|
|
| << | < | > | >> |IndiceA Leopoldo Lugones 10 A Leopoldo Lugones 11 El hacedor 14 L'artefice 15 Dreamtigers 20 Dreamtigers 21 Diálogo sobre un diálogo 22 Dialogo su di un dialogo 23 Las unas 24 Le unghie 25 Los espejos velados 26 Gli specchi velati 27 Argumentum ornithologicum 30 Argumentum ornithologicum 31 El cautivo 32 Il prigioniero 33 El simulacro 36 Il simulacro 37 Delia Elena San Marco 40 Delia Elena San Marco 41 Diálogo de muertos 44 Dialogo di morti 45 La trama 50 La trama 51 Un problema 52 Un problema 53 Una rosa amarilla 56 Una rosa gialla 57 El testigo 60 Il testimone 61 Martín Fierro 64 Martín Fierro 65 Mutaciones 68 Mutazioni 69 Parábola de Cervantes y de Quijote 70 Parabola di Cervantes e don Chisciotte 71 Paradiso, XXXI, 108 72 Paradiso, XXXI, 108 73 Parábola del palacio 76 Parabola del palazzo 77 Everything and nothing 80 Everything and nothing 81 Ragnarök 84 Ragnarök 85 Inferno, I, 32 88 Inferno, I, 32 89 Borges y yo 92 Borges e io 93 Poema de los dones 96 Poesia dei doni 97 El reloj de arena 100 L'orologio a sabbia 101 Ajedrez 104 Scacchi 105 Los espejos 108 Gli specchi 109 Elvira de Alvear 112 Elvira de Alvear 113 Susana Soca 114 Susana Soca 115 La luna 116 La luna 117 La lluvia 124 La pioggia 125 A la efigie de un capitán de los ejércitos de Cromwell 126 All'effigie di un capitano degli eserciti di Cromwell 127 A un viejo poeta 128 A un vecchio poeta 129 El otro tigre 130 L'altra tigre 131 Blind Pew 134 Blind Pew 135 Alusión a una sombra de mil ochocientos noventa y tantos 136 Allusione a un'ombra del milleottocentonovanta e rotti 137 Alusión a la muerte del coronel Francisco Borges (1833-1874) 138 Allusione alla morte del colonnello Francisco Borges (1833-1874) 139 In memoriam A.R. 140 In memoriam A.R. 141 Los Borges 146 I Borges 147 A Luis de Camoens 148 A Luis de Camoens 149 Mil novecientos veintitantos 150 Millenovecentoventi e rotti 151 Oda compuesta en 1960 152 Ode composta nel 1960 153 Ariosto y los árabes 156 Ariosto e gli arabi 157 Al iniciar el estudio de la gramática anglosajona 164 Iniziando lo studio della grammatica anglosassone 165 Lucas, 23 168 Luca, 23 169 Adrogué 172 Adrogué 173 Arte poética 176 Arte poetica 177 Museo 180 Museo 181 Del rigor en la ciencia 180 Del rigore nella scienza 181 Cuarteta 182 Quartina 183 Límites 184 Limiti 185 El poeta declara su nombradía 186 Il poeta dichiara la sua fama 187 El enemigo generoso 188 Il nemico generoso 189 Le regret d'Héraclite 190 Le regret d'Héraclite 191 In memoriam J.F.K. 192 In memoriam J.F.K. 193 Epílogo 194 Epilogo 195 Nota al testo 197 Ulisse a Itaca di Tommaso Scarano 205 |
| << | < | > | >> |Pagina 23A «Intenti a discutere dell'immortalità, avevamo lasciato che annottasse senza accendere la lampada. Non distinguevamo i nostri volti. Con una indifferenza e una dolcezza più convincenti del fervore, la voce di Macedonio Fernández ripeteva che l'anima è immortale. Mi assicurava che la morte del corpo è assolutamente insignificante e che morire dev'essere l'evento più trascurabile che può accadere a un uomo. Io giocavo col coltello di Macedonio; lo aprivo e lo chiudevo. Una fisarmonica vicina diffondeva all'infinito La Cumparsita, quella sciocchezza tristanzuola che piace a molti, perché gli hanno fatto credere che è antica... Proposi a Macedonio di suicidarci, per poter discutere senza essere disturbati». Z (scherzoso) «Penso che alla fine non lo abbiate fatto». A (ormai in piena mistica) «Francamente non ricordo se quella notte ci siamo suicidati». | << | < | > | >> |Pagina 69In un corridoio vidi una freccia che indicava una direzione e pensai che quel simbolo inoffensivo era stato un tempo un oggetto di ferro, un proiettile inevitabile e mortale, che si era conficcato nella carne degli uomini e dei leoni e aveva oscurato il sole alle Termopili e dato a Harald Sigurdarson, per sempre, sei piedi di terra inglese. Giorni dopo, qualcuno mi mostrò la fotografia di un cavaliere magiaro; un laccio avvolgeva più volte il petto della sua cavalcatura. Capii che il laccio, che in passato era volato nell'aria e aveva soggiogato i tori della prateria, altro non era che un fregio insolente della bardatura domenicale. Nel cimitero dell'Ovest vidi una croce runica, scolpita nel marmo rosso; i bracci erano ricurvi e si allargavano e li cingeva un cerchio. Quella croce costretta e limitata raffigurava l'altra, dai bracci liberi, che a sua volta raffigura il patibolo sul quale un dio soffrì, la «macchina vile» oltraggiata da Luciano di Samosata. Croce, laccio e freccia, antichi utensili dell'uomo, oggi ridotti o elevati a simboli; non so perché mi meravigliano, quando non c'è su questa terra una sola cosa che l'oblio non cancelli o che la memoria non trasformi e quando nessuno sa in quali immagini lo muterà il futuro. | << | < | > | >> |Pagina 93È all'altro, a Borges, che accadono le cose. Io cammino per Buenos Aires e mi soffermo, forse ormai meccanicamente, a osservare l'arco di un androne e il cancello del cortile; di Borges ho notizie dalla posta e vedo il suo nome in una terna di professori o in un dizionario biografico. Mi piacciono gli orologi a sabbia, le carte geografiche, la tipografia del XVIII secolo, le etimologie, il sapore del caffè e la prosa di Stevenson; l'altro condivide queste preferenze, ma in un modo vanitoso che le trasforma in attributi d'attore. Sarebbe esagerato affermare che fra noi c'è ostilità; io vivo, io mi lascio vivere, perché Borges possa tramare la sua letteratura e quella letteratura mi giustifica. Non mi costa nulla confessare che è riuscito a ottenere alcune pagine valide, ma quelle pagine non possono salvarmi, forse perché ciò che hanno di buono ormai non è di nessuno, neppure dell'altro, ma della lingua o della tradizione. Del resto, io sono destinato a perdermi, definitivamente, e solo qualche istante di me potrà sopravvivere nell'altro. A poco a poco gli sto cedendo tutto, anche se conosco bene la sua perversa abitudine di falsare e ingigantire. Spinoza capì che tutte le cose vogliono perseverare nel loro essere; la pietra eternamente vuole essere pietra e la tigre una tigre. Io resterò in Borges, non in me (ammesso che io sia qualcuno), ma mi riconosco meno nei suoi libri che in molti altri o nel laborioso arpeggio di una chitarra. Qualche anno fa ho cercato di liberanni di lui passando dalle mitologie dei sobborghi ai giochi col tempo e con l'infinito, ma quei giochi ora sono di Borges e io dovrò ideare altre cose. Così la mia vita è una fuga e io perdo tutto e tutto è dell'oblio, o dell'altro. Non so chi di noi due scrive questa pagina. | << | < | > | >> |Pagina 177Guardare il fiume che è di tempo e acqua e pensare che il tempo è un altro fiume, saper che ci perdiamo come il fiume e che passano i volti come l'acqua. Sentire che la veglia è un altro sonno che sogna di esser veglia e che la morte che il nostro corpo teme è quella morte d'ogni notte che noi chiamiamo sonno. Avvertire in un giorno o un anno il simbolo dei giorni d'ogni uomo e dei suoi anni, dell'oltraggioso scorrere degli anni fare una musica, un sussurro, un simbolo, vedere un oro triste nel tramonto e nella morte il sonno è la poesia, che è povera e immortale. La poesia torna come l'aurora ed il tramonto. Talora nelle grigie sere un volto ci guarda dal profondo d'uno specchio; l'arte dev'esser come quello specchio che ci rivela il nostro stesso volto. Ulisse, è fama, stanco di prodigi, pianse d'amore quando scorse Itaca umile e verde. L'arte è questa Itaca di verde eternità, non di prodigi. È anche come il fiume interminabile che passa e resta, e replica uno stesso Eraclito incostante ch'è lo stesso e un altro, come il fiume interminabile. | << | < | > | >> |Pagina 181... In quell'Impero, l'Arte della Cartografia raggiunse tale Perfezione che la mappa di una sola Provincia occupava un'intera Città, e la mappa dell'Impero un'intera Provincia. Col tempo, queste Mappe Smisurate non soddisfecero più e i Collegi dei Cartografi crearono una Mappa dell'Impero che aveva la grandezza stessa dell'Impero e con esso coincideva esattamente. Meno Dedite allo Studio della Cartografia, le Generazioni Successive capirono che quella immensa Mappa era Inutile e non senza Empietà l'abbandonarono alle Inclemenze del Sole e degli Inverni. Nei deserti dell'Ovest restano ancora lacere Rovine della Mappa, abitate da Animali e Mendicanti; nell'intero Paese non vi sono altre reliquie delle Discipline Geografiche. SUAREZ MIRANDA, Viajes de varones prudentes, Libro Quarto, cap. XLV, Lérida, 1658 | << | < | > | >> |Pagina 185C'è un verso di Verlaine che non ricorderò mai più, c'è una strada vicina ormai vietata ai miei passi, c'è uno specchio che mi ha visto per l'ultima volta, c'è una porta che ho chiuso sino alla fine del mondo. Tra i libri della mia biblioteca (li sto vedendo) ce n'è qualcuno che non tornerò ad aprire. Questa estate compirò cinquanta anni; la morte, incessante, mi consuma. Da Inscripciones (Montevideo) 1923, di JULIO PLATERO HAEDO | << | < | > | >> |Pagina 195Voglia Dio che la monotonia essenziale di questa miscellanea (che il tempo ha compilato, non io, e che raccoglie vecchi testi che non ho osato emendare, perché li scrissí con un altro concetto della letteratura) sia meno evidente della diversità geografica o storica dei temi. Di tutti i libri che ho dato alle stampe, nessuno, credo, è personale quanto questo raccogliticcio e disordinato zibaldone, proprio perché abbonda di riflessi e di interpolazioni. Poche cose mi sono successe e molte ne ho lette. O meglio, poche cose mi sono successe più degne di memoria del pensiero di Schopenhauer o della musica verbale dell'Inghilterra. Un uomo si propone di disegnare il mondo. Nel corso degli anni popola uno spazio con immagini di province, di regni, di montagne, di baie, di vascelli, di isole, di pesci, di case, di strumenti, di astri, di cavalli e di persone. Poco prima di morire, scopre che quel paziente labirinto di linee traccia l'immagine del suo volto. J.L.B.
Buenos Aíres, 31 ottobre 1960
|