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| << | < | > | >> |Indice9 INTRODUZIONE 23 LA PALINGENESI VEGETALE La palingenesi vegetale dalle ceneri. L'alchimista di Cracovia, 24 La palingenesi vegetale dal seme. Il "segreto imperiale", 52 Altre modalità, 63 L'apparizione di vegetali in congelazioni e cristallizzazioni, 72 Gli esperimenti di Francesco Lana Terzi, 79 Altre apparizioni di vegetali, 87 95 LA PALINGENESI ANIMALE 105 LA PALINGENESI UMANA 129 LA PALINGENESI MINERALE Le arborescenze metalliche. L' "albero filosofico" o "albero di Diana", 134 145 LA PALINGENESI ALCHIMICA. LA FENICE Da Il Chimico crivello (Chymica Vannus) di Willielmus de Roe, 153 Dal "Capricorno" de Lo zodiaco della vita di Marcello Palingenio alias Marcello Stellato, 156 159 LA PALINGENESI NELLA LETTERATURA 169 BIBLIOGRAFIA Opere antiche, 169 Opere moderne, 178 181 RINGRAZIAMENTI |
| << | < | > | >> |Pagina 9Vivo morte refecta mea De la mia morte eterna vita io vivo Paolo Aresio Questa è la prima opera in lingua italiana interamente dedicata alla palingenesi, intesa quale "resurrezione di un corpo dalle proprie ceneri". Il termine, di origine greca, è composto da palin (nuovamente, di nuovo) e genesis (generazione, nascita); quindi palingenesi sta per rinascita, rigenerazione, rinnovamento. Già a partire dal pensiero religioso e filosofico greco, questo termine ha subito diverse trasformazioni, dal primitivo significato di rinascita dell'individuo a uno più vago di rigenerazione cosmica, per assumere infine un significato soltanto etico e simbolico, sempre più astratto. L'uso e l'abuso di questo termine nella filosofia e nella metafisica hanno soffocato il significato più vero ed "ermetico" che esso possedeva in origine, e con il passare dei secoli la questione si è ritrovata trasferita quasi esclusivamente a livello di discussione dogmatica e teologica. Non tratteremo dunque della palingenesi nei suoi significati filosofici, mistici o religiosi, né tantomeno in quelli, d'origine relativamente recente, biogenetici o geologici, né in quello sociale, forse più noto, propagato da Pierre-Simon Ballanche (1776-1854), o, più generalmente, nel senso di rinnovamento o radicale trasformazione politica o morale. La palingenesi di cui ci occuperemo non è tuttavia priva di rapporto con gli altri suoi significati, anzi, ne costituisce la chiave di comprensione intima e reale. Persino la voce "palingenesi" dell' Enciclopedia di Diderot e d'Alembert differenzia nettamente, al punto da redigere due voci distinte, la palingenesi nel senso filosofico di resurrezione da quella "chimica" o più propriamente alchimica, definita «segreto per ricondurre cose distrutte al loro stato primevo»; di cui si fa uso «non solo riguardo ai corpi privati di organi, ma anche riguardo alle piante, e perfino agli animali». Tratteremo essenzialmente delle diverse forme di palingenesi, derivate dai regni naturali da cui provengono le materie che di tale rigenerazione sono l'oggetto, e delle prassi e procedure impiegate da decine di medici, alchimisti, naturalisti, chimici, che vanno da Paracelso a Eckartshausen, passando per il Quercetano, Digby, Kircher, Boyle, e molti altri. Il "supremo artificio" palingenetico, che rivelava prodigi naturali sconosciuti, fu sperimentato soprattutto nel XVII e nel XVIII secolo, epoca d'oro della manifestazione della tradizione alchimica, in cui sia l'alchimia in generale che la palingenesi in particolare, conobbero una fama senza precedenti in tutta Europa e furono materia di un numero assai importante di pubblicazioni. Ancora nella prima metà del XIX secolo, un dizionario medico classico scriveva: «Questo fenomeno [la palingenesi] meritava attenzione, quindi parecchi dotti dei diversi paesi d'Europa, ma soprattutto tedeschi, se ne sono occupati, e la maggior parte delle loro operazioni si leggono narrate nei primi tomi degli Atti e varietà dell'Accademia dei Curiosi della Natura; ma se bene questi fatti sieno stati spacciati da autori gravi che sembrano degni di fede, i fisici sono concordi in presente nel dirli favole». Come l'alchimia, la magia, l'astrologia, anche la palingenesi è una scienza sacra, le cui origini rimontano all'antichità sacerdotale. È il caso di ripetere qui che «diversamente da ciò che la mentalità moderna suppone, non esistono distinzioni di alcun tipo fra un ermetismo filosofico "dotto", limitato alla pura speculazione intellettuale, e un ermetismo operativo "volgare", al quale apparterrebbero scienze come l'alchimia, la magia e l'astrologia [...], scienze tradizionali che non possono essere disgiunte, pena fatali fraintendimenti». Ma questa separazione avvenne, come spiega in un linguaggio più che attuale l'alchimista inglese Eugenio Filalete alias Thomas Vaughan (1622-1666): «[...] nel corso del tempo, queste tre scienze — che non operano miracoli senza un'unione reciproca e essenziale — a causa di un'interpretazione sbagliata, furono smembrate e separate, cosicché ciascuna di esse fu considerata una facoltà a se stante. Dio ha unito queste tre cose in un soggetto naturale, mentre l'uomo le ha separate e non le ha poste in alcun soggetto, se non nel proprio cervello, in cui sono restate sotto forma di parole e immaginazione, e non di elementi sostanziali e di verità. In tale condizione, queste scienze divennero morte e vane, non produssero nulla se non rumore, dal momento che erano separate, come se tu smembrassi un uomo e ti attendessi a che una sua parte compia quelle azioni che faceva la totalità quando era in vita». Queste antiche scienze furono anche separate dalla loro struttura metafisico-teologica, e questo ne determinò la decadenza, di cui una delle principali cause fu che, già «nel II secolo, gli apologisti cristiani proclamarono che del complesso dei valori religiosi e culturali che costituivano il tessuto dell'Ellenismo apolitico del loro tempo, essi intendevano accettare solo la parte culturale, sostituendo al nucleo religioso la propria religione rivelata». Quelle scienze sacre, come la palingenesi, scisse dalla loro più profonda ragion d'essere, la dimensione metafisica, si trasformarono inevitabilmente in scienze sperimentali, per poi essere definitivamente rifiutate dalla mentalità scientifica moderna, anche perché, scisse com'erano dal loro fondamento, continuarono a essere sperimentate soprattutto da chi non aveva più la scienza di tali arcani. Anche se ritenuta assurda ai giorni nostri, giacché ogni secolo nuovo si persuade facilmente che la saggezza sia nata con lui, la palingenesi non è che la sopravvivenza di un insieme di dottrine e prassi in altri tempi assai significative. Possiamo individuare le origini remote della palingenesi in certi miti cosmogonici egizi, quale quello dell'uovo primordiale, nel Corpus hermeticum, e poi nelle dottrine orfiche, pitagoriche e stoiche, in cui il mito si trasforma in idea attraverso un lungo processo di "erosione razionalistica", per dirla con le parole di Eliade , di cui i filosofi, nella maggior parte non iniziati alle sacre scienze, sono gli artefici. Quanto alle origini prossime della palingenesi, questa volta più propriamente alchimica, queste si possono determinare senz'altro nella sua "riscoperta" da parte di Theophrast Bombast von Hohenheim detto Paracelso (1493-1541), che ne determinò una conseguente, straordinaria diffusione. Lo scritto in cui, allo stato attuale delle ricerche, si trova sviluppato per la prima volta il concetto di resurrezione alchimica è il Libro sulla natura delle cose, attribuito a Paracelso, del 1527 o 1537, che enuncia i principi capitali sui quali si fonda la palingenesi, «resurrezione e ricostituzione di tutte le cose naturali» realizzata con discernimento e «secondo le istruzioni della natura», poiché «non è una cosa insignificante in natura, ma un grande ed insigne mistero, più divino ed angelico che umano e naturale». E qui Paracelso opera la prima e fondamentale distinzione tra ciò che muore per predestinazione divina, cioè che, giunto al proprio termine, muore di morte naturale e non può essere resuscitato, e ciò che è stato "mortificato", ossia "ucciso" alchimicamente e che può essere invece risvegliato. Da tale morte per "uccisione" si può essere ridestati perché in un corpo "mortificato" vi è ancora un residuo di balsamo, mentre in uno giunto alla propria morte naturale, voluta dalla Provvidenza divina, vi è solo un cadavere. Un'altra distinzione è operata dal mineralogista svedese Johan Gottschalk Wallerius (1709-1785), autore di un'interessante trattato sull'argomento1ó, fra palingenesi sovrannaturale e naturale, precisando prudentemente che della prima, che è divina, si occupano i teologi, mentre egli si occuperà della seconda, che è fisica. Grazie a tale operazione, naturale o per arte, i corpi naturali distrutti possono essere rigenerati riacquistando forma e proprietà primeve. Due requisiti sono necessari: 1) che il corpo naturale sia distrutto sia materialmente che formalmente 2) che se ne ritrovino la primitiva forma o immagine e, se possibile, anche le proprietà. La palingenesi naturale si applica ai tre regni della natura: minerale, vegetale e animale; quella artificiale tralascia quello minerale, poiché i corpi organici non possono essere ricomposti con l'arte, giacché la loro vita dipende da una forza intrinseca. Anche l'ermetista Karl von Eckartshausen (1752-1803), in Osservazioni sulla magia distingue una palingenesi sovrannaturale e una naturale, e in quest'ultima, l'animale, la vegetale e la minerale. Queste si dividono in palingenesi apparente e reale. L'apparente (ove il corpo originario riappare solo temporaneamente) si può realizzare mediante l'ottica, la chimica, l'elettricità e il magnete. La palingenesi reale è invece la reintegrazione completa di un corpo distrutto nel suo antico stato, ed è quella che è stata oggetto di obiezioni da parte degli scienziati. Eckartshausen ritiene che la ricostituzione dei vegetali, degli animali e degli esseri umani sia uno degli scopi più importanti della magia, e considera possibile la rigenerazione artificiale, a patto di conoscere intimamente la natura e le leggi dei corpi. Pensa che le prove e le dimostrazioni visibili siano più efficaci di tutti i ragionamenti, ma si chiede se sia sempre giudizioso rendere pubblici tali esperimenti. Esiste anche una palingenesi delle ombre, che permette di far apparire l'ombra di un animale ridotto in cenere, se si riscalda il recipiente in cui questa è contenuta; ombra che scompare quando il recipiente si raffredda. Secondo Eckartshausen, questo metodo è simile a quello usato dalla strega di Endor per far apparire la forma o l'ombra di Samuele. Questo è possibile perché il nostro corpo materiale visibile è solo l'involucro di un altro corpo abitato direttamente dall'anima, che non è una parte della nostra persona, ma uno strumento di cui si serve lo spirito dell'uomo quando vuole essere attivo e efficace. In un articolo apparso sul Reichsanzeiger, Eckartshausen scrive per l'ultima volta sulla palingenesi, indirizzandosi agli «amici delle ricerche segrete della natura». Dichiara di aver scoperto che esiste un unico principio naturale, da cui, per espansione e attrazione, si compongono l'attività e la passibilità della natura; che dall'invisibile si produce il visibile e che gli elementi si formano dall'azione di un unico principio incorruttibile, causa stessa degli elementi, contenente tutte le quantità, qualità e forme. Per provarlo fornisce un procedimento di palingenesi: «Si faccia bruciare una pianta, e si liscivino le ceneri per estrarne il sale in un'acqua caricata di materia luminosa, si faccia cristallizzare di nuovo la soluzione e si ponga sotto il microscopio questo sale cristallizzato ridotto in polvere finissima, illuminandolo nell'oscurità con dei cristalli, e apparirà il fiore della pianta con i suoi colori più brillanti e vivi, come in uno stato di resurrezione». Ne conclude che questo mondo materiale grossolano e soggetto alla distruzione ha per fondamento un mondo di luci organiche, poiché la natura primeva non è soggetta ad alterazioni e la sua durata sarà eterna, ma rispetto alla divinità essa deve essere considerata un essere secondario. Nello stato attuale e grossolano in cui la vediamo, la natura lavora instancabilmente per ridiventare quella natura primeva, ossia quel mondo di luci organiche, e i corpi possono deporre gli involucri grossolani sotto i quali noi li percepiamo, senza che si modifichi quel che costituisce essenzialmente la loro organizzazione. L'articolo sulla palingenesi di Eckartshausen apparso sul Reichsanzeiger fu letto da Goethe, che scriveva in una lettera del 20 gennaio 1800 da Weimar a Schiller: «Riceva [...] anche in restituzione l' Ifigenia, che sarebbe difficile da resuscitare mediante le arti del signor von Eckartshausen, come ci è stato recentemente rivelato dal Reichsanzeiger [...]». Nella risposta, Schiller scrisse: «[...] Delle arti di von Eckartshausen ho inteso parlare recentemente dalla duchessa Herder con grande fiducia e molto elogio; quanto all'uomo stesso, almeno si è occupato molto approfonditamente della cosa [...]». Lo storico ed ermetista tedesco Karl Kiesewetter (1854-1895), nell'ottobre 1889, sulla rivista tedesca Sphinx, scrive un vero e proprio saggio sulla palingenesi per fornire ai lettori un panorama degli esperimenti compiuti fino ad allora «affinché anch'essi possano realizzarne di nuovi, al fine di rendersi conto del valore o meno della cosa». Egli determina due tipi di palingenesi: 1) la "palingenesi delle ombre", che ha per oggetto «la produzione intenzionale del corpo astrale vegetale o di quello animale»; 2) la "palingenesi dei corpi", che comprende la crescita forzata dei vegetali, ma anche la ricostituzione dei corpi organici distrutti. In questo secondo tipo rientra anche, quale ultima conseguenza, la realizzazione dell' homunculus, quella produzione chimica dell'essere umano in cui i due estremi della mistica e del materialismo si toccano. Kiesewetter specifica poi che solo presso Paracelso si trovano precisazioni su entrambe le specie di palingenesi. Su quella delle ombre Paracelso scrive: «[...] Dal che deriva che una tale potenza primi entis è rinchiusa in un vaso di vetro e condotta a generare, senza terra, la forma della pianta stessa, la quale, una volta cresciuta, non può formarsi un corpo, per il semplice motivo che non ha un liquidum terrae, perciò non c'è nient'altro se non quel che appare, con un dito lo si riconduce a un succo, come un fumo che indica una forma sostanziale, e tuttavia non è tangibile». Riguardo alla palingenesi dei corpi, invece, Paracelso dà queste precise istruzioni: «[...] L'uccello vivo è posto in una storta ermeticamente chiusa al terzo grado di fuoco, bruciato e ridotto in polvere e in cenere, dopodiché si fa putrefare così chiuso, al più alto grado di putrefazione, in ventre equino, finché non diventa un flegma mucillaginoso; questo flegma può essere nuovamente covato e, rinnovato e rigenerato, divenire un uccello, a patto che tale flegma sia di nuovo chiuso nel suo primo vaso o nel guscio; il che significa resuscitare i morti per rinascita e trasfigurazione, il che è un grande e nobile mistero della natura. Grazie a questo procedimento, ogni uccello può essere ucciso e riportato alla vita, rinnovato e rigenerato. Questo è il più nobile e il più grande miracolo e mistero di Dio, il segreto più elevato che Dio abbia rivelato all'uomo mortale». | << | < | > | >> |Pagina 23Viget in cinere virtus! Quale virtù in questa cenere! Giovanni Battista Rusca La rigenerazione di vegetali è sicuramente la forma di palingenesi più diffusa e più trattata, anche perché considerata una forma innocente di magia naturale. Si può anzi considerare la palingenesi per eccellenza, o per definizione, come dimostra un popolare dizionario tedesco del XVIII secolo, il Grosses Vollständiges Universal-Lexicon: «Ricostituzione, ricreazione, palingenesi, significa resurrezione o produzione di un fiore o di una pianta bruciati dalle loro ceneri, mediante l'arte chimica». In realtà nella palingenesi vegetale si distinguono diverse modalità: 1) la "resurrezione" del vegetale realizzata con le ceneri della pianta 2) la rinascita del vegetale ottenuta dal seme della pianta con l'intervento di altre sostanze 3) l'apparizione della forma del vegetale in soluzioni congelate o cristallizzate 4) l'apparizione dell'immagine del vegetale in acqua distillata, olio, succhi, ecc. | << | < | > | >> |Pagina 38Fondandosi sulla vicenda del medico polacco, lo scienziato irlandese Robert Boyle (1627-1691), chimico, fisico e "filosofo della natura", traccia un'analogia fra gli atomi indistrutti di una pianta calcinata e i corpuscoli di un corpo umano decomposto. Benché paiano entrambi ridotti a nulla, questa è un'illusione. La palingenesi delle piante dimostra proprio il concetto che l'essenza seminale di una pianta bruciata possa essere preservata nelle sue parti incombustibili. Similmente, le parti del corpo umano debbono essere atte a preservare la propria natura anche dopo essere divenute polvere. Questo può spiegare come il corpo di una persona divorata da animali possa nondimeno risorgere, con tutti i suoi atomi preservati, e la capacità di rimanere uniti.Nel suo Essay of the holy Scriptures, che redasse negli anni '50 del XVII secolo, Boyle fa uso, come del resto altri, della palingenesi, per poggiarvi la possibilità della Resurrezione. La sua idea è che la rigenerazione vegetale mostri, come altri fenomeni chimici, che i corpi appaiono sovente completamente distrutti, ma non lo sono. Esprimerà lo stesso concetto, ma più prudentemente, in Some physico-theological considerations about the possibility of resurrection. Autore di un'opera enciclopedica, celebre per il suo Museo scientifico e artistico in Roma, l'erudito scienziato, storico e filosofo tedesco Athanasius Kircher (1602-1680), gesuita, contribuisce in modo deteminante a far conoscere la realtà della palingenesi vegetale (e minerale), che sviluppa specialmente in uno dei suoi libri più diffusi e più letti: il Mondo sotterraneo, pubblicato nel 1665, ove descrive il fenomeno e ne fornisce un'acuta spiegazione. Ripreso il racconto di Du Chesne dell'esperimento dell'alchimista di Cracovia come un avvenimento naturale, che si fonda sulla preparazione del sale estratto dalle ceneri della pianta bruciata, poiché il sale è la sede della "virtù seminale" di una pianta, e il chimico, mediante il calore, può destare la facoltà plasmatica insita nel sale stesso, affinché i corpuscoli salini si ricompongano di nuovo, nella stessa forma di quella pianta dalla quale è stato estratto il sale, Kircher dichiara che la pianta può rinascere nell'alambicco nella forma che la pianta per sua natura richiede. Quanto al modo di compiere questo prodigio, "un'arte non a tutti nota", Kircher dichiara di aver messo in pratica un procedimento di sua invenzione per "far rinascere una pianta dalle sue ceneri in un vaso dal collo lungo ermeticamente chiuso", il cui risultato ha mostrato per quasi un decennio ai visitatori del suo museo romano, e l'ultima volta nel 1657, in occasione della visita della regina Cristina di Svezia, che stette a contemplare con diletto tale prodigio. Purtroppo Kircher dimenticò sulla finestra il vaso, che si ruppe a causa di un'improvvisa gelata notturna. La pianta, ridotta in cenere e posta nel vaso, riassumeva la propria forma se esposta al calore. | << | < | > | >> |Pagina 105I viventi non muoiono, ma in quanto corpi composti, si dissolvono: e questa dissoluzione non è morte, bensì uno scioglimento di un composto; e si dissolvono non per venire distrutti, bensì per rinnovarsi Corpus hermeticum, XII, 16 Da le cineri mie mi sveglio e volo Paolo Aresio L'unica volta in cui i fondamenti della dottrina iniziatica della palingenesi, e in particolare di quella umana, sono stati esposti nel modo più chiaro possibile è nel Tempio dell'uomo, monumentale opera di René Adolphe Schwaller de Lubicz, uno degli ultimi ermetisti europei di rilievo dei nostri tempi. Vi è messa in luce la capitale funzione del sale, rivelata, come abbiamo visto, da Paracelso in poi; ultimo agente di corruzione e primo agente di generazione, il sale permane anche dopo la combustione e sopravvive alla morte per favorire la rinascita. Questo sale, nel corpo umano, si concentra particolarmente nell'osso del femore. Nucleo fissatore minerale sul quale si iscrivono in modo permanente i momenti più vitali della coscienza umana, e fisicamente indistruttibile, il sale è più permanente del DNA. Grazie al sale sito nel femore, le caratteristiche individuali (le modalità vitali di coscienza) possono essere conservate e trasmesse oltre la morte dell'individuo. Non è il seme genetico, ma il sale minerale a costituire il principio di determinazione nell'evoluzione biologica dell'essere; il sale è dunque mezzo di evoluzione, resurrezione e palingenesi. Scrive dunque Schwaller: «Un precetto vecchio come la Saggezza dice: "Una forma può passare a un'altra forma solo mediante la decomposizione totale della prima nelle sue componenti essenziali". Un secondo principio emanato dalla stessa Saggezza afferma: "Ogni cosa e ogni essere comprendono un nucleo fisso che né la putrefazione né il fuoco possono distruggere". Questi principi sono stati ignorati dai nostri biologi, il che ha fatto fallire i loro tentativi di presentare una teoria dell'evoluzione coerente, imposta tuttavia dalla natura. Se tralasciamo la caratteristica morale che noi colleghiamo all'anima per conservare solo il senso – difficile da definire – della specificità della psyché, la metempsicosi esiste. Al principio della metempsicosi si ricollega d'altronde la leggendaria palingenesi vegetale, che si basa sul residuo fisso contenuto nelle ceneri. Ogni corpo vegetale o animale è ridotto, tramite la putrefazione, a due stati separabili, l'uno volatile, l'altro costituente un residuo fisso. Questa parte fissa, una volta seccata, contiene un sale alcalino. La combustione separa apparentemente, ma violentemente, tutti i corpi vegetali o organici in parti volatili, lasciando una cenere contenente un sale fisso alcalino. "Uomo, tu sei cenere e ritornerai cenere". Così ogni cosa è composta essenzialmente da una parte volatile e da una parte fissa, principio generante che la teologia faraonica, ad esempio, riassume nella sua dottrina di Ba e Ka. | << | < | |