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| << | < | > | >> |IndiceINTRODUZIONE 9 Roma, via Gregoriana 12 La storia dell'I Ching 21 L'interesse di Jung e di Bernhard per le cose esoteriche è nello spirito del loro tempo 24 Una scoperta recente CAPITOLO PRIMO - A proposito di divinazione 27 Perché si va dal mago, perché Adriano Olivetti e Federico Fellini consultavano I Ching? 30 Psicodinamica della divinazione CAPITOLO SECONDO - Bernhard parla 33 Bernhard e l'anziana signora 37 Un appunto volante del 2/5/1965 38 Bernhard parla de I Ching ai suoi allievi nelle registrazioni effettuate nella casa di via Gregoriana tra l'aprile e íl giugno 1965 42 Il Maestro e il Mago: Bernhard e Fellini CAPITOLO TERZO - Il commento de I Ching dettato da Bernhard 59 Origine di questo commento 60 L'I Ching di Bernhard 68 Il commento APPENDICE 125 IL TRAGHETTATORE ITALIANO DI CARL GUSTAV JUNG 141 RIFERIMENTI BIBLIOGRAFICI |
| << | < | > | >> |Pagina 12Nella Cina della Rivoluzione Culturale, quando le giovani Guardie Rosse di Mao distruggevano sistematicamente tutte le vestigia del passato, una delle poche cose antiche risparmiate che il turista europeo riusciva ancora a trovare in qualche luogo clandestino era un'immaginetta di carta povera, senza indicazioni di luogo o di tempo; una strana figura: due esseri metà umani e metà serpenti, uniti da una coda intrecciata, su un fondo giallo con luna, sole e stelle. Erano forse Rahu e Ketu, le due parti del serpente lunare della mitologia indiana? Quel serpente era considerato la causa delle eclissi e secondo il mito, da quando Visnù, irato per una sua impudenza, lo tagliò in due con la sua spada, i due tronconi si rincorrono nel cielo per riunirsi e quando la testa incontra la Luna, o il Sole, lo inghiotte ed ecco l'oscurità; ma la luce ritorna perché essendo la metà priva di coda, il Sole o la Luna riescono fuori, nuovamente visibili. O forse era il serpente del tempo avvolto intorno al corpo delle statuette degli orientali culti mitraici? O era già l'elica del DNA? Poco tempo fa, puntuale sincronicità, i due misteriosi personaggi sono riaffiorati casualmente dentro la scatola magica del computer di chi scrive, e stavolta avevano un nome: quello a sinistra era l'Imperatore Giallo, Fu Xi, il primo eroe civilizzatore cinese, (c.a. 2697 a.C. o 2852 a.C.), quella a destra la sua sorella gemella e sposa Nu Va, intrecciati per la coda di serpente, lei con un compasso e lui con una squadra, perché inventori di norme, regole, e degli otto trigrammi "per governare il mondo", quei trigrammi che un giorno Fu Xi aveva visto sul carapace di una tartaruga (fig. 2, 3 e 4). I segni della terra e del cielo, fossero animali come gli uccelli della divinazione etrusca e poi romana, fossero le venature delle foglie come in Amazzonia, fossero i pacchetti di fiori rossi o bianchi del rituale divinatorio Tamil dei fiori, fossero i disegni formati dalle conchiglie gettate a terra come si fa ancora oggi in India con la geomanzia, oppure, soprattutto e dappertutto, gli astri notturni, sono da sempre stati portatori di significato ai significanti, a coloro che il significato glielo davano, che cercavano orientamento e guida. Nella foresta della vita originaria, e dell'inconscio senza tempo, tutto poteva offrirsi come portatore di risposta a chi ne cercava una. In Cina quei segni, quei trigrammi costituiti da linee continue e linee spezzate, avrebbero caratterizzato per sempre il pensiero e l'intera vita dell'Oriente. Vengono da là i lenti movimenti sempre mutevoli del Tai Chi e del Chi Qong, la ginnastica collettiva eseguita dal popolo nel silenzio del primo mattino nelle piazze e nei giardini della Cina, che ha ben costituito anche dopo la Rivoluzione Culturale la forma muta di resistenza del popolo alla forzatura efficientista e megalomane dell'ideologia maoista delle Guardie Rosse ieri, e del capitalismo schiacciatore di diritti e di diversità oggi: cambiando continuamente il gesto, spostandosi fluidamente da una figura a un'altra, rovesciandosi completamente e dolcemente nell'immagine complementare, si rimetteva al centro della visione del mondo non l'uomo ma la vita con la sua legge principale: l'alternanza. Tra i danzatori possiamo immaginare anche Confucio, uso a consultare talmente spesso la sua copia de I Ching da averne dovuto sostituire tre volte il laccio che teneva assieme quel fascio di tavolette di bambù, la sua copia personale, e diceva che se avesse avuto ancora cinquanta anni di vita li avrebbe dedicati solo allo studio de I Ching. Confucio era razionalista, pragmatico, e con i suoi "Dieci Commentari" trasformò I Ching da testo divinatorio in una bibbia filosofica che avrebbe inspirato tutti, dai taoisti Chuang Tsu e Lao Tsu ai samurai giapponesi. Il testo volse il suo cammino verso Occidente nel Seicento, con i sei missionari gesuiti iniziatori della sinologia mandati dal Re Sole nel suo programma di scambio culturale e di sviluppo egemonico. Uno di loro, Joachim Bouvet (1656-1730) che era anche ambasciatore e sapeva guardare più lontano dei suoi compagni, considerò così I Ching: "Questi segni sono curiosi perché i cinesi da questi riflettono le mutazioni che avvengono costantemente in tutti i piani dell'universo; inoltre affermano che essi sono concepiti per gettare luce sul mondo nascosto dietro le apparenze e agiscono come una guida ai misteri... Oltre che un testo con una base scientifica... I Ching indica quali criteri e valori devono essere rispettati da chi agisce". Parole straordinarie, se si pensa che siamo in pieno assolutismo francese, con il cardinale Richelieu che fa guerra alla poesia e, in omaggio a un ottuso razionalismo, equivalente nel campo del pensiero all'assolutismo del re Sole, fa togliere dal celebrato "Théâtre des Plans et Jardinages", il manuale classico sull'arte dei giardini della famiglia Mollet, i giardinieri storici di tutti i re di Francia, senza i quali l'architetto Le Nôtre non avrebbe potuto mai realizzare Versailles, tutti i capitoli, ben sei, che insegnano a piantare e coltivare gli alberi secondo la Luna e la situazione degli astri durante l'anno — a governare il mondo non ci sia altro Sole all'infuori di Luigi XIV! Cristina di Svezia, che delle potenze della natura ne capiva e le amava e a Roma aveva abbandonato lo splendore del Palazzo Corsini alla Lungara per i pini e le ginestre profumate di Monte Mario, si portò il giovane André Mollet, figlio di Claude, a Stoccolma, e così nacquero i celebrati, stupendi giardini svedesi. | << | < | > | >> |Pagina 20Ed ecco che arriva la protesta giovanile, il movimento dei figli dei fiori. Già da molto tempo le menti migliori della generazione degli anni '60 hanno volto gli occhi verso l'Oriente, dove sembra loro di ritrovare la poesia, la saggezza, il favoloso, la sensualità, la valorizzazione della vita, il pieno di significato che la giovinezza brama: non solo i grandi intellettuali, come Jorge Luis Borges: Para una version del I Ching; come Herman Hesse: Il gioco delle perle di vetro; come Raymond Quenau: Cent Mille Milliards de Poèmes; come la poetessa Amelia Rosselli, che diceva: "avevo sempre quelle monetine in mano..."; non solo industriali illuminati, come Adriano Olivetti, in analisi con Bernhard dagli anni '40 e come lui frequente consultatore del libro cinese, come è stato mostrato anche nel film a lui recentemente dedicato; ma anche Bob Dylan: "Il libro (I Ching) è l'unica cosa che è straordinariamente vera, oltre a essere un grande libro in cui credere, è anche una fantastica poesia"; e John Cage, che nella sua "Music of Change" compone senza un Io soggettivo, cercando senza intenzionalità un suono naturale; e Merce Cunningham, che nelle sue coreografie lavora sulla casualità; e Allen Ginsberg, che ritrae tutto un mondo in cerca di una forma di spiritualità: "Consulting I Ching smoking pots listening to the Fugs Sing Blak"; e George Harrison, che racconta come una volta scelse un libro a caso, era I Ching e diceva "gently weeps", lui posa il libro e inizia a comporre "While My Guitar Gently Weeps"; e Syd Barret dei Pink Floyd: "The Piper at the Gates of Dawn"; e Alvin Curran.| << | < | > | >> |Pagina 21L'interesse di Bernhard, e di Jung prima di lui, per le cose esoteriche, per la chirologia, l'astrologia e la divinazione cinese è certamente spiegabile soprattutto con la loro psiche, aperta all'insolito, all'apparente caso, capace di accogliere fino alla simbiosi l'oceano dell'inconscio, perché vi ritrovavano non la "marea di fango dell'abisso" come appariva al pessimista Freud che resisteva disperatamente alle scoperte sulla telepatia del suo geniale allievo Ferenczi e all'interesse per l'astrologia di Jung, ma la fonte di ogni saggezza e vitalità, i segnali visibili della presenza invisibile che loro sapevano sentire vicina, il Tao all-pervading, come Pavese chiamava il mare. E bisogna anche dire a onore di Freud che nel 1921 egli scrive a Hereward L.H. Carrington, fondatore dell'American Psychic Institute: "Io non sono uno dei quelli che respingono in anticipo lo studio dei cosiddetti fenomeni psichici occulti come non scientifico, indegno, o addirittura pericoloso. Se fossi, invece che alla fine, agli inizi della mia carriera scientifica non sceglierei, nonostante le difficoltà, un altro campo di lavoro". Quell'interesse per l'esistente e non ancora scientificamente spiegabile, per l'occulto, va soprattutto spiegato con lo spirito del tempo, con il momento storico della formazione di Jung e di Bernhard. La prima parte dell'800, quello dei loro padri, è all'insegna dell'orientamento progressista post Rivoluzione francese: in Europa la borghesia è in pieno sviluppo e la lotta politica degli operai è iniziata: la teoria socialista assume per la prima volta una forma concreta: ci si occupa di realtà sociale. Anche l'arte, con i pittori e scrittori realisti, Courbet, Balzac, Dickens, più tardi Flaubert e Zola, ritrae in modo anche brutale la vita quotidiana. Chi mai aveva descritto prima l'atmosfera tetra che invade una strada di Londra fangosa e nera di fuliggine in una giornata di pioggia, con i passanti che si urtano l'un l'altro con gli ombrelli in un'epidemia di malumore? Il barone Haussman spianerà le pittoresche case della vecchia Parigi per calarci i suoi geometrici Boulevards, così disegnati con la squadra, antinaturali nonostante i bordi alberati. L'apparenza generale sembra quella di un progresso materiale e razionale, ma le tragedie borghesi della Comédie Humaine e di Oliver Twist, e più tardi di Madame Bovary, svelano un'anima collettiva assillata da un'ipertrofia patologica del desiderio di denaro e di potere; la gente soffre. Perciò dopo la metà del secolo — per gli astrologi dal 1846, con la scoperta di Nettuno, il pianeta mistico dell'assorbimento dell'Io in qualcosa di grande e di meraviglioso —, è sorta, come reazione compensatoria, una corrente spiritualistica — e spiritistica — che procede in parallelo con l'avanzata a livello ufficiale del pensiero positivistico. Il popolo comincia a conoscere le bruttezze della prima industrializzazione, delle prime metropoli dove il contadino inurbato divenuto operaio soffre della perdita del contatto con la natura, con la sua terapeutica bellezza e fertilità, la sua rassicurante ripetizione della ciclicità della vita. Allora egli cerca la propria anima, si direbbe, che prima intuiva in ogni nuova lucida fogliolina che rispuntava misteriosa dal solco in primavera, in ogni agnellino che nasceva bianco come un'apparizione, cerca la propria anima in qualunque apparenza di spiritualità, anche in idee e personaggi stravaganti, marginali, cerca scampo nell'"altrove da qui", quel "dovunque fuori da questo mondo" di Baudelaire che arriva alle persone colte dall'eredità romantica, soprattutto germanica. Ed ecco l'interesse popolare andare a grossolane storie di fantasmi, a personaggi eccentrici, come l'impresentabile Madame Blavatsky, col suo salotto completo di serpenti imbalsamati, fondatrice nel 1875 della Società Teosofica, così poco raccomandabile agli occhi di uno scienziato positivista. La sospettosità naturale di Freud deve aver colto il lato regressivo, scadente, della corrente spiritualistica di fine secolo, il suo cattivo gusto tipico dei movimenti in cui prevale l'inconscio — i grotteschi paludamenti della società esoterica della Golden Dawn dell'epoca del giovane Yeats — non abbastanza elaborati dalla coscienza e dal senso di realtà. Freud non può rendersi conto che è una compensazione inconscia, per il principio dell'alternanza, per cui una cosa giunta alla fine del suo percorso si rovescia inevitabilmente nel suo contrario. A ogni inizio d'anno, nell'antica Roma, la corsa dei cavalli nell'agone del Circo Massimo intorno all'obelisco, simbolo del sole, mostrava al popolo il percorso in due tempi dell'astro — ma anche della vita — che moriva a una delle due mète, per poi rinascere, con il galoppo dei cavalli che volgeva verso la méta opposta. La corrente dell'altrove da qui, accentuatasi nei primi decenni del Novecento, procede in parallelo con le meraviglie di Fata Elettricità, celebrata trionfalmente all'Exposition Universelle di Parigi e ora presente in ogni casa per la gioia del popolo, che per la prima volta nella storia dell'uomo ha l'acqua corrente in casa. | << | < | > | >> |Pagina 27Prigioniero apparente del caso, l'uomo sembra continuare a non ammettere le limitazioni al suo potere imposte dalla natura. È il bisogno di conoscere che spingeva Ulisse sui mari infestati dalle Sirene e minacciati dai giganti antropofagi, che portò Armstrong sulla Luna e che sta ora accecando gli scienziati pazzi sull'abisso della manipolazione genetica, futura causa di gravissimo sconvolgimento degli equilibri naturali del pianeta, che sta dietro alla ricerca della divinazione, antica come l'uomo. Un atteggiamento proprio dell'uomo comune. Dice Max Weber: "L'uomo comune è senza senso del destino, o viceversa timoroso di un destino, oppure rassegnato di fronte ai cambiamenti dell'esistenza: tre modi di porsi che implicano sempre l'idea di un destino che sta fuori". Meno comune, l'altro atteggiamento, quello del sentire il destino interno a noi. | << | < | > | >> |Pagina 30L'archetipo all'opera nella relazione tra il divinatore e il suo cliente, è indubbiamente quello del salvatore — e del salvato — il suo cliente. Non stanno giocando a qualcosa, ingannandosi l'un l'altro; stanno rappresentando un rito antico: quello della Salvezza. È proprio del rito, dell'archetipo, il fascino, la luminosità esercitata dalla situazione divinatoria; tutti drizziamo le orecchie alla parola "indovino". Si tratta di un rito in essenza positivo: io desidero, per sentirmi felice, sentirmi forte, in controllo del mio mondo; poiché attualmente non sono capace di farlo, io proietto la mia capacità di controllare il mio mondo — questa è la magia — su un'altra persona: il mago volitivo e senza riguardo che patteggia col diavolo: Faust. Il mago, per la sua frequentazione con l'insolito, con il non ordinario — quei I Chíng così inafferrabili — è una personalità mana (parola melanesiana che significa insolitamente efficace), "né buono né cattivo, neutro, attraversato dalla forza indifferenziata della natura che è forte negli esseri insoliti e negli eventi non ordinari", come dice Jung.
Quando elenca le persone insolite, i "diversi", Cristo
elenca gli esseri dotati di
mana: "e beati i poveri di spirito... gli afflitti... i mansueti... gli affamati
e assetati di giustizia, i misericordiosi, i puri di cuore, í pacifici, i
perseguitati per causa della giustizia, perché di essi è il regno dei cieli"
(Matteo, 5).
Dunque, si va dal mago per un istinto e desiderio religioso di felicità, di appagamento dei desideri profondi: quelli di cui parla il saggio Si va dal mago perché nelle nostre religioni "rivelate" manca la confessione incoraggiante, il permesso di stare bene. Ci dicono troppi devi e non devi, ci danno pochi permessi. Il mago sembra dare il permesso del desiderio. Piace poter parlare di sé, poter avere il permesso, obbedire al consiglio del saggio: "l'unico dovere che abbiamo è di essere felici... ciascuno a suo modo. Dobbiamo rispettare la diversità dei modi di essere felici". Sotto vi è l'idea arcaica che pronunciando di fronte a qualcuno il desiderio si ottiene la sua soddisfazione, il desiderio si avvera: la magia della parola. Ma ben venga l'ammissione, la formulazione del desiderio! Ancora meglio: ci si riprenda il permesso del desiderio attribuito al mago. Si rivaluti il diritto alla felicità, la sua possibilità attraverso l'ammissione della realtà delle risorse che possediamo: non siamo né poveri diavoli impotenti, né bambini inesperti e confusi: siamo la Vita, la meravigliosa e ricchissima vita, infinita. Tanta strada abbiamo fatto da quando camminavamo a quattro zampe, e da quando, un giorno, ci siamo alzati da soli, straordinaria impresa già solo questa, e l'abbiamo fatta noi tutti. Siamo vivi, e il nostro scopo è di continuare a vivere, la vita vuole affermare se stessa, vivere di più. Per ciò è giusto voler rinunciare, una volta per tutte, al personaggio del bimbo fragile, le cui cose non valgono nulla, al bimbo impotente che ha bisogno delle risorse altrui. "Il fiore profumato di mullà che sta nel mio cortile non profuma", dice il divertente proverbio indiano.
Come funziona la divinazione? Per principio
analogico,
lo stesso tipo di pensiero dei bambini, dei popoli originari
e di tutti, quando siamo in stato emotivo e percettivo.
È lo stesso meccanismo che serve per accedere a ogni
forma di percezione insolita e creativa: una fuga particolare dell'attenzione
che, ancoratasi a qualcosa di interessante, che sembra significativo, sviluppa
poi una serie di deduzioni con lo stesso volo logico di chi, penetrato nel
palazzo fatato, attraversa una fuga di stanze avendo saputo fin dall'ingresso
dove troverà lo scrigno dorato. Percy Seymours, l'eminente studioso di
astrofisica non lontano
dalle posizioni di Stephen Hawking, ha avanzato recentemente la tesi che
l'universo e ogni parte che lo compone,
dalle stelle all'uomo, sia indissolubilmente avvolto in una
ragnatela di linee per sempre risuonanti e vibranti; questa
tesi permette di spiegare gli influssi dei pianeti e i casi di
telepatia, chiaroveggenza, precognizione e la sincronicità
su cui si basa l'
I Ching,
assieme a una vasta gamma di fenomeni correlati alla fisica atomica.
Il vero dono de I Ching è forse il poter con essi guardare lontano "al di là del proprio naso" (Paracelso, Paragranum), un lontano che può essere il dentro, il molto lontano, cioè il molto profondo: se stessi. | << | < | > | >> |Pagina 68(Intorno al segno delle sei linee intere) Il destino produttivo attivo che si svolge rinnovando il cielo in passaggi di fase. Noi siamo esecutori e insieme mezzi di questa realizzazione. Dobbiamo identificarci con tale destino essendo attivi e produttivi.
Nove all'inizio:
Drago coperto. Non agire.
C'è una personalità importante ancora nascosta sotto la collettività per cui non si può agire. Però bisogna che sia consapevole di questo e tranquillo aspetti finché verrà il suo momento. Bisogna rendersi conto del proprio vero valore che arriverà a influenzare l'altro anche se per ora non può.
Nove al secondo posto:
Drago che compare nel campo. Propizio è vedere il grand'uomo.
Il momento di agire non è ancora venuto perché non si è riconosciuti benché si valga. L'individualità dominante si rende manifesta ma ancora non si distingue dagli altri e non si fa vedere nella sua eccezionalità.
Nove al terzo posto:
Il nobile è creativamente attivo tutto il giorno. Ancora a sera è pieno di
pensieri preoccupanti. Pericolo. Nessuna macchia.
Se si dà da fare produttivamente non c'è pericolo di un attivismo inflazionistico, che va evitato. Promette successo, ma bisogna fare attenzione.
Nove al quarto posto:
Oscillante impeto verso l'alto, al di sopra dell'abisso. Nessuna macchia.
Estroversione-introversione. Solo risolvendo la situazione interiore si realizza la giusta soluzione esterna.
Nove al quinto posto:
Drago volante nel cielo. Propizio è vedere il grand'uomo.
La riunione superiore col Tao. Riferito a un rapporto significa che le due persone hanno vera affinità. Nove sopra: Drago altezzoso avrà da pentirsi. | << | < | > | >> |Pagina 125La Germania prenazista — All'inizio del Novecento la Germania è il Paese più ricco d'Europa, con le sue colonie in Asia, Africa e Oceania. Sconfitta nella prima guerra mondiale, umiliata e impoverita dal trattato di Versailles che ha imposto ai Paesi vinti danni di guerra pesantissimi, disorientata dall'abdicazione dell'imperatore Guglielmo II nel 1918, sembra ritrovare la speranza con la Repubblica di Weimar e il suo tentativo di instaurare una normale democrazia liberale. All'apice della sua epoca d'oro, 1923-1929, con gli accordi di Locarno del 1925 la Germania non è più considerata nazione sconfitta, ma interlocutore internazionale. La conseguente euforia economica durerà fino al 1929, con una straordinaria creatività e una grande fiducia nel lavoro e nella possibilità di costruire un nuovo Paese. Weimar è quanto di più moderno nell'arte, nella letteratura, nell'architettura, con la più importante scuola di architettura moderna d'Europa, la Bauhaus di Walter Gropius, Adolf Meyer e Mies van der Rohe, moderna e libertaria, improntata alle nuove idee della comodità e della praticità si inventa una nuova lampada da tavolo pieghevole e la cucina deve essere collegata alla camera dei bambini, affinché la madre possa controllarli; ecco Mondrian, Kandinsky, Hindemith; nel pensiero è la ribellione dei figli contro i padri, nell'arte sono i dadaisti, nella vita sociale sono i berlinesi contro i filistei, i libertini contro i vecchi moralisti, i brillantissimi comici dei vivacissimi cabaret, e i giovani Wandervögel ("uccelli migratori") con il loro culto della vita naturale. È un nuovo umanesimo, un cosmopolitismo, uno sguardo verso il futuro in favore dei bisogni collettivi, una voglia di vivere, uno scambio di energie, di idee, di progetti. A Berlino, centro artistico europeo e luogo d'avanguardia, si sviluppa nei caffè e nei cabaret una cultura del consumo e del lieto vivere: in tutte le case entra l'acqua corrente e soprattutto l'elettricità, che favorisce il propagarsi prodigioso della radio e del cinema, punto di forza della cultura tedesca insieme ai teatri e ai cabaret. E, tra gli intellettuali mitteleuropei ecco Thomas Mann, Adorno e Hugo von Hofmannsthal mentre l'opera di Sigmund Freud ispira i romanzi di Arthur Schnitzler. Nel 1921 Berlino è anche il faro luminoso del cinema. Ecco Pabst, Murnau, Lubitsch, Fritz Lang, ecco Louise Brooks, Emil Jannings, Marlene Dietrich.
La Germania è leader anche nelle scienze: i progressi tecnico-scientifici
producono nuove "materie prime",
quelle artificiali, sintetiche, che poiché sono meno costose
sostituiscono i materiali naturali, facendo crescere il benessere delle masse
che possono godere di beni prima riservati
a pochi. Wilhelm Röntgen scopre i raggi X, Gerhard Domagk i sulfamidici,
precursori degli antibiotici. La Germania è avanti anche nello studio e nella
cura della psiche. Sia
Freud che Jung ritengono vitale che l'analisi sia forte in
Germania, perciò il primo istituto psicoanalitico non è né
a Vienna, la città di Freud, né a Zurigo, la città di Jung, ma
a Berlino, nel 1920, e la prima analista junghiana a Berlino,
Kaethe Buegler, studia con Jung nel 1927. Uno dei suoi
primi pazienti è un giovane pediatra ebreo, Ernst Bernhard.
Gli ebrei in Germania: Ernst Bernhard – Verso la fine degli anni Venti gli ebrei sono leali alla Germania, assimilati e relativamente benestanti. Prestano servizio nell'esercito tedesco e portano il loro contributo nel mondo delle scienze, degli affari e della cultura. Anche Ernst Bernhard (Berlino 1896 – Roma 1965), figlio di un medico molto affermato che vive nel quartiere dell'alta borghesia protestante di Berlino, partecipa alla prima guerra mondiale come volontario e fa attività politica come sionista socialista con il suo reggimento. E' allora che legge Martin Buber, che lo segnerà profondamente con la sua visione diversa, più interiore, moderna, dell'ebraismo, lontana dal formalismo soffocante della comunità israelitica di Berlino. Educato nella cultura tedesca, nella luce di Goethe, Bernhard durante l'adolescenza è stato un romantico Wandervögel, alla ricerca dell'innocenza della vita naturale, e più tardi aspira a trovare nell'analisi freudiana una risposta alla sua inquietudine di uomo originale, avverso alla mentalità collettiva, alla ricerca di nuove grandi risposte a grandi domande, soprattutto alla ricerca di un Dio diverso, che lo portano a dichiarare il suo distacco dall'ebraismo ufficiale.
Né l'analisi con Sándor Radó né quella con Otto Fenichel, allievi diretti di
Freud, lo soddisfano; sente di non
poter ridurre tutta la ricchezza della vita al pansessualismo
freudiano. Già padrone della teoria e della tecnica psicoanalitica ortodossa,
come Jung cerca altro dal freudismo, che gli
appare ristretto, troppo riduttivo; ha bisogno di una visione
della psiche, della terapia e del mondo spirituale che non
solo risolva il suo Edipo, il suo problema con il tirannico
padre, ma che soprattutto nutra la sua ricerca di un senso, di
un valore individuale nella sua esistenza. Questo, all'inizio,
lo porta verso un personaggio straordinario: Julius Spier.
La mano di Julius Spier —
Spier era uno psicochirologo: studiava e classificava la forma e le linee della
mano, leggendovi con eccezionale capacità di introspezione le caratteristiche
della personalità. Era stato Jung stesso ad accorgersi di questo suo dono e a
convincerlo a farne una professione, per la quale Spier abbandonò senza
rimpianti la direzione della sua banca e la sua casa editrice. Con
eccezionali risultati: dovunque andasse, attirava discepoli
che parlavano di lui come di una personalità magica, fra
cui anche Etty Hillesum, il "cuore pulsante" del lager in
cui morì. Con Spier, Bernhard trova nella chirologia, soprattutto nella
distinzione tra mano destra e mano sinistra,
un lume su ciò che gli interessa, la possibilità di capire e
quindi differenziarsi dal destino della propria famiglia, dei
genitori, e l'indicazione del proprio cammino individuale.
Nel 1935 Bernhard terrà tre conferenze sulla chirologia
nello stesso Psychologischer Club di Zurigo, l'istituto di Jung.
L'eterodossia di Bernhard — Gli antichi allievi di Bernhard, come Paolo Aite, ricordano ancora il loro stupore quando, ricevuti per la prima volta negli anni Cinquanta dal famoso analista tedesco di cui parlava tutta Roma, si sentivano chiedere subito da quest'uomo distinto e austero di farsi esaminare le mani, e di dire data di nascita, luogo, giorno e ora, per costruire la carta del cielo personale. [...]
Nazismo e fascismo —
Il 1933 segna l'avvento dello Stato
totalitario tedesco, favorito dal tasso di disoccupazione
vertiginoso e dall'incertezza economica, nel turbolento
periodo di polarizzazione tra l'estrema sinistra comunista
e i nazionalsocialisti di Hitler. Cinquantuno giorni dopo
la sua ascesa, il 22 marzo 1933, il dittatore apre il campo di
Dachau, destinato a "tutti i comunisti e funzionari statali
che minacciano la sicurezza dello Stato", ordina i roghi
di libri, la distruzione dei negozi degli ebrei e gli incendi
delle sinagoghe: sono le leggi di Norimberga del 1935, la
persecuzione aperta, la Notte dei Cristalli. Dal 18 ottobre
1941 iniziano le deportazioni ad Auschwitz. Dei 170.000
ebrei berlinesi, oltre 100.000 sopravvivono all'estero e
solo 6.500 rimangono nascosti in città. I brillantissimi comici, tutti ebrei,
che avevano animato i favolosi cabaret berlinesi, finiscono tutti nei campi di
stermino nazisti, come racconta la storica Antonella Ottai in un suo studio.
Bernhard, con la sua compagna Dora Friedländer, cerca
asilo in Inghilterra, ma viene respinto dai funzionari del
British Immigration Office perché sulla scheda d'ingresso,
alla voce "professione", ha scritto "chirologo e astrologo".
Opta allora per l'Italia.
L'Italia di Mussolini e il campo di Ferramonti – Gli stranieri non si erano resi conto del pericolo del fascismo italiano, che fino al 1939 invitava i professionisti ebrei a venire nel Bel Paese, dove il loro sapere, e anche le loro ricchezze, erano bene accolti. Mussolini amava fregiarsi dei bei nomi dell'intellighenzia europea, specialmente tedesca, e i visti d'ingresso italiani non recavano ancora l'iniziale J di "Jew". Rispetto ad altri Paesi europei il pensiero di Jung incontrava il massimo favore, seppure in gruppi ristretti, proprio in Italia, forse a causa delle radici della cultura greco-romana, del Rinascimento, dell'amore italiano e cattolico per le immagini: per Jung le immagini italiane erano aspetti significativi della psiche. Bernhard, che dal 1936 porta in Italia il pensiero di Jung, è attratto, oltre che dall'esempio di Goethe e del suo viaggio nella terra "dove fioriscono i limoni", anche dal mondo mediterraneo, che in Italia sente così affine a quello semitico, al Cantico dei Cantici, ai Salmi. Egli attira subito personalità della cultura come Edoardo Weiss, il primo illustre psicoanalista italiano, con la moglie Wanda, Emilio Servadio e Claudio Modigliani. Ma nel 1938 il Manifesto della razza dà il via anche in Italia alla persecuzione contro gli ebrei. Edoardo Weiss fa in tempo a fuggire negli Stati Uniti nel 1938, ma Bernhard è tra i primi 20-25 professionisti ad essere arrestato e mandato nel campo di internamento di Ferramonti, in Calabria, un luogo desolato e malarico, dove però fortunatamente c'è un comandante umano e apolitico che rende il campo più simile a un kibbutz che a un lager. Tra questo campo e Roma, dove è rimasta la povera, angosciata Dora, c'è uno scambio intensissimo di lettere, un vero manuale di resistenza illuminato e generoso e, alla fine, vincente. Ciò che aiuta sempre Bernhard, nel campo come nella vita e con i pazienti, è la sua particolare fede nella Provvidenza, che "sa meglio di noi quello che è buono per noi", il senso taoista dell'ordine delle cose, con la sua ciclicità del crescere e del diminuire, e la fede nell'entelechia, il processo che porta ogni seme, attraverso tutte le vicende, anche quelle difficili, a divenire quell'unica pianta. L'entelechia indica per Aristotele una realtà che ha in se stessa la capacità di attuare tutte le sue potenzialità; Goethe la ritrova nella "ostinazione dell'uomo a scuotersi di dosso ciò che non gli è conforme", come se in ogni essere ci fosse al tempo stesso un proprio progetto e una previsione del proprio futuro.
Proprio prima di essere mandato ad Auschwitz, Bernhard viene salvato da
Giuseppe Tucci, l'insigne archeologo e orientalista, che avvalendosi delle sue
entrature politiche riesce a far uscire dal campo Bernhard, che tuttavia a Roma
deve subito nascondersi in una stanza segreta perché i tedeschi lo stanno
cercando. La vita professionale di Bernhard
inizia dopo la liberazione, quando diventa la guida di molte
personalità della cultura non solo italiana ma anche straniera del dopoguerra.
Frequenta i nomi di spicco di quel momento straordinario di incontro – per la
prima volta – tra la scienza tradizionale dell'Oriente e il pensiero scientifico
moderno, che ha il suo centro a Eranos, ad Ascona, in
Svizzera, un luogo voluto da Jung come emblema di quella
conciliazione degli opposti che è la finalità di tutti gli spiriti
illuminati e generosi (vedi fig. 5, 6, 7).
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