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| << | < | > | >> |IndicePREFAZIONE, 11 La lingua, 12 Chi sono gli Orishas?, 13 Gli sciamani, 15 Gli animali, 15 Il tempo, 16 VITA E FATTI DI OBATALÀ, IL SUPREMO SIGNORE DEL MONDO, E DEL SUO MESSAGGERO OLOFIN La terra, i mari e la saggezza di Olofin, 21 L'anima entra negli esseri umani, 23 La nascita di Eshu, 25 La curiosità di Orishanlà, 27 Obatalà separa il Cielo dalla Terra, 29 Le parti del corpo s'incontrano, 31 Al granchio non fu data la testa, 33 Il naso non dorme, 35 Appaiono le malattie e la morte, 37 L'Ira di Olokun, 39 Oko disegna l'arcobaleno, 41 Gli sciamani disobbedienti, 43 Obì, la noce di cocco, 45 Le gazze bugiarde, 47 La scimmia dalle nove code, 49 L'agnello, il bastone e la corda, 51 La storia dello sciamano giovane, 53 L'esperienza degli anziani, 55 Il pappagallo, 57 Il leone mansueto, 59 Olofin cerca il successore, 61 VITA E GESTA DI ORULA, IL DIO DEGLI INDOVINI E DELLE PROFEZIE Orula si reca in guerra, 65 Lo spavento della morte, 67 La famiglia delle divinità, 69 Tre prove da superare, 71 Il cuoco, 73 VITA E GESTA DI ANIMALI Le disavventure della gallina, 77 La lumaca, il serpente e la lucertola, 79 Il granchio e il serpente, 81 A chi tocca il pesce?, 83 VITA E GESTA DI ORISHAS Il muratore, 87 Il complotto degli Orishas, 89 VITA E GESTA DI ELEGUÀ, IL DIO DEL DESTINO La nascita di Eleguà, 93 Eleguà, il festaiolo, 95 I tre fratelli superbi, 97 Il vanitoso, 99 VITA E GESTA DI OGUN, IL DIO DELLE FORNACI E DEI METALLI L'equivoco, 103 La dea dell'amore e il gallo, 105 Il cane nero, 107 Obè, lo straniero, 109 Ubriachi si conclude poco, 111 Prigioniero, 113 VITA E GESTA DI OCHOSI, IL DIO DELLA CACCIA La moglie del cacciatore, 117 Le tre coturnici, 119 VITA E GESTA DI OCHUN, DEA DELL'AURORA E DELL'AMORE La lanterna di zucca, 123 Agayù, 125 Kosina, 127 VITA E GESTA DI SHANGÒ, DIO DEI FULMINI E DEI TUONI La moglie ingenua, 131 L'inganno della moglie, 133 Il sacco magico, 135 Il tamburo, 137 Il potere dei tuoni e dei fulmini, 139 La calunnia, 141 Il cane rimpicciolito, 143 VITA E GESTA DEGLI ORISHAS YEMÙ, OLOKUN E YEMAYÀ La bontà di Yemù, 147 La moglie infedele, 149 Tradimenti e incontri, 151 I frutti dell'albero, 153 Non s'inganna il dio delle profezie, 155 |
| << | < | > | >> |Pagina 11Questi racconti, tratti dalla narrazione orale di Cuba, possono essere considerati come il ricordo o la reminiscenza della tradizione orale dell'Africa subnigeriana impiantata, tra il XVI e il XIX secolo, nel culto e nella cultura dell'isola caraibica. In qualche misura sono anche "fiabe nere", che incorporano le sofferenze, le privazioni, le persecuzioni e le discriminazioni della schiavitù. Gli schiavi venuti dall'Africa portarono con sé un sistema di credenze animistiche che nascosero dietro una cortina religiosa cattolica. Si trattava di un patrimonio mitologico vasto e articolato che rimase fortemente radicato nei gruppi che i vari padroni tenevano ben compatti, che organizzavano in associazioni (cabildos) e che talvolta si organizzavano in società segrete, come l' Abakuà, composta da soli uomini. Il contenuto di valore universale presente nell'insieme delle narrazioni, il loro pregio letterario e la loro sorprendente capacità d'entrare in sintonia con la cultura cubana ne hanno fatto un elemento importante della cultura popolare di un'ampia parte della popolazione dell'isola, indipendentemente dal colore della pelle. Oggi un gran numero di studiosi ritiene che a Cuba vi siano più seguaci delle religioni afrocubane che praticanti cattolici. [...] Chi sono gli Orishas? Nei racconti che seguono transitano gli Orishas, ma anche gli esseri umani, gli animali, le piante e una grande varietà di forme viventi e di esseri inanimati che si trasformano in esseri viventi e in personaggi. In generale, siamo di fronte a narrazioni mitiche che si snodano in luoghi reali: la casa, i campi coltivati, le foreste, i fiumi, i mercati, i villaggi. Gli Orishas, spiriti ancestrali, sono divinità di vari ordini e gradi, tra loro imparentati in relazioni di amicizia o di lotta che vivono tra gli uomini, nelle loro città, tra le loro popolazioni e ne condividono pregi e difetti, grandezza e debolezza d'animo. L'unica differenza con gli esseri umani risiede nel possesso di grandi poteri e di grandi forze che normalmente provengono dall'obbedienza ai disegni della divinità suprema o dall'ossequio alle indicazioni del saggio Orula, l'oracolo, signore delle profezie e delle premonizioni. Non dobbiamo quindi stupirci se queste divinità, proprio come gli esseri umani, hanno fame, hanno sonno e sete, si sposano e hanno una vita coniugale, cercano di accumulare denaro e soffrono se sono disoccupati, possono essere schiavi e lottare per la libertà oppure soffrire la prigionia e gioire se incontrano un tesoro. Talvolta queste divinità esercitano il loro potere sugli esseri umani non come esercizio di un capriccio, bensì in applicazione di valori etici e morali, grazie ai quali si rafforza la convivenza sociale e l'identità del gruppo e della tribù. Con questa chiave di lettura, pedagogoca e culturale, si devono interpretare le sanzioni commissionate agli individui quando sono indisciplinati, avari, traditori, egoisti, ladri, irresponsabili e allo stesso modo devono essere considerati i premi per le virtù quali la solidarietà, l'altruismo, il rispetto, la generosità. Nella santeria, o Regla de Ocha, si amalgamano credenze cattoliche e yoruba: i santi cattolici e le apparizioni della Vergine sono associati alle divinità yoruba o Orishas. Il più importante fra tutti gli Orishas è il dio creatore, intorno a cui si dipanano innumerevoli racconti. Il suo nome è Obatalà ed è associato a Cristo o a Nuestra Senora de la Merced. Come si può vedere in questo caso, l'appartenenza sessuale ora maschile ora femminile caratterizza gran parte delle divinità, che appaiono maschi in alcune narrazioni e donne in altre. Yemù o Yemayà (perché anche i nomi delle divinità hanno una certa variabilità nei racconti) è la moglie di Obatalà. È la dea dell'oceano, unita al colore blu, ed è la madre di tutti gli dei. Sovente è associata all'immagine o all'azione di intercessione tipica della Vergine Maria. Olofin è il messaggero, il portavoce degli dei, ma sovente la sua figura si confonde e si mescola con quella di Obatalà. Tra gli dei, figli legittimi del dio creatore, vi è Eleguà, associato a Sant'Antonio, signore del destino. Questi ha vari fratelli: Ogun, identificato con Giovanni Battista, è la divinità delle fucine, dei metalli e dei fabbri; Ochun, moglie di Shangò, è la dea dell'amore, dell'aurora e dei fiumi. È un orisha potentissimo ed è associato alla santa patrona di Cuba, la Vergin de la Caridad del Cobre. La sua raffigurazione è prevalentemente in giallo. Shangò, il dio yoruba dei fulmini, dei tuoni e della guerra, è associato a Santa Barbara, vive sulle cime delle palme reali e il suo colore prevalente è il rosso. Shangò è figlio di un atto incestuoso tra Ogun e la madre Yemù: numerose divinità hanno questa origine poco nobile. È il caso di Orula, il dio delle profezie e delle premonizioni: l'oracolo che è sempre bene consultare nella vita. Oroina è il dio del fuoco; Ikù indica le malattie e la morte, ma il dio orisha delle infermità è Babalù Ayè, associato a San Lazzaro. Aggayù Solà è il dio della Terra, il protettore dei viaggiatori ed è associato a San Cristoforo. Ochosi è l'orisha della caccia. Il pantheon yoruba non finisce qui e le divinità minori son innumerevoli, tuttavia queste sono le figure predominanti nelle narrazioni. | << | < | > | >> |Pagina 21LA TERRA ERA UNA grande massa incandescente e Olofin, il messaggero degli dei, sentiva un calore insopportabile. Invitò quindi Yemù, la dea dell'Oceano, affinché spegnesse quel fuoco. Per tre notti ella operò e alla fine riuscì nell'intento. Ora l'acqua scorreva dai luoghi più alti verso quelli più bassi e tanto lungo era il loro viaggio che il liquido dolce, quando giungeva a destinazione, era diventato salato: così nacquero i fiumi e i mari. Oroina, il dio del fuoco, si era dovuto ritirare proprio nel centro del pianeta e, non contento del suo destino, si recò a protestare da Olofin, il quale lo rimproverò per le malefatte a cui si era abbandonato. Tuttavia, con l'abituale bontà e dolcezza gli disse: "Stai pagando per la tua colpa. Però, affinché nessuno si dimentichi di te, ogni tanto ti presterò un vulcano e da lì tu potrai far sentire la tua voce e mostrare la forza ai tuoi eredi". Per questo, quando meno ce l'aspettiamo, un vulcano ci spaventa con il suo ruggito, che altro non è se non la voce di Oroina e di Agayù, suo figlio, che divora i campi coltivati e s'impadronisce della savana. | << | < | > | >> |Pagina 117OCHOSI, IL DIO della caccia, tutti i giorni cacciava gli animali: offriva il loro sangue a Obatalà e conservava la carne per il proprio sostentamento. Sua moglie decise di investigare sullo strano mistero per cui tutta la carne arrivava sempre dissanguata. Fece allora un buco nel sacco che il marito usava per trasportare le prede e il giorno seguente seguì le tracce lasciate a terra. Giunse così al luogo dove il marito faceva le offerte e i sacrifici propiziatori e si nascose di fretta tra gli arbusti. Poco dopo si presentò Obatalà, che tutto vede e non ignorava certo la presenza della donna. Decise così di castigare la sua indiscrezione e nel momento in cui Ochosi s'apprestò al sacrifico gli disse: "Dì a tua moglie che se ne vada via da quei cespugli!". La donna, sorpresa, saltò fuori dal nascondiglio e s'inchinò dinanzi al dio supremo, che pronunciò la sua sentenza: "La curiosità ti ha fatto seguire il sangue. Perciò, a partire da oggi, periodicamente tu lo vedrai nel tuo stesso corpo, affinché non ti dimentichi della mancanza di rispetto commessa". | << | < | > | >> |Pagina 127UN CONTADINO FACEVA la corte a una fanciulla di nome Kosina, che viveva in un villaggio vicino. Per arrivare alla casa dell'amata, l'uomo doveva superare un fiume. Un giorno s'accorse che il livello dell'acqua era molto salito e, per la fretta di passare dall'altra sponda, offrì al fiume una "cosina", affinché questo gli consentisse di attraversarlo. Sentendo dell'offerta, le acque si abbassarono. L'uomo ci prese l'abitudine e tutte le volte che andava a visitare la fanciulla ripeteva la stessa frase, senza mai rispettare l'impegno preso. Un giorno invitò Kosina a visitare la sua casa. Partirono e giunsero alla riva del fiume dov'era abitudine che il contadino facesse le sue promesse, affinché le acque si abbassassero. Il fiume, credendo che la stessa fanciulla fosse la "cosina" che tante volte gli era stata offerta, se la prese con un'onda alta. Il contadino cercò di salvarla, però riuscì solo a udire il brontolio dell'acqua che ripeteva: "Cosina, cosina, Cosina".
Tanto fu lo sconforto, che anche lui affogò.
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