Copertina
Autore Giordano Bruno
Titolo De umbris idearum
SottotitoloLe Ombre dell'Idee
EdizioneDi Renzo, Roma, 2004 [1582], Arcobaleno , pag. 168, cop.fle., dim. 150x210x12 mm , Isbn 978-88-8323-060-8
CuratoreClaudio D'Antonio
LettoreLuca Vita, 2005
Classe classici italiani , filosofia
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Indice


Introduzione                                  7

Le Opere Parigine                             7
La Mnemotecnica classica                      8
La Lingua Imaginale                           8
Retorica classica e retorica bruniana         9
Idee archetipiche, noemi e realtà materiale  10
Il vero secondo Bruno                        11
L'arte della memoria e la lingua imaginale   12

DE UMBRIS IDEARUM                            15

Al lettore amico e studioso                  17
A Enrico III                                 18
Merlino all'artista                          18
Merlino al giudice sobrio                    18
Merlino al giudice competente                19
Dialogo introduttivo                         21
Ermete                                       29
Trenta intenzioni delle Ombre                33
Trenta concetti di idea                      50
La combinazione originata dall'incontro
    della prima ruota con la seconda         62

L'arte della memoria                         63

PARTE PRIMA
I     Arte e natura                          63
II    Mente divina e mente umana             63
III   Intelligenza ed arte                   64
IV    Arte e strumento                       64
V     Definizione di arte, le conoscenze
        innate                               65
VI    Clavis Magna, arte della memoria e
        arte di pensare                      65
VII   Natura maestra d'arte                  66
VIII  Operatore e strumento                  66
IX    Natura principio fisico diffuso e
        concentrato in ogni cosa             67
X     L'arte della Clavis Magna              67
XI    Scrittura ed engrafia                  68
XII   Classificazione delle immagini         68
XIII  Sigilli, note e caratteri              69
XIV   Le diverse categorie di immagini       70
XV    Le immagini sono indispensabili
        ma non sufficienti                   70
XVI   Difficoltà di articolare la lingua
        imaginale                            70
XVII  Il Nesso                               71
XVIII Il Soggetto                            72

PARTE SECONDA
Premessa                                     73
I soggetti                                   74
Gli aggiunti                                 82
Lo strumento                                 88

TERZA PARTE
§ I, § 11, § 111, § IV, § V, § VI           103
Prima operazione sui suoni - La fissazione
    delle ruote                             106
Il movimento delle ruote                    113

[...]


 

 

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Pagina 7

Introduzione


Le opere parigine


Nel 1582 videro la luce ben quattro opere di Bruno: Il Candelaio, il De Umbris Idearum, il Cantus Circaeus ed il De Architectura Lulliana.

Il Candelaio mostra con ironia, che spesso si fa sarcasmo, la stupidità e l'ignoranza dell'uomo comune, il quale - perso nei sogni di potenza e di felicità riposti nella cultura, nel danaro, nell'amore o nelle arti magiche - diventa incapace di vedere la realtà. In questa condizione di letargo, coloro che dormono più profondamente interpretano la parte della vittime mentre coloro che dormono meno profondamente sono quelli che profittano di tale situazione.

È evidente che a tutto ciò l'unica soluzione può derivare dal risveglio dell'intelligenza, risveglio dell'intelligenza che possa mettere a fuoco la situazione nel suo complesso e non solo nell'immediatezza del rapporto con l'altro. "Svegliatevi - sembra dire Bruno agli spettatori - rendetevi conto che avete smarrito la strada del ragionare e cominciate a cercare un Maestro. E non un maestro come Manfurio il quale è solo una biblioteca parlante, ma qualcuno che abbia già interiorizzato quanto appreso e sappia contestualizzare nel tempo presente l'insegnamento del passato, cioè uno che possegga l'arte del pensare".

Nel De Architettura Bruno espone la parte dell'insegnamento della Clavis Magna che deriva dal lullismo, vale a dire essenzialmente la logica nell'aspetto combinatorio dei concetti, argomento che rientra nel terzo libro della Clavis Magna.

Nel De Umbris Idearum e nel Cantus Circaeus Bruno espone alcune tecniche psicotrope che mirano a trasformare la memoria naturale in memoria artificiale, altrettanto precisa ed affidabile quanto i mezzi materiali impiegati nella registrazione e nella conservazione dei dati, cioè la scrittura. Questa scrittura interna, che in termini greci si chiama engrafia, è utile ad ogni persona e richiede solo l'adozione di alcune tecniche di rappresentazione per immagini di concetti normalmente consistenti in parole. L'adozione di questo tipo di memoria va accompagnata dall'acconcia sistemazione dei dati che si vogliono conservare e quindi dall'arte di disporre in ordine le informazioni, di cercarle quando servono: dall'arte cioè di cercare, di trovare, di inventare.


La mnemotecnica classica

In appendice a Il Primo Libro della Clavis Magna sono riportate, integralmente tradotte dal testo latino Ad Herennium, le poche pagine in cui sono raccolte le regole della mnemotecnica classica. In buona sostanza la tecnica di memoria consiste nel rappresentare per immagini, il più vivaci possibili, quanto ci si propone di ricordare sfruttando i vantaggi della memoria visiva rispetto alla memoria delle parole. Le immagini di memoria vanno conservate poi in luoghi di memoria che rappresentano ambienti ben conosciuti e successivamente vanno riconvertite in parole seguendo un ordine fisso.


La lingua imaginale

Impadronitosi fin da ragazzo dell'arte della memoria, ben presto Bruno realizzò che era possibile trasformare in immagini qualsiasi termine della lingua naturale e sostituire quindi il noema sonoro con quello visivo. Un insieme di parole, però, non è ancora una lingua perché occorre dare loro un ordine, cioè una grammatica, per formare dei concetti e strutturarli in frasi e queste poi a loro volta andranno strutturate secondo le regole della sintassi per formare un vero discorso. La grammatica della lingua imaginale gli era familiare perché bastava completare, con opportuni accorgimenti, le immagini di memoria per avere i diversi casi della declinazione latina e sostituire ai loci che rappresentavano ambienti reali con altri loci geometrici di forma costante, idonei a contenere qualsiasi frase. Lo studio delle opere di Raimondo Lullo gli fornì alla fine anche la bramata sintassi, grazie alle ruote di logica elaborate da questo suo predecessore. A questo punto era nata la lingua per pensare, svincolata dalle pastoie della lingua naturale.

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Pagina 15

Giordano Bruno Nolano



LE OMBRE DELLE IDEE
DE UMBRIS IDEARUM



Contenenti l'arte di Cercare,
Trovare, Giudicare,
Ordinare e Applicare:


Esposte per la scrittura interna, e operazioni
inusuali tramite la memoria


A ENRICO III, SERENISSIMO RE
dei Francesi e dei Polacchi ecc.


DICHIARAZIONE


Ombra profonda siamo, non ci molestino gli inetti
Non loro ma i dotti quest'opera grave attende



PARIGI
Presso Egidio Gorbino,
all'insegna della Speranza,
dalla regione del ginnasio Cameracense.



M.D.LXXXII
CON PRIVILEGIO DEL RE

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Pagina 21

Filoteo Giordano Bruno Nolano
Dialogo introduttivo alla sua invenzione della memoria
in difesa delle Ombre delle Idee



Interlocutori
Ermete, Filotimo e Logifero



Ermete - Va' avanti tranquillo, poiché riconosci che unico è il sole e unica l'arte. L'identico sole magnifica le gesta di uno e espone al biasimo le azioni vergognose di un altro. Della sua presenza si rattristano i notturni barbagianni, rospi, basilischi, gufi, tutti esseri solitari e notturni sacri a Plutone, invece esultano il gallo, la fenice, il cigno, l'oca, l'aquila, la lince, l'ariete e il leone. Quand'egli sorge chi opera nelle tenebre si rifugia nelle tane, mentre l'uomo e gli animali diurni escono per le loro attività. Questi invita al lavoro, quelli spinge all'ozio. Al sole si volgono il lupino e l'elitropia, mentre nella direzione opposta guardano erbe e fiori notturni. Innalza i vapori rarefatti in forma di nuvole, a terra invece rovescia quelli condensati in acqua. Distribuisce agli uni una luce perenne e continua, agli altri alternata a fasi di oscurità. L'intelletto che non erra insegna che esso sta fermo, ma il senso fallace fa credere che si muova. Sorge sulla parte esposta della terra che gira, mentre tramonta su quella opposta. In apparenza egli gira intorno ai circoli che dicono artici per la distinzione in destra e sinistra, ma a molti altri sembra percorrere un arco che passa sopra o sotto. Egli appare più grande alla terra che occupa il punto più alto del suo giro, ma sembra più piccolo a quella regione che occupa il punto più basso (proprio perché è più distante da esso). In alcune porzioni dei semicerchi viene a mancare lentamente invece in altre velocemente. Egli risulta più boreale "per la terra che si protende verso l'Austro, ma più australe per la terra che volge verso Borea. Per chi ha un orizzonte ad angolo retto riceve una latitudine uguale da una parte e dall'altra, ma disuguale per chi l'ha obliquo. A coloro che abitano lo spazio tra i due paralleli mediani di questa mole distribuisce tenebre sempre pari alla luce, agli altri invece con tempi determinati. Se la divina terra che ci nutre sul suo dorso gli mostra la nostra fronte, ci fa ricevere raggi obliqui, invece perpendicolari per quelli cui fa esibire la sommità del capo. Anche certi vicini corpi di mondi (che molti considerano esseri animati e divinità secondarie sottoposte ad un solo principe) ricevono luce da lui al cosiddetto auge o all'apogeo, invece gli altri che l'hanno in opposizione la ricevono a medie latitudini (così le chiamano) e a intervalli. Quando la luna (che molti filosofi considerano un'altra terra) riceve in pieno la luce nel suo emisfero rivolto al sole, la terra, triste per l'interposizione di quel globo, mostra all'emisfero opposto della luna la faccia in ombra rivolta verso di lui. Perciò il Sole che rimane sempre uno e identico si presenta sempre diverso per gli uni e gli altri secondo come sono disposti. Analogamente dobbiamo ritenere che quest' arte solare sarà diversa per gli uni e gli altri.

- Filotimo: Ermete, che vai dicendo fra te? Che libro è quello che tieni in mano?

- Ermete: È il libro sulle Ombre delle Idee raccolte per la scrittura interna. Sono incerto se debba essere pubblicato oppure restare in eterno nelle stesse tenebre in cui un tempo fu nascosto.

- Filotimo. Perché mai?

- Ermete: Perché l'autore (come dicono) mira a un bersaglio ambito da Sagittari armati di molte specie.

- Filotimo: Ma se tutti dovessero temere ed evitare il pericolo, nessuno mai avrebbe tentato imprese importanti e niente di buono e di bello si sarebbe mai realizzato. Come dissero i sacerdoti egiziani, la provvidenza degli dei non smette di mandare agli uomini alcuni Mercuri in tempi stabiliti, benché sappiano in precedenza che l'accoglienza loro riservata sarà nulla o pessima. L'intelletto tuttavia non cessa di illuminare sempre, a somiglianza del sole sensibile, benché né sempre né tutti ce ne accorgiamo.

- Logifero: Mi troverei senz'altro d'accordo con chi pensa che queste pagine non vanno divulgate, ma sento che Filotimo ha dei dubbi a questo proposito. Se avesse udito con le sue orecchie ciò che noi abbiamo ascoltato, di sicuro preferirebbe gettarle sul fuoco piuttosto che pubblicarle. Infatti finora non hanno portato altro che guai al loro autore. Ora non so cosa si possa sperare per il futuro, a parte quei pochi che da soli possono intendere questi temi, gli altri non potranno affatto dare un giudizio obbiettivo.

- Filotimo: Senti cosa dice?

- Ermete: Sì, ma per potere udire di più, discutete tra di voi.

- Filotimo: Disputerò allora con te, Logifero, e per prima cosa affermo che il tuo dire non genera alcuna convinzione che il laccio del tuo ragionamento non possa confermare piuttosto nel parere opposto. Infatti quei pochi che avranno compreso questa tua invenzione, e tra loro ci siamo Ermete ed io, l'esalteranno con grandi lodi, mentre quelli che non l'avranno capita non la potranno né lodare né biasimare.

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Pagina 63

L'ARTE DELLA MEMORIA
di Giordano Bruno



PRIMA PARTE



I
< Arte e natura >


L'arte riposa all'ombra delle idee se sollecita la sonnolenta natura e la precede; o la guida quando tenderebbe a sbagliare; o la rinforza quand'è stanca o la corregge quando sbaglia, o la segue quand'è perfetta e ne emula l'industriosità.


II
< Mente divina e mente umana >


Un'arte siffatta per ricercare le cose in genere è senz'altro l'architettura discorsiva, che quando si fa tendenza dell'anima raziocinante promana da Quello che sta all'origine della vita del mondo al principio della vita di tutti e di ciascuno. Non si appoggia a nessun potere né scaturisce da una particolare facoltà: ma abita l'intera psiche come sua essenza. Né temo che i fatti smentiscano le mie parole, difatti se risiedesse nella facoltà memorativa, in che modo deriverebbe dall'intelletto? Se risiedesse nella potenza intellettiva, come potrebbe passare dalla memoria, dai sensi, e dagli istinti? Invece siamo spinti e guidati suo tramite a capire, discorrere, ricordare, fantasticare, desiderare e, volendo, a sentire.


III
< Intelligenza ed arte >


Piuttosto non è chiaro che qualità possieda il principio che muove l'anima in generale rispetto a tutte e ciascuna funzione e in che modo ciò avvenga. Ci si chiede infatti perché l'anima si riveste di un'arte? Con quale arte l'anima si veste di un'arte? È forse giusto non chiamare arte la tecnica con cui madre natura tramite la ripetizione delle azioni si sforza di farsi esperta?


IV
< Arte e strumento >


Poiché molti artisti usano uno strumento, e tuttavia la loro arte non è lo strumento, ma viene eseguita con uno strumento, non è forse lecito dire che prima delle molteplici arti esiste quella che definirei arte strumentale? Non è forse giusto chiamare arte quella che fabbrica lo strumento delle arti? Cosa sarà se non è un'arte? Ma se lo strumento non ha preceduto ciò per cui era necessario che fosse costruito, prova a dirmi che funzione deve aver preceduto l'arte. Infatti in cosa preesisteva l'arte strumentale oltre che nello strumento? Fuor di dubbio nel soggetto fisico preesistente. Quello fu formato in una certa posizione perché fosse adatto all'intima dominazione del primo strumento. Se poi al filosofo grossolano piace denominare l'essenza di qualcosa in primo luogo dall'aspetto esteriore, lasciamo correre, poiché è consuetudine porre la funzione delle cose artificiali nella loro forma esteriore, dato che l'arte non scende nell'intimo della materia. Ma costui è lontano dalla nostra intenzione, sicché non può capire.


V
< Definizione di arte, le conoscenze innate >


Ma se le cose stanno così come pare a coloro che filosofano meglio, non c'è altra definizione per quello che in primo luogo è l'arte: una facoltà naturale nata insieme alla ragione, coi semi dei principi primi. In queste conoscenze innate risiede il potere di lasciarsi sedurre dalle lusinghe dei diversi oggetti esteriori, essi sono illuminati dall'intelletto agente come da un sole radioso, e ricevono l'influsso delle idee eterne quasi col concorso delle stelle, mentre tutte le cose sono fecondate contemporaneamente dall'Ottimo Massimo e sono ordinate per conseguire il proprio fine secondo capacità. Si mostra così chiaramente che non è azzardato voler chiamare la dedalea natura fonte e sostanza di ogni arte.


VI
< Clavis Magna, arte della memoria e arte di pensare >


Considera pertanto con quale possibile intendimento abbiamo affermato che l'arte in certe cose vince la natura in altre da quella è superata. Questo infatti può accadere solo quando si veda che la natura mostra nelle conseguenze remote effetti maggiori che in quelle vicine. E si dice che essa stessa ha perpetuato nella medesima specie una forma sostanziale e non può averla perpetuata secondo il numero. In queste cose la facoltà dell'arte si arresta. La forma esteriore e la figura dell'inventore della Clavis Magna, tramite l'arte è affidata alla dura pietra, o al diamante. Ugualmente le condizioni, le procedure e il nome dell' arte della memoria e dell' arte di pensare vengono affidati agli oggetti perché siano perpetuati, siccome la natura non potrebbe conservarli, giacché lo stomaco della mutevole materia a tempo debito digerisce ogni cosa.

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