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| << | < | > | >> |Pagina 9Pur essendosi appartato in una navata laterale, verso il fondo della chiesa, Treacher si era accorto che lo guardavano tutti. Alto, magro e con quell'espressione antipatica, in un film di quarant'anni fa l'avrebbe interpretato Raymond Huntley, un attore già un po' acido di suo che sullo schermo faceva sempre l'uomo d'affari stizzoso e il burocrate prepotente. Treacher non era né l'uno né l'altro, ma anche lui non brillava per la sua avvenenza. Eppure sorprese parecchie donne (erano soprattutto donne) che allungavano il collo dall'altra parte della navata per vederlo meglio; una coppia nelle prime file si scambiò un sussurro, quindi la donna si girò, apparentemente per osservare l'architettura, in realtà per guardare lui. Altri fecero a meno di tante urbane cautele e lo fissarono apertamente.Treacher tutto s'era immaginato fuorché quell'attenzione, che non avrebbe gradito in nessuna circostanza. Era prudentemente entrato in chiesa una buona mezz'ora prima che iniziasse la funzione, così da non dover stringere la mano del parroco sulla porta. Aveva sempre trovato sgradevole quell'eccessiva affabilità ecclesiastica, ma questa volta aveva un motivo particolare per sottrarvisi. Per fortuna il parroco non era ancora arrivato, ma Treacher non era riuscito a schivare una donna (una giornalista, con tutta probabilità) che sotto il portico prendeva nota di tutti i convenuti alla cerimonia commemorativa. Gli porse il registro da firmare. «Nome e ente? ». Treacher l'aveva scansata come una cacciatrice d'autografi di serie B. «Poco importante» aveva risposto, anche se non era chiaro se si riferisse alla propria persona o al fatto di venire registrato. «La metterò sotto "e tanti altri amici"» gli aveva gridato dietro. In realtà lui non solo non conosceva il defunto, ma non sapeva nemmeno come si chiamasse. Voleva un posto un po' defilato, dove poter vedere senza essere visto, e quello in fondo alla navata era parso fare al caso suo; invece, più la chiesa si riempiva e più si sentiva osservato. Davvero seccante. In verità i presenti non si sognavano affatto di guardare Treacher, tranne quando fingevano di farlo per sbirciare il giovanotto seduto dietro di lui. Un uomo più mondano di Treacher - se la mondanità consiste nel guardare la TV - ne avrebbe capito il motivo. Dietro di lui c'era un muscoloso ragazzo dal cranio rasato, con occhiali scuri, completo nero e maglietta nera che, senza gli occhiali e a volte (troppo di rado, secondo alcuni telespettatori) senza nemmeno la maglietta, appariva ogni sera in una soap di una rete nazionale. La settimana prima aveva sconvolto il pubblico stuprando sua madre senza alcuna giustificazione; poi era venuto fuori che lei se l'era cercata e che non erano neanche parenti, ma ciò nonostante il giovanotto godeva ancora dell'estasiata ripugnanza del paese. Nella vita reale, però, come si affannava a sottolineare in tutti i talk-show dove lo invitavano, era un bonaccione: e in effetti, pochi minuti dopo lo stupro incestuoso, lo si poteva trovare su un altro canale a scegliere i tre mobili d'antiquariato che avrebbe comprato con un budget massimo di cinquecento sterline. | << | < | > | >> |Pagina 16In realtà era stato in Perù, un fatto noto a pochissimi fra i presenti, anche se nel borbottio sommesso che precedette l'inizio della funzione la notizia, insieme all'inquietudine che generava, aveva cominciato a spargersi. Per motivi di tatto la domanda «Di cosa è morto?» ricorreva di rado; altrimenti poteva suscitare uno sguardo sornione che consigliava di lasciar perdere. Oppure riceveva in risposta un mesto sorriso, il cui significato era che Clive non era stato sopraffatto da una particolare malattia ma dalla pura e semplice tragedia della vita.Che se ne parlasse o no, le vaghe circostanze della morte, il luogo remoto dov'era avvenuta e la sua sconvolgente precocità contribuirono a diffondere in chiesa un'atmosfera di malinconia e, ancor più, di apprensione. I dialoghi erano frammentari e smorzati; molti sembravano pensare a cose loro. Pochi frequentavano con regolarità un luogo di culto, e la loro presenza in una chiesa si limitava a occasioni come questa; occasioni, veniva cupamente sottolineato qua e là, «di questi tempi fin troppo ricorrenti». Per Treacher, che scorreva i punti del programma, era tutto chiarissimo. Uno scapolo morto giovane. A trentaquattro anni. Di questi tempi non c'era di che stupirsi. «Diceva trenta, quel briccone» commentò una delle tante donne eleganti che allungavano il collo per vedere chi stava entrando. «Tipico suo». «Lo facevo più giovane» disse un'altra. «Be', in effetti si curava». «Non abbastanza, direi» osservò il marito, che era rimasto sorpreso dal dolore della moglie. «E non ho mai capito dove prendesse tutti quei soldi». Chiunque, vedendo l'assortimento di Vip, avrebbe potuto pensare che Clive fosse un gran festaiolo. Ma non era poi vero, e il misterioso assembramento di celebrità testimoniava più che altro della sua discrezione. | << | < | > | >> |Pagina 57Al sentir pronunciare per la prima volta la parola Aids, che confermava esplicitamente certi vaghi timori e congetture, molti non riuscirono a nascondere la loro preoccupazione: quella morte che fin lì aveva suscitato solo dolore diventava adesso motivo di ansia.Una donna singhiozzava apertamente, consolata dal marito, che appariva piuttosto assorto. Un uomo si inginocchiò per pregare, mentre il suo compagno gli accarezzava affettuosamente la schiena. «Non credevo che si morisse ancora» sussurrò al marito una donna che aveva fatto la gara di yacht con Clive. «Credevo che avessero trovato una cura». Altri sedevano attoniti, prefigurando il proprio destino: vedevano questa funzione funebre come una prova generale della loro. Tra questi, naturalmente, c'era padre Jolliffe; il quale però, da vero professionista, pensò bene di trasformare la doccia fredda in un'occasione di raccoglimento. Così incanalò l'ansia e i patemi in una invocazione, non solo per Clive ma per tutte le vittime di questa terribile malattia, e non solo lì ma anche in Africa, in Asia, in America e così via. Mentre la preghiera cominciava a prendere forma nella sua mente, si alzò in piedi e si rivolse ai fedeli. «Preghiamo». Inginocchiandosi vide che il ragazzo in giacca a vento, incurante del nuovo pathos che si era creato, aveva ancora la mano alzata. Anzi, la muoveva con più energia. Ma s'era parlato fin troppo e il prete lo ignorò. Tutti tacquero, e fu un sollievo per Treacher vedere che finalmente padre Jolliffe aveva preso in pugno la situazione e si apprestava a portare quegli eventi indecorosi a una dignitosa conclusione.
«Padre!».
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