Copertina
Autore Jacques Bonnet
Titolo I fantasmi delle biblioteche
EdizioneSellerio, Palermo, 2009, La memoria 796 , pag. 148, cop.fle., dim. 12x16,7x1 cm , Isbn 978-88-389-2438-5
OriginaleDes bibliothèques pleines de fantômes
EdizioneDenoël, Paris, 2008
TraduttoreRoberta Ferrara
LettoreRenato di Stefano, 2010
Classe libri , collezionismo
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Indice


    I fantasmi delle biblioteche


    1. Decine di migliaia di libri               15

    2. Bibliomanie                               26

    3. Ordinare e catalogare                     38

    4. Pratiche di lettura                       56

    5. Da dove vengono?                          69

    6. Leggere le immagini                       81

    7. Personaggi reali e personaggi fittizi     92

    8. Il mondo alla sua portata                112

    9. «Fantasmi» di biblioteche                127


    Ringraziamenti                              145


 

 

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Decine di migliaia di libri



                    C'è chi ama i cavalli, chi le fiere selvagge;
                    io, fin da bambino, ho sentito nascere in me
                    un immenso desiderio di comprare e possedere dei libri.

                                                      L'IMPERATORE GIULIANO



Una quindicina d'anni fa, la casa editrice parigina per la quale lavoravo a quel tempo pubblicò un romanzo del grande scrittore e critico italiano Giuseppe Pontiggia. Forse quella sera non era disponibile nessun altro che masticasse un po' d'italiano; così mi fu chiesto di occuparmi di lui. Ci incontrammo a cena in un ristorante - russo - dalle parti del carrefour Vavin e c'intendemmo subito, tanto più che lui e sua moglie Lucia parlavano un francese molto meno artigianale del mio italiano. Dopo pochi minuti di conversazione ci accorgemmo di avere qualcosa in comune, e questo spostò il centro d'interesse della serata: entrambi possedevamo un'enorme biblioteca con parecchie decine di migliaia di volumi. Non una biblioteca da bibliofilo, con libri così preziosi che il proprietario non li apre mai per paura di sciuparli, ma una biblioteca di lavoro dove si scrive sui libri e si legge in bagno senza pensarci due volte, dove si conserva tutto quello che si è letto o che si intende leggere più tardi - compresi i tascabili e, eventualmente, più edizioni della stessa opera. Una biblioteca non specializzata, o meglio specializzata in tanti campi da diventare generalista. Per tutta la cena parlammo della felicità e della maledizione che ci era toccata in sorte: i libri costano molto all'atto dell'acquisto, all'atto di rivenderli non valgono niente e hanno prezzi astronomici quando sono esauriti e bisogna ritrovarli. Inoltre sono difficili da trasportare, si impolverano, temono l'umidità e i topi, al di là di una certa quantità rendono quasi impossibile qualunque trasloco, richiedono una classificazione precisa per poter essere utilizzati e, soprattutto, occupano molto spazio. (A un certo punto le pareti della mia stanza da bagno erano coperte di scaffali, il che rendeva impossibile usare la doccia e costringeva a fare il bagno con la finestra aperta per via della condensa; in cucina era lo stesso; certi alimenti dall'odore particolarmente penetrante non si potevano cucinare. Come molti dei miei confratelli, ho dovuto aspettare molto prima di avere una capacità logistica pari alle mie ambizioni bibliofaghe!). L'unica ad essere stata sempre risparmiata è la parete che sovrasta il letto. Questo è dovuto a un evento traumatico risalente a molti anni fa: la scoperta delle circostanze della morte di Charles-Valentin Alkan. Il compositore, noto come il «Berlioz del pianoforte», il 30 marzo del 1888 fu ritrovato nella sua casa, schiacciato dal crollo della libreria! Ogni corporazione ha un suo santo patrono, e quello dei bibliofili è indubbiamente il maggiore dei fratelli Alkan, virtuoso di piano ammirato da Liszt e erede, alla morte di Chopin, di molti dei suoi allievi. Come nel caso delle leggende greche, di quella tragica fine circolano diverse versioni: un'altra lo dice vittima della caduta di un pesante portaombrelli! Ma nel dubbio... E così, in segno di omaggio a questo martire tutelare della nostra pacifica e innocente mania, la mia discoteca comprende un classico microsolco RCA con la sua grande sonata Les Quatre Âges eseguita da Pierre Reach nel gennaio del 1979.

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Dopo un certo tempo mi accorsi che i libri, oltre a essere un salutare mezzo di evasione, contenevano anche degli strumenti atti a decodificare la realtà circostante. La piccola borghesia emergente volle consolidare quell'ascesa e pagò per far studiare i suoi figli. Era tempo di lasciare il commercio per passare alla professione forense, alla medicina o alla finanza. Le vere radici del Maggio '68 sono qui: i figli, diventati più intelligenti dei genitori o almeno più colti (cosa del resto non difficile), cominciarono a porre domande inedite ma non assurde, che ricevettero un cenno di risposta solo quando cominciarono a volare i primi selci. Evasione e conoscenza passarono attraverso i libri. Mi rimase un'eterna riconoscenza nei loro confronti, una specie di debito morale che non ho ancora finito di pagare. Fu anche un mezzo per non seguire la via già tracciata dalla famiglia; di qui l'ambizione di dedicare la vita a leggere tutti i libri, un'aspirazione che valeva quanto qualunque altra.

Ma perché mai bisogna avere decine di migliaia di libri nella propria biblioteca? Perché non bastano solo pochi scaffali a fare un paradiso? Vi sono persone a cui basta un solo libro!

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Bibliomanie



                    Che m'importano quegli innumerevoli libri e quelle biblioteche
                    se i proprietari, in tutta la loro vita, hanno letto sì e no i titoli?

                                                                                    SENECA



Nelle pagine dei romanzi le biblioteche abbondano, anzi sono spesso un elemento determinante (così la biblioteca dell'abbazia benedettina del Nome della rosa, quella di Des Esseintes, quella del sinologo Peter Kien in Autodafé di Elias Canetti o i 12.000 volumi «definitivi» del capitano Nemo). Eppure conosco un solo libro i cui personaggi sono quasi tutti bibliomani: La casa de papel di Carlos María Domínguez. Il narratore, anche lui minacciato da quella proliferazione («i libri avanzano nella mia casa, silenziosi, innocenti. Non riesco a fermarli»), finisce col trovare la traccia di Carlos Bauer, che quella battaglia l'ha già perduta («Ventimila volumi non si mettono in ordine dall'oggi al domani. Bisogna rispettare scrupolosamente un criterio, anzi averne un rispetto quasi sovrumano»). La sua salute mentale, già compromessa, non resiste alla perdita dello schedario senza il quale la sua biblioteca è inutilizzabile. Userà i libri per costruire una casa (la casa de papel) su una spiaggia remota, e poi la distruggerà per ritrovare un'opera di Conrad (La linea d'ombra) che qualcuno gli ha chiesto.

Ma come si arriva ad avere migliaia di libri che pongono a chi li possiede quasi altrettanti problemi? Ci sono varie spiegazioni - che non si escludono a vicenda - a seconda della particolare categoria di bibliomani a cui si appartiene. Il termine generico di bibliomane nasconde infatti realtà diversissime che potremmo dividere in due gruppi principali: i collezionisti e i lettori insaziabili.

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L'altra grande categoria di bibliomani è quella dei lettori insaziabili. Non che i primi non leggano, ma il loro interesse principale è rivolto altrove. Non che i secondi non finiscano per avere molti libri, ma quello non è il loro vero scopo; semmai è una conseguenza della loro mania. All'inizio c'è in loro una gran voglia di leggere, una curiosità onnivora, ma questo non implica inevitabilmente un accumulo: i libri possono anche essere consultati in biblioteca o presi in prestito e, nel caso che li si sia comprati, si possono rivendere. Ma il bibliomane lettore vuole tenere l'oggetto per sé, averlo a disposizione. Il narratore di Carlos Maria Domínguez descrive il fenomeno in modo convincente: il lettore sviluppa un attaccamento non solo per la lettura, ma per l'oggetto che l'ha resa possibile:

Mi sono spesso domandato perché tengo dei libri che potranno servirmi solo in un lontano futuro, dei titoli estranei ai miei percorsi consueti, delle opere che ho letto una volta sola e che riaprirò solo fra molto tempo, forse mai più. Ma come eliminare Il richiamo della foresta senza distruggere uno dei rari elementi intorno ai quali si è costruita là mia infanzia? Come disfarmi di Zorba il greco che ha suggellato la mia adolescenza tra le lacrime o di La venticinquesima ora? Come rinunciare ai tanti libri confinati da anni sugli scaffali più alti, quei libri muti ma intatti ai quali ci lega una solenne promessa di fedeltà? (La casa de papel).


Con Alberto Manguel la musica non cambia:

Mentre accumulo pile su pile di volumi familiari [...], mi domando - come ogni volta - perché mai tengo tanti libri sapendo che non li leggerò mai. E mi rispondo che, quando elimino un libro, dopo qualche giorno mi accorgo immancabilmente che mi serviva proprio quello. Mi dico che non esiste nessun libro (o pochi, pochissimi) nel quale io non abbia trovato niente di interessante (Una storia della lettura).

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Il mondo alla sua portata



                    Come tutti gli uomini della Biblioteca, da giovane ho viaggiato;
                    ho percorso terre lontane cercando un libro e
                    forse il catalogo dei cataloghi.

                                                                   JORGE LUIS BORGES



Un episodio di Ai confini della realtà, il famoso serial americano di fantascienza degli anni '60 a suo tempo diffuso dalla televisione francese col titolo La Quatrième Dimension, racconta la storia di un impiegato di banca che non riesce a dedicarsi alla sua attività preferita: la lettura. A casa, appena prende un libro in mano, sua moglie gli fa una scenata; in banca non si può leggere quando si è allo sportello. Un giorno, mentre è nel caveau dove si era rifugiato con un libro, un'immane esplosione - probabilmente atomica - rade al suolo la sua piccola città. L'unico superstite è lui. Dopo essersi abbandonato per ore alla disperazione, scopre che la biblioteca municipale è rimasta intatta e riprende gusto alla vita. Pieno di entusiasmo, stende un programma di letture per i giorni, le settimane e i mesi seguenti, ma proprio mentre tutto sembra andare per il meglio gli occhiali dalle spesse lenti gli sfuggono di mano, cadono a terra e vanno in mille pezzi. L'episodio, intitolato Tempo di leggere (Question de temps nella traduzione francese) potrebbe essere letto come una metafora della bibliomania: l'uomo che legge per combattere la tristezza e il male di vivere, quando finalmente ha a disposizione tutti i libri, muore! La biblioteca protegge dagli ambienti ostili, filtra i rumori del mondo e attenua il gelo circostante, ma nello stesso tempo comunica un senso di onnipotenza. Perché la biblioteca potenzia le povere capacità umane: è un concentrato di tempo e di spazio. Su quegli scaffali raccoglie tutte le stratificazioni del passato, in essa ritroviamo i secoli che ci hanno preceduto. («La scrittura [...] grande, grandissima, perché ci permette di conversare con i morti, con gli assenti, con quelli che non sono mai nati, al di là del tempo e dello spazio», Abramo Lincoln). Nelle biblioteche vive il passato, non solo nelle testimonianze d'epoca, ma negli studi eruditi, nelle ricostruzioni letterarie e nelle immagini di ogni sorta. Ma la mia biblioteca è anche un concentrato di spazi. Contiene tutte le regioni della terra e i cinque continenti con i loro paesaggi, i climi e i modi di vivere. E anche paesi immaginari come Lilliput, la Cacania, il deserto dei Tartari e la Contea di Yoknapatawpha, e luoghi che gli uomini conoscono appena mentre gli scrittori li hanno esplorati da tempo (Ray Bradbury e le Cronache marziane; L'altro mondo o Gli stati e gli imperi della luna di Savinien Cyrano de Bergerac; L'Inferno di Dante). Posso arrivarci in un attimo, spostarmi altrove istantaneamente e persino trovarmi in due luoghi nello stesso tempo. In tutto questo c'è qualcosa di divino, ecco perché, parlando di biblioteche, si fa così spesso appello al linguaggio religioso. Borges fa il verso a Nicola Cusano: «La Biblioteca è una sfera il cui vero centro è un esagono qualunque e la cui circonferenza è inaccessibile», e Umberto Eco fa una strana dichiarazione: «Se Dio esistesse, sarebbe una biblioteca». Il che, probabilmente, ha qualche rapporto con la capacità di dominare in una certa misura il tempo e lo spazio.

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Per me, stranamente, la sterminata fonte di informazioni rappresentata da Internet non ha lo stesso statuto magico della mia biblioteca. Siedo davanti al computer, grazie al quale posso avere accesso a tutte le informazioni possibili e immaginabili, ancora più padrone del tempo e dello spazio, eppure non sento quel non so che di «divino». Forse è una questione materiale: uso la punta delle dita, tutto rimane un fatto esterno, passa attraverso una macchina e un monitor. Niente a che vedere con le pareti tappezzate di libri che conosco a memoria - o quasi. In un caso ho l'impressione di comandare un prodigioso braccio snodato capace di qualunque prestazione nel vuoto siderale esterno, nell'altro mi sento in un utero dalle pareti tappezzate di scaffali il cui archetipo romanzesco potrebbe essere il Nautilus. Come si vede, non è solo questione di razionalità.

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