Copertina
Autore Peter Berthold
Titolo La migrazione degli uccelli
SottotitoloUna panoramica attuale
EdizioneBollati Boringhieri, Torino, 2003 , pag. 328, dim. 200x220x23 mm , Isbn 978-88-339-5705-0
OriginaleVogelzug. Eine aktuelle Gesamtübersicht
EdizioneWissenschaftliche Buchgesellschaft, Darmstadt, 2000
TraduttoreClemente Manenti
LettoreCorrado Leonardo, 2003
Classe etologia , ecologia , natura
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Indice

  9 Prefazione
 11 Prefazione alla quarta edizione

    La migrazione degli uccelli


 15 1.    Introduzione


 19 2.    Evoluzione, basi genetiche e dimensioni della
          migrazione degli uccelli


 28 3.    Storia degli studi sulla migrazione degli uccelli


 32 4.    Metodi della ricerca attuale sulle migrazioni

    4.1.  Osservazione visiva della migrazione, 33
    4.2.  Caccia e raccolte museali, 35
    4.3.  Registrazione acustica, 35
    4.4.  Registrazione radar, 36
    4.5.  Telemetria e telemetria satellitare, 38
    4.6.  Inanellamento e altri metodi di marcatura, 42
    4.7.  Metodi di cattura standardizzati, 44
    4.8.  Misurazione dell'inquietudine migratoria,
          allevamento e mantenimento di uccelli sperimentali
          , 48
    4.9.  Ricerche sulle prestazioni di orientamento, 51
    4.1O. Metodi di laboratorio e procedimenti combinati, 53

 57 5.    I fenomeni della migrazione degli uccelli

    5.1.  Qualche definizione, 57
    5.2.  Migrazioni periodiche stagionali a carattere
          pendolare,58
    5.3.  Dispersione, «dismigrazione», «abmigrazione», 61
    5.4.  Invasioni, 65
    5.5.  Movimenti nomadi, 68
    5.6.  Movimenti di accompagnamento, 71
    5.7.  Movimenti di fuga, 73
    5.8.  Movimenti di espansione, 75
    5.9.  Comportamento migratorio differenziato, 77
    5.10. Migrazione parziale, 80
    5.11. Migrazione della muta, 83
    5.12. Direzioni migratorie: sguardo d'insieme, 84
    5.13. Migrazione a fronte ampio, 86
    5.14. Migrazione a fronte ristretto, 89
    5.15. Migrazione a imbuto, migrazione a ventaglio, 91
    5.16. Divisioni migratorie, 92
    5.17. Deviazioni storicamente condizionate, 93
    5.18. Cambiamenti di direzione: migrazione a gomito,
          migrazione ad arco, 94
    5.19. Migrazione a cappio, 96
    5.20. Migrazione a collana e migrazione di sorpasso, 97
    5.21. Migrazione intermedia, migrazione autunnale
          precoce, 98
    5.22. Migrazione invertita, migrazione da tepore,
          pendolarismo meteorologico, 99
    5.23. Migrazione diurna e notturna, 100
    5.24. Percorsi migratori, 103
    5.25. Periodi migratori, durata della migrazione, 105
    5.26. Precisione spaziale, 107
    5.27. Precisione temporale, 108
    5.28. Altezze di volo, 11O
    5.29. Quartieri di svernamento, 112
    5.30. Avanzamento durante la migrazione, 114
    5.31. Rischi della migrazione, 117
    5.32. Presupposti generali per la migrazione, 118

121 6.    Basi fisiologiche, relazioni ecologiche e
          controllo della migrazione

    6.1.  Sviluppo giovanile adattativo, 121
    6.2.  Iperfagia, 124
    6.3.  Costituzione dei depositi di grasso, 125
    6.4.  Adattamenti metabolici, produzione di grasso e
          consumo del grasso depositato, 127
    6.5.  Adattamenti nella nutrizione, 130
    6.6.  Cambiamenti nella composizione corporea in periodo
          migratorio, 133
    6.7.  Riserve di grasso e comportamento migratorio,
          consumo di energia e prestazione migratoria, 135
    6.8.  Termoregolazione e regime idrico, 141
    6.9.  Modalità di comportamento nel supera mento di
          barriere migratorie, adattamenti alle altitudini,
          143
    6.10. Basi ormonali e neuronali della migrazione, 147
    6.11. Adattamenti del comportamento in vista della
          migrazione, 150
    6.12. Inizio della prima migrazione d'autunno, 153
    6.13. Controllo della durata e del decorso della
          migrazione in migratori inesperti, 156
    6.14. Controllo delle tappe migratorie e della velocità
          durante la prima migrazione d'autunno, 161
    6.15. Conclusione della prima migrazione d'autunno, 163
    6.16. Il quartiere di svernamento come risultato del
          comportamento migratorio e della biologia della
          specie, 165
    6.17. Controllo della migrazione di ritorno e dei
          successivi periodi migratori, 166
    6.18. Controllo della migrazione parziale e
          comportamento migratorio differenziato, 168
    6.19. Influenza del tempo e del clima, 172
    6.20. Influenze dirette della densità di popolazione,
          dello status sociale e delle risorse, 177
    6.21. Ruolo relativo dei programmi endogeni, dei fattori
          genetici e dell'influenza ambientale, 180
    6.22. Scelta dell'habitat nei quartieri di sosta e in
          quelli di svernamento, competizione e fattori
          limitativi della competizione, 184
    6.23. Relazioni tra la migrazione e altri processi a
          periodicità annua, 188

191 7.    Meccanismi di orientamento

    7.1.  Qualche definizione, 192
    7.2.  Meccanismi di orientamento semplici e complessi,
          194
    7.3.  Direzioni obbligate programmate: determinazione
          genetica e influenza del vincolo sociale e dell'
          imprinting, 195
    7.4   Bussole, 199
    7.5.  Basi sensoriali,207
    7.6.  Ipotesi sulla navigazione, 211
    7.7.  Aspetti ecologici e biologico-evolutivi, 223
    7.8.  Sviluppo e interazione dei diversi meccanismi di
          orientamento, 229

231 8.    Quadro riassuntivo: corso e controllo della
          migrazione di un migratore-tipo


239 9.    Minacce, protezione e futuro per i migratori

    9.1.  Aspetti generali, 239
    9.2.  Esempi del declino dei migratori, 240
    9.3.  I principali fattori di pericolo, 247
    9.4.  Misure di tutela, 251
    9.5.  Prospettive per i migratori, 254

257 1O.   Evoluzione del comportamento migratorio recente e
          aspetti delle migrazioni future


265 11.   Significato delle migrazioni degli uccelli per
          l'uomo


268 12.   Prospettive

271       Glossario
275       Bibliografia
309       Indice analitico

 

 

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Pagina 19

2.

Evoluzione, basi genetiche e dimensioni della migrazione degli uccelli


Non sappiamo se l'uccello «primordiale» Archeopterix, vissuto 140 milioni di anni fa e del quale furono trovati alcuni esemplari presso Eichstätt, negli strati calcarei del Giurassico, o se l'uccello primitivo cinese del Cretaceo inferiore, detto Confuciusornis, conducessero già migrazioni di modesta portata. La loro inabilità al volo non può essere ritenuta di per sé un impedimento, poiché, da un lato, specie recenti possono spostarsi correndo o nuotando (5.30), e dall'altro sappiamo che la specie Hesperornis, anch'essa del Cretaceo e inabile al volo, poteva effettuare spostamenti di media portata. Fossili di questi grossi pescatori marini, dotati di piedi palmati e di ali estremamente ridotte, furono rinvenuti in Nordamerica. Le circostanze del ritrovamento rendono verosimile l'ipotesi che tali uccelli, similmente a quanto fanno oggi numerose specie marine, coprissero notevoli distanze per raggiungere i siti della cova (Tyrberg, 1986). Se tale supposizione è corretta, la migrazione in senso stretto (5.1) sarebbe antica quasi quanto gli uccelli stessi, come ha postulato Alerstam (1990). Numerosi altri ricercatori sostengono l'ipotesi di uno sviluppo precoce delle facoltà migratorie negli uccelli (Berthold, 1999).

Dobbiamo ritenere che specie molto primitive di uccelli intraprendessero già spostamenti di ampia portata, similmente a quanto oggi possiamo osservare presso giovani esemplari che si allontanano dai luoghi in cui sono stati allevati per sottrarsi alla competizione infraspecifica o alla pressione della sovrappopolazione, per dischiudere nuovi spazi di approvvigionamento nutritivo ecc. A seconda che si accetti o meno di includere i movimenti qui descritti nella categoria di migrazione, si daterà diversamente l'origine del fenomeno. Se si segue un criterio di definizione più ristretto, che per migrazione intenda soprattutto lo spostamento pendolare regolato sui cicli stagionali (5.1, 5.2), le nostre prime osservazioni riguarderanno il sopra citato Hesperornis. Ciò che è avvenuto in seguito non ci è noto. Il fenomeno della migrazione degli uccelli è stato oggetto di ricerche e speculazioni innumerevoli, che risalgono fino ad Aristotele (cap. 3). Fortunatamente disponiamo di compendi recenti, come in particolare quello di Rappole (1995). Rappole ha suddiviso tutte le teorie conosciute circa l'origine delle migrazioni degli uccelli in otto categorie di cause: 1) antichissimi cambiamenti nelle condizioni ambientali, prodotti dalle prime glaciazioni, dalle variazioni del livello dei mari o dalla deriva delle piattaforme che ha dato origine ai continenti attuali; 2) cambiamenti climatici di epoca più recente, soprattutto dopo le ultime glaciazioni; 3) fattori prossimi di varia natura (cap. 4), precorritori di cambiamenti ambientali di vasta portata; 4) presenza di risorse vitali in luoghi diversi e più o meno distanti da quelli in cui gli uccelli si trovano; 5) fruizione di frutti o nettare in una serie di regioni contigue per il ciclo stagionale; 6) stagionalità delle risorse in rapporto con la competizione interspecifica; 7) stagionalità delle risorse in rapporto alla competizione infraspecifica (influssi di dominanza); 8) l'ipotesi detta della Zugschwelle («soglia di partenza migratoria»), formulata da Baker (1978), che postula l'esistenza in ogni organismo di un limite geneticamente determinato di sopportazione di condizioni ambientali avverse, il superamento del quale determinerebbe un irresistibile impulso alla partenza.

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Dopo questa breve rassegna dei risultati più recenti della ricerca sul controllo delle migrazioni e sulle migrazioni parziali, la nuova teoria della migrazione degli uccelli può essere formulata nelle proposizioni seguenti:

1) Le migrazioni si sono sviluppate originariamente nelle regioni tropicali o almeno in condizioni climatiche tropicali, molto probabilmente già all'indomani della comparsa degli uccelli.

2) Nell'ambiente tropicale gli spostamenti furono inizialmente di piccolo raggio, collegati precocemente con la migrazione parziale. Il comportamento di migrazione parziale è stato probabilmente ereditato dagli antenati, e ha modellato tutti i successivi comportamenti migratori.

3) Quale che sia l'origine della migrazione parziale, essa si è affermata come una forma di vita capace di grande adattamento e di grande successo, ciò che ne ha favorito la diffusione crescente. Anche nel caso che non fosse fin dall'inizio ancorata al patrimonio ereditario degli uccelli, essa ha potuto divenire nel corso del tempo una forma di comportamento stabile nella scala evolutiva, che non può essere sostituita da nessun'altra forma di comportamento (ossia da un comportamento stanziale puro o migratorio puro). Poiché i migratori parziali, com'è dimostrato sperimentalmente, in condizioni estreme possono essere rapidamente selezionati fino a costituire popolazioni (quasi) esclusivamente migratrici o (quasi) esclusivamente parziali dal punto di vista fenotipico, un ancoraggio evolutivo stabile del carattere di migratore parziale non recherebbe alcuno svantaggio. Ma esso avrebbe il grande vantaggio di essere sempre reversibile attraverso una contro selezione, allorché condizioni ambientali mutate lo richiedano. Infatti anche una selezione estrema dello sviluppo su un unico polo del fenotipo può essere invertita dalla pressione di fattori esogeni.

4) Da quando il comportamento migratorio parziale si è fissato nel patrimonio genetico degli uccelli, essi possiedono un modello genetico basilare dal quale può svilupparsi, unicamente attraverso i meccanismi della selezione e della microevoluzione, l'intero ventaglio di comportamenti, da quello (quasi) puramente stanziale fino a quello (quasi) puramente migratorio, inclusi i migratori sulle distanze intercontinentali (5.24). Tali sviluppi di radiazione adattativa, quando le mutate condizioni ambientali lo richiedano, possono essere invertiti con relativa rapidità attraverso la controselezione (1O), senza bisogno dell'intervento di mutazioni o di «salti comportamentali» comunque prodotti. Così, la disposizione genotipica al comportamento migratorio parziale rappresenta una base di partenza ideale per tutte le forme di migrazione regolare, che può stabilire anche associazioni genetiche con il comportamento dispersivo o con il comportamento migratorio tendenzialmente facoltativo (5.3 sgg.), aspetti sui quali la ricerca dev'essere ulteriormente approfondita. Si calcola che il passaggio da una popolazione (quasi) esclusivamente migratoria a una (quasi) esclusivamente stanziale, o viceversa, richiederebbe per i piccoli uccelli canori non più di venticinque generazioni circa, che corrispondono a una durata di circa quarant'anni (Berthold, 1999).

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3. Storia degli studi sulla migrazione degli uccelli


La ricerca sulle migrazioni degli uccelli inizia con Aristotele, al quale Stresemann nella sua opera Entwicklung der Ornitologie (Sviluppo della ornitologia) attribuisce il merito di aver «elevato lo studio degli uccelli al rango di scienza». Aristotele ci ha tramandato con una sorprendente quantità di dettagli le sue osservazioni in quelli che sarebbero divenuti i diversi campi della ricerca ornitologica: la sistematica, la morfologia, la fisiologia, l'embriologia, l'etologia ecc. Per quanto riguarda la migrazione degli uccelli tuttavia egli si è limitato «a divulgare la leggenda del letargo invernale degli uccelli», secondo l'espressione di Stresemann. Questa opinione aristotelica venne poi sempre ripetuta, e sopravvisse per un tempo straordinariamente lungo, talché ancora nel XVIII secolo il sistematico Linneo continuava a sostenere l'idea secondo cui in autunno le rondini si immergerebbero nelle paludi, da dove riaffiorerebbero con la primavera in forma di anfibi (Schüz e altri, 1971). Il naturalista francese Cuvier, contemporaneo di Linneo, dava credito persino alle dicerie secondo le quali certi pescatori avrebbero trovato delle rondini rattrappite, ma ancora vive, sotto lo strato di ghiaccio delle superfici lacustri.

Aristotele era anche convinto che alcune specie si trasformassero in altre specie per sopravvivere all'inverno (teoria della trasmutazione: Mead, 1983); anche la credenza secondo la quale alcune specie di volatili migrerebbero sulla luna era diffusa al tempo di Aristotele (Nachtigall, 1987).

Il primo grande ornitologo che la storia ricordi è l'imperatore Hohenstaufen Federico II (Stresemann, 1951). A lui dobbiamo fra l'altro la prima descrizione della migrazione degli uccelli, con un grande numero di osservazioni sorprendentemente precise e di interpretazioni ancor oggi valide. Nel suo famoso libro De arte venandi cum avibus, Federico attribuisce le migrazioni a fattori esterni, quali la penuria di cibo e il freddo. Al suo acuto spirito di osservazione non sfuggì che nelle formazioni a cuneo delle gru (Grus grus) durante il volo migratorio, la posizione di guida viene assunta a rotazione, e su questo punto corresse Aristotele. Infine, egli analizza correttamente la preparazione degli uccelli al volo primaverile per tornare ai siti della cova, e offre una descrizione avvincente del loro volo.

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Pagina 211

7.6. Ipotesi sulla navigazione


Sulla base dei risultati di migliaia di esperimenti di dislocamento, eseguiti su più di cinquanta specie di uccelli, ma soprattutto sui piccioni viaggiatori (Wiltschko, 1990), dobbiamo procedere in via teorica o come ipotesi di lavoro dall'assunto seguente. Ogni uccello che si trovi in condizioni di buona salute, se viene trasferito in un luogo sconosciuto, può eseguire - nei limiti delle sue capacità fisiche -, le operazioni qui descritte: 1) individuare il punto di rilascio con riferimento al luogo di origine; 2) fare ritorno al luogo di origine. Il fatto che le quote reali di ritorno si attestino al di sotto del 100% può avere diverse spiegazioni, dalla debilitazione fisica all'insufficiente motivazione al ritorno (Baldaccini e altri, 1994), le quali tuttavia non rimandano necessariamente all'insufficienza delle facoltà di orientamento. Che gli uccelli siano in grado di navigare dal punto del rilascio fino alla loro meta, e che non trovino quest'ultima casualmente o solo per tentativi, è mostrato soprattutto da due circostanze: in molti casi la direzione assunta spontaneamente e rapidamente fin dal luogo del rilascio (orientamento iniziale) è rivolta verso la meta, e le osservazioni dirette, il ritrovamento di anelli, i calcoli dei tempi di volo, gli esperimenti di telemetria confermano perlopiù un volo di ritorno in linea retta sul percorso più breve, al che non sono d'impedimento neppure certe asimmetrie nella costituzione corporea (Matessi, 1997). Il caso più clamoroso riguarda le berte minori (Puffinus puffinus) che, trasportate dall'Inghilterra negli Stati Uniti, sono ritornate in dodici giorni dopo aver percorso una distanza di oltre 4000 km (Gwinner, 1971b). La capacità di navigare, come si è già accennato, non è esclusiva dei soli migratori, né è limitata ai soli periodi di migrazione.

La capacità di navigare degli uccelli è un fenomeno avvincente, ma non ancora adeguatamente spiegato. Queste incertezze di fondo hanno spinto gli studiosi ad affacciare sempre nuove ipotesi. Le principali fra esse vengono illustrate qui di seguito.

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8. Quadro riassuntivo: corso e controllo della migrazione di un migratore-tipo


Dalle attuali conoscenze circa i diversi aspetti della migrazione degli uccelli, presentati in dettaglio nei capitoli precedenti, è possibile ricavare un quadro riassuntivo del corso e del controllo del viaggio di un migratore-tipo. In queste pagine si ricostruiscono le condizioni di un simile viaggio sull'esempio della migrazione a lunga distanza di un esemplare di Sylvia dall'Europa centrale all'Africa centrale e meridionale.

Poche settimane dopo l'involo, il giovane uccello viene abbandonato dai genitori, e all'incirca nello stesso periodo si separa anche dai fratelli di nido. Esso è ormai autosufficiente, e avrà pochi contatti con i suoi compagni di specie per circa un anno, quando si accoppierà e coverà in un'area della stessa regione in cui è nato. Questo nel caso che riesca a sopravvivere fino a quel momento, ossia che rientri in quel 30% di probabilità di sopravvivenza che gli è assegnata.

Tutti i preparativi per la migrazione d'autunno, il viaggio migratorio stesso e la successiva migrazione di ritorno, dipendono ora dalle sue sole forze. In questa prestazione gli sono d'aiuto una serie di programmi ereditari e di comportamenti innati, oltre ai processi di apprendimento. Lo sviluppo di tali meccanismi si è talmente perfezionato e adattato nel corso del tempo che la migrazione appare un'impresa non particolarmente rischiosa (5.31).

In quanto migratore a lunga distanza, con una scadenza prossima di partenza, fin dalla fase embrionale tutto il suo sviluppo giovanile, specialmente la muta giovanile, si è svolto a ritmi accelerati. In virtù di un programma ereditario questa procede con rapidità, e il cambio e la crescita delle penne raggiungono la massima intensità già all'inizio della muta, in modo che nelle fasi successive l'uccello possa esercitare le nuove penne e prepararsi alla migrazione (6.1). Se il giovane uccello è frutto di una cova tardiva (seconda cova o cova sostitutiva), il suo sviluppo giovanile viene ulteriormente accelerato, anche in conseguenza della durata decrescente della luce del giorno (effetto calendario: 6.1).

Già nel corso della muta hanno inizio diversi cambiamenti fisiologici e di comportamento, anch'essi controllati da programmi endogeni, in preparazione della partenza migratoria autunnale ormai prossima. I più importanti fra questi cambiamenti sono l'iperfagia, ossia l'aumento dell'assunzione di cibo (6.2, 6.5), e la iperlipogenesi, ossia l'incremento della produzione di grasso (6.3), in parallelo con una forte riduzione del metabolismo dei carboidrati a vantaggio del metabolismo dei grassi. A queste trasformazioni si accompagna l'attivazione di sistemi enzimatici per la produzione, il trasporto, l'accumulazione e la diretta combustione dei grassi nei muscoli pettorali (6-4).

[...]

Anche il «via» arriva direttamente dai programmi endogeni. Un giorno, l'uccello in disposizione migratoria riceve dal suo calendario interno un segnale di partenza per quella stessa sera (6.12). Verso l'imbrunire, esso va a collocarsi nella vegetazione in una posizione relativamente elevata, tenendosi pronto per il volo, che di solito spicca poco dopo il tramonto, dopo aver registrato il punto in cui il sole scompare, il che evidentemente gli fornisce informazioni essenziali sulla direzione da prendere (7.4). Dopo la partenza, la scelta della direzione definitiva è stabilita da un programma direzionale che controlla l'intero viaggio (7.3). Ma l'uccello deve seguire la direzione obbligata con l'aiuto di meccanismi di orientamento (bussole), che esso impara a far funzionare grazie a processi di apprendimento, anch'essi in parte programmati (cap. 7) e applicati in modo differenziato a seconda delle condizioni ambientali (7.4, 7.8).

Come strumento ausiliario primario il migratore ha ereditato una bussola magnetica, che gli permette di usare l'inclinazione delle linee di forza del campo magnetico per l'orientamento direzionale (bussola a inclinazione: 7.4, 7.5). Dall'osservazione del cielo stellato, effettuata nel corso di tutto il suo sviluppo giovanile, l'uccello ha appreso la rotazione apparente del firmamento e la posizione fissa della stella polare e delle costellazioni che la attorniano, e grazie a una disposizione innata può ora utilizzare anche questo gruppo di stelle come una bussola (7.4). Ulteriori informazioni direzionali possono forse essere ricavate dal modello di polarizzazione del cielo intorno al punto di tramonto del sole, che l'uccello è in grado di percepire nella gamma dei raggi ultravioletti (in determinate condizioni come componente di una bussola solare: 7.4, 7.5). In quanto appartenente a una delle specie di Sylvia, il nostro migratore non dispone però di alcun segnale di richiamo sonoro che lo aiuti nelle prestazioni di orientamento (4.3).

Così nel giorno prestabilito l'uccello partirà finalmente per la sua prima migrazione d'autunno, di regola da mezz'ora a tre quarti d'ora dopo il tramonto del sole (6.11). Se proprio a quell'ora dovesse abbattersi un temporale sulla zona in cui si trova, la partenza verrà probabilmente rimandata finché la pioggia non sia cessata o almeno diminuita (6.19). Il primo viaggio notturno, come quelli dei giorni che seguono, sarà solo una breve tappa (5.25, 6.14). Già dopo alcune ore di volo l'uccello atterrerà di nuovo, in piena notte, sulla cima di una pianta svettante, meglio visibile anche di notte (7.5). Ai primi albori del giorno seguente si getterà con precipitazione e foga alla ricerca di una zona adatta a un breve soggiorno, nelle immediate vicinanze del punto di atterraggio.

[...]

Nell'insieme la prima migrazione d'autunno è durata da tre a cinque mesi (5.26). Questo lungo periodo di tempo ha portato al giovane uccello inesperto un notevole grado di sicurezza, che lo ha sostenuto sia nella realizzazione senza inconvenienti del programma migratorio endogeno, sia nella prestazione fisica necessaria a padroneggiare il lungo percorso e superare i più diversi ostacoli.

A primavera, la migrazione di ritorno prende circa un terzo di tempo in meno rispetto al viaggio di andata (5.25). Il migratore che torna a casa non è più un uccello inesperto, e soprattutto conosce la sua meta, che è il luogo in cui è nato, e nelle cui vicinanze in genere si insedierà (5.3, 5.26). Per la prima volta ora usa meccanismi di navigazione per lui ancora nuovi, fondati sulla capacità di determinare il sito dell'ultimo soggiorno nel quartiere di svernamento e di metterlo in relazione alla meta. Così può dirigersi verso i quartieri riproduttivi e raggiungerli in un tempo più breve (6.17). Per il volo di ritorno in una regione conosciuta non è più necessario affidarsi a un programma temporale endogeno che prevede tante piccole tappe distribuite su un lungo periodo, o almeno non è più necessario farvi ricorso per l'intero viaggio. Specialmente quando è più vicino all'area riproduttiva che gli è familiare, il migratore può realizzare tappe più lunghe o più brevi, in relazione alle condizioni del tempo che in primavera sono molto variabili (6.17).

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