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| << | < | > | >> |IndiceIntroduzione 7 Teratologie cyber 15 Madri, mostri e macchine 77 Segni di prodigio e tracce di dubbio 109 Postfazione 135 Anna Maria Crispino |
| << | < | > | >> |Pagina 7I saggi raccolti in questo volume rappresentano tentativi abbastanza diversificati di produrre un discorso critico, politico e rigoroso intorno al corpo femminile nei campi del sapere e del potere nella post-modernità. Ho avuto già modo di analizzare in altri scritti il paradosso del corpo nel regime postmoderno. Utilizzando soprattutto la filosofia strutturalista ho evidenziato una situazione di vera e propria inflazione discorsiva intorno alla materia corporea, nelle scienze contemporanee e specialmente nel campo bio-medico. Foucault ha messo in luce con chiarezza il primato conseguito dal bio-sapere nel panorama epistemico della post-modernità. Tutto il sapere contemporaneo assume il corpo come obiettivo e traguardo; le tecnologie che ne derivano non fanno che visualizzare con grande precisione i dettagli della materia corporea. Tutto ciò si accompagna anche a pratiche sociali che insistono sempre di più sull'ideale del corpo sano, giovane, magro e bello. Questa profusione di discorsi, di pratiche e di norme di comportamento ha però come sfondo paradossale una vera e propria assenza di consenso su cosa esattamente sia la materia corporea, a chi appartengano i suoi componenti di base e quali siano i limiti etici e politici delle pratiche, sia mediche che sociali o estetiche, centrate sul corpo. | << | < | > | >> |Pagina 21I CYBER MOSTRI DELLA TARDA POST-MODERNITÀPossiamo definire la post-modernità come l'era della proliferazione delle differenze. Entrano in scena gli «altri» svalutati che costituivano il complemento speculare del soggetto moderno: la donna, l'altro definito in base all'etnia o alla razza e la natura o «altri terrestri». Questi «altri» sono il complemento del soggetto moderno, che ha costruito la sua soggettiva e il senso del suo agire sia attraverso ciò che vi ha escluso sia attraverso ciò vi ha incluso. Il fallologocentrismo come apparato della soggettività funziona organizzando le differenze significanti e significative in base ad una scala gerarchica governata dal soggetto dominate e standardizzato. Deleuze lo definisce il «Soggetto Maggioranza» o il «centro Molare dell'essere». Irigaray lo chiama «lo stesso» o l' Egli falsamente universale ridondante. È questo soggetto che i movimenti politici e sociali del secondo dopoguerra hanno messo nel mirino del loro lavoro critico. Questi movimenti politici contro-culturali hanno un'affinità molto maggiore con la devianza che con la normalità. D'altronde, come sostiene Canguilhem, la normalità è solo il grado zero della mostruosità. La differenza nel discorso teoretico si è configurata storicamente nei termini negativi del «peggio di» e si è tradotta spesso in mostruosità. La teoria femminista descrive questo fenomeno come una sorta di «cannibalismo metafisico» (Braidotti, 1991) che si nutre dei suoi altri strutturalmente esclusi. Questa funzione è cruciale per figure di differenza negativa come il deviante e gli «altri» mostruosi. Infatti, la differenza in quanto inferiorità peggiorativa svolge un ruolo strutturale e costitutivo, ed ha funzionato come conferma della presunta superiorità del soggetto dominante. In un processo dialettico di definizione per negazione, il polo della differenza possiede un potere di definizione del «medesimo»tale da funzionare anche in senso inverso. Di conseguenza, la differenza gioca un ruolo strategico nell'illuminare le complesse e dissimmetriche relazioni di potere che sono all'opera rispetto alla posizione di soggetto dominante. | << | < | > | >> |Pagina 34Sono la fantascienza, l'horror fantascientifico e il cyber-punk i generi della cultura popolare – piuttosto marginali e ibridi – a fornirci le appropriate rappresentazioni culturali di questi cambiamenti e trasformazioni. Sono generi che presentano elementi sia utopici che distonici relativi alla morfologia e l'organizzazione sociale della sessualità umana per fini riproduttivi. Offrono un campo di coltura ideale per esplorare ciò che Haraway (1992) descrive affettuosamente come «le promesse dei mostri».Sono convinta che la fantascienza sia un genere da difendere innanzitutto come letteratura di idee (Smith, 1982), con un serio contenuto filosofico e un'evidente vocazione ad impartite lezioni morali. C'è una linea di demarcazione che concerne la relazione tra il genere fantastico, il magico e il fantascientifico in senso stretto. È per questo che Smith afferma che «la letteratura dell'assurdo, esistenzialista, quella del tipo in cui gli esseri umani sono inesplicabilmente trasformati in scarafaggi, non si può qualificare come fantascienza» (Smith, 1982, p. 9). Questo approccio piuttosto riduttivo ricorda una concezione tradizionale esemplificata da Tzvelan Todorov (1975), secondo la quale neanche la letteratura fantastica deve seriamente minacciare la normalità morfologica e la normatività morale della visione del mondo umanistica. Le metamorfosi vanno bene fin quando sono nette e tenute sotto controllo, cioè restano antropocentriche e moralizzatrici. Tutto il resto non merita di essere preso in seria considerazione. Ritengo invece che l'idea della fantascienza metta in atto uno spiazzamento della nostra visione del mondo che ci allontana dall'epicentro umano e che riesce a stabilire un continuum con il mondo animale, minerale, vegetale, extra-terrestre e tecnologico. Punta ad un egalitarismo post-umanistico e bio-centrato. Come intelligentemente sostiene Laurie Anderson (1984), il suo anti-antropocentrismo consente alla fantascienza di liquidare rapidamente la domanda sulla «natura umana» e il suo repertorio psicologico, in modo da potersi muovere verso l'esplorazione di altri mondi possibili. Le emozioni comunemente associate con gli umani non vengono eliminate bensì de-centralizzate e diffuse in tutto il testo. [...] Robert Scholes (1975) ha sostenuto che questa tecnica di defamiliarizzazione può confondere ma spesso anche divertire perché rispecchia possibili soluzioni, oltre che pericoli. Quindi la fantascienza svolge una funzione didattica e utopica attraverso la costruzione di affabulazioni, vale a dire di schemi significanti sul piano cognitivo e rilevanti su quello morale. In quanto tale, è un genere benefico non solo per la società ma anche per la stessa scienza, che ha bisogno di essere immaginifica e speculativa per poter progredire. In dialogo con Scholes, Marleen Barr (1993) conia l'espressione «affabulazioni femministe» includendo in questo termine opere di fantascienza, utopiche, fantastiche ma anche l'opera narrativa canonizzata di Virginia Woolf, Gertrude Stein, Djuna Barnes e Doris Lessing che, nel ristrutturare le narrative patriarcali, ne condividono valori e miti. La nuova fantascienza tratta metamorfosi sessuali e mutazioni. Sarah Lefanu (1988) sostiene che la fantascienza come genere contro-culturale nacque nel pieno della ribellione giovanile degli anni Sessanta: è una sfida agli stilemi sia della letteratura realistica sia di quella fantastica. Eminentemente politica, in senso sia utopico che distopico, destabilizza l'autorità in tutte le sue forme e, in quanto tale, offre fertili terreni di sperimentazione per scrittrici femministe che guardano al futuro. Ad esempio, La nuova Eva di Angela Carter si trasforma da uomo a donna, come l' Orlando di Virginia Woolf. Female Man di Joanna Russ naviga tra i poli della sessualità aprendo nuove possibilità; i personaggi di Ursula K. Le Guin cambiano le loro caratteristiche sessuali a seconda di chi sia la persona di cui capita loro di innamorarsi. La maggior parte di queste mutazioni sono modi per esplorare la sessualità e il desiderio in situazioni di estrema pericolosità oppure in contesti extraterrestri. | << | < | > | >> |Pagina 45Tenterò ora di tracciare una cartografia del nesso donne/mostri per come viene rappresentato nei film di fantascienza, in base alla loro relazione con la riproduzione umana.In primo luogo, si possono distinguere film in cui la scienza manipola la riproduzione, dando vita a artefatti umani. L'esempio classico è la serie di film su Frankenstein, dove lo scienziato pazzo cede all'impulso di giocare ad essere Dio e creare la vita a sua immagine, ma l'esito sarà un'aberrazione. Ne La moglie di Frankenstein il mostro è talmente orrendo che persino la fidanzata lo respinge. Film di questo tipo esprimono una posizione modernista sui poteri della tecnologia e della scienza, considerati una minaccia per lo spirito umanista. Il capolavoro di questo genere è Metropolis, dove il corpo femminile duplicato in un robot diventa il simbolo dell'ambivalente futuro tecnologico dell'umanità. Tuttavia, vale la pena di notare che il futuro tecnologico è incarnato da una donna-robot, una vamp artificiale che guida gli operai alla rivolta e viene di conseguenza bruciata al palo (Huyssen, 1986). Un secondo topos molto comune è l'inseminazione della femmina umana ad opera di alieni di ogni tipo. Ne La mosca, il corpo femminile diventa il luogo dell'ignoto, cioè di un ibrido tra umano e non umano. Inseminoid - Un tempo nel futuro mette in scena una donna ingravidata da un alieno che vuole distruggere la Terra. In The Brood – La covata malefica di Cronenberg, la donna partorisce nani mostruosi attraverso una sacca attaccata al lato del suo stomaco. Un tema questo che può essere considerato una variante sul tema della possessione diabolica, di cui l'esempio di riferimento resta Rosemary's Baby. Anche film come Baby Killer sono variazioni sul tema dei figli del Diavolo. Mentre i rapporti sessuali della donna con gli zombi sono al centro de Il villaggio dei dannati. Un approccio meno drammatico a questa tematica si ritrova in film degli anni Cinquanta come Ho sposato un mostro venuto dallo Spazio. In un terzo gruppo possiamo includere gli amplessi donne-macchine e le nascite high-tech: ad esempio, Xtro (Attacco alla Terra e Il ritorno dell'alieno) e Inseminoid. I robot, nati come macchine ma che diventano umani grazie all'effettività, l'amore e íl desiderio, come in Daryl, Terminator 2, L'uomo che cadde sulla Terra, The man who folded himself. In Alien i corpi umani sono nidi per embrioni di mostri che vengono alla luce attraverso lo stomaco. Questi film esaminano l'interno delle figure femminili aliene che assomigliano all'umano e sono codificate come una forma di orrore abietto e paura schiacciante. La serie di Alien è caratterizzata da interni simili al ventre, umidi e appiccicosi, corridoi che sembrano tube di Fallopio, piccoli spazi angusti pieni di orrori indicibili. | << | < | > | >> |Pagina 64CONCLUSIONIPer riassumere: nell'immaginario contemporaneo, il mostruoso si riferisce al gioco della rappresentazione e ai discorsi intorno ai corpi nella tarda post-modernità. È l'espressione di una profonda ansia sulle radici corporee della soggettività che mette in evidenza il femminile materiale/materno come il luogo della mostruosità. Tendo a considerarlo come la controparte e l'antitesi dell'accento che la cultura post-industriale dominante ha posto sulla costruzione di corpi puliti, sani, atletici, bianchi, perbene, rispettosi della legge, eterosessuali e per sempre giovani. Le tecniche mirate al perfezionamento del sé corporeo e alla correzione delle tracce della mortalità sul sé incarnato: la chirurgia plastica, le diete, la fissazione per la fitness e altre tecniche per disciplinare il corpo contribuiscono anche a sostituire il suo stato «naturale». Quello cui assistiamo nella cultura popolare è quasi un rituale baktiniano di trasgressione. La fascinazione per il mostruoso, il grottesco doppio corporeo, nell'attuale cultura post-industriale è direttamente proporzionale alla soppressione delle immagini di bruttezza e malattia. È come se ciò che stiamo buttando fuori dalla porta – lo spettacolo del corpo povero, grasso, trascurato, omosessuale, nero, morente, vecchio, cadente, incontinente – stesse in realtà intrufolandosi dalla finestra. Il mostruoso segna il «ritorno del represso» della tecno-cultura ed in quanto tale è ad essa intrinseco. C'è un'altra considerazione che può aiutarci a comprendere la rilevanza di una impostazione femminista nomadica. Nella tarda post-modernità circolano varie versioni di nichilismo. Tra diversi profeti della fine del mondo, che contemplano l'implosione dell'umanesimo con un senso di tragica gioia (Kroker e Kroker, 1987), ha molta presa uno stile filosofico basato sulla «catastrofe». Nulla potrebbe essere più distante dall'etica affermativa (Irigaray, 1984; Deleuze e Guattari, 1980) e dalla sensibilità politica dei soggetti nomadi di questi «stati di alterazione» proposti da coloro che celebrano l'implosione del senso, del significato e dei valori per il loro tornaconto. Essi finiscono con il produrre spettacoli istrionici di quella megalomania delirante contro la quale Deleuze propone con fermezza e rigore una definizione sostenibile del sé. Mi sembra chiaro che una cultura che si trova nella morsa di un immaginario tecno-teratologico in tempi di profondi cambiamenti sociali e storici è una cultura che ha tremendamente bisogno di meno astrazione e meno iperbole. Questo riguarda anche l'economia dello spettrale, vale a dire l'eternamente morto del sistema di rappresentazione dei media: le immagini vivono per sempre, specialmente nell'era della loro manipolazione digitale. Esse circolano in un presente continuo, in una economia spettrale di consumazione vampirica, che collega il gotico post-moderno alle attuali società mediatiche. | << | < | > | >> |Pagina 77Proviamo a mettere a fuoco la sequenza madri, mostri e macchine, sia dal punto di vista tematico che metodologico, in modo da ricavare le possibili connessioni tra questi termini. Poiché le corrispondenti categorie donne, scienze biologiche e tecnologia sono concettualmente interrelate, questa sequenza può dar luogo non solo a un'unica corretta connessione bensì a molte, eterogenee e potenzialmente contraddittorie tra di loro. A livello metodologico, la ricerca di connessioni, o congiunzioni, multiple può anche esprimersi con la categoria di «figurazioni» proposta da Donna Haraway Il termine indica i modi di espressione delle modalità di conoscenza del femminismo, modalità che non sono prigioniere della relazione mimetica con il discorso scientifico dominante. Questo è anche un modo per segnalare la mia specifica differenza: come intellettuale di sesso femminile che si è guadagnata ed ha acquisito il diritto di parlare pubblicamente nel contesto accademico, mi trovo nella condizione di aver ereditato anche una tradizione di silenzio femminile. Risuonano nelle mie parole i secoli di esclusione delle donne dall'esercizio del potere discorsivo. Parlando la lingua dell'Uomo, intendo fare in modo che il silenzio della donna si oda come un'eco sommessa ma percepibile: non mi esprimerò in conformità con la modalità fallologocentrica. Voglio mettere a tema lo statuto della teoria femminista non solo in termini di strumenti concettuali e in quelli delle percezioni specificamente sessuate che presiedono alla produzione della ricerca femminista, ma anche della forma che le nostre percezioni assumono. Lo stile «nomadico» è quello che meglio si presta alla ricerca delle figurazioni femministe, intese come adeguate rappresentazioni dell'esperienza femminile. Esperienza intesa come qualcosa che non può facilmente essere tematizzato all'interno dei parametri del linguaggio fallologocentrico. La configurazione di idee che sto tracciando – madri, mostri, macchine – è dunque un case-study, non solo per il suo contenuto proposizionale ma anche per definire il mio luogo di enunciazione e di conseguenza la mia relazione con chi legge – lettrici/lettori che mi sono compagni in questo gioco discorsivo. Si tratta di una nuova figurazione della soggettività femminista. Facendo riferimento a Gilles Deleuze, vorrei definire questa relazione «rizomatica», vale a dire non solo cerebrale ma collegata all'esperienza. Il che implica una rafforzata connessione tra pensiero e vita, una riguadagnata prossimità del processo del pensare con la realtà esistenziale. All'interno della mia modalità di riflessione, il pensiero «rizomatico» conduce a ciò che ho definito uno stile nomadico. Inoltre, scegliere di entrare in relazione nomadica non corrisponde a una modalità di pensiero dualistica o oppositiva: implica piuttosto un procedere che considera il discorso come una rete concreta e multistratificata di relazioni di potere. Per approfondire i termini delle connessioni nomadiche che propongo, farò riferimento alla critica di Michel Foucault al potere del discorso. Foucault sostiene che la produzione del sapere scientifico funziona come una rete complessa e interrelata di verità, potere e desiderio centrata sul soggetto come entità corporea. In un doppio movimento che considero della massima utilità politica, Foucault mette in evidenza sia fondamenti normativi della ragione teoretica sia il modello razionale del potere. Potere in questa accezione indica un complesso insieme di interconnessioni tra i luoghi in cui si producono verità e conoscenza, oltre che i sistemi di controllo e dominio. Procederò dunque a scandagliare i tre concetti in relazione tra di loro alla luce di questa definizione del potere. Infine, ma non meno importante, l'assunzione di uno stile discorsivo nomadico implica la dislocazione del mio luogo di enunciazione in quanto intellettuale femminista ma anche, conseguentemente, della posizione di chi legge. Come miei interlocutrici/interlocutori, assumo coloro che mi leggono non solo in quanto intellettuali e accademici tradizionali ma anche come partecipanti attivi, coinvolti e impegnati in un progetto e in una sperimentazione di nuove modalità del pensiero sulla soggettività umana in generale e sulla soggettività femminile in particolare. Chiamo in gioco dunque non solo l'esigenza di arrivare a una fredda verità ma anche l'impegno appassionato al riconoscimento delle implicazioni teoretiche e discorsive della differenza sessuale. Nella scelta di questo stile di teorizzazione, che lascia ampio spazio all'esplorazione della soggettività, ancora una volta seguo le tracce di Donna Haraway, della quale condivido pienamente l'argomentazione in difesa dell'appassionato distacco nella produzione teorica. Passiamo dunque al contenuto tematico, o proposizionale, della mia costellazione di idee: madri, mostri e macchine. Per essere più chiara, darò una definizione di ciascun termine. Madri fa riferimento alla funzione materna delle donne. Per donne intendo non solo i soggetti empirici delle realtà socio-politiche che con questo termine vengono designati ma anche un intero campo discorsivo, cioè la teoria femminista. Il tipo di femminismo di cui sono interprete si incardina sulla presenza e l'esperienza di donne in carne e ossa la cui coscienza politica è indirizzata alla trasformazione dell'istituzione del gender nelle nostre società. La teoria femminista è un progetto a due facce che include la critica delle definizioni e delle rappresentazioni date e l'elaborazione di teorie alternative sulle donne. Il femminismo è il movimento che mette in pratica la dimensione della differenza sessuale attraverso la critica del gender come istituzione-potere. Il femminismo è la domanda. La risposta è l'affermazione della differenza sessuale. Questo punto è di particolare importanza alla luce dell'imperativo proprio della modernità: pensare in modo diverso la nostra condizione storica. Mi pare che qui la domanda centrale sia: come possiamo affermare la positività della soggettività femminile in una fase storica in cui vengono poste radicalmente in discussione le nostre acquisite percezioni del Soggetto? In che modo possiamo conciliare il riconoscimento della natura problematica di questa nozione – e della costruzione del soggetto – con la necessità tutta politica di postulare la soggettività femminile? Sebbene io abbia più volte sostenuto che il rapporto tra femminismo e modernità ha a che fare con la strategia e il potere, mantengo una profonda diffidenza nei confronti di una crisi del soggetto razionale che si trova a essere coestensiva all'emergenza storica delle donne come agente politico e teorico. Questa straordinaria coincidenza tra la crisi del pensiero fallologocentrico e l'emergere di una coscienza femminista politicizzata è uno dei più fecondi paradossi che abbiamo di fronte. Per macchine intendo il campo discorsivo, scientifico e politico della tecnologia nel suo senso più ampio. È a partire da Heidegger che la filosofia della modernità sta tentando di venire a patti con la ragione tecnologica. La Scuola di Francoforte la definisce «ragione strumentale»: una ragione che pone i fini del suo operare ben al di sopra dei mezzi e che sospende ogni tipo di giudizio sulla sua logica interna. Nel mio lavoro teorico utilizzo un approccio alla questione della tecnologia che si colloca all'interno della tradizione francese, assumendo il materialismo di Bachelard, Canguilhem e Foucault.
Mostri
introduce un terzo tipo di pratica discorsiva: la storia e la filosofia delle
scienze biologiche, le loro relazioni con la categoria di differenza e con i
differenti corpi. I mostri sono esseri umani nati con malformazioni congenite
dell'organismo corporeo. Essi rappresentano anche l'intermedio, l'ibrido,
l'ambivalente, come si evince dall'antica radice greca della parola mostri:
teras,
che significa allo stesso tempo orribile e meraviglioso, oggetto di aberrazione
e adorazione. A partire dal XIX secolo, in base al sistema di classificazione
delle mostruosità elaborato da Geoffrey de Saint Hilaire, le malformazioni del
corpo sono state definite in termini di eccesso, mancanza, o dislocazione di
organi. Tuttavia, prima che si arrivasse a questa classificazione scientifica,
la filosofia naturalista aveva avuto delle difficoltà ad affrontare questi
oggetti di abiezione. La costituzione della teratologia come scienza ci offre un
esempio paradigmatico dei modi in cui la razionalità scientifica ha trattato le
differenze di tipo corporeo.
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