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| << | < | > | >> |IndiceGuida alla lettura di Carlo Petrini 5 LAUDATO SI' LAUDATO si', mi' Signore [1-2] 27 Niente di questo mondo ci risulta indifferente [3-6] 28 Uniti da una stessa preoccupazione [7-9] 31 San Francesco d'Assisi [10-12] 33 Il mio appello [13-16] 36 CAPITOLO PRIMO QUELLO CHE STA ACCADENDO ALLA NOSTRA CASA [17-19] I. INQUINAMENTO E CAMBIAMENTI CLIMATICI 42 Inquinamento, rifiuti e cultura dello scarto [20-22] 42 Il clima come bene comune [23-26] 44 II. LA QUESTIONE DELL'ACQUA [27-31] 48 III. PERDITA DI BIODIVERSITÀ [32-42] 51 IV. DETERIORAMENTO DELLA QUALITÀ DELLA VITA UMANA E DEGRADAZIONE SOCIALE [43-47] 58 V. INEQUITÀ PLANETARIA [48-52] 60 VI. LA DEBOLEZZA DELLE REAZIONI [53-59] 66 VII. DIVERSITÀ DI OPINIONI [60-61] 70 CAPITOLO SECONDO IL VANGELO DELLA CREAZIONE [62] I. LA LUCE CHE LA FEDE OFFRE [63-64] 73 II. LA SAPIENZA DEI RACCONTI BIBLICI [65-75] 74 III. IL MISTERO DELL'UNIVERSO [76-83] 84 IV. IL MESSAGGIO Dl OGNI CREATURA NELL'ARMONIA DI TUTTO IL CREATO [84-88] 89 V. UNA COMUNIONE UNIVERSALE [89-92] 93 VI. LA DESTINAZIONE COMUNE DEI BENI [93-95] 96 VII. LO SGUARDO DI GESÙ [96-100] 99 CAPITOLO TERZO LA RADICE UMANA DELLA CRISI ECOLOGICA [101] I. LA TECNOLOGIA: CREATIVITÀ E POTERE [102-105] 103 II. LA GLOBALIZZAZIONE DEL PARADIGMA TECNOCRATICO [106-114] 106 III. CRISI E CONSEGUENZE DELL'ANTROPOCENTRISMO MODERNO [115-121] 114 Il relativismo pratico [122-123] 118 La necessità di difendere il lavoro [124-129] 120 L'innovazione biologica a partire dalla ricerca [130-136] 125 CAPITOLO QUARTO UN'ECOLOGIA INTEGRALE [137] I. ECOLOGIA AMBIENTALE, ECONOMICA E SOCIALE [138-142] 131 II. ECOLOGIA CULTURALE [143-146] 136 III. ECOLOGIA DELLA VITA QUOTIDIANA [147-155] 138 IV. IL PRINCIPIO DEL BENE COMUNE [156-158] 144 V. LA GIUSTIZIA TRA LE GENERAZIONI [159-162] 146 CAPITOLO QUINTO ALCUNE LINEE DI ORIENTAMENTO E DI AZIONE [163] I. IL DIALOGO SULL'AMBIENTE NELLA POLITICA INTERNAZIONALE [164-175] 151 II. IL DIALOGO VERSO NUOVE POLITICHE NAZIONALI E LOCALI [176-181] 159 III. DIALOGO E TRASPARENZA NEI PROCESSI DECISIONALI [182-188] 164 IV. POLITICA ED ECONOMIA IN DIALOGO PER LA PIENEZZA UMANA [189-198] 168 V. LE RELIGIONI NEL DIALOGO CON LE SCIENZE [199-201] 176 CAPITOLO SESTO EDUCAZIONE E SPIRITUALITÀ ECOLOGICA [202] I. PUNTARE SU UN ALTRO STILE DI VITA [203-208] 179 II. EDUCARE ALL'ALLEANZA TRA L'UMANITÀ E L'AMBIENTE [209-215] 183 III. LA CONVERSIONE ECOLOGICA [216-221] 188 IV. GIOIA E PACE [222-227] 192 V. AMORE CIVILE E POLITICO [228-232] 196 VI. I SEGNI SACRAMENTALI E IL RIPOSO CELEBRATIVO [233-237] 199 VII. LA TRINITÀ E LA RELAZIONE TRA LE CREATURE [238-240] 204 VIII. LA REGINA DI TUTTO IL CREATO [241-242] 206 IX. AL DI LÀ DEL SOLE [243-246] 207 Preghiera per la nostra terra 208 Preghiera cristiana con il creato 209 Indici a cura di Giuliano Vigini INDICE DEI RIFERIMENTI BIBLICI 215 INDICE DEI DOCUMENTI DEL MAGISTERO E DI ALTRI TESTI CITATI 217 INDICE DEGLI AUTORI 225 INDICE DEGLI ENTI COLLETTIVI 227 |
| << | < | > | >> |Pagina 271. «LAUDATO SI', mi' Signore», cantava san Francesco d'Assisi. In questo bel cantico ci ricordava che la nostra casa comune è anche come una sorella, con la quale condividiamo l'esistenza, e come una madre bella che ci accoglie tra le sue braccia: «Laudato si', mi' Signore, per sora nostra matre Terra, la quale ne sustenta et governa, et produce diversi fructi con coloriti fiori et herba».2. Questa sorella protesta per il male che le provochiamo, a causa dell'uso irresponsabile e dell'abuso dei beni che Dio ha posto in lei. Siamo cresciuti pensando che eravamo suoi proprietari e dominatori, autorizzati a saccheggiarla. La violenza che c'è nel cuore umano ferito dal peccato si manifesta anche nei sintomi di malattia che avvertiamo nel suolo, nell'acqua, nell'aria e negli esseri viventi. Per questo, fra i poveri più abbandonati e maltrattati, c'è la nostra oppressa e devastata terra, che «geme e soffre le doglie del parto» (Rm 8,22). Dimentichiamo che noi stessi siamo terra (cfr Gen 2,7). Il nostro stesso corpo è costituito dagli elementi del pianeta, la sua aria è quella che ci dà il respiro e la sua acqua ci vivifica e ristora. | << | < | > | >> |Pagina 3411. La sua testimonianza ci mostra anche che l'ecologia integrale richiede apertura verso categorie che trascendono il linguaggio delle scienze esatte o della biologia e ci collegano con l'essenza dell'umano. Così come succede quando ci innamoriamo di una persona, ogni volta che Francesco guardava il sole, la luna, gli animali più piccoli, la sua reazione era cantare, coinvolgendo nella sua lode tutte le altre creature. Egli entrava in comunicazione con tutto il creato, e predicava persino ai fiori e «li invitava a lodare e amare Iddio, come esseri dotati di ragione». La sua reazione era molto più che un apprezzamento intellettuale o un calcolo economico, perché per lui qualsiasi creatura era una sorella, unita a lui con vincoli di affetto. Per questo si sentiva chiamato a prendersi cura di tutto ciò che esiste. Il suo discepolo san Bonaventura narrava che lui, «considerando che tutte le cose hanno un'origine comune, si sentiva ricolmo di pietà ancora maggiore e chiamava le creature, per quanto piccole, con il nome di fratello o sorella». Questa convinzione non può essere disprezzata come un romanticismo irrazionale, perché influisce sulle scelte che determinano il nostro comportamento. Se noi ci accostiamo alla natura e all'ambiente senza questa apertura allo stupore e alla meraviglia, se non parliamo più il linguaggio della fraternità e della bellezza nella nostra relazione con il mondo, i nostri atteggiamenti saranno quelli del dominatore, del consumatore o del mero sfruttatore delle risorse naturali, incapace di porre un limite ai suoi interessi immediati. Viceversa, se noi ci sentiamo intimamente uniti a tutto ciò che esiste, la sobrietà e la cura scaturiranno in maniera spontanea. La povertà e l'austerità di san Francesco non erano un ascetismo solamente esteriore, ma qualcosa di più radicale: una rinuncia a fare della realtà un mero oggetto di uso e di dominio.| << | < | > | >> |Pagina 36Il mio appello
13. La sfida urgente di proteggere la nostra
casa comune comprende la preoccupazione di
unire tutta la famiglia umana nella ricerca di uno
sviluppo sostenibile e integrale, poiché sappiamo
che le cose possono cambiare. Il Creatore non ci
abbandona, non fa mai marcia indietro nel suo
progetto di amore, non si pente di averci creato. L'umanità ha ancora la
capacità di collaborare per costruire la nostra casa comune. Desidero
esprimere riconoscenza, incoraggiare e ringraziare tutti coloro che, nei più
svariati settori dell'attività umana, stanno lavorando per garantire la
protezione della casa che condividiamo. Meritano una gratitudine speciale quanti
lottano con vigore per risolvere le drammatiche conseguenze
del degrado ambientale nella vita dei più poveri
del mondo. I giovani esigono da noi un cambiamento. Essi si domandano com'è
possibile che si pretenda di costruire un futuro migliore senza
pensare alla crisi ambientale e alle sofferenze degli esclusi.
14. Rivolgo un invito urgente a rinnovare il dialogo sul modo in cui stiamo
costruendo il futuro
del pianeta. Abbiamo bisogno di un confronto
che ci unisca tutti, perché la sfida ambientale che
viviamo, e le sue radici umane, ci riguardano e ci
toccano tutti. Il movimento ecologico mondiale ha già percorso un lungo e ricco
cammino, e
ha dato vita a numerose aggregazioni di cittadini
che hanno favorito una presa di coscienza. Purtroppo, molti sforzi per cercare
soluzioni concrete alla crisi ambientale sono spesso frustrati non
solo dal rifiuto dei potenti, ma anche dal disinteresse degli altri. Gli
atteggiamenti che ostacolano
le vie di soluzione, anche fra i credenti, vanno
dalla negazione del problema all'indifferenza, alla
rassegnazione comoda, o alla fiducia cieca nelle
soluzioni tecniche. Abbiamo bisogno di nuova
solidarietà universale. Come hanno detto i Vescovi del Sudafrica, «i talenti e
il coinvolgimento di
tutti
sono necessari per riparare il danno causato
dagli umani sulla creazione di Dio». Tutti possiamo collaborare come strumenti
di Dio per la cura della creazione, ognuno con la propria cultura ed esperienza,
le proprie iniziative e capacità.
15. Spero che questa Lettera enciclica, che si aggiunge al Magistero sociale della Chiesa, ci aiuti a riconoscere la grandezza, l'urgenza e la bellezza della sfida che ci si presenta. In primo luogo, farò un breve percorso attraverso vari aspetti dell'attuale crisi ecologica allo scopo di assumere i migliori frutti della ricerca scientifica oggi disponibile, lasciarcene toccare in profondità e dare una base di concretezza al percorso etico e spirituale che segue. A partire da questa panoramica, riprenderò alcune argomentazioni che scaturiscono dalla tradizione giudeo-cristiana, al fine di dare maggiore coerenza al nostro impegno per l'ambiente. Poi proverò ad arrivare alle radici della situazione attuale, in modo da coglierne non solo i sintomi ma anche le cause più profonde. Così potremo proporre un'ecologia che, nelle sue diverse dimensioni, integri il posto specifico che l'essere umano occupa in questo mondo e le sue relazioni con la realtà che lo circonda. Alla luce di tale riflessione vorrei fare un passo avanti in alcune ampie linee di dialogo e di azione che coinvolgano sia ognuno di noi, sia la politica internazionale. Infine, poiché sono convinto che ogni cambiamento ha bisogno di motivazioni e di un cammino educativo, proporrò alcune linee di maturazione umana ispirate al tesoro dell'esperienza spirituale cristiana. | << | < | > | >> |Pagina 42Inquinamento, rifiuti e cultura dello scarto
20. Esistono forme di inquinamento che colpiscono quotidianamente le
persone. L'esposizione agli inquinanti atmosferici produce un ampio
spettro di effetti sulla salute, in particolare dei più
poveri, e provocano milioni di morti premature.
Ci si ammala, per esempio, a causa di inalazioni
di elevate quantità di fumo prodotto dai combustibili utilizzati per cucinare o
per riscaldarsi. A questo si aggiunge l'inquinamento che colpisce
tutti, causato dal trasporto, dai fumi dell'industria, dalle discariche di
sostanze che contribuiscono all'acidificazione del suolo e dell'acqua,
da fertilizzanti, insetticidi, fungicidi, diserbanti
e pesticidi tossici in generale. La tecnologia che,
legata alla finanza, pretende di essere l'unica soluzione dei problemi, di fatto
non è in grado di vedere il mistero delle molteplici relazioni che
esistono tra le cose, e per questo a volte risolve
un problema creandone altri.
21. C'è da considerare anche l'inquinamento
prodotto dai rifiuti, compresi quelli pericolosi
presenti in diversi ambienti. Si producono centinaia di milioni di tonnellate di
rifiuti l'anno, molti
dei quali non biodegradabili: rifiuti domestici e
commerciali, detriti di demolizioni, rifiuti clinici,
elettronici o industriali, rifiuti altamente tossici e
radioattivi. La terra, nostra casa, sembra trasformarsi sempre più in un immenso
deposito di immondizia. In molti luoghi del pianeta, gli anziani
ricordano con nostalgia i paesaggi d'altri tempi,
che ora appaiono sommersi da spazzatura. Tanto
i rifiuti industriali quanto i prodotti chimici utilizzati nelle città e nei
campi, possono produrre
un effetto di bio-accumulazione negli organismi
degli abitanti delle zone limitrofe, che si verifica anche quando il livello di
presenza di un elemento tossico in un luogo è basso. Molte volte si
prendono misure solo quando si sono prodotti
effetti irreversibili per la salute delle persone.
22. Questi problemi sono intimamente legati
alla cultura dello scarto, che colpisce tanto gli esseri umani esclusi quanto le
cose che si trasformano velocemente in spazzatura. Rendiamoci
conto, per esempio, che la maggior parte della
carta che si produce viene gettata e non riciclata. Stentiamo a riconoscere che
il funzionamento degli ecosistemi naturali è esemplare: le piante
sintetizzano sostanze nutritive che alimentano gli
erbivori; questi a loro volta alimentano i carnivori, che forniscono importanti
quantità di rifiuti organici, i quali danno luogo a una nuova generazione di
vegetali. Al contrario, il sistema industriale, alla fine del ciclo di
produzione e di consumo, non ha sviluppato la capacità di assorbire e
riutilizzare rifiuti e scorie. Non si è ancora riusciti
ad adottare un modello circolare di produzione
che assicuri risorse per tutti e per le generazioni
future, e che richiede di limitare al massimo l'uso
delle risorse non rinnovabili, moderare il consumo, massimizzare l'efficienza
dello sfruttamento, riutilizzare e riciclare. Affrontare tale questione
sarebbe un modo di contrastare la cultura dello scarto che finisce per
danneggiare il pianeta intero, ma osserviamo che i progressi in questa
direzione sono ancora molto scarsi.
Il clima come bene comune 23. Il clima è un bene comune, di tutti e per tutti. Esso, a livello globale, è un sistema complesso in relazione con molte condizioni essenziali per la vita umana. Esiste un consenso scientifico molto consistente che indica che siamo in presenza di un preoccupante riscaldamento del sistema climatico. Negli ultimi decenni, tale riscaldamento è stato accompagnato dal costante innalzamento del livello del mare, e inoltre è difficile non metterlo in relazione con l'aumento degli eventi meteorologici estremi, a prescindere dal fatto che non si possa attribuire una causa scientificamente determinabile ad ogni fenomeno particolare. L'umanità è chiamata a prendere coscienza della necessità di cambiamenti di stili di vita, di produzione e di consumo, per combattere questo riscaldamento o, almeno, le cause umane che lo producono o lo accentuano. È vero che ci sono altri fattori (quali il vulcanismo, le variazioni dell'orbita e dell'asse terrestre, il ciclo solare), ma numerosi studi scientifici indicano che la maggior parte del riscaldaménto globale degli ultimi decenni è dovuta alla grande concentrazione di gas serra (anidride carbonica, metano, ossido di azoto ed altri) emessi soprattutto a causa dell'attività umana. La loro concentrazione nell'atmosfera impedisce che il calore dei raggi solari riflessi dalla terra si disperda nello spazio. Ciò viene potenziato specialmente dal modello di sviluppo basato sull'uso intensivo di combustibili fossili, che sta al centro del sistema energetico mondiale. Ha inciso anche l'aumento della pratica del cambiamento d'uso del suolo, principalmente la deforestazione per finalità agricola. | << | < | > | >> |Pagina 4726. Molti di coloro che detengono più risorse e potere economico o politico sembrano concentrarsi soprattutto nel mascherare i problemi o nasconderne i sintomi, cercando solo di ridurre alcuni impatti negativi di cambiamenti climatici. Ma molti sintomi indicano che questi effetti potranno essere sempre peggiori se continuiamo con gli attuali modelli di produzione e di consumo. Perciò è diventato urgente e impellente lo sviluppo di politiche affinché nei prossimi anni l'emissione di anidride carbonica e di altri gas altamente inquinanti si riduca drasticamente, ad esempio, sostituendo i combustibili fossili e sviluppando fonti di energia rinnovabile. Nel mondo c'è un livello esiguo di accesso alle energie pulite e rinnovabili. C'è ancora bisogno di sviluppare tecnologie adeguate di accumulazione. Tuttavia, in alcuni Paesi ci sono stati progressi che cominciano ad essere significativi, benché siano lontani dal raggiungere una proporzione importante. Ci sono stati anche alcuni investimenti in modalità di produzione e di trasporto che consumano meno energia e richiedono minore quantità di materie prime, come pure in modalità di costruzione o ristrutturazione di edifici che ne migliorino l'efficienza energetica. Ma queste buone pratiche sono lontane dal diventare generali.| << | < | > | >> |Pagina 5030. Mentre la qualità dell'acqua disponibile peggiora costantemente, in alcuni luoghi avanza la tendenza a privatizzare questa risorsa scarsa, trasformata in merce soggetta alle leggi del mercato. In realtà, l'accesso all'acqua potabile e sicura è un diritto umano essenziale, fondamentale e universale, perché determina la sopravvivenza delle persone, e per questo è condizione per l'esercizio degli altri diritti umani. Questo mondo ha un grave debito sociale verso i poveri che non hanno accesso all'acqua potabile, perché ciò significa negare ad essi il diritto alla vita radicato nella loro inalienabile dignità. Questo debito si salda in parte con maggiori contributi economici per fornire acqua pulita e servizi di depurazione tra le popolazioni più povere. Però si riscontra uno spreco di acqua non solo nei Paesi sviluppati, ma anche in quelli in via di sviluppo che possiedono grandi riserve. Ciò evidenzia che il problema dell'acqua è in parte una questione educativa e culturale, perché non vi è consapevolezza della gravità di tali comportamenti in un contesto di grande iniquità.| << | < | > | >> |Pagina 6552. Il debito estero dei Paesi poveri si è trasformato in uno strumento di controllo, ma non accade la stessa cosa con il debito ecologico. In diversi modi, i popoli in via di sviluppo, dove si trovano le riserve più importanti della biosfera, continuano ad alimentare lo sviluppo dei Paesi più ricchi a prezzo del loro presente e del loro futuro. La terra dei poveri del Sud è ricca e poco inquinata, ma l'accesso alla proprietà dei beni e delle risorse per soddisfare le proprie necessità vitali è loro vietato da un sistema di rapporti commerciali e di proprietà strutturalmente perverso. È necessario che i Paesi sviluppati contribuiscano a risolvere questo debito limitando in modo importante il consumo di energia non rinnovabile, e apportando risorse ai Paesi più bisognosi per promuovere politiche e programmi di sviluppo sostenibile. Le regioni e i Paesi più poveri hanno meno possibilità di adottare nuovi modelli di riduzione dell'impatto ambientale, perché non hanno la preparazione per sviluppare i processi necessari e non possono coprirne i costi. Perciò, bisogna conservare chiara la coscienza che nel cambiamento climatico ci sono responsabilità diversificate e, come hanno detto i Vescovi degli Stati Uniti, è opportuno puntare «specialmente sulle necessità dei poveri, deboli e vulnerabili, in un dibattito spesso dominato dagli interessi più potenti». Bisogna rafforzare la consapevolezza che siamo una sola famiglia umana. Non ci sono frontiere e barriere politiche o sociali che ci permettano di isolarci, e per ciò stesso non c'è nemmeno spazio per la globalizzazione dell'indifferenza.| << | < | > | >> |Pagina 7362. Perché inserire in questo documento, rivolto a tutti le persone di buona volontà, un capitolo riferito alle convinzioni di fede? Sono consapevole che, nel campo della politica e del pensiero, alcuni rifiutano con forza l'idea di un Creatore, o la ritengono irrilevante, al punto da relegare all'ambito dell'irrazionale la ricchezza che le religioni possono offrire per un'ecologia integrale e per il pieno sviluppo del genere umano. Altre volte si suppone che esse costituiscano una sottocultura che dev'essere semplicemente tollerata. Tuttavia, la scienza e la religione, che forniscono approcci diversi alla realtà, possono entrare in un dialogo intenso e produttivo per entrambe. | << | < | > | >> |Pagina 9287. Quando ci si rende conto del riflesso di Dio in tutto ciò che esiste, il cuore sperimenta il desiderio di adorare il Signore per tutte le sue creature e insieme ad esse, come appare nel bellissimo cantico di san Francesco d'Assisi:«Laudato sie, mi' Signore, cum tucte le tue creature, spetialmente messor lo frate sole, lo qual è iorno, et allumini noi per lui. Et ellu è bellu e radiante cum grande splendore: de te, Altissimo, porta significatione. Laudato si', mi' Signore, per sora luna e le stelle: in celu l'ài formate clarite et pretiose et belle. Laudato si', mi' Signore, per frate vento et per aere et nubilo et sereno et onne tempo, per lo quale a le tue creature dài sustentamento. Laudato si', mi' Signore, per sor'aqua, la quale è multo utile et humile et pretiosa et casta. Laudato si', mi' Signore, per frate focu, per lo quale ennallumini la nocte: ed elio è bello et iocundo et robustoso et forte». | << | < | > | >> |Pagina 106106. Il problema fondamentale è un altro, ancora più profondo: il modo in cui di fatto l'umanità ha assunto la tecnologia e il suo sviluppo insieme ad un paradigma omogeneo e unidimensionale. In tale paradigma risalta una concezione del soggetto che progressivamente, nel processo logico-razionale, comprende e in tal modo possiede l'oggetto che si trova all'esterno. Tale soggetto si esplica nello stabilire il metodo scientifico con la sua sperimentazione, che è già esplicitamente una tecnica di possesso, dominio e trasformazione. È come se il soggetto si trovasse di fronte alla realtà informe totalmente disponibile alla sua manipolazione. L'intervento dell'essere umano sulla natura si è sempre verificato, ma per molto tempo ha avuto la caratteristica di accompagnare, di assecondare le possibilità offerte dalle cose stesse. Si trattava di ricevere quello che la realtà naturale da sé permette, come tendendo la mano. Viceversa, ora ciò che interessa è estrarre tutto quanto è possibile dalle cose attraverso l'imposizione della mano umana, che tende ad ignorare o a dimenticare la realtà stessa di ciò che ha dinanzi. Per questo l'essere umano e le cose hanno cessato di darsi amichevolmente la mano, diventando invece dei contendenti. Da qui si passa facilmente all'idea di una crescita infinita o illimitata, che ha tanto entusiasmato gli economisti, i teorici della finanza e della tecnologia. Ciò suppone la menzogna circa la disponibilità infinita dei beni del pianeta, che conduce a "spremerlo" fino al limite e oltre il limite. Si tratta del falso presupposto che «esiste una quantità illimitata di energia e di mezzi utilizzabili, che la loro immediata rigenerazione è possibile e che gli effetti negativi delle manipolazioni della natura possono essere facilmente assorbiti».
107. Possiamo perciò affermare che all'origine
di molte difficoltà del mondo attuale vi è anzitutto la tendenza, non sempre
cosciente, a impostare la metodologia e gli obiettivi della tecnoscienza
secondo un paradigma di comprensione che condiziona la vita delle persone e il
funzionamento della società. Gli effetti dell'applicazione di questo modello a
tutta la realtà, umana e sociale, si
constatano nel degrado dell'ambiente, ma questo
è solo un segno del riduzionismo che colpisce la
vita umana e la società in tutte le loro dimensioni.
Occorre riconoscere che i prodotti della tecnica
non sono neutri, perché creano una trama che finisce per condizionare gli stili
di vita e orientano
le possibilità sociali nella direzione degli interessi
di determinati gruppi di potere. Certe scelte che
sembrano puramente strumentali, in realtà sono
scelte attinenti al tipo di vita sociale che si intende sviluppare.
108. Non si può pensare di sostenere un altro
paradigma culturale e servirsi della tecnica come
di un mero strumento, perché oggi il paradigma
tecnocratico è diventato così dominante, che è
molto difficile prescindere dalle sue risorse, e ancora più difficile è
utilizzare le sue risorse senza essere dominati dalla sua logica. È diventato
contro-culturale scegliere uno stile di vita con
obiettivi che almeno in parte possano essere indipendenti dalla tecnica, dai
suoi costi e dal suo
potere globalizzante e massificante. Di fatto la
tecnica ha una tendenza a far sì che nulla rimanga fuori dalla sua ferrea
logica, e «l'uomo che ne è il protagonista sa che, in ultima analisi, non si
tratta né di utilità, né di benessere, ma di dominio; dominio nel senso estremo
della parola». Per questo «cerca di afferrare gli elementi della
natura ed insieme quelli dell'esistenza umana».
Si riducono così la capacità di decisione, la libertà
più autentica e lo spazio per la creatività alternativa degli individui.
109. Il paradigma tecnocratico tende ad esercitare il proprio dominio anche sull'economia e sulla politica. L'economia assume ogni sviluppo tecnologico in funzione del profitto, senza prestare attenzione a eventuali conseguenze negative per l'essere umano. La finanza soffoca l'economia reale. Non si è imparata la lezione della crisi finanziaria mondiale e con molta lentezza si impara quella del deterioramento ambientale. In alcuni circoli si sostiene che l'economia attuale e la tecnologia risolveranno tutti i problemi ambientali, allo stesso modo in cui si afferma, con un linguaggio non accademico, che i problemi della fame e della miseria nel mondo si risolveranno semplicemente con la crescita del mercato. Non è una questione di teorie economiche, che forse nessuno oggi osa difendere, bensì del loro insediamento nello sviluppo fattuale dell'economia. Coloro che non lo affermano con le parole lo sostengono con i fatti, quando non sembrano preoccuparsi per un giusto livello della produzione, una migliore distribuzione della ricchezza, una cura responsabile dell'ambiente o i diritti delle generazioni future. Con il loro comportamento affermano che l'obiettivo della massimizzazione dei profitti è sufficiente. Il mercato da solo però non garantisce lo sviluppo umano integrale e l'inclusione sociale. Nel frattempo, abbiamo una «sorta di supersviluppo dissipatore e consumistico che contrasta in modo inaccettabile con perduranti situazioni di miseria disumanizzante», mentre non si mettono a punto con sufficiente celerità istituzioni economiche e programmi sociali che permettano ai più poveri di accedere in modo regolare alle risorse di base. Non ci si rende conto a sufficienza di quali sono le radici più profonde degli squilibri attuali, che hanno a che vedere con l'orientamento, i fini, il senso e il contesto sociale della crescita tecnologica ed economica. | << | < | > | >> |Pagina 113113. D'altronde, la gente ormai non sembra credere in un futuro felice, non confida ciecamente in un domani migliore a partire dalle attuali condizioni del mondo e dalle capacità tecniche. Prende coscienza che il progresso della scienza e della tecnica non equivale al progresso dell'umanità e della storia, e intravede che sono altre le strade fondamentali per un futuro felice. Ciononostante, neppure immagina di rinunciare alle possibilità che offre la tecnologia. L'umanità si è modificata profondamente e l'accumularsi di continue novità consacra una fugacità che ci trascina in superficie in un'unica direzione. Diventa difficile fermarci per recuperare la profondità della vita. Se l'architettura riflette lo spirito di un'epoca, le megastrutture e le case in serie esprimono lo spirito della tecnica globalizzata, in cui la permanente novità dei prodotti si unisce a una pesante noia. Non rassegniamoci a questo e non rinunciamo a farci domande sui fini e sul senso di ogni cosa. Diversamente, legittimeremo soltanto lo stato di fatto e avremo bisogno di più surrogati per sopportare il vuoto.114. Ciò che sta accadendo ci pone di fronte all'urgenza di procedere in una coraggiosa rivoluzione culturale. La scienza e la tecnologia non sono neutrali, ma possono implicare dall'inizio alla fine di un processo diverse intenzioni e possibilità, e possono configurarsi in vari modi. Nessuno vuole tornare all'epoca delle caverne, però è indispensabile rallentare la marcia per guardare la realtà in un altro modo, raccogliere gli sviluppi positivi e sostenibili, e al tempo stesso recuperare i valori e i grandi fini distrutti da una sfrenatezza megalomane. | << | < | > | >> |Pagina 119123. La cultura del relativismo è la stessa patologia che spinge una persona ad approfittare di un'altra e a trattarla come un mero oggetto, obbligandola a lavori forzati, o riducendola in schiavitù a causa di un debito. È la stessa logica che porta a sfruttare sessualmente i bambini, o ad abbandonare gli anziani che non servono ai propri interessi. È anche la logica interna di chi afferma: lasciamo che le forze invisibili del mercato regolino l'economia, perché i loro effetti sulla società e sulla natura sono danni inevitabili. Se non ci sono verità oggettive né princìpi stabili, al di fuori della soddisfazione delle proprie aspirazioni e delle necessità immediate, che limiti possono avere la tratta degli esseri umani, la criminalità organizzata, il narcotraffico, il commercio di diamanti insanguinati e di pelli di animali in via di estinzione? Non è la stessa logica relativista quella che giustifica l'acquisto di organi dei poveri allo scopo di venderli o di utilizzarli per la sperimentazione, o lo scarto di bambini perché non rispondono al desiderio dei loro genitori? È la stessa logica "usa e getta" che produce tanti rifiuti solo per il desiderio disordinato di consumare più di quello di cui realmente si ha bisogno. E allora non possiamo pensare che i programmi politici o la forza della legge basteranno ad evitare i comportamenti che colpiscono l'ambiente, perché quando è la cultura che si corrompe e non si riconosce più alcuna verità oggettiva o princìpi universalmente validi, le leggi verranno intese solo come imposizioni arbitrarie e come ostacoli da evitare.| << | < | > | >> |Pagina 127133. È difficile emettere un giudizio generale sullo sviluppo di organismi geneticamente modificati (OGM), vegetali o animali, per fini medici o in agricoltura, dal momento che possono essere molto diversi tra loro e richiedere distinte considerazioni. D'altra parte, i rischi non vanno sempre attribuiti alla tecnica stessa, ma alla sua inadeguata o eccessiva applicazione. In realtà, le mutazioni genetiche sono state e sono prodotte molte volte dalla natura stessa. Nemmeno quelle provocate dall'essere umano sono un fenomeno moderno. La domesticazione di animali, l'incrocio di specie e altre pratiche antiche e universalmente accettate possono rientrare in queste considerazioni. È opportuno ricordare che l'inizio degli sviluppi scientifici sui cereali transgenici è stato l'osservazione di batteri che naturalmente e spontaneamente producevano una modifica nel genoma di un vegetale. Tuttavia in natura questi processi hanno un ritmo lento, che non è paragonabile alla velocità imposta dai progressi tecnologici attuali, anche quando tali progressi si basano su uno sviluppo scientifico di secoli.134. Sebbene non disponiamo di prove definitive circa il danno che potrebbero causare i cereali transgenici agli esseri umani, e in alcune regioni il loro utilizzo ha prodotto una crescita economica che ha contribuito a risolvere alcuni problemi, si riscontrano significative difficoltà che non devono essere minimizzate. In molte zone, in seguito all'introduzione di queste coltivazioni, si constata una concentrazione di terre produttive nelle mani di pochi, dovuta alla «progressiva scomparsa dei piccoli produttori, che, in conseguenza della perdita delle terre coltivate, si sono visti obbligati a ritirarsi dalla produzione diretta». I più fragili tra questi diventano lavoratori precari e molti salariati agricoli finiscono per migrare in miserabili insediamenti urbani. L'estendersi di queste coltivazioni distrugge la complessa trama degli ecosistemi, diminuisce la diversità nella produzione e colpisce il presente o il futuro delle economie regionali. In diversi Paesi si riscontra una tendenza allo sviluppo di oligopoli nella produzione di sementi e di altri prodotti necessari per la coltivazione, e la dipendenza si aggrava se si considera la produzione di semi sterili, che finirebbe per obbligare i contadini a comprarne dalle imprese produttrici. | << | < | > | >> |Pagina 131138. L'ecologia studia le relazioni tra gli organismi viventi e l'ambiente in cui si sviluppano. Essa esige anche di fermarsi a pensare e a discutere sulle condizioni di vita e di sopravvivenza di una società, con l'onestà di mettere in dubbio modelli di sviluppo, produzione e consumo. Non è superfluo insistere ulteriormente sul fatto che tutto è connesso. Il tempo e lo spazio non sono tra loro indipendenti, e neppure gli atomi o le particelle subatomiche si possono considerare separatamente. Come i diversi componenti del pianeta – fisici, chimici e biologici – sono relazionati tra loro, così anche le specie viventi formano una rete che non finiamo mai di riconoscere e comprendere. Buona parte della nostra informazione genetica è condivisa con molti esseri viventi. Per tale ragione, le conoscenze frammentarie e isolate possono diventare una forma d'ignoranza se fanno resistenza ad integrarsi in una visione più ampia della realtà. 139. Quando parliamo di "ambiente" facciamo riferimento anche a una particolare relazione: quella tra la natura e la società che la abita. Questo ci impedisce di considerare la natura come qualcosa di separato da noi o come una mera cornice della nostra vita. Siamo inclusi in essa, siamo parte di essa e ne siamo compenetrati. Le ragioni per le quali un luogo viene inquinato richiedono un'analisi del funzionamento della società, della sua economia, del suo comportamento, dei suoi modi di comprendere la realtà. Data l'ampiezza dei cambiamenti, non è più possibile trovare una risposta specifica e indipendente per ogni singola parte del problema. È fondamentale cercare soluzioni integrali, che considerino le interazioni dei sistemi naturali tra loro e con i sistemi sociali. Non ci sono due crisi separate, una ambientale e un'altra sociale, bensì una sola e complessa crisi socio-ambientale. Le direttrici per la soluzione richiedono un approccio integrale per combattere la povertà, per restituire la dignità agli esclusi e nello stesso tempo per prendersi cura della natura. | << | < | > | >> |Pagina 164182. La previsione dell'impatto ambientale delle iniziative imprenditoriali e dei progetti richiede processi politici trasparenti e sottoposti al dialogo, mentre la corruzione che nasconde il vero impatto ambientale di un progetto in cambio di favori spesso porta ad accordi ambigui che sfuggono al dovere di informare ed a un dibattito approfondito.
183. Uno studio di impatto ambientale non
dovrebbe essere successivo all'elaborazione di
un progetto produttivo o di qualsiasi politica,
piano o programma. Va inserito fin dall'inizio
e dev'essere elaborato in modo interdisciplinare, trasparente e indipendente da
ogni pressione economica o politica. Dev'essere connesso con
l'analisi delle condizioni di lavoro e dei possibili
effetti sulla salute fisica e mentale delle persone,
sull'economia locale, sulla sicurezza. I risultati
economici si potranno così prevedere in modo
più realistico, tenendo conto degli scenari possibili ed eventualmente
anticipando la necessità di
un investimento maggiore per risolvere effetti indesiderati che possano essere
corretti. È sempre necessario acquisire consenso tra i vari attori sociali, che
possono apportare diverse prospettive,
soluzioni e alternative. Ma nel dibattito devono
avere un posto privilegiato gli abitanti del luogo,
i quali si interrogano su ciò che vogliono per sé
e per i propri figli, e possono tenere in considerazione le finalità che
trascendono l'interesse
economico immediato. Bisogna abbandonare l'idea di "interventi" sull'ambiente,
per dar luogo a politiche pensate e dibattute da tutte le parti
interessate. La partecipazione richiede che tutti
siano adeguatamente informati sui diversi aspetti e sui vari rischi e
possibilità, e non si riduce alla
decisione iniziale su un progetto, ma implica anche azioni di controllo o
monitoraggio costante.
C'è bisogno di sincerità e verità nelle discussioni
scientifiche e politiche, senza limitarsi a considerare che cosa sia permesso o
meno dalla legislazione.
184. Quando compaiono eventuali rischi per l'ambiente che interessano il bene comune presente e futuro, questa situazione richiede «che le decisioni siano basate su un confronto tra rischi e benefici ipotizzabili per ogni possibile scelta alternativa». Questo vale soprattutto se un progetto può causare un incremento nello sfruttamento delle risorse naturali, nelle emissioni e nelle scorie, nella produzione di rifiuti, oppure un mutamento significativo nel paesaggio, nell'habitat di specie protette o in uno spazio pubblico. Alcuni progetti, non supportati da un'analisi accurata, possono intaccare profondamente la qualità della vita di un luogo per questioni molto diverse tra loro come, ad esempio, un inquinamento acustico non previsto, la riduzione dell'ampiezza visuale, la perdita di valori culturali, gli effetti dell'uso dell'energia nucleare. La cultura consumistica, che dà priorità al breve termine e all'interesse privato, può favorire pratiche troppo rapide o consentire l'occultamento dell'informazione. | << | < | > | >> |Pagina 168189. La politica non deve sottomettersi all'economia e questa non deve sottomettersi ai dettami e al paradigma efficientista della tecnocrazia. Oggi, pensando al bene comune, abbiamo bisogno in modo ineludibile che la politica e l'economia, in dialogo, si pongano decisamente al servizio della vita, specialmente della vita umana. Il salvataggio ad ogni costo delle banche, facendo pagare il prezzo alla popolazione, senza la ferma decisione di rivedere e riformare l'intero sistema, riafferma un dominio assoluto della finanza che non ha futuro e che potrà solo generare nuove crisi dopo una lunga, costosa e apparente cura. La crisi finanziaria del 2007-2008 era l'occasione per sviluppare una nuova economia più attenta ai principi etici, e per una nuova regolamentazione dell'attività finanziaria speculativa e della ricchezza virtuale. Ma non c'è stata una reazione che abbia portato a ripensare i criteri obsoleti che continuano a governare il mondo. La produzione non è sempre razionale, e spesso è legata a variabili economiche che attribuiscono ai prodotti un valore che non corrisponde al loro valore reale. Questo determina molte volte una sovrapproduzione di alcune merci, con un impatto ambientale non necessario, che al tempo stesso danneggia molte economie regionali. La bolla finanziaria di solito è anche una bolla produttiva. In definitiva, ciò che non si affronta con decisione è il problema dell'economia reale, la quale rende possibile che si diversifichi e si migliori la produzione, che le imprese funzionino adeguatamente, che le piccole e medie imprese si sviluppino e creino occupazione, e così via. 190. In questo contesto bisogna sempre ricordare che «la protezione ambientale non può essere assicurata solo sulla base del calcolo finanziario di costi e benefici. L'ambiente è uno di quei beni che i meccanismi del mercato non sono in grado di difendere o di promuovere adeguatamente». Ancora una volta, conviene evitare una concezione magica del mercato, che tende a pensare che i problemi si risolvano solo con la crescita dei profitti delle imprese o degli individui. È realistico aspettarsi che chi è ossessionato dalla massimizzazione dei profitti si fermi a pensare agli effetti ambientali che lascerà alle prossime generazioni? All'interno dello schema della rendita non c'è posto per pensare ai ritmi della natura, ai suoi tempi di degradazione e di rigenerazione, e alla complessità degli ecosistemi che possono essere gravemente alterati dall'intervento umano. Inoltre, quando si parla di biodiversità, al massimo la si pensa come una riserva di risorse economiche che potrebbe essere sfruttata, ma non si considerano seriamente il valore reale delle cose, il loro significato per le persone e le culture, gli interessi e le necessità dei poveri. | << | < | > | >> |Pagina 172194. Affinché sorgano nuovi modelli di progresso abbiamo bisogno di «cambiare il modello di sviluppo globale», la qual cosa implica riflettere responsabilmente «sul senso dell'economia e sulla sua finalità, per correggere le sue disfunzioni e distorsioni». Non basta conciliare, in una via di mezzo, la cura per la natura con la rendita finanziaria, o la conservazione dell'ambiente con il progresso. Su questo tema le vie di mezzo sono solo un piccolo ritardo nel disastro. Semplicemente si tratta di ridefinire il progresso. Uno sviluppo tecnologico ed economico che non lascia un mondo migliore e una qualità di vita integralmente superiore, non può considerarsi progresso. D'altra parte, molte volte la qualità reale della vita delle persone diminuisce – per il deteriorarsi dell'ambiente, la bassa qualità dei prodotti alimentari o l'esaurimento di alcune risorse – nel contesto di una crescita dell'economia. In questo quadro, il discorso della crescita sostenibile diventa spesso un diversivo e un mezzo di giustificazione che assorbe valori del discorso ecologista all'interno della logica della finanza e della tecnocrazia, e la responsabilità sociale e ambientale delle imprese si riduce per lo più a una serie di azioni di marketing e di immagine.195. Il principio della massimizzazione del profitto, che tende ad isolarsi da qualsiasi altra considerazione, è una distorsione concettuale dell'economia: se aumenta la produzione, interessa poco che si produca a spese delle risorse future o della salute dell'ambiente; se il taglio di una foresta aumenta la produzione, nessuno misura in questo calcolo la perdita che implica desertificare un territorio, distruggere la biodiversità o aumentare l'inquinamento. Vale a dire che le imprese ottengono profitti calcolando e pagando una parte infima dei costi. Si potrebbe considerare etico solo un comportamento in cui «i costi economici e sociali derivanti dall'uso delle risorse ambientali comuni siano riconosciuti in maniera trasparente e siano pienamente supportati da coloro che ne usufruiscono e non da altre popolazioni o dalle generazioni future». La razionalità strumentale, che apporta solo un'analisi statica della realtà in funzione delle necessità del momento, è presente sia quando ad assegnare le risorse è il mercato, sia quando lo fa uno Stato pianificatore. | << | < | > | >> |Pagina 177200. D'altra parte, qualunque soluzione tecnica che le scienze pretendano di apportare sarà impotente a risolvere i gravi problemi del mondo se l'umanità perde la sua rotta, se si dimenticano le grandi motivazioni che rendono possibile il vivere insieme, il sacrificio, la bontà. In ogni caso, occorrerà fare appello ai credenti affinché siano coerenti con la propria fede e non la contraddicano con le loro azioni, bisognerà insistére perché si aprano nuovamente alla grazia di Dio e attingano in profondità dalle proprie convinzioni sull'amore, sulla giustizia e sulla pace. Se una cattiva comprensione dei nostri princìpi ci ha portato a volte a giustificare l'abuso della natura o il dominio dispotico dell'essere umano sul creato, o le guerre, l'ingiustizia e la violenza, come credenti possiamo riconoscere che in tal modo siamo stati infedeli al tesoro di sapienza che avremmo dovuto custodire. Molte volte i limiti culturali di diverse epoche hanno condizionato tale consapevolezza del proprio patrimonio etico e spirituale, ma è precisamente il ritorno alle loro rispettive fonti che permette alle religioni di rispondere meglio alle necessità attuali.| << | < | |