|
|
| << | < | > | >> |Indice1.0 Caleidoscopio Milano 9 di Stefano Boeri Buildings for publication 18 di Vincenzo Castella Rear windows_milano 26.11.06 24 di Francesco Jodice 2.0 La cronaca e l'abitare 33 a cura di Salvatore Porcaro con il contributo di Gustavo Pietropolli Charmet 3.0 L'atlante dell'abitare a Milano 55 a cura di Anniina Koivu 4.0 Modi di abitare a Milano 93 4.1 Abitare in una baraccopoli 95 a cura di Fabio Parenti, Cecilia Pirovano, Federica Verona con Lavinia Mihaela Costache e Gloria Pessina 4.2 Abitare in un posto letto per migranti 105 a cura di Daniele Cologna e Isabella Inti con Barbara Del Sole e Patrik Dolo 4.3 Abitare in un edificio mondo 115 a cura di Francesca Cogni e Donatello De Mattia con Davide Amendola e Roberto La Gioia 4.4 Abitare in una casa-negozio 125 a cura di Giovanni La Varra con Matilde Cassani, Giorgio Ciarallo, Patrik Dolo, Niccolò Dragoni, Maria Chiara Pastore, Maria Chiara Piccinelli, Giovanna Silva 4.5 Abitare in un'isola residenziale 131 a cura di Alessandro Floris, Cecilia Pirovano, Matteo Poli con Ilaria Brunelli, Giulio Ceruti, Alessandro Consonni, Andrea Luppino, Riccardo Modolin, Alberto Pietrobon, Davide Scolari, Andrea Valsecchi e il contributo di Alessandro Rocca 4.6 Abitare in un quartiere popolare 145 a cura di Annamaria Cavenaghi, Edoardo Marini, Christian Novak con Loredana Fandullo, Maddalena Leanza, Raffaella Londero, Marco Svara 4.7 Abitare in un loft 163 a cura di Giovanni La Varra con Matilde Cassani, Giorgio Ciarallo, Patrik Dolo, Niccolò Dragoni, Maria Chiara Pastore, Maria Chiara Piccinelli, Giovanna Silva 4.8 Abitare in un residence 173 a cura di Isabella Inti e Arturo Lanzani con Valentina Mazza e Francesca Resteghelli 4.9 Abitare in una casa per anziani 183 a cura di Isabella Inti e Arturo Lanzani con Valentina Mazza e Francesca Resteghelli e il contributo di Giuliana Costa, Pietro Lembi 4.10 Abitare in una casa per studenti 193 a cura di Arturo Lanzani con Valentina Mazza e Francesca Resteghelli 4.11 Abitare in sofa surfing 201 a cura di Isabella Inti con Danilo Alba 4.12 Abitare in un centro di accoglienza 211 a cura di Federica Verona 4.13 Abitare in un quartiere multietnico 221 a cura di Christian Novak 4.14 Abitare in un sottotetto 233 a cura di Giovanni La Varra con Matilde Cassani, Giorgio Ciarallo, Patrik Dolo, Niccolò Dragoni, Maria Chiara Pastore, Maria Chiara Piccinelli, Giovanna Silva 5.0 I numeri dell'abitare 240 a cura di Isabella Inti Milano, 2006 242 di Paolo Rosselli 6.0 I tre giorni dell'abitare 255 6.1 20 ottobre 2005 256 6.2 21 ottobre 2005 264 6.3 22 ottobre 2005 270 7.0 Abitare difficile - Abitare temporaneo - Abitare insieme 279 7.1 Abitare difficile 280 Tattiche dell'abitare difficile di Giovanni La Varra La città invisibile di Fabio Parenti La città pubblica milanese di Edoardo Marini Bambini e madri in carcere 292 (Istituto casa circondariale San Vittore), 2006 di Marina Ballo Charmet Cctv - Closed circuit television 298 di Alessandro Cimmino Roma authorized camp, via Barzaghi - Milano 304 Italy 2004 di Armin Linke 7.2 Abitare temporaneo 312 Abitare temporaneo, abitare in movimento di Arturo Lanzani Age out 320 di Stefano Graziani Milano, 2004-2006 328 di Cecilia Pirovano 60 m2 334 di Claudio Sabatino 7.3 Abitare insieme 342 Ambiguità del convivere di Christian Novak Famiglie 348 di Bruna Ginammi Parco, 2005-2006 354 di Marina Ballo Charmet 8.0 L'alba del degrado 363 di Luca Doninelli cronistoria illustrata Mario Piazza Milano, Santa Giulia, 2006 370 di Gabriele Basilico |
| << | < | > | >> |Pagina 9CALEIDOSCOPIO MILANO
di Stefano Boeri
1. Il ritmo della città
Questo libro parla di Milano; di come sia complicato e anche entusiasmante
abitare a Milano in questi anni. Delle infinite varianti ed esperienze
dell'abitare che oggi percorrono questa città difficile e vitalissima.
Questo è dunque un libro attento al presente, all'abitare nel tempo
presente; ma come tutti i libri che parlano di una città, questo è anche
un testo sul passato e sul futuro di Milano. Che parla di tradizioni,
costumi, spazi che sono giunti fino a noi (dimostrando in alcuni casi
una vitalità lunghissima), ma anche di tradizioni, costumi e spazi che
abbiamo ragione di credere potranno esistere, magari addirittura
rafforzarsi, nel futuro prossimo di Milano.
Lentezza e frenesia Per parlare di come si abita Milano oggi, questo libro ha scelto una strada particolare, che in buona parte lo distingue dai molti saggi e dalle molte ricerche che in questi anni hanno osservato, descritto, analizzato il presente di Milano. La diversità consiste nell'aver coltivato in tutti questi anni un sospetto, divenuto col passare del tempo sempre più ingombrante. Il sospetto è che nelle descrizioni sulla Milano contemporanea prevalgano quasi sempre classificazioni (e criteri di selezione delle informazioni) che tendono a nascondere o quanto meno a fornire una versione anestetizzata della vita reale. Sono analisi che hanno il più delle volte ragionato per grandi classi di fenomeni e per indicatori aggregati (fasce di reddito, demografia, occupazione...), restituendo spesso informazioni di grande rilievo su Milano. Ci hanno detto che Milano sta cambiando, come molte altre città di questa parte del mondo: che si sta consumando del tutto la transizione a un'era postindustriale, dove prevarranno i servizi e la produzione intellettuale. Ci hanno spiegato il graduale sommovimento della base demografica, alimentata dal flusso di popolazioni migranti e inaridita dall'invecchiamento della popolazione indigena. Ci hanno descritto le nuove gerarchie del potere locale, spostate sempre più verso le relazioni finanziarie, verso le intermediazioni tra politica, editoria e grandi banche. Ci hanno raccontato del flusso crescente di abitanti non residenti (studenti, lavoratori del terziario, city user...) che ogni giorno esce ed entra dalle tangenziali urbane, ultimo potente indizio di un antico pendolarismo quotidiano.
Ci hanno in sostanza raccontato di una città solida e sofferente, che sta
cambiando pelle e anima, ma lentamente, in ritardo rispetto ai processi di
competizione internazionale tra città e riorganizzazione del lavoro che hanno
investito dall'inizio degli anni ottanta le città europee
concorrenti. In ritardo anche per le difficoltà del governo locale a
offrire risposte tempestive, in termini di infrastrutture e nuove funzioni, alle
esigenze di rapida crescita della citta. E non è un caso che proprio queste
stesse indagini leggano i grandi progetti che oggi finalmente si affacciano
sulla città come una sorta di correzione "in ritardo" di un percorso di crescita
inevitabile, che Milano nei decenni scorsi non avrebbe praticato.
Questo libro nasce dal sospetto che spesso queste analisi aggregate non siano riuscite a cogliere il ritmo profondo di Milano, quel tempo di vita che unisce gli spazi, lo scorrere in essi dei comportamenti e il volo delle idee, dei simboli, delle paure che su questi spazi gli abitanti proiettano. Il punto è che le analisi aggregate, parlandoci di quel passaggio epocale, che a Milano sembra così lento, graduale, frenato dall'immobilismo delle pietre e delle tradizioni, ci raccontane forse solo una parte della verità. Se infatti c'è una cifra della Milano attuale, pensiamoci bene, questa è la sua natura caleidoscopica, vibrante e molecolare. Milano è una città che vive di continui spostamenti diffusi. Il ritmo evolutivo di Milano, che colto come andamento unitario può apparire lento, se osservato dal vivo delle situazioni locali, dalle migliaia di occhi che inquadrano i suoi paesaggi ordinari, è invece frenetico. Fisicamente frenetico. Non passa giorno che in punti e luoghi diversi e lontani della città non si schiudano sottotetti, si abitino negozi come appartamenti e scantinati come accampamenti, si scavino parcheggi e si aggiungano dehors, si aprano boutiques e show room, si montino baracche sotto gli arbusti di un'area sterrata o tra i muri spessi di una fabbrica in abbandono, si occupino palazzi sfitti e si sponsorizzino giardini urbani. Che famiglie di migranti si ricongiungano, che anziani sperimentino nuove coabitazioni, che giovani coppie uniscano in un appartamento casa e lavoro, che le catene commerciali invadano i piani terra, che stanze e posti letto vengano subaffittati, che uffici restino disabitati, che loft e negozi muoiano e rinascano. Quello che succede in molte altre città europee in questo inizio di secolo succede anche a Milano, ma a Milano succede simultaneamente e in modo diffuso. Con un andamento meno selettivo. Tutto, dappertutto. Senza grandi spinte unitarie (e dunque visibili) e senza grandi partizioni per aree omegenee (che renderebbero il cambiamento immediatamente localizzabile).
La lentezza di questa città è in realtà l'esito dl una frenesia molecolare.
Perchè forse è proprio il fluire di una moltitudine di energie rapsodiche e
individualiste a spiegare il ritardo a Milano delle grandi, palesi
energie della trasformazione.
Grandi e piccole trasformazioni Del resto, all'origine del recente intensificarsi dei grandi progetti di trasformazione urbana, in una città che per decenni ne è stata esclusa, non è una rivoluzione nelle strutture profonde che regolano il ritmo di evoluzione della città, quanto piuttosto un fenomeno congiunturale: il processo di "liquifidicazione" del capitale immobiliare delle grandi industrie (come Pirelli e Alfa Romeo), delle grandi società del parastato (come Aem) e delle grandi infrastrutture sociali (le Poste, l'Ortomercato, le Ferrovie). Un processo che non si è ancora concluso; e che ancora per qualche anno continuerà a liberare della loro funzione originaria immense aree destinate a sollevare l'interesse dei grandi gruppi immobiliari. Non è un caso che la dimensione e le forme di queste grandi trasformazioni puntuali, che da almeno due decenni dettano il ritmo di tutte le grandi città europee, siano spesso percepite a Milano come un'imposizione, come un corpo estraneo rispetto al tradizionale andamento molecolare e diffuso delle microtrasformazioni endogene.
Né deve stupire il fatto che la cronaca di Milano (l'ascolto e la lettura
sui media locali degli eventi quotidiani) racconti di conflitti e resistenze
quotidiani da parte delle comunità locali nei confronti di una
modernizzazione a scoppio ritardato e - forse anche per questo - spesso
arrogante e insensibile alle esigenze di chi abita i luoghi. Un rilievo che
sembra confermare una sostanziale idiosincrasia verso i grandi
progetti unitari di trasformazione della città.
Ma oltre che sui grandi progetti, la cronaca locale continua a inviarci indizi sull'enorme potenza delle microtrasformazioni urbane milanesi. Quasi fosse una sorta di controcanto ai progetti dei grandi developer internazionali, la Milano dei fatti di cronaca sembra infatti sospinta da migliaia di piccole iniziative di riuso degli spazi e dalla democratizzazione della rendita fondiaria. Migliaia di proprietari che affittano vani e porzioni di appartamenti; migliaia di affittuari che subaffittano i loro spazi, fino ad arrivare al fenomeno della locazione a rotazione dei posti letto. Centinaia di architetti, geometri, commercialisti, notai, amministratori di condominio che istruiscono pratiche e progetti di ristrutturazione e riuso dei vani che cambiano di utenza e spesso di utilizzo. Un meccanismo diffusissimo di piccole rendite proveniente da piccoli patrimoni immobiliari che muove un'economia in buona parte sommersa, emergente a volte in concomitanza con forme di usura, malessere o a fatti di violenza. Un sistema pervasivo di piccole rendite che, oltre a rappresentare uno dei tratti distintivi della società ubana milanese, continua a essere il motore di migliaia di trasformazioni degli usi di spazi residenziali e abitati, come è avvenuto nel caso della realizzazione auto-promossa delle centinaia di sottotetti che in pochi mesi hanno cambiato il profilo della città. | << | < | > | >> |Pagina 102. AvvicinarsiIl lavoro ospitato in queste pagine di Multiplicity.lab e dei suoi partner deve moltissimo alle analisi aggregate e sistematiche di cui abbiamo fatto cenno all'inizio di questo testo. Ne ha tratto spunti, riferimenti, dati.
Ed è proprio grazie a questo debito se il lavoro di Multiplicity.lab
sull'abitare a Milano ha potuto esplorare altre strade, forse più vicine al
ritmo frenetico e pervasivo della vita reale quotidiana. Simpatetiche
con le triaettorie molteplici degli abitanti milanesi.
La geografia che questo libro propone è infatti eclettica ed eterodiretta. Parla di Milano usando punti di vista diversi (che solitamente non vengono messi a confronto) e affidando queste descrizioni alla autorevolezza dei loro autori, senza mediazioni. La geografia di questo libro è quella di un atlante eclettico, che accosta, senza nessun patema di traduzione, descrizioni diverse. Che lascia al lettore l'interpetazione sintetica, il giudizi comparativo. Ma il suo grado di eclettismo, come sempre accade quando si sviluppa una indagine sul campo, non è ovviamente illimitato. Le descrizioni contenute in questo libro appartengono infatti tutte a un comune atteggiamento: quello di un avvicinamento della ricerca al nondo reale. Avvicinamento che significa sia una esplicita messa in gioco e in discussione di chi produce una conoscenza sul mondo locale (il ricercatore), sia il coinvolgimento di figure di "mediatori" locali (i protagonisti e i testimoni delle pratiche dell'abitare), sia l'appello a strumenti non canonici di intercettazione della vita quotidiana; come la lettura della cronaca locale, il sopralluogo, l'utilizzo della narrazione letteraria e della fotografia.
Avvicinarsi, muoversi sul campo, ha significato infatti soprattutto attivare
degli sguardi locali per intercettare processi e pratiche locali altrimenti
invisibili.
La cronaca locale e l'inconscio Ci siamo in primo luogo chiesti se la cronaca locale, quella che appare sulle pagine locali dei quotidiani, che riempie le televisioni e le radio private, che scorre libera nei cellulari e vibra nel brusio dei bar, potesse servire a raccontare una città come Milano. Se la cronaca locale - quella nera e quella sportiva, quella giudiziaria e quella degli spettacoli - potesse essere usata come fosse una grande "porta" di indizi e tracce sulla vita urbana di questa città. Come una chiave per decifrare anche i meno visibili tra gli stili di vita, i paesaggi sociali, le abitudini e le relazioni che tengon insieme la sua comunità urbana.
E abbiamo capito che, per rendere efficiente questa via di accesso alla
imprevedibile complessità del mondo della vita bisognava tener conto
di due aspetti fondamentali.
Il primo riguardava la legittimità a usare i fatti di cronaca locale come criterio di campionatura per una ricerca sull'abitare a Milano. Tra le migliaia di fatti riportati sulle pagine locali dei quotidiani e nei telegiornali locali dei media televisivi negli ultimi cinque anni, abbiamo innanzitutto selezionato quelli che avevano una rilevanza rispetto alle pratiche dell'abitare. Così facendo, abbiamo isolato circa seicento fatti di cronaca. Poi, applicando un ulteriore criterio di selezione basato sull'opportunità di realizzare una campionatura tematica e geografica (capace cioè di estendersi all'intero territorio di Milano) sulle principali pratiche dell'abitare, abbiamo circoscritto la nostra indagine a sessanta eventi di cronaca. I sessanta fatti di cronaca — nera, di costume, giudiziaria, sportiva — che richiamiamo nelle pagine che seguono sono stati selezionati nella complessità della condizione abitativa milanese degli ultimi cinque anni. Oltre che fornirci indizi preziosi sulle pratiche dell'abitare a Milano, questi sessanta eventi sono stati un antidoto formidabile. Un antidoto ai pregiudizi, alle tassonomie codificate, alle classificazioni preconcette. Con le loro contraddizioni, i loro inarrivabili paradossi, i loro imprevedibili drammi, queste sessanta vicende ci sono servite a intercettare quella imprendibile "ricchezza del mondo della vita"' che le tipologie e le topografie solitamente incasellano e classificano; e dunque anestetizzano. Ci hanno aiutato a riconoscere e campionare un certo numero di luoghi, di eventi e processi verso i quali convogliare la ricerca sul campo.
Ci hanno permesso di avvicinarci alle tragedie di chi non ha dimora e
vive nelle baracche, alle amarezze di chi è costretto a una vita di continua
domanda di assistenza, alle scelte frenetiche di chi abita temporaneamente la
città, agli egoismi di chi si preoccupa solo di costruirsi
una nicchia popolata di individui simili, ai progetti di vita che nascono da
luoghi di coabitazione e di confronto.
Il secondo aspetto importante del lavoro svolto sulla cronaca locale riguarda la sua dimensione costruttiva. Come sappiamo, la cronaca non è una registrazione fedele e neppure esaustiva delle vita quotidiana. Al contrario, è il frutto di un'accurata selezione, compiuta da una categoria di professionisti delegati a questo dalla società; un gruppo di "mediatori dell'informazione" che osserva, descrive, interpreta e rappresenta una piccolissima parte della moltitudine di eventi che accadono quotidianamente. La cronaca locale non è infatti altro se non il prodotto quotidiano di una categoria professionale delegata a dare senso alla vita quotidiana.
Ma forse proprio questo lavoro di selezione, compiuto spesso con l'intento
di rispondere alle aspettative dei lettori, di svelare temi e luoghi
che possano muovere l'attenzione dell'opinione pubblica, rassicurarla e
insieme richiamarne l'attenzione, rappresenta di per sé un ulteriore
elemento di interesse per una ricerca sull'abitare.
La cronaca è infatti anche un grande simulacro della vita quotidiana. Uno specchio deformato eppure convincente (deve essere convincente), che tratta i miti e la dimensione simbolica di una società urbana attraverso una selezione arbitraria degli avvenimenti che quest'ultima produce. Del resto, proprio perché la mediazione selettiva dei media (che trasforma un corpo infinito di episodi illegali, ludici, privati, occasionali, spesso intimi in un gruppo di eventi "pubblici") viene fatta in "ascolto" di un sistema ipotizzato di aspettative del pubblico di una città specifica, la "schiuma" della cronaca quotidiana locale può dunque acquisire un ulteriore valore indiziario. Può forse essere intesa come un insieme di sintomi utili a decifrare l'immaginario collettivo di una comunità urbana. O addirittura, come sostiene Gustavo Pietropolli Charmet, può aiutarci a svelare il suo inconscio. Il lavoro sulla cronaca locale può in altre parole aiutarci a cogliere non solo alcuni "eventi del mondo della vita", ma anche quell'insieme di aspettative, incubi, proiezioni simboliche che una comunità urbana coltiva e invisibilmente governa e che un buon giornalismo sa cogliere, decifrare, far emergere proprio attraverso la selezione di quegli indizi che la città produce di continuo.
L'atlante dell'abitare a Milano che questo libro propone nei capitoli
successivi è innanzitutto l'esito di questa indagine sperimentale sulla
cronaca locale. Un'indagine che descrive una città in mutazione, dove
per molti le condizioni dell'abitare sono diventate difficili se non addirittura
estreme, dove cresce il numero dei cittadini temporanei, dove
pochi metri di distanza convivono egoismi arroganti e comunità miste
che sembrano anticipare un futuro cosmopolita e aperto.
Il sopralluogo (la ricognizione, la fotografia, la narrazione) Il passo successivo, in questa strategia di avvicinamento al mondo della vita, è stato quello del sopralluogo. Una volta individuati, grazie alla cronaca, alcuni dei principali temi e luoghi di un'indagine sull'abitare abbiamo progettato tre modalità di esplorazione del campo di ricerca: la ricognizione, la campagna fotografica e il racconto letterario.
Tre forme molto diverse di ricerca-interpretazione dei processi locali
dell'abitare a Milano che sono poi diventati la base sulla quale abbiamo
costruito la descrizione dei principali "modi di abitare" la città.
Ma anche tre forme di "trascrizione" delle esperienze condotte a contatto con la
vita quotidiana nella forma testuale di un atlante eclettico.
La prima forma di sopralluogo, quella della ricognizione, ha segnato l'avvio della ricerca e l'ha accompagnata in tutti questi mesi. Nell'ottobre 2005 abbiamo organizzato tre giorni di esplorazioni incontri in una serie di luoghi emblematici delle condizioni dell'abitare a Milano. Ma l'intero periodo di ricerca è stato accompagnato da continue ricognizioni sul campo, alcune focalizzate su aree e spazi diversi della città nei quali una particolare pratica dell'abitare si manifestava; altre che hanno insistito nell'esplorare le dinamiche e le condizioni di un luogo puntuale e specifico.
Per certi versi, la ricognizione ha costituito una sorta di dimensione
parallela e simultanea a quella della scrittura. L'esplorazione sul campo,
gli incontri, le discussioni, sono diventati intatti col tempo una formidabile
fonte di verifica delle ipotesi e delle convinzioni sviluppate dalla
ricerca. Un alimento inesauribile per la costruzione di un Atlante
eclettico dell'abitare a Milano.
La seconda forma di sopralluogo è stata invece eterodiretta, totalmente delegata a un gruppo di fotografi che hanno liberamente interpretato le nostre curiosità e le nostre ossessioni, scegliendo di avvicinarsi ad alcuni dei mondi della vita che popolano Milano. La fotografia non è stata dunque utilizzata come descrizione aggiuntiva o come visualizzazione didascalica. Il suo posizionamento nelle pagine di questo libro è piuttosto equivalente a quello delle sezioni dedicate all'interpretazione dei principali "modi di abitare" Milano. Grazie anche a una serie di incontri preliminari con un gruppo selezionato di fotografi che hanno sviluppato in questi anni una pratica di consuetudine con il territorio milanese, le campagne fotografiche sull'abitare hanno acquistato un valore autonomo e compiuto. E in quanto testi compiuti e autonomi ciascuno di essi ha manifestato un esclusivo rapporto tra la città e le strategie di posizionamento dello sguardo fotografico del suo autore.
I dieci sopralluoghi fotografici contenuti in questo atlante non solo
raccontano ciascuno di un tema spaziale o comportamentale dell'abitare
contemporaneo, ma raccontano anche della varietà possibile di
"movimenti" che ogni fotografo ha compiuto nell'esplorare la città.
Raccontano di diverse strategie di avvicinamento al corpo urbano di
Milano, di percorrenza nei suoi spazi, di uscita e reingresso nei suoi
bordi. Confermano la straordinaria natura di Milano come "laboratorio" per le
arti visive.
Il terzo tipo di sopralluogo è stato sviluppato in forma narrativa, attraverso la selezione e la lettura di testi, visivi e verbali, su Milano. La costruzione di un'antologia di testi sull'abitare a Milano è infatti un'altra delle possibili articolazioni di questa ricerca, che sta producendo una raccolta selettiva di narrazioni cinematografiche e letterarie. Il "laboratorio Milano" di Multiplicity.lab è stato infatti concepito come lo sfondo per una serie di trame narrative. Racconti che nel loro dipanarsi territoriale e tematico hanno intercettato luoghi e personaggi embleatici o rilevanti dell'abitare a Milano.
Oltre che un'antologia di testi cinematografici che descrivono esperienze
dell'abitare a Milano, la ricerca in corso ha raccolto dei brevi
testi letterari, uno dei quali, scritto da Luca Doninelli, è presentato in
queste pagine.
Una mappa aperta La mappa di Milano che apre questo libro costituisce una prima trascrizione delle strategie di avvicinamento al ritmo particolarissimo del mondo della vita che pulsa nel corpo di Milano. La mappa è concepita come un atlante aperto, che localizza su una base topografica (una Milano divisa per parti) l'insieme di eventi, di racconti, di immagini, di voci che sono state raccolte dalla ricerca di Multiplicity.lab attraverso l'indagine sulla cronaca locale e attraverso le tre forme di sopralluogo. L'atlante è dunque una mappatura in fieri, che ha uno sviluppo parallelo nel sito sull'abitare a Milano gestito da Multiplicity.lab. Un ipertesto su cui posizionare, affiggere, annotare informazioni ed esperienze ravvicinate sull'abitare a Milano. Una piattaforma dove ospitare un brusio di notazioni qualitative, dense di valori e giudizi, continuamente riscritte e aggiornate, sull'abitare a Milano oggi. | << | < | > | >> |Pagina 123. Abitare a Milano oggiChe cosa ci racconta la cronaca del presente?
La raccolta dei fatti e le indagini condotte in questi mesi ci descrivono un
affresco inedito di Milano, che forse è possibile riassumere entro
tre principali tematizzazioni, corrispondenti alle tre sfere dell'abitare a
Milano (abitare difficile, abitare temporaneo, abitare insieme) di cui si
tratta in questo libro.
Adattarsi (l'abitare difficile) Milano è oggi una città percorsa in tutte le sue parti da un faticoso, ostinato, molecolare sforzo di adattamento dei propri cittadini a condizioni di abitabilità sempre più difficili; e soprattutto instabili. Ovunque, in qualsiasi circostanza, la cronaca da Milano ci porta a guardare un mondo di azioni, desideri, sforzi volti ad adattare a luoghi di vita e di residenza, spazi nati per tutt'altra funzione. L'imbianchino quarantenne costretto ad abitare in un garage dell'hinterland, le famiglie rom che occupano fabbriche dismesse insieme a giovani migranti nordafricani, la coppia di migranti sudamericani che usa come dimora uno scantinato di sei metri quadri nel pieno centro di Milano; sono alcuni dei protagonisti di una tensione verso l'adattamento a un uso residenziale di spazi incongrui che include anche altri comportamenti meno estremi, ma altrettanto faticosi. Come la trasformazione in residenze dei negozi con vetrina, l'utilizzo da parte di molti pendolari dell'ufficio come "stanza provvisoria", i posti letto negli scantinati affittati dai parenti dei ricoverata nelle cliniche e negli ospedali milanesi; altri indizi di un processo di adattamento che forse ha la sua espressione più potente e visibile (anche perché legale) nelle centinaia di sopralzi e sottotetti sorti a Milano dal 1996. | << | < | > | >> |Pagina 144. La città di mezzoL'ascolto e la lettura della cronaca locale di Milano ha intercettato un altro aspetto distintivo: la presenza diffusa di cittadini, spesso volontari, quasi sempre senza una remunerazione corrispondente all'utilità dei loro servizi, che seguono e assistono individui e famiglie in situazione di difficoltà abitativa. Le associazioni del volontariato cattolico, le organizzazioni non governative, le istituzioni laiche dell'assistenza sanitaria, i centri di prima e seconda accoglienza, la rete delle parrocchie, quelle dei partiti e delle associazioni culturali e di solidarietà, i centri sociali, sono solo alcuni delle forme con cui una vera e propria "città di mezzo" si sostituisce oggi alle assenze e ai ritardi delle politiche pubbliche sull'abitare. La rilevanza assunta dalle reti informali e autorganizzate di sostegno all'abitare può sembrare paradossale, in una città dove oggi prevalgono spesso i comportamenti tesi a massimizzati vantaggi individuali, di gruppo, di clan, di famiglia. Eppure oggi è quasi impossibile, nel momento in cui ci si "avvicina" alle dinamiche effettive della vita quotidiana milanese, non incontrare — ovunque si vada — uno strato di mediatori, operatori del sociale, volontari che seguono e spesso orientano le pratiche dell'abitare, soprattutto quelle più difficili ed estreme. Un insieme di pratiche di supplenza che negli ultimi anni si è allargato fino a produrre – oltre e a fianco delle strutture di assistenza e di prima accoglienza – anche forme di sostegno a una imprenditorialità autorganizzata, come le cooperative del cohousing o le società che gestiscono i mutui collettivi sul bene-casa. Del resto, nell'ambito delle politiche sull'abitare, i confini tra supplenza e sussidarietà delle politiche pubbliche sono oggi molto sottili. Un assottigliarsi dovuto anche alla persistente assenza di una visione complessiva sulle politiche dell'abitare e di una seria valutazione dei fabbisogni abitativi delle diverse popolazioni che abitano Milano. Non vi è comunque dubbio che a Milano la "città di mezzo" abbia spesso sostituito (e nascosto) le carenze di una politica pubblica sulla casa, ne abbia arginato le mancanze più gravi, abbia stimolato, assecondato e orientato le pratiche di autorganizzazione delle famiglie e dei gruppi sociali. La "città di mezzo" ha sollevato problemi e svelato urgenze. Ha risolto emergenze e aperto prospettive fertili e positive.
Ma non ha potuto uscire dalla parzialità di una visione necessariamente
attenta alla particolarità dei singoli casi, o delle singole problematiche
abitative. Non le si può certo chiedere di rendersi sussidiaria
alla necessità di una visione complessiva e articolata sul problema casa.
Una visione capace di leggere la condizione abitativa nella sua estensione fenomenologica, capace di distinguerne e valorizzarne le molte specificità e particolarità interne, è invece la vera sfida del governo pubblico di una città come Milano oggi. Una sfida che non può avere nessun altro interlocutore se non la classe politica milanese stessa; i suoi rappresentanti e le sue istituzioni. Una sfida che non può fare a meno di considerare i possibili scenari di evoluzione di questa città. | << | < | > | >> |Pagina 155. Abitare a Milano domaniL'Atlante dell'abitare a Milano che questo libro propone è la bozza di una carta di identità per una città in mutazione, dove per molti le condizioni dell'abitare sono diventate difficili se non addirittura estreme, dove cresce il numero dei cittadini temporanei, dove a pochi metri di distanza convivono egoismi arroganti e comunità miste che sembrano anticipare un futuro cosmopolita e aperto. Ed è proprio sul futuro prossimo di Milano che questo libro ci chiama a ragionare. Che cosa diventerà la città nei prossimi due decenni?
Quale parte del presente Milano saprà sviluppare? Cosa ci aspetta dietro
l'angolo?
Tre caricature Se proviamo a immaginare i tre "profili" descritti nel capitolo precedente come caratteri ereditari e dunque relativamente stabili di un'evoluzione che dovrà combinarsi con variabili infinite e imprevedibili, possiamo forse immaginare, con una fortissima dose di ironia e di approssimazione, tre scenari caricaturali per il futuro prossimo di Milano.
Nelle righe che seguono proveremo a riassumere i tratti distintivi di
ciascuno di questi scenari, presentandoli come l'esito del consolidarsi – e del
successo – di alcune specifiche risorse e propensioni; entrambe rintracciabili
nella città del presente, quella analizzata in queste pagine.
Set Milano Un primo scenario ci racconta come nei prossimi anni Milano si possa avviare a diventare una "città set"; una metropoli che gioca nella competizione globale tra le città la carta di una straordinaria disponibilità a ospitare eventi a tema. Nella geopolitica globale, Milano potrà infatti diventare il palcoscenico di confronto tra tecnologie sviluppate nel Nord del mondo e beni pregiati prodotti nel Sud del mondo. Una città dotata di un formidabile sistema logistico, che grazie anche alla nuova piattaforma di Arese le consentirà di ricevere, stoccare e distribuire nelle grandi infrastrutture espositive della città le merci provenienti dal traffico marittimo (da Genova), ferroviario (la linea del Sempione) e aeroportuale. Tre grandi areoporti circonderanno intatti un territorio punteggiato da grandi reti per la mobilità privata (con il raddoppio del sistema delle tangenziali, la realizzazione della BreBeMi e della viabilità pedemontana) e da un sistema finalmente razionale di trasporti pubblici (si realizzeranno le linee 4 e 5 della Metropolitana, si razionalizzerà il Passante ferroviario e il sistema delle Ferrovie Nord Milano). I grandi eventi accenderanno le grandi piattaforme espositive nella città. Non solo la Fiera a Rho-Pero (vela volano della città-set), ma anche le aree del "Parco dello sport" attorno a San Siro, le nuove aree dell'ex Ortomercato, il "Villaggio dell'arte" alla Bovisa, il "Parco delle culture" tra il Castello Sforzesco e la Triennale, le "Grandi radure del Parco sud". E insieme alle piattaforme si accenderanno i quartieri tema dell'eccellenza milanese: quelli della moda e del design, quelli dell'editoria e della sanità. Portando all'estremo una sua caratteristica, Milano diverrà una grande città di abitanti temporanei. Capace di accogliere le ondate di utenti-visitatori provenenti da tutto il mondo nelle centinaia di resort urbani e di villaggi residenziali a tema, che circonderanno le grandi piattaforme espositive. Un arcipelago di edifici, quartieri e villaggi specializzati nell'accoglienza temporanea, ciascuno dedicato alla memoria di un brano del "passato autentico" di Milano. Una rete di villaggi a tema ("Navigli District", "Brera Art Resort", "Isola Theme Park", "Bovisa R&D Village"...) che impiegherà come forza lavoro popolazioni pendolari di lavoratori residenti nelle aree urbanizzati attorno a Milano. A risiedere stabilmente in città, oltre che il personale addetto alla logistica delle grandi piattaforme espositive e alla sorveglianza dei resort urbani, saranno infatti le fasce di popolazione anziana o marginale, attratte dai mercati illegali che si svilupperanno attorno ai grandi eventi; popolazioni che troveranno riparo e protezione nelle immense aree residenziali dismesse e abbandonate dai residenti originari. Milano sarà una città che vivrà per singulti, pulsazioni selvagge e intensissime alternate da brevi periodi di pausa. Una città di piattaforme di eccellenza e isole ludico-residenziali per cittadini temporanei, entrambi supersorvegliate, in rete e perfettamente funzionali; una città circondata da un tessuto di aree residenziali abbandonate o degradate. Una città governata da un'élite politica legata ai grandi flussi del commercio globale.
Ricchissima di capitali in continuo transito. Un nuovo nodo nel sistema
delle "città globali".
Middle Class Milano Grazie alla ricomposizione di un nuovo ceto medio urbano, fondato sulla riforma delle libere professioni, sullo sviluppo di un artigianato diffuso e di eccellenza, sulla moltiplicazione delle infrastrutture per la ricerca, la formazione e l'innovazione, Milano potrà avviarsi a diventare una grande Metropoli autogestita. Una città del benessere. Proficua, omogenea, ma con una bassissima disponibilità a investire in progetti pubblici e condivisi. La struttura della città riscoprirà l'antica trama dei quartieri e dei borghi, e ne valorizzerà soprattutto le reti locali di prossimità, entro cui prevarrà un principio generalizzato di commistione tra luoghi della residenza e luoghi del lavoro. I quartieri di Milano, trasformati in veri e propri Municipi, diventeranno fucine di vita e di produzione, ciascuno dotato di una propensione funzionale e di una serie di servizi centralizzati. Una politica di pervasivo e graduale aumento dei prezzi delle abitazioni, finanziata dalle grandi banche e dalle "autonomie funzionali" presenti nell'area milanese, insieme a un sistema di incentivi all'acquisto di case e appartamenti in proprietà per giovani coppie con contratto di lavoro (a prescindere dalla loro provenienza geografica), porterà a una sostanziale espulsione delle popolazioni con fasce di reddito inferiore dalla città. Che resisteranno solo laddove la loro permanenza diventerà una fonte di occupazione e reddito per professionisti dell'assistenza sociale e della solidarietà. Al successo di forme di cooperazione e sussidiarietà nella promozione di zone residenziali autogestite (come il cohousing) farà da sponda la moltiplicazione di centri autopromossi per la ricerca e produzione nel campo della produzione di beni di lusso ad alto valore aggiunto. Centri che attrarranno giovani professionisti da ogni parte del mondo. La mobilità privata, articolata in tutti i possibili vettori per lo spostamento urbano e limitata al traffico interno alla città (dato che il pendolarismo sarà drasticamente ridotto), prevarrà nettamente sulla rete dei trasporti pubblici, e genererà una condizione di perenne congestione urbana che paradossalmente diventerà la vera emergenza in una società urbana estremamente sensibile e attiva nelle politiche di sostenibilità, nella ricerca sulle energie alternative, nella promozione di mercati eco-solidali, nella riforestazione e riqualificazione paesaggistica. Milano sarà dunque una città dove le reti locali e i legami orizzontali diverranno fortissimi; una città governata da un sistema di Municipi che ridurrà progressivamente gli investimenti sulle grandi infrastrutture metropolitane centralizzate e nella manutenzione degli spazi pubblici, a favore di una miriade di piccoli interventi di riqualificazione locale. Una città vivacissima e priva di grandi picchi di eccellenza anche nel campo della cultura e dei servizi urbani.
Una città dove il brusio molecolare delle relazioni familiari e
professionali private tenderà a mettere in secondo piano e forse ad annichilire
qualsiasi progetto collettivo e unitario.
Milano "città mondo" Seguendo una vocazione irreversibile, Milano potrà diventare a tutti gli effetti nei prossimi anni, una "città mondo", capace di accogliere nei suoi quartieri l'arcipelago delle differenze etniche, culturali, linguistiche, religiose che connotano la contemporaneità. Una politica di agevolazione e assistenza ai flussi migratori e una serie di misure fiscali per il recupero e la manutenzione degli stabili degradati agevoleranno infatti la costituzione di veri e propri quartieri etnicamente connotati, dove si svilupperanno in forme stabili stili di vita e comportamenti di consumo radicati nelle tradizioni delle loro comunità originarie. Una "Carta della convivenza urbana", grame alla quale i Municipi acquisteranno forza contrattuale nel governo della città, farà sì che le pincipali infrastrutture sociali urbane siano declinate nel nuovo principio della multiculturalità: si apriranno ovunque scuole, mercati, agenzie per il lavoro, distretti culturali e creativi a base linguistica o religiosa. Milano diventerà, a tutti gli effetti, una città di città. Il mercato del lavoro sarà cosmopolita e fortemente intrecciato con la geografia dei mercati originari. A una città che si aprirà alle differenze e alla mediterraneità dei costumi, fortemente vissuta negli spazi aperti e nelle zone commerciali (con un incremento significativo dei mercati all'aperto e delle zone di casba e di suk) farà da sponda la resistenza e l'arroccamento nel centro e nell'hinterland delle fasce estreme della popolazione indigena e residente. La geografia della città registrerà infatti assieme alla suddivisione entro municipi monoculturali delle nuove popolazioni (alcune delle quali composte da residenti di lunga data a Milano) l'arroccamento nella zona centrale della città delle fasce di popolazione indigena a più alto reddito. Come il vero e proprio ghetto di lusso che si costituirà attorno alle zone Magenta-Cordusio (in prossimità del "Villaggio della finanza"); un' enclave residenziale isolata nei suoi palazzi e giardini, protetta da sofisticati sistemi di telesorveglianza, dotata di proprie strutture scolastiche, sportive, culturali, oltre che di un importante eliporto nell'area di Sant'Ambrogio. Al cuore finanziario attorno alla Borsa farà da contrappunto il grande Bazaar multiculturale, sorto nell'area dell'ex Ortomercato e diventato presto un immenso centro di assemblaggio, manutenzione, scambio e vendita di merci prodotte e raccolte nei diversi Municipi. Un motore urbano intenso e molecolare, che tenderà a estendersi nella città colonizzandone nuove parti.
Il conflitto fra questi due sistemi — uno aperto al mondo, l'altro basato su
un mercato chiuso e interno di scambi — come del resto quello
tra le popolazioni che si spartiscono la città sarà però limitato e ridotto dal
consenso sostanziale alla suddivisione in aree monoculturali e
separate. L'immagine di un arcipelago di isole autonome e dotate di
una forte identità diventerà infatti la base di una patto sociale stabile e
condiviso. Generando una grande città poliforme.
Un grande palcoscenico per eventi e popolazioni temporanei? Una città di micro-ambienti dinamici e autorganizzati? Un arcipelago di isole etniche e religiose diverse? Inutile aggiungere che portare alle estreme conseguenze alcune delle propensioni evolutive della Milano contemporanea significhi anche immaginare i rischi e le potenzialità del prevalere eccessivo di ognuna di loro. Simulare il futuro serve infatti a mettere in tensione le descrizioni del presente.
È una forma di riflessione critica sulle sue potenzialità.
|