Copertina
Autore Jorge Luis Borges
Titolo Storia dell'eternità
EdizioneAdelphi, Milano, 1997 [1995], Biblioteca 347
OriginaleHistoria de la eternidad [1935]
TraduttoreGianni Guadalupi
LettoreRenato di Stefano, 1997
Classe narrativa argentina , filosofia
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Indice


Prologo                                 11
Storia dell'eternità                	13
Le "Kenningar"                      	39
La metafora                         	61
La dottrina dei cicli               	67
Il tempo circolare                  	81
I traduttori delle Mille e una notte	87
Due note                               115
    LA RICERCA DI ALMOTASIM            115
    ARTE DELL'INSULTO                  123

Nota al testo                          131

 

 

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Pagina 13

Storia dell'eternità
1
Nel passo delle "Enneadi" che intende investigare e definire la natura del tempo si afferma che innanzi tutto è indispensabile conoscere l'eternità, la quale come tutti sanno - ne è il modello e l'archetipo. Questa avvertenza preliminare, tanto più grave se la riteniamo sincera, sembra annientare ogni speranza di intenderci con l'uomo che la scrisse. Il tempo è per noi un problema, un inquietante ed esigente problema, forse il più vitale della metafisica; l'eternità, un gioco o una faricosa speranza. Leggiamo nel "Timeo" di Platone che il tempo è un'immagine mobile dell'eternità; ma si tratta di un semplice postulato, che non distoglie nessuno dalla convinzione che l'eternità sia un'immagine la cui sostanza è il tempo. Questa immagine, questa banale parola arricchita dalle discordanze umane, è ciò di cui mi propongo di narrare la storia.

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Pagina 20

Presumo che l'eterna Leoninità possa essere accettata dal mio lettore, che proverà un maestoso sollievo dinanzi a quell'unico Leone, moltiplicato negli specchi del tempo. Non mi aspetto lo stesso per il concetto di eterna Umanità: so che il nostro io lo rifiuta, e che preferisce riversarlo senza timore sull'io degli altri. Brutto segno; forme universali molto più ardue sono quelle proposteci da Platone. Per esempio, la Tavolinità, o Tavolo Intelligibile che sta nei cieli: archetipo quadrupede che perseguono, condannati all'illusione e alla frustrazione, tutti i falegnami del mondo. (Non posso negarla del tutto: senza un tavolo ideale non saremmo giunti a tavoli concreti). Per esempio, la Triangolarità: eminente poligono di tre lati che non esiste nello spazio e rifiuta di degradarsi a equilatero, scaleno o isoscele. (Neppure questo ripudio: si trova nei manuali di geometria). Per esempio, la Necessità, la Ragione, la Posposizione, la Relazione, la Considerazione, la Dimensione, l'Ordine, la Lentezza, la Posizione, la Dichiarazione, il Disordine. Di queste comodità del pensiero elevate a forme non so che opinione avere; ritengo che nessun uomo le possa intuire senza l'aiuto della morte, della febbre o della pazzia. Stavo per dimenticare un altro archetipo che tutti comprende ed esalta: l'eternità, la cui copia frammentata è il tempo.

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Pagina 27

L'eternità rimase come attributo dell'illimitata mente di Dio, ed è risaputo che generazioni di teologi hanno plasmato quella mente a loro immagine e somiglianza. Nessuno stimolo fu più vivace del dibattito sulla predestinazione "ab aeterno".

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Pagina 31

III
Fin qui, nel suo svolgimento cronologico, la storia generale dell'eternità. 0 meglio, delle eternità, perché il desiderio umano sognò due sogni successivi e ostili con questo stesso nome: uno, quello realista, che anela con passione agli immobili archetipi delle creature; l'altro, quello nominalista, che nega la verità degli archetipi e vuole racchiudere in un solo istante i dettagli dell'universo. Il primo si basa sul realismo, dottrina tanto lontana dal nostro essere che dubito di tutte le sue interpretazioni, compresa la mia; il secondo sul suo antagonista, il nominalismo, che afferma la verità degli individui e la convenzionalità dei generi. Ebbene, come lo spontaneo e sbigottito prosatore della commedia, noi tutti facciamo del nominalismo "sans le savoir": è come una premessa generale del nostro pensiero, un assioma acquisito. Donde l'inutilità di chiosarlo.

Fin qui, nel suo svolgimento cronologico, lo sviluppo dialettico e curiale dell'eternità. La concepirono uomini remoti, uomini barbuti e mitrati, pubblicamente per confondere eresie e difendere la distinzione delle tre persone in una; segretamente per arrestare in qualche modo il trascorrere delle ore. «Vivere è perder tempo: nulla possiamo recuperare o serbare se non sotto forma di eternità» scrive lo spagnolo emersonizzato Jorge Santayana. Al quale basta giustapporre quel terribile passo di Lucrezio sulla fallacia del coito: «Come l'assetato che in sogno vuol bere e vuota recipienti d'acqua che non lo saziano e muore dilaniato dalla sete in mezzo a un fiume: così Venere inganna gli amanti con simulacri, e la vista di un corpo non dà loro sazietà, e nulla possono ricavare o ottenere, benché si esplorino reciprocamente i corpi con mani indecise. Infine quando nei corpi vi è un presagio di felicità e Venere è sul punto di seminare i campi della donna, gli amanti si stringono con ansietà, dente amoroso contro dente; ma invano, perché non riescono a perdersi nell'altro né a essere un unico essere». Gli archetipi e l'eternità - due semplici parole promettono possessi più saldi. Il fatto è che la successione temporale è un'intollerabile miseria, e che i desideri magnanimi bramano tutti i minuti del tempo e tutta la varietà dello spazio.

E' noto che l'identità personale risiede nella memoria, e che l'annullamento di questa facoltà comporta l'idiozia. Lo stesso si può pensare dell'universo. Senza un'eternità, senza uno specchio delicato e segreto di ciò che accadde nelle anime, la storia universale è tempo perso, e con essa la nostra storia personale - il che ci rende fastidiosamente spettrali. Non bastano il disco del grammofono di Berliner o il perspicuo cinematografo, mere immagini di immagini, idoli di altri idoli. L'eternità è un'invenzione più copiosa. E vero che non è concepibile, ma non lo è neppure l'umile tempo successivo. Negare l'eternità, supporre il vasto annientamento degli anni carichi di città, di fiumi e di gioie, non è meno incredibile che immaginare la loro completa salvazione.

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