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| << | < | > | >> |Pagina 11«Tu devi essere mia moglie,» disse l'uomo in sala d'attesa «ma non credo di avere il piacere. Facciamo le presentazioni?». Era un tipo di mezza età, un po' scalcagnato e senza pantaloni. Mrs Donaldson pensò che sotto quella vestaglietta corta poteva anche essere nudo. «Donaldson». «Ah, ecco. Io mi chiamo Terry. Sono appena tornato». Mentre Mrs Donaldson gli stringeva brevemente la mano, la vestaglietta si aprì rivelando un paio di mutande arancioni con un telefonino infilato nell'elastico. «Problemi di transito intestinale» riprese Terry, giulivo. «No» ribatté Mrs Donaldson. «Non direi proprio». «Miei, cara: non tuoi. Tu sei solo mia moglie». «Mi avevano detto che era la prostata». «Ma figurati». Terry si tirò su per bene le mutande. «Neanche per sogno». «Un discorso di frequenza, di risvegli notturni». «No, assolutamente. La faccio prima di venire a letto e poi la mattina, appena alzato. Comunque son cose che sai». Terry rise sotto i baffi. «Se sei mia moglie...». Mrs Donaldson prese una cartelletta. «Vedrai che è l'altro settore» continuò lui. «Feci dure, difficili da espellere, a volte sanguinolente. Quella roba lì. Siccome sono molto timido mi son fatto accompagnare da te, così mi rassicuri». «In effetti io facevo l'infermiera» convenne Mrs Donaldson «e conosco bene la terminologia: colon, sigma, sfintere...». «Momento» la interruppe Terry. «Tu hai fatto l'infermiera sul serio?». «No. Sono una casalinga vedova». «Scusa un secondo. Vado a controllare». Terry se ne andò legandosi la vestaglia. Al suo ritorno vide che lei aveva cambiato sedia e le si risistemò accanto, ma in silenzio. «Allora?» fece Mrs Donaldson. Terry si indicò l'inguine. «Hai ragione, sono problemi urinari, però c'è di mezzo anche l'intestino perché per misurare la prostata faranno un giretto dal didietro. E poi bisognerà vedere quanto vorrà dirgli lui». La porta si aprì. Si udirono delle risate. Una ragazza col nome sulla targhetta uscì in lacrime. «Tesoro, ma ho cercato di fartelo capire» disse una vecchietta che la seguiva abbottonandosi la camicia. «La cistifellea era una pista falsa!». Al segnale acustico Terry e Mrs Donaldson si alzarono. «Prego, dopo di te» fece lui, conficcandole un dito sopra al fondoschiena. Mrs Donaldson si scostò e ribatté: «Scusa, ma non eri timido?». Quella mattina c'erano sei studenti: quattro maschi e due femmine. La saletta era arredata più o meno come un ambulatorio: la scrivania, il lettino, e più in là il professor Ballantyne, primario del reparto, stravaccato su una sedia con studiata indifferenza. Probabilmente aveva mutande più eleganti di quelle di Terry, pensò Mrs Donaldson. Ballantyne si alzò. «Mrs Donaldson! Mr Porter! Buongiorno. Non vi chiedo come state perché toccherà ai nostri medici in erba scoprirlo, anche se dovremo fare a meno della nostra Truscott, ferita in battaglia. Bene: venite, venite pure. Nessuno fa accomodare questi due gentili signori?». Si rimise a sedere anche lui. «Rowswell? Prego». Si fece avanti un ragazzo dall'aria preoccupata, con la faccia rossa, le orecchie strane e il camice troppo grande. Li fece accomodare con gesti impacciati e si sistemò dietro la scrivania, dove non era abituato a stare. Tentò di estrarre la mano dalla manica, guardò Terry e provò a sorridere. «Che cosa si sente?». Ballantyne fece un gran sospiro e si mise le mani nei capelli. «Complimenti, Rowswell. Pur non essendo laureato, lei è già in possesso di una dote che a me non è ancora stata concessa dopo vent'anni d'onorata professione. Sa distinguere chi dei due è l'ammalato». Gli studenti fecero la consueta risatina di cortesia. «Come fa a sapere qual è il paziente fra questi due individui a prima vista sani?». Rowswell arrossì ulteriormente. «Il signore è in vestaglia». Ballantyne squadrò Terry come se l'avesse visto solo in quel momento. «Già. Ma perché, Mr Porter?». Terry si strofinò le ginocchia nude. «Pensavo di farvi risparmiare tempo». «Mr Porter, noi non siamo qui per risparmiare tempo. Noi siamo qui...» e Ballantyne sorrise, amabile, a Mrs Donaldson «per salvare delle vite umane. In futuro eviti di prendere iniziative. Se la paziente fosse stata la signora, non credo proprio che si sarebbe presentata in...» rifletté un momento «négligé». Con un altro sorriso benevolo lasciò decantare l'idea. «Proceda, Rowswell». | << | < | > | >> |Pagina 87Come molti uomini belli, Graham Forbes aveva scelto di sposare una donna meno bella di lui, e addirittura un po' più vecchia. «Si sta buttando via: ecco cosa penso» dichiarò sua madre. Ovviamente Graham non le aveva chiesto un'opinione. «Che spreco. Che spre-co! Sono o non sono sua madre? Sono o non sono una bella donna? Mi sarei aspettata una nuora alla mia altezza. Siamo sempre stati attaccatissimi, io e lui». «Il mio ragazzone» lo chiamava. «Il mio cavaliere». «Ci dicevamo tutto. Almeno credevo». Non avendo nulla da ribattere, il padre di Graham tacque. «E mi tocca pure mettere l'annuncio di matrimonio sul giornale. Capirai: "Betty". Che razza di nome è? Margaret, ancora ancora. O Joan. Anche se devo ammetterlo: il minimo che mi aspettavo era Caroline. Ma... "Betty"!». In realtà come nomi Betty e Graham sono ben assortiti: terra terra, defilati, non vincolano i proprietari a una determinata posizione sulle umane vicende — a differenza di Tessa, per esempio, o di Rory. Ma questo era un aspetto del problema: Mrs Forbes non l'avrebbe mai ammesso, eppure rimpiangeva di aver chiamato suo figlio «Graham». Negli anni le sue ambizioni erano cresciute e si era accorta che «Graham» non era nemmeno un po' il nome signorile che un tempo aveva creduto. Ora avrebbe dato qualsiasi cosa per cambiarlo, proprio come aveva cambiato la sala da pranzo in rovere moro che risaliva allo stesso periodo. Ma se per sbarazzarci degli oggetti che ripudiamo ci sono i mercatini dell'usato, non esistono bancarelle che rivendano i nostri beni più indesiderati, come i nomi, i parenti o l'aspetto che ci ritroviamo allo specchio. «E fin qui...» riprese Mrs Forbes. «Ma pensa al cognome: "Green". Betty Green. È capacissima di essere ebrea. "Green" può essere un cognome ebraico». «Veramente è "Greene"» obiettò Mr Forbes. «Come lo scrittore. C'è la "e" muta in fondo». La sensibilità del padre di Graham verso le lettere mute era comprensibile, dato che muto lo era un po' anche lui. Non a caso, la gente spesso credeva che sua moglie fosse vedova. Aveva l'aria di una donna che sapeva cavarsela eroicamente da sola; la sussistenza di un marito lasciava interdetti. «Mi pare che lui sia cattolico». «Lui chi?» disse Mrs Forbes. «Greene: lo scrittore. È una cosa che ogni tanto salta fuori nei suoi libri». «Ci manca solo che sposi una cattolica». Secondo la madre di Graham ebrei e cattolici erano fatti della stessa pasta: gli ebrei sguazzavano tra le feste comandate, i cattolici tra i figli. «Probabile che lo sia» osservò il padre. «La vedo bene nei panni della suora». L'idea sembrava piacergli; a sua moglie meno. «Purtroppo non ha seguito la vocazione. Comunque, Edward, guardiamo ai fatti. Lui è bellissimo, lei no. Il matrimonio è un sodalizio: i belli si sposano tra di loro, e tutti gli altri raccattano gli avanzi». «C'è anche l'amore...» replicò Mr Forbes senza convinzione. «Certo che c'è» sbuffò Mrs Forbes. «Come no. Lei è innamorata di lui, e chi non lo sarebbe? Graham, invece, non so cosa ci trovi». «Magari è ricca». «Col golfino bucato e lo stesso collant per tre giorni di fila? Non mi pare proprio». «I suoi non ci sono più». «Questo non le vieta di portare la roba in lavanderia. Certo che se avesse avuto dei genitori avremmo potuto farci un'idea più precisa su di lei». «Ma li ha avuti» precisò Mr Forbes, paziente. «Come tutti. Solo che sono morti». «Questo lo dice lei. Dopo averla vista per la prima volta l'avranno abbandonata in un bosco, come nelle favole. Non mi fido mica, io, degli orfani. Ti ricordi la storia che abbiamo visto a teatro...». «L' Edipo Re. Quella però era l'antica Grecia, non Alwoodley». «L'antica Grecia? Ma se erano in giacca e cravatta. Lui stava in una macchina sportiva». «Sono scelte del regista». «Aveva anche il telefonino». Mr Forbes gettò la spugna e passò in modalità muta. Malgrado i sospetti della futura suocera, le origini di Betty non erano affatto misteriose: era un'orfana vera e propria perché aveva perso i genitori da giovane. In vista del matrimonio Betty cercava di non pensare troppo a loro: Graham forse gli sarebbe piaciuto; il padre di Graham, sicuramente; la madre no di certo. «Povera me, alle nozze!» incalzò Mrs Forbes. «E pensare che quel giorno lo aspetto fin da quand'è nato. Proprio lui, sempre così pignolo! Mezz'ora per scegliere una cravatta. Scarpe a non finire. Che spreco assoluto. Dio solo sa come saranno i loro figli». «Immagino che...» mormorò Mr Forbes, assorto. «Che?». «Che ci abbiano già dato dentro». «Scusa?». «Che se la sia già fatta». Calò un silenzio drammatico. Era una controversia annosa: il lessico di lei, il lessico di lui, e se a lui era concesso esternare su quell'argomento. «Vuoi dire che "hanno fatto l'amore", vero? Preferisco non pensarci affatto». Mr Forbes iniziava a prenderci gusto. «Lei dev'essere un po' una che la dà via». «"Una che la dà via"? Edward! Quando imparerai che non devi usare questo linguaggio?». «Graham lo usa». «Graham è diverso. Lui è giovane, bello, con una gran macchina. Lui vive al massimo e parla di conseguenza. Lui può dire "tipo", "tipa", "tosto", e tutte quelle cose che dicono i giovani. Tu no. L'altra sera dai Maynard ti ho sentito, sai? Te ne sei uscito con "tette". Sei troppo vecchio per dire "tette"». «Ah sì? E quand'è che si supera l'età? Quanti anni bisogna avere per poterlo ancora dire?». «Non è solo questione di anni, Edward. C'è chi lo può dire per una vita intera. Tu invece non sei mai stato abbastanza... fico». «Si dice così, adesso?». «"Fico", "glamour", "super"! Tutte qualità tipiche di Graham». Ironia voleva che Mr Forbes fosse assai meno schizzinoso della moglie in merito alla fidanzata del suo fichissimo figliolo, ma altrettanto scontento che si sposasse... anche se per ragioni diverse. Dopo le nozze, infatti, si sarebbe ritrovato in balia esclusiva di sua moglie: una sorte che lui paventava, e lei attendeva con interesse. «Con Graham fuori di casa, almeno noi due potremo ritrovare il nostro rapporto. Magari mi spieghi come funziona questa Internet, visto che ti ci attacchi tutto il santo giorno. Insomma, la vita bisogna viverla». Mr Forbes, che aveva appena fatto una nuova e sconveniente amicizia in quel di Samoa, capì che tutto il suo piccolo mondo furtivo sarebbe finito in una bolla di sapone. Chiuse scrupolosamente la porta e si sedette davanti al computer. Meglio spassarsela finché si poteva. Qui almeno era permesso parlare di «tette». E poi non sbagliava nel chiedersi se Betty fosse ricca: lo era. Graham lo sapeva, perché faceva il bancario. «Lui non fa il bancario» precisava sua madre. «Si occupa di investimenti». Graham aveva conosciuto Betty quando era andata a chiedergli consiglio dopo la morte di suo padre. «Quelle cose che voi chiamate "azioni"... lo sa che mio padre faceva la collezione? Ne aveva addirittura alcune del Giappone». «Sono titoli di borsa, Miss Greene,» aveva detto Graham «non francobolli. Comunque, mi permetta di essere il primo a farle i complimenti. Lei è ricca. Suo padre non c'è più, è vero, ma per il resto può ritenersi fortunata». «Non capisco» aveva replicato Betty, che aveva capito benissimo ma era incantata dalle mani di lui. «Vuole che le spieghi?».
«Se non è un problema».
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