltiplicato, un prodotto industriale che preveda più esemplari ripetibili del medesimo soggetto, perdendo per strada quell' unicum che nel tempo ha attribuito l'aura all'arte stessa? Ripercorrendo la storia degli ultimi anni, non ci sembrerà affatto una stranezza che un creatore di moda venga invitato a esporre dentro le sale di un museo, anzi. E neppure che a un talento affermato per esempio nella musica o nella letteratura venga improvvisamente voglia di misurarsi in altri campi, convinto della propria innata capacità a riuscire un po'in tutto. Beh, qualche volta funziona ma, più frequentemente, i risultati lasciano alquanto a desiderare. Quello di Gianni Molaro è un caso decisamente interessante di un creativo che ha deciso di oltrepassare il limite del proprio mestiere, dove peraltro è leader riconosciuto. I suoi celebri abiti, infatti, si presentano come vere e proprie sculture, dalle forme eccessive ed ipertofiche, senza alcun desiderio di realismo o portabilità. Vestiti che raccontano sogni, che riescono a farti apparire come non sei. In qualche modo sono già loro delle opere. In parallelo, da almeno dieci anni, Molaro insiste pervicacemente nella sua attività d'artista dove ha raggiunto una sicurezza e un'autonomia di linguaggio del tutto credibili. Dalla moda all'arte, secondo una corrente che possiamo definire "Fashion Art", le categorie si confondono. Un funambolico camminamento sul filo della creatività a 360 gradi che raccoglie, nel suo equilibrio precario ma spettacolare, tutte le categorie visive - pittura, scultura, design, performance - in una regia di cui è art director, creatore, manager di sé, geniale comunicatore e performer indiscusso. Dietro le quinte di pièce teatrali "estreme'; Gianni Molaro è sarto, scenografo, truccatore, attore, solo comparsa o protagonista. Per nulla radical chic, semmai giocando col termine trash fino al limite del grottesco, Molaro "usa" il quadro alla stregua di un abito, addobbandolo, tagliando e accorciando, lo rende "estremo" con passamanerie manieriste o squarci più dichiaratamente "sessuali" che concettuali, tralasciando lo snobismo dell'idea in favore della schiettezza della provocazione iconografica. Dalla tela spuntano improbabili ritratti black&white di divi e divine, dal profilo greco della Callas a quello del Papa, un insolito pontefice Benedetto XVI che spazza via il ricordo dolce e melanconico dell'icona di Wojtyla a cui eravamo abituati. Poi c'è lei, la regina del Pop degli ultimi trent'anni, Madonna o LadyTrasformismo, nella sua versione più amata, la "Blonde Ambition" quando incarnava, esasperandolo, lo stile della "Magnifica Preda" Marylin Monroe. C'è, ancora, tutto un palcoscenico di corpi truculenti, ammassati in un "gaio" abbandono post-amoroso, o ancora, autoritratti da Nuova Figurazione dove la cornice diventa duchampianamente oggetto integrante il racconto e non solo mero contorno. Sacro e profano si parodizzano, come nella più dichiarata convenzione da "stile napoletano" che ha inventato la commedia dell'arte e i suoi beffardi personaggi, da Pantalone ad Arlecchino; le maschere burlesche servono a coprire la meschinità del presente attraverso l'esasperazione della caricatura. Alla satira le cui radici stanno proprio nell'Italia della Commedia - il cinema di Monicelli, il teatro di Goldoni, il mito di Totò, il melodramma - si sommano lo splatter esplicito della raffigurazione e gli scenari barocchi delle ambientazioni scelte per le sue performances: che siano le piazze e le vie di una processione che porta in altare l'arte - per stigmatizzarla o beatificarla - le icone pop della commedia artistica secondo Molaro scendono in strada senza la veste aulica che abitualmente la contraddistingue: Cicciolina per rappresentare l'amore o il Giudizio Universale per immolare il primo martire del terzo millennio, Michael Jackson. Processioni iconiche, tutte italiane, che ridicolizzano il comune soggetto idolatrato. Il Grand Guignol di Molaro porta in scena sacro e profano, con sangue e sesso rappresentati senza limite di decenza, seppur senza scadere nell'osceno, così come vuole il docet stilato dal regista Quentin Tarantino con la moralità ambigua dei personaggi dai lui inventati. Entrare nel "Tunnel dell'amore" è un po'come varcare la soglia del "Titty Twister" per assistere allo spettacolo di Miss Pandemonium: si va a un appuntamento che durerà "Dal tramonto all'alba", in un crescendo di ambiguità morale che oltrepassa ogni limite. Le perfomances di Molaro sono pièce teatrali eccentriche, di un'estrosa poetica fetish allestite in luoghi non comuni: Edenlandia, per citarne uno, la controparte italiana dell'universo Disneyland inventato dieci anni prima in California, parco dei divertimenti e dei decadimenti sito nel quartiere Fuorigrotta di Napoli. Sue testimonials d'eccezione, Ilona Staller e Amanda Lear, regina del porno la prima, cantante la seconda, entrambe muse di scrittori e artisti. È con un innato sarcasmo, già nei titoli - "Potere materiale su quello spirituale", "11 settembre", "L'urlo", per citarne alcuni - che entrano nelle sue sculture fatti di cronaca mixati con la rappresentazione di figurini femminili a tutto tondo in bronzo, nei quali l'abito, diversamente dal detto, si prende la responsabilità di rappresentare il tema enunciato dalla titolazione. È l'abito che "fa" il soggetto. E non potevano mancare le evoluzioni di queste piccole statue dipinte in veri e propri abiti-sculture: forti della complicità dell'arte, i modelli si spostano dai riflettori delle passerelle esclusive di haute couture per disporsi sui piedistalli del museo e assurgere al simposio dell'arte. Senza pretese, di ordine ideologico, semmai con la freschezza di un taglio realizzato ad hoc, gli abiti dipinti da Molaro riconducono l'artista alla sua natura di stilista e chiudono il cerchio della sua creatività che ha così trovato un marchio anche nell'universo artistico: l'eccentricità, innanzitutto, l'ironia e la sfrontatezza di un segno indelebile e forte. Gianni Molaro unisce alla più tradizionale iconografia pittorica il carattere meticcio della moda avvalendosi di un'istanza ultra pop con il recupero di una salutare manualità insita al fare creativo. | << | < | |