Copertina
Autore Gianfranco Bellini
Titolo La bolla del dollaro
Sottotitoloovvero I giorni che sconvolgeranno il mondo
EdizioneOdradek, Roma, 2013 , pag. 298, ill., cop.fle., dim. 14,5x21x1,8 cm , Isbn 978-88-96487-26-6
LettoreRiccardo Terzi, 2013
Classe economia , economia politica , economia finanziaria
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Indice


Nota editoriale                                           7

Prefazione                                               17
Glossario semiserio
La tesi di questo libro

PARTE PRIMA  I termini di riferimento                    43

I   Capitalismo di Stato
II  Capitale fittizio
III Capitale finanziario di stato
IV  Mappa del potere monetario degli ultimi due secoli

PARTE SECONDA  Storia del capitale fittizio              55

I   L'era della Sterlina e il 1914
II  Il primo dopoguerra e il secondo Gold Standard
III Dal 1929 alla guerra fredda
IV  L'epoca della prima guerra fredda (1945-1971)
V   L'epoca della seconda guerra fredda (1971-1992)
VI  Il dollar standard 1972 - 1989
VII Dal crollo dell'Urss alla crisi del 2008

PARTE TERZA  Vita e morte del capitale fittizio         123

I   Nascita del capitale fittizio monetario
II  Le conseguenze della crisi del 2008
III Il capitale fittizio in campo internazionale
IV  L'effetto del capitale fittizio internazionale
V   Sostituzione del capitale fittizio internazionale
VI  Periodi monetari e relativi "sorpassi"

PARTE QUARTA  Gli attori                                147

I   Panoramica
II  Gli Stati Uniti d'America
III La Cina
IV  L'Europa
V   La Gran Bretagna
VI  La Russia
VII Le altre aree –America Latina

PARTE QUINTA  Scenari                                   195

I   Gli scenari dal punto di vista statunitense
II  Gli scenari della zona curo
III Scenari del ritiro americano
IV  Il ritiro monetario

PARTE SESTA  Una "lega di Cambrai"?                     221

I   Gli scenari dal punto di vista degli "altri"
II  Macro scenari: "moneta paniere"
III Aggregazione di aree monetarie
IV  Debolezze e forze

PARTE SETTIMA  Eventi recenti                           243

I   Fuoco alle polveri
II  L'accelerazione
III Carte in tavola
IV  La chiarificazione

PARTE OTTAVA  Un approccio marxista                     267

I   Capitale Fittizio
II  Cenni sulla moneta/denaro
III L'impatto del capitale fittizio sull'economia reale
IV  Approcci sovietici e cinesi al capitale fittizio
V   Una valutazione non ortodossa, relativa al dopo

Nota biografica                                         297


 

 

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Pagina 17

PREFAZIONE



Premessa metodologica

La storia dell'ultimo secolo può essere efficacemente interpretata in base ai "periodi monetari" che hanno attraversato il sistema del capitalismo finanziario e accompagnato il passaggio dal sistema imperialistico classico (o coloniale) al sistema dell'imperialismo contemporaneo.

Poiché la moneta - e in particolare la valuta di riserva e di conto internazionale - riassume in sé tutte le caratteristiche del capitalismo finanziario e della fase matura dell'imperialismo, analizzando l'evoluzione dei periodi monetari è possibile trarre le premesse e le conclusioni fondamentali circa gli avvenimenti "storici" in essi contenuti, dalle guerre alle rivoluzioni, alle crisi, sino ai contrasti anche i più insignificanti.

Questo tipo di analisi è certamente rapportabile alla teoria marxista, ma è altresì compatibile con categorie interpretative di tipo geopolitico. L'analisi dei periodi monetari, inoltre, permette una sintesi potente della misura della transizione al socialismo convivendo differenti sistemi dei cui mutevoli rapporti di forza la politica monetaria è comunque lo specchio effettivo.


Glossario Semiserio

Cos'è un sistema monetario?

Un sistema monetario è, alla fine dei salmi, la decisione circa una unità di misura. Misura di valore. Che siano conchiglie, pelli, tulipani, oro o altro, quella è la base. La decisione di assumere una certa unità di misura può essere di tipo volontario, obbligatorio (es: imposto dall'occupazione militare) o scaturire dal mix di fiducia, potere, esperienza storica, opportunità che sta dietro ad ogni moneta. Per un lunghissimo periodo storico, l'unità di misura principale delle monete è stata l'oro e, in seconda battuta, l'argento, a quei tempi le riforme monetarie (vere) si facevano alterando il peso o il titolo del metallo.

Nel secolo scorso, fino al 1971 e con interruzioni varie e assortite, l'oro è stato l'unità di misura monetaria. Poi, dal 1971, l'unità di misura è diventata il dollaro statunitense. Un pezzo di carta.


Cos'è la valuta di riferimento?

La valuta di riferimento è quella che svolge, oltre alle tradizionali funzioni di una moneta di casa, anche funzioni di natura internazionale: in questo caso serve sia agli scambi internazionali che a rimpinguare le riserve degli altri stati.


Come si diventa ente di emissione di riferimento?

Il diritto di emettere valuta di riferimento si conquista conquistando l'Impero. Non solo, ma questo diritto è quello che normalmente sopravvive anche dopo l'indebolimento o la caduta dell'Impero, come nel caso della Serenissima Repubblica di Venezia o dell'Impero britannico.


Quali sono i vantaggi?

La possibilità di emettere la valuta di riferimento dà numerosi e apprezzati vantaggi. Il più noto, ma di gran lunga meno importante, è il signoraggio (la parte del valore della moneta che la banca emittente si tiene), il quale viene immediatamente privatizzato, dato che le banche di emissione sono quasi tutte private.

Il vantaggio più importante è la possibilità di fare i falsari su scala planetaria. Cioè di stampare moneta ben oltre la riserva accumulata nell'unità di misura della stessa (ad esempio l'oro). Se poi l'unità di misura sei tu stesso, una valuta come il dollaro, allora limiti non ce ne sono.


Quanto "vale", in soldoni, il potere di emissione?

Ovviamente non è mai stato calcolato. È il segreto dei segreti. Potremmo dire che il vantaggio del potere di emissione vale tra il 20 e il 30 per cento dell'economia della metropoli di un Impero.

Questo dato è da prendere con le molle. I vantaggi sono tanti e difficilmente valutabili. Secondo Rueff il principale è quello di disporre di capitali infiniti per gli investimenti all'estero. L'Imperialismo di Lenin, papale papale.

Questo gioco lo puoi fare solo se distruggi la moneta di un paese e le relative riserve, e lo invadi con la tua valuta di riferimento. Come è accaduto in Germania nel 1923, in tutta l'Europa occidentale nel 1945, in URSS e nell'Europa orientale nel 1991, e poi in Argentina, Brasile, Cile, ecc. Non è andata così in Cina e nella Russia post Eltsin.

Un secondo enorme vantaggio risiede nelle anticipazioni bancarie internazionali delle cambiali denominate in vari modi: sterling bili, dollar bill, commercial paper. Queste cambiali sono emesse per coprire gli scambi internazionali che di solito si svolgono con la valuta di riferimento attuale o, in parte e per tradizione, con quella precedente. Le banche del circuito emettono crediti a breve che vendono a chi deve comprare beni. Poiché i crediti continuano a girare e nascono e muoiono in continuità (revolving), di fatto le banche creano spaventose quantità di moneta addizionale. In pratica emettono cambiali di cui danno per scontato che non saranno presentate all'incasso. Mentre nella fabulazione classica si fanno debiti in moneta per produrre merce, poi si vende la merce per moneta, si pagano i debiti e il cerchio si chiude, qui si stampano certificati di debito chiamati moneta per lucrare sulla compravendita di tagliandi detti derivati, hedge fund, carry trade bill ecc., rappresentanti altrettante giocate della scommessa che l'unico debito sottostante, costituito dalla moneta stessa, non sarà mai pagato. Di conseguenza la moneta non è più né un'attendibile misura del valore, né un mezzo di pagamento. Da strumento dell'economia diventa origine e scopo, alfa ed omega, di un circuito insensato, attuato con metodologie da pusher e dominato da un cartello gangsteristico di oligarchi della liquidità.

Infine c'è il vantaggio della creazione di moneta con altri tipi di debiti come i DSP, i CDO, gli ordinari prestiti delle banche ecc... Ogni forma di debito è un'emissione di moneta. E ogni moneta, in ultima analisi, è un certificato di debito.


Quanto costa il potere di emissione?

Il potere di emissione ha un costo, legato alle caratteristiche dell'Impero. Normalmente è il costo della forza militare e della gestione civile. Il costo, che è giustamente a carico delle "classi medie tassate" imperialiste, mentre i profitti sono della metropoli e vengono ripartiti secondo i rapporti di forza interni (cioè con ristrettissime caste a fare la parte del leone), diminuisce con la riduzione del controllo del territorio e delle vie di comunicazione, come accadde a Venezia e come è accaduto alla Gran Bretagna post decolonizzazione.

Ma quest'ultima variante del concetto di Impero richiede particolarissime situazioni storiche, così riassumibili: il vecchio Impero non ce la fa più, il nuovo o i nuovi non sono ancora in grado di sostituirlo pienamente, c'è lo spazio per infiltrarsi con la sola forza finanziaria-culturale d'influenza. Finché dura. Quello che gli inglesi chiamavano la bilancia del potere in Europa.


Il default cos'è?

Vuol dire che non pago. Il termine si adopera tipicamente per il debito pubblico e delle corporation. Se no, si dice fallimento. Se non pago il debito pubblico faccio default e di conseguenza mi salta anche la moneta nazionale. A meno che... se io sono l'emittente della valuta di riferimento, cosa succede? In questo caso i default possibili sono due:

1) faccio il default della moneta, cioè smetto di offrire qualcosa in cambio della carta che stampo ma obbligo tutti a prendere i miei debiti, se occorre a cannonate o più semplicemente piazzando bombe "anarchiche" ovunque o lasciando schiantare aerei contro i grattacieli...

2) faccio il default dei debiti e cerco di salvare la moneta con la guerra o ancorandola a qualcosa che ne riduca il Capitale fittizio già prodotto.


Ci sono esempi nella storia?

Tanti, il più famoso è quello tedesco, con l'iper-inflazione del 1923. Ma anche, da parte inglese, la moratoria dei pagamenti dell'agosto 1914. O i cambi di valuta con codazzo inflattivo (la Francia del franco pesante e numerose monete latinoamericane, il rublo sovietico e il Reichs mark). Gli Stati Uniti hanno avuto una storia monetaria molto travagliata, con varie crisi dirompenti. Di recente, o quasi, gli Stati Uniti hanno già fatto il default monetario: esattamente nel 1971. Hanno detto: il dollaro non vale più oro a trentacinque dollari l'oncia. Il dollaro vale un dollaro. Arrangiatevi.

Anche perché sennò arrivano i sovietici, vestiti con lo stampino, cattivi come vipere, in piena offensiva nella Guerra fredda (quella che restava, in Europa e in America Latina) arrivano e fanno il risucchio.

Così, liberi da molti vincoli, gli statunitensi si sono rimessi prontamente a fare debiti, ben oltre quelli contratti per la disgraziatissima – da ogni punto di vista, specie per i vietnamiti – guerra del Vietnam. Fare debiti: operazione in cui sono storicamente imbattibili. Un anno fa hanno evitato il default tecnico dei debiti ma ci sono andati molto vicino. Oggi stiamo parlando di ambedue i default per gli statunitensi, quello monetario e quello dei debiti sovrani.


Sempre distruzione e ricostruzione - Più di recente, e l'euro?

Una distruzione che ha segnato il mondo è stata quella del marco orientale tedesco. Si trattava di eliminare l'esperimento socialista europeo più efficiente e efficace. Alcuni tedeschi occidentali, tra cui il capo della Deutsche Bank – Herrhausen, si chiamava - avrebbero desiderato una unificazione equilibrata del tipo: una nazione due sistemi. In pratica una reciproca assimilazione delle due economie, considerando il peso della Repubblica Democratica Tedesca nella suddivisione del lavoro in ambito Comecon. La cosa non andava giù a molti, tra i quali sicuramente quei dirigenti sovietici che volevano far saltare il proprio sistema per trasformarsi da gestori (corrotti) di tutto allo 0,2 per cento di profitti in proprietari di tutto al 20 per cento. Non potevano sopportare lo specchio del loro fallimento, un altro sistema socialista che... funzionasse. Poi c'erano ovviamente i revanscisti, quelli che in occidente volevano mettere le mani su tutto.

Così spuntò fuori chi ammazzò il banchiere e qualcun altro. Infine i politici alla Kohl, ben ammaestrati e spaventati, rasero al suolo l'economia della Germania Orientale che per i vent'anni successivi è stata trattata, e lo è tuttora, come il sud Italia.

L'operazione Kohl prevedeva la nascita di un mini impero tedesco sotto l'egida della valuta unica, l'euro. Con l'euro, a una parte d'Europa veniva impedita la pratica, consuetudinaria ma assai poco sportiva, delle svalutazioni competitive. Quella parte venne così chiamata a pagare una parte sostanziale dei costi della riunificazione shock della Germania. In cambio otteneva, e non è poco, la stabilità del potere d'acquisto. O meglio, pensava di ottenerla. Perchè mentre i governanti della destra facevano i virtuosi la mattina coi partner dell'Unione, la sera i tedeschi si impegnavano con le proprie e le altrui banche a continuare a inghiottire e spacciare dollari, diventando così la stampella maggiore, insieme ai giapponesi, della moneta dei falsari.


Cos'è il rating?

Una presa in giro. Alcune società contabili più o meno sveglie con sede negli Stati Uniti, mantenute dalle banche oggetto del loro controllo, vanno in giro a spulciare conti e bilanci. Facendosi pagare i risultati delle valutazioni. Ovviamente i bilanci analizzati, in particolare quelli delle corporation americane, sono molto discutibili, diciamo "creativi", grazie anche alle mille scappatoie create per questo; ma essendo gli stessi bilanci certificati da un'altra banda di amici, appunto i Certificatori, le aziende di rating fanno finta che siano realistici.

Dei delitti bagatellari quali l' insider trading, la prevendita di informazioni ai media, l'aggiotaggio e altre pratiche comuni nelle società di rating non mette conto occuparsi qui, se non per ricordare che due-giorni-due dopo lo scioglimento della riserva da parte di Mario Monti, diversi magistrati hanno mandato un po' di finanzieri (quelli veri in grigioverde, non quelli sedicenti in grisaglia) a visitare un po' di filiali italiane di agenzie di rating, con effetti sullo spread dei Btp di tipo Resoldor: Ah, come respiro!

Dunque, partendo da numeri discutibili le aziende di rating aggiungono il loro grado di opinioni, e cioè la valutazione sulle capacità delle aziende, degli stati, ecc di pagare debiti. La somma/moltiplicazione delle incertezze dà il valore del rating.

Dietro tutto ciò qualcosa di vero e reale però c'è, ed è una lezione: quando gli Stati si fanno finanziare dai ricchi privati con i prestiti invece che con le imposte, una categoria speciale di ricchi privati incaricati di pubblico servizio - detti banchieri - assume il ruolo che l'avido, spregiudicato fittavolo dei romanzi ottocenteschi viene ad impersonare nei confronti del latifondista rentier. Presto o tardi si viene alla lupara. Le aziende di rating sono per l'appunto la lupara dei banchieri, puntata contro gli Stati che li hanno nutriti.

[...]

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Pagina 35

La tesi di questo LIBRO


In questo libro si cercherà di rispondere alla domanda: la crisi del dollaro statunitense in quanto valuta di riferimento deve essere conteggiata dal 1971, suo primo default moderno, o dal 2008 quando si dovette innescare una enorme distruzione-ricostruzione di capitale fittizio?

Nel primo caso, gli Stati Uniti d'America avrebbero di fatto esaurito il tempo di latenza loro concesso per una transizione monetaria "negoziata".

Nel secondo caso, gli Stati Uniti d'America avrebbero a disposizione ancora un certo periodo, forse un decennio, forse meno, prima dell'ammaina bandiera del dollaro e di conseguenza dell'Impero.

La risposta non è certo secondaria. Il meccanismo imperiale, in pratica la supposta superiorità economica statunitense, si poggia ormai in modo preminente sulla capacità americana di "stampare denaro" ed esportarlo nel pianeta in cambio di prodotti e servizi effettivi. Non si tratta del solo debito statunitense, di per sé enorme. Si tratta dell'immenso e non calcolabile debito insito in una valuta, il dollaro statunitense, completamente slegata da qualunque considerazione di sostenibilità futura. In altre parole, la vera bolla non sono i debiti, è il dollaro stesso.

Le conseguenze per gli Stati Uniti di un ritorno qualsiasi alla disciplina nei rapporti economico tra stati sarebbero esplosive sia per il profilo esterno imperiale che per le condizioni di vita di molti statunitensi, e quindi per l'equilibrio sociale e politico interno.

Torniamo al dilemma: il tempo del dollaro è già esaurito o no?

Nel caso che data la crisi del dollaro statunitense a partire dalla rottura degli accordi di Bretton Woods, il passaggio a un nuovo sistema monetario internazionale è imminente e con esso la crisi imperiale americana. Questa situazione potrebbe portare a conseguenze imprevedibili, di tipo monetario, economico, militare e strategico, anche in un periodo molto ravvicinato.

Nel caso che la data sia quella dell'inizio dell'ultima crisi, il 2007-2008, esisterebbero ancora i margini per una transizione non traumatica dei poteri. Ciò permetterebbe la definizione di una strategia complessiva di "atterraggio morbido" (concetto sempre relativo) in grado di evitare all'umanità intera i guai di una crisi di proporzioni inimmaginabili.

Una cosa ci sentiamo di escludere: il fatto che quanto sia accaduto in questi recentissimi anni passi in modo "indolore" sulle vestigia dell'Impero Americano.


Le premesse della crisi del dollaro

In ambedue i casi sopra descritti l'indebolimento del dollaro statunitense in quanto valuta di riserva e scambio internazionale è lo specchio riassuntivo della crisi generale della potenza americana. Determinare il grado di declino del dollaro equivale quindi a determinare il grado di declino dell'Impero americano.

Nei rapporti di forza tra paesi gli Stati Uniti hanno perso il vantaggio competitivo in numerosi campi. Dagli irripetibili giorni del 1945 essi hanno visto ridursi, e poi scomparire, la supremazia in moltissimi campi industriali, tecnici e perfino scientifici.

In campo finanziario gli Stati Uniti si sono trasformati da paese prestatore di ultima istanza nella nazione più indebitata del mondo, da paese esportatore di merci e di capitali a nazione con un deficit commerciale e dei pagamenti elevatissimo quanto cronico, da paese solvibile per definizione a nazione ad altissimo rischio, anzi a rischio estremo, di fatto già in default.

È vero, questa situazione è in parte mitigata dalla enorme ricchezza accumulata in più di sessanta anni di sfruttamento, anche brutale, delle risorse e delle popolazioni del pianeta. Da tempo però l'eredità imperiale viene erosa e sostituita da debiti, permettendo così agli Stati Uniti d'America di mantenere un livello di vita medio altrimenti non giustificabile.


Il dollaro e le "navi"

L'ultima grande certezza del potere statunitense è il ruolo del dollaro statunitense nella finanza e nel mercato internazionale, ruolo garantito dalla disponibilità di un potente apparato militare nucleare e convenzionale.

Questi due pilastri del residuo potere americano sono indissolubilmente legati, com'è ben chiaro agli studiosi di economia politica fin dalla seconda metà del XIX secolo: la flotta protegge la moneta, la moneta imperiale paga la flotta.

Se la moneta perde colpi, se non riesce più a drenare risorse dal resto del pianeta, allora mancheranno i soldi per la costruzione di nuove portaerei e per mantenere in servizio le vecchie; e la valuta sarà meno "credibile", meno pervasiva, meno capace di svolgere il ruolo di grande rastrellatrice. L'intero sistema inizierà a implodere. Ad esempio: senza flotta, come si fa a tenere a bada tutti quei paesi che non vogliono più farsi pagare il petrolio in dollari? Gli Stati Uniti hanno quindi davanti a loro, un grave dilemma:

1) gestire il passaggio dei poteri, guadagnando tempo e adeguando progressivamente la realtà finanziaria e militare alle effettive possibilità economiche, oppure

2) tentare la sorte, affrontare i potenziali pretendenti al ruolo di potenza planetaria ora, quando la realtà effettiva non si è ancora completamente svelata e l'eredità imperiale consente ancora una politica di forza.

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Pagina 46

Capitolo secondo

Capitale fittizio


Premessa

In questo documento il termine "Capitale fittizio" sarà sempre utilizzato in alternativa al termine "Capitale reale", né più né meno come un oncologo distingue tra cellule tumorali e cellule sane, senza scordarsi che sempre cellule sono, col solo scopo di poter quantificare, se possibile, la malattia. Qui useremo questi due termini in contrapposizione, anche se nelle discussioni preparatorie è stata suggerita la dizione di "uso fittizio della moneta". Per il concetto di capitale "reale" rimandiamo semplicemente alla lettura del ben noto tomo Das Kapital di Karl Marx; sul concetto di "capitale fittizio" dobbiamo segnalare che l'elaborazione teorica è ancora lacunosa e offre il destro a diverse critiche. Cercheremo quindi di presentare alcuni strumenti interpretativi, se poi il lettore vorrà addentrarsi nella materia, piuttosto complessa, della definizione di capitale fittizio... auguri!


Definizione del capitale fittizio

Come si fa a definire ciò che non esiste? Mentre il capitale "vero" è rapportato a ben precisi meccanismi, quello fittizio è il risultato di una complicata alchimia basata sulle caratteristiche umane, dalla bramosia alla credulità, passando dalla furbizia, quasi mai sull'economia vera e propria, come ampiamente hanno dimostrato tutti gli studiosi delle periodiche bolle speculative che attraversano la storia dell'umanità e del capitalismo in particolare.

Punto essenziale del capitale fittizio è la sua capacità di nascondersi, occultarsi, di solito dietro a "linguaggi esoterici", prodotti esotici, gruppi chiusi di iniziati. Per quello che riguarda i linguaggi, l'esempio della finanza è assoluto. Parole incomprensibili servono a coprire la povertà logica che sta dietro ad ogni contratto finanziario, mentre regole legali astruse e pesantissimi calcoli attuariali nascondono la fregatura.

Per quello che riguarda i gruppi, un esempio che calza è quello dei Lloyds. I Names, coloro che garantivano in proprio e con la loro diretta "fortuna personale" gli impegni assicurativi, non avevano certo bisogno di versare capitale. Era il loro nome a permettere i lauti guadagni provenienti dalle polizze. Solo allorquando il giochino si ruppe e le promesse dovettero essere trasformate in fatti il concetto di capitale fittizio entrò nelle loro altolocate teste.

Anche la letteratura si è occupata del capitale fittizio. E in particolare lo ha fatto tramite la penna di un genio come Mark Twain nel suo La banconota da un milione di sterline del 1893. Vediamo la storia. Eric Adams arriva fortunosamente a Londra, con addosso stracci e un solo dollaro in tasca. Vagando per le strade viene agganciato da Oliver e Roderick Montpelier che gli propongono una scommessa: un uomo in possesso di una banconota da un milione di sterline sarebbe sopravvissuto un mese intero senza cambiare l'effetto. Adams accetta la scommessa e durante il mese pattuito vive alla grande semplicemente mostrando la banconota e grazie a questo fa anche soldi veri. Ora, all'epoca, una banconota da un milione di sterline non era certamente cosa da poco.

Impossibile da smerciare e da cambiare, poteva essere inoltre falsa, e non coperta da fondi, sicuramente mai vista (essendo meramente una banco-nota, un assegno, emesso all'epoca in taglia da 1 e 100 milioni di Sterline dalla Bank Of England per uso esclusivamente interno e interbancario), non era denaro "vero" quindi, non era infatti spendibile. Morale, qualcuno aveva consegnato capitale fittizio con cui altri mangiavano e si divertivano e facevano pure soldi. Che Mark Twain fosse un comunista prima di Lenin?

Comunque, in questo libro, si cercherà di portare per mano il lettore alla comprensione di cosa è il capitale fittizio. Poiché si tratta di una grande scoperta del marxismo, utilizziamo la definizione che si trova nel web al MIA - (Marxist Internet Archive): «Il Capitale Fittizio è quella parte di capitale che non può essere simultaneamente convertita in valori d'uso esistenti. È un'invenzione che è assolutamente necessaria per la crescita del capitale reale, costituisce il simbolo di fiducia nel futuro. Si tratta di una finzione necessaria ma costosa, e prima o poi crolla a terra».

Questa definizione, semplice e compatta, verrà approfondita nell'ultima parte di questo libro. I valori d'uso sono il contenuto "effettivo" di una merce. Se il capitale fittizio non può essere convertito in una merce reale è perché la stessa non è ancora stata prodotta. Né lo sarà mai. Quando la merce che manca sarà prodotta, essa creerà la propria parte di nuovo capitale. Mai coprirà il vecchio capitale fittizio. In altri termini, poiché il capitale reale proviene da una merce venduta, se manca l'equivalenza con la merce che lo ha prodotto, allora il capitale è fittizio. Il capitale fittizio è stato creato altrimenti. Ma non rappresenta nulla se non se stesso. Fino a quando qualcuno non te lo paga. Allora il capitale fittizio si trasforma in capitale reale per il venditore, ma ridiventa capitale fittizio per il compratore. Toccherà a lui, poi, rivendere. Così all'infinito.

A Milano, negli anni '60, qualcuno inscatolò le proprie feci e le commercializzò letteralmente a peso d'oro. Il prodotto si chiamava "m. d'artista". Ebbe un certo successo. È anche probabile che oggi valgano una fortuna. Non per il contenuto, ma per la firma.

Nessuno probabilmente ha mai aperto la scatola. Se apri la scatola, le feci d'artista tornano ad essere semplici feci, al pari dei subprime.

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PARTE TERZA


VITA E MORTE DEL CAPITALE FITTIZIO



Con i pochi strumenti presentati nei capitoli precedenti possiamo ora cercare di disegnare un "percorso di vita" del capitale fittizio nell'epoca attuale. Che sia una cosa interessante per tutti lo dimostra questa stupefacente quanto spietata dichiarazione dell'ex presidente della Federal reserve Alan Greenspan: «Gli Stati Uniti sono in grado di pagare tutti i debiti che hanno, perché noi possiamo sempre stampare i soldi per farlo. Quindi non esiste alcuna probabilità di default».


Capitolo primo

Nascita del capitale fittizio monetario

Il capitale fittizio nasce come promessa. Di solito la promessa è relativa ad un pagamento, in beni o in moneta. La firma dei bancari sulla carta ha il solo compito di rappresentare la promessa. Più firme ci sono, più la promessa è forte e credibile.

Di per sé, in termini classici, una promessa di pagamento è un fatto non-economico, un istituto giuridico funzionale allo scopo di facilitare i fatti economici "reali" sottostanti. Così come la moneta è un mero strumento di facilitazione degli scambi, un mezzo di pagamento.

E, sempre in termini classici, un debito è un debito. Si contrae un debito per ottenere il capitale necessario a produrre merci possibilmente vendibili (l'economia "reale", che incorpora come costo l'interesse pattuito): se tutto va per il suo verso, alla scadenza si paga il debito e la partita è chiusa, parte un altro giro.

La promessa di pagamento ha varie forme. Di solito è un pezzo di carta con un valore legale più o meno normato. Ma anche senza valore legale, è sufficiente che non sia proibito. Chi lo possiede ha due possibilità: o aspetta la scadenza per incassare, così rivelandosi poco moderno e in fondo in fondo succube della finanza "classica", o cerca di trasformare anticipatamente la promessa in moneta. Perciò cerca possibili acquirenti della "promessa" tra i detentori di moneta a sua volta prodotta dal ciclo delle merci (è qui appena il caso di accennare che le banche non prendono molto in considerazione l'ipotesi "classica"). L'acquisto trasforma la promessa in moneta e quindi in capitale.

Fin qui il normale credito della circolazione di cui parla Marx. Il titolo così acquistato può di nuovo essere prestato e produrre una nuova promessa di pagamento, derivata dalla prima, da cui il termine "derivati". La nuova promessa (option, future, ecc.) viene di nuovo posta in vendita e il ciclo continua. Il capitale fittizio assume così una vita propria, teoricamente infinita. Progressivamente la promessa si distacca dal bene o servizio su cui è stata fondata e assume una consistenza propria, una propria appetibilità quotabile secondo le indicazioni ricavabili nei luoghi dove essa è negoziata, perdendo ogni indicazione circa la "qualità" della promessa.

Se poi una delle promesse inizia a vacillare, o qualcuno chiede di onorarla ed esige il pagamento, o peggio ancora, se la base materiale su cui poggia questa catena di Sant'Antonio subisce qualche contraccolpo, come è accaduto con i mutui subprime e i Credit Default Swap nel 2007-2008 e come potrebbe accadere di nuovo con la Grecia, allora il ciclo innesta il comando "rewind" e per soprammercato - e inevitabilmente - la moneta destinata ad onorare la promessa sparisce. Diventa necessario stamparla. Per forza, erano tutti debiti. E si ottiene la crisi.

Come si noterà, il problema della procreazione assistita del capitale fittizio è uno e uno solo: disporre di moneta sufficiente a trasformare ogni giro di promesse in nuovo capitale e, quando il ciclo si riavvolge, aspettare che "qualcuno" produca moneta sufficiente a coprire le promesse. O almeno quelle necessarie e sufficienti per sedare il panico: durante la già citata crisi del 1907, le Clearing House emisero veri e propri assegnati, capitale fittizio, che andarono a sostituire la moneta garantita in oro emessa dalle diverse banche d'emissione.

Successivamente, e definitivamente nei tempi contemporanei, il problema è stato risolto in modo piuttosto semplice. Si è trasformata la moneta stessa in capitale fittizio. Da qui la necessità di studiare e capire come viene prodotta la moneta; fittizia, of course.

Alla base dell'esplosione del capitale fittizio monetario sta il fatto che, a differenza della cambiale o di ogni altro titolo, esso non deve piacere per essere "venduto". La moneta viene imposta. Innanzitutto all'interno degli stati: lo stato impone ai propri cittadini l'utilizzo della moneta a corso legale. Rifiutare tale moneta o distruggerla è un reato. Tramite questo passaggio lo stato trasforma il capitale fittizio in denaro a corso forzoso. E lo impone a tutti.

Ovviamente la moneta non viene creata dallo stato. Essa è rigorosamente creata da privati cui lo stato ha appaltato la creazione di moneta: le banche centrali. Il processo di creazione delle banche centrali è sufficientemente complesso e contradditorio. Nella fase moderna del capitale fittizio, il compito delle banche centrali è semplicemente assicurarsi che i denari da loro stesse prodotti siano rigorosamente regalati agli amici e pagati dagli altri.

Dunque, una volta conquistato un paese, l'allegra combriccola degli amici delle banche centrali private gettano l'occhio sul vicino o sul lontano. Si tratta di trovare altri, addirittura altri stati, cui far pagare i denari da regalare agli amici. Ovviamente, qualche briciola cadrà anche ai clientes interni, i quali così se ne staranno calmi senza bruciare troppo le banlieue o senza saccheggiare i quartieri, sul modello di Detroit nel 1964.

Non ci sarebbe nulla di così diverso da quel che accadeva all'epoca dell'imperialismo coloniale con la cotonina inglese imposta agli indiani o l'oppio indiano imposto ai cinesi. Se non che qui si tratta di moneta, che è come abbiamo anticipato una merce speciale e tra le specialità ha - o teoricamente dovrebbe avere - quella di incorporare la sovranità politica.

Invece, al pari di quello che accade all'interno di uno stato, il capitale fittizio imposto ad altri stati si trasforma in beni e servizi reali o investimenti, cioè in una rendita di posizione. Anzi, nella rendita di posizione. Il capitale fittizio monetario raccoglierà cioè moneta (capitale reale) negli altri stati.

Questa forma di sfruttamento imperialistico, comunemente chiamato signoraggio o super signoraggio, ha cambiato completamente la logica e il meccanismo dell'economia capitalistica.

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Capitolo secondo

Le conseguenze della crisi del 2008


Quantitative easing: lanciare capitali (fittizi) dagli elicotteri

Abbiamo visto che dovrebbe esistere un rapporto ferreo tra gli asset detenuti da una banca centrale e la quantità di moneta emessa. Andiamo allora a esaminare la situazione della banca centrale del paese più indebitato del pianeta, gli Stati Uniti. La Fed (Federal Reserve) è la banca centrale degli Stati Uniti, ma è suddivisa in numerose "basi" territoriali, i distretti, tra cui spicca quello di New York. La Fed ha progressivamente aumentato negli anni la base monetaria degli Stati Uniti, fino al fenomenale balzo di 905.167 milioni di dollari dell'ottobre 2008 che ha permesso di raggiungere nell'aprile 2012 i 2.646.537 milioni di dollari, con un incremento del 292 per cento.

Abbiamo visto come è iniziata la grande scossa del 2008. Ma in realtà la crisi era già in atto: dal 31 dicembre 2006 al marzo 2012, delle 8.680 istituzioni finanziarie i cui conti erano assicurati dalla FDIC, 441 sono fallite. I numeri fanno ancora più impressione se si confrontano gli istituti assicurati nel 2006 (8.680) con quelli assicurati nel marzo 2012 (7.307). Con la crisi, si è detto e scritto, gli scambi di denaro tra le banche si bloccano, nessuno si fida più di nessuno e il governo degli Stati Uniti deve intervenire con una pioggia di denaro. Tutte conseguenze del "congelamento" del mercato interbancario. E invece no, non è andata esattamente così. Ad un certo momento, il giorno 6 ottobre 2008, la Fed si è messa a remunerare (ovvero, a pagare interessi su) la riserva bancaria. Attenzione! non solo sulla riserva obbligatoria delle banche (l'11 per cento circa dei depositi), ma anche e soprattutto sulle giacenze di denaro al di sopra di tale riserva. Poco, lo 0,25 per cento, ma pur sempre una remunerazione. Questo passaggio è fondamentale. Le banche vivono prestando il loro e il denaro degli altri.

Con la decisione della Fed le banche non dovevano più trovare qualcuno disposto a pagare interessi per il denaro posseduto e moltiplicato tramite l'effetto leva, bastava tenerlo sui conti e magicamente si ottenevano utili.

Il capitale fittizio prodotto dal sistema bancario è stato così "coperto" con capitale fittizio monetario prodotto dal governo federale, ma sottratto agli impieghi tradizionali, espansivi.

In generale, il livello del "bombardamento di denaro fittizio" eseguito durante la crisi del 2008-2009 è stato tale da produrre un inarrestabile effetto qualitativo.

Gli oltre 14.000 miliardi di dollari distribuiti in pochi mesi in tutto il mondo sono stati poi seguiti da una continua emorragia di capitali creati e regalati a tassi irrisori, inferiori a quello di inflazione e - nel caso dei "commercial paper" - puramente e semplicemente pari a zero.

Si è formata così una enorme massa di capitale avulso dal ciclo vitale di ogni cosa conosciuta in natura: nascita, sviluppo, morte. Il capitale (e con esso i capitalisti) viene concepito oggi da una decisione politica, nasce da un semplice processo computerizzato, viene distribuito (regalato, conferito) a ristretti settori della popolazione da enti sottratti a qualunque controllo popolare, e si trasforma in ricchezza. L'albero degli zecchini di Pinocchio esiste. Siamo o non siamo nell'epoca degli ogm? Esiste, ed è in pieno rigoglio. Non rimane che correggere il famoso aforisma di Proudhon «la proprietà è un furto» con il seguente: «la proprietà è un regalo (dello stato)».

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