Copertina
Autore Michelangelo Buonarroti
Titolo Rime e lettere
EdizioneUTET Libreria, Torino, 2006 [1992] , pag. 698, cop.fle., dim. 120x190x38 mm , Isbn 978-88-02-07261-6
CuratorePaola Mastrocola
LettoreSara Allodi, 2007
Classe classici italiani , biografie , citta': Firenze
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Indice

  7 Introduzione
 45 Nota biografica
 51 Nota bibliografica
 63 Tavola delle abbreviazioni

 65 RIME


305 LETTERE


659 Tavola delle corrispondenze tra la presente
    edizione delle Rime e l'edizione Frey
668 Tavola delle corrispondenze tra la presente
    edizione delle Lettere e le edizioni precedenti

685 Indice dei capoversi delle Rime
697 Indice dei destinatari delle Lettere


 

 

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Pagina 69

4


    Quanto si gode, lieta e ben contesta
di fior sopra crin d'oro d'una, grillanda,
che l'altro finanzi l'uno all'altro manda,
come ch'il primo sia a baciar la testa!

    Contenta è•ctucto il giorno quella vesta
che serra 'l petto e poi par che si spanda,
e quel ch'oro filato si domanda
le guanci' e 'l collo di tocar non resta.

    Ma più lieto quel nastro par che goda,
dorato im punta, con sì facte tempre
che preme e toca il pecto ch'egli allaccia.

    E•lla schiecta cintura che s'annoda
mi par dir seco: qui vo' stringier sempre.
Or che farebon dunche le mie braccia?

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Pagina 70

5


I' ho già facto un gozo in questo stento,
come fa l'aqua a' gacti in Lonbardia
o ver d'altro paese che si sia,
ch'a forza 'l ventre apica socto 'l mento.

    La barba al cielo, e•lla memoria sento
in sullo scrignio, e 'l pecto fo d'arpia,
e 'l pennel sopra 'l viso tuctavia
mel fa, gocciando, un rico pavimento.

    E' lombi entrati mi son nella peccia,
e fo del cul per contrapeso groppa,
e ' passi senza gli ochi muovo invano.

    Dinanzi mi s'allunga la corteccia,
e per piegarsi adietro si ragroppa,
e tendomi com'arco soriano.

    Però fallace e strano
surgie il iudizio che la mente porta,
ché mal si tra' per cerboctana torta.

    La mia pictura morta
difendi orma', Giovanni, e 'l mio onore,
non sendo in loco bon, né io pictore.

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Pagina 93

29


    Ogn'ira, ogni miseria e ogni forza,
chi d'amor s'arma vince ogni fortuna.



30


    Dagli ochi del mie ben si parte e vola
un raggio ardente e di sì chiara luce
che da' mie, chiusi ancor, trapassa 'l core.
Onde va zoppo Amore,
tant'è dispar la soma che conduce,
dando a me luce, e tenebre m'invola.

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Pagina 406

90
AL FRATELLO BUONARROTO IN FIRENZE
Pietrasanta, 2 aprile [1518].



Buonarroto, io vorrei che tu•mmi avisassi se Iacopo Salviati ha facto fare el partito a' Consoli dell'Arte della Lana secondo la minuta, come mi promesse; e se non l'ha facto fare, pregalo per mia parte che lo facci. E quando tu vedessi che e' non fussi per farlo, avisami, acciò che io mi ritraga di qua, perché mi son messo inn•una cosa da impoverire e anche non mi riesce come stimavo. Pur nondimanco, quando mi sia osservato quello ch'è decto, sono per sequitare la impresa, con grandissima spesa e•nnoia e senza certeza nessuna per ancora.

Circa a' casi della strada qua, di' a Iacopo che io farò tanto quanto piace alla sua Magnificenza, e che quello mi commecterà non se ne troverrà mai ingannato, perché io non cerco l'utile mio in simile cose, ma•ll'utile e•ll'onore de' padroni e della patria; e se io ho chiesto al Papa o al Cardinale che mi dieno alturità sopra questa strada, l'ho facto sol per potere comandare e farla dirizare in que' luoghi dove sono e' marmi migliori, che non gli conoscie ognuno, e non l'ho chiesta per farla fare per guadagnare, ché io non penso a•ssimile cosa; anzi prego la Magnificenza di Iacopo che la facci fare a maestro Donato, perché vale assai in questa cosa e ho che e' sia fedele, e che a me dia alturità di farla adirizare e aconciare come mi pare, perché conosco dove sono e' marmi migliori e so che strada bisognia a carregiare e credo megliorarci assai per chi spenderà. Però fa' intendere quello ti scrivo a decto Iacopo e racomandami a sua Magnificenza, e prega quella mi racomandi, a Pisa, a•ssua uomini che mi faccino favore a trovare barche per levare e' mia marmi da Carrara. Sono stato a Gienova e ho condocto quattro barche alla spiaggia per caricargli. E' Carraresi hanno corrotti e' padroni di decte barche e hanno pensato d'assediarmi, i' modo che io non ho facto conclusione nessuna, e credo oggi andare a Pisa per provedere dell'altre. Però racomandami, com'è detto, e scrivimi.

A dì dua d'aprile.

Fate di Piero che sta meco come faresti di me; e se gli bisognia danari, dategli, e io vi sodisfarò.

Michelagniolo im Pietrasanta.

A Buonarroto di Lodovico Simoni in Firenze.

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Pagina 408

91
AL FRATELLO BUONARROTO IN FIRENZE
Pisa, 7 aprile 1518



Buonarroto, io ero assediato, come ti scrissi, del condurre e' mia marmi; e giunto a Pisa, col favore di Iacopo Salviati gli ho allogati qua a uno padrone di barca per giusto prezo, e sarò servito. E tucto ha facto Francesco Pieri per amore di Jacopo, come è decto. Però ti prego mi racomandi alla sua Magnificenzia e ringrazii quella, perché riconosco da quella grandissimo servizio e tucti noi gli dobieno essere obrigati insino della vita. Io ho una sua lectera e non rispondo a quella per non essere sofiziente; ma infra quindici dì sarà costà e a boca spero risponder meglio che in iscricto non saperei fare. La strada e ogni cosa spero anderà bene. Fallo intendere e ringrazia e•rracomandami, come è decto. Io mi parto adesso e vo a Pietrasanta, e Francesco Pieri mi dà cento ducati che io gli porti al commessario di Pietrasanta per la strada.

A dì secte d'aprile.

Michelagniolo im Pisa.

A Buonarroto di Lodovico Simoni in Firenze.

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Pagina 409

92
AL FRATELLO BUONARROTO IN FIRENZE
Pietrasanta, 18 aprile 1518.



Buonarroto, intendo per la tua el partito non è facto ancora. Io n'ho passione assai; però io mando costì un mio garzone a posta, solo per questo, che stia a vedere tucto giovedì se 'l partito si fa, e venerdì mactina si parta e vengami a•rrispondere. E se 'l partito sarà facto com'io l'ho chiesto, seguiterò la impresa. Quando non sia facto per tucto giovedì, come tu mi scrivi, non stimerò però che Iacopo Salviati non abi volontà di farlo, ma che e' non possa; e monterò subito a cavallo e anderò a trovare el cardinale de' Medici e el Papa, e dirò loro el facto mio, e qui lascierò le impresa e ritorneromi a Carrara: che sono pregato come si prega Cristo.

Questi scarpellini che io menai di costà non si intendono niente al mondo né delle cave né de' marmi. Costonmi già più di cento trenta ducati e no' m'hanno ancora cavata una scaglia di marmo che buona sia; e vanno ciurmando per tucto che hanno trovato gran cose, e cercono di lavorare per l'Opera e per altri co danari che gli hanno ricievuti da me. Non so che favore s'abino, ma ogni cosa saperà el Papa. Io, poi che mi fermai qui, ho buctato via circa trecento ducati e non vego ancor nulla che sia per me. Io ho tolto a•rrisuscitar morti a voler domesticar questi monti e a mecter l'arte in questo paese; che quando l'Arte della Lana mi dessi, oltre a' marmi, cento ducati el mese, che io facessi quello che io fo, non farebbe male, non che non mi fare el partito. Però racomandami a Iacopo Salviati e scrivi pel mio garzone come la cosa è ita, acciò che io pigli partito subito, perché mi consumo a star qui sospeso.

Michelagniolo im Pietrasanta.

Le barche che io noleggiai a Pisa non sono mai arrivate. Credo essere stato ucciellato: e così mi vanno tucte le cose. Ho maladecto mille volte el dì e l'ora che io mi parti' da Carrara, Quest'è cagione della mia rovina; ma io vi ritornerò presto. Oggi è pecato a far bene. Racomandami a Giovanni da•rRicasoli.

A Buonarroto di Lodovico Simoni in Firenze.

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Pagina 490

164
AL PAPA PAOLO III [IN ROMA]
[Roma], 20 luglio 1542.



Avendo messer Michelagnolo Buonarroti tolto a fare più fa la sepoltura di papa Iulio in Santo Piero in Vincola con certi patti et convenzioni, come per uno contratto rogato per messer Bartolomeo Cappello sotto dì 18 di aprile 1532 appare, et essendo dipoi ricerco et astretto dalla Santità di Nostro Signiore papa Paulo terzo di lavorare et dipigniere la sua nuova cappella, non possendo attendere al fornire della sepoltura et a quella, per mezo di Sua Santità di nuovo riconvenne con lo illustrissimo signor duca di Urbino, al quale è rimasta a cura la prefata sepoltura, come per una sua lettera de' dì 6 di marzo 1542 si vede, che di sei statue che vanno in detta sepoltura detto messer Michelagnolo ne potessi allogare tre a buono et lodato maestro, il quale le fornissi et ponessi in decta opera, et le altre tre, fra le quali fussi il Moises, le avessi lui a fornire di sua mano, et così fussi tenuto fare fornire il quadro, cioè il resto de l'ornamento di detta sepoltura secondo il principio fatto. Onde, per dare esecuzione a detto acordo, il prefato messer Michelagnolo allogò a fornire le dette tre figure, quali erano molto inanzi, cioè una Nostra Donna con il putto in braccio, ritta, et uno Profeta et una Sibilla a sedere, a Rafaello da Montelupo, fiorentino, aprovato fra e' migliori maestri di questi tempi, per scudi quatro cento, come per scritta fra loro appare, et il resto del quadro et ornamento della sepoltura, excetto l'ultimo frontispizio, alsì allogò a maestro Giovanni de' Marchesi et a Francesco da Urbino, scarpellini et intagliatori di pietre, per scudi septe cento, come per obrighi fra loro apare. Restavagli a fornire le tre figure di sua mano, cioè un Moises et dua Prigioni, le quali tre figure sono quasi fornite. Ma perché li detti dua Prigioni furno fatti quando assai più figure, la quale poi nel sopra detto contratto fu risecata et ristretta, per il che non convengono in questo disegnio, né a modo alcuno ci possono stare bene, però detto messer Michelagnolo, per non mancare a l'onore suo, dette cominciamento a dua altre statue che vanno dalla bande del Moises, cioè la Vita contemplativa et la activa, le quali sono assai bene avanti, di sorta che con facilità si possono da altri maestri fornire. Et essendo di nuovo detto messer Michelagnolo ricerco et sollecitato dalla detta Santità di Nostro Signore papa Paulo terzo a lavorare et fornire la sua cappella, come di sopra è detto, la quale opera è grande et ricerca la persona tutta intera et disbrigata da altre cure, essendo detto messer Michelagnolo vechio et desiderando servire Sua Santità con ogni suo potere, essendone da quella astretto et forzato, né possendo farlo se prima non si libera in tutto da questa opera di papa Iulio, la quale lo tiene perplesso della mente e del corpo, suprica Sua Santità, poi che è resoluta che lui lavori per lei, che operi con lo illustrissimo signor duca d'Urbino che lo liberi in tutto da detta sepoltura, cassandoli et annullandoli ogni obrigazione fra loro, con li sopto scripti onesti patti.

In prima detto messer Michelagnolo vuole licenzia di possere allogare le altre due statue che restano a finire al detto Rafaello da Montelupo o a qualsivoglia altri, a piacimento di Sua Excellenzia, per il prezzo onesto et che si troverrà, che pensa sarà scudi 200 incirca, e il Moises vuol dare fornito da lui, et di più vuole dipositare tutta la somma de' danari che andranno in fornire del tutto la detta opera, ancora che li sia scommodo et che in la detta opera abbia messo in grosso, cioè il resto di quello che non avessi pagato a Raffaello da Montelupo per fornire le 3 statue allogatoli come di sopra, che sono circa scudi 300, et il resto di quello non avessi pagato della fattura del quadro et ornamento, che sono circa scudi 500, et li scudi 200, o quel bisognerà, per fornire l'ultimo frontispizio de l'ornamento di detta sepoltura: che in tutto sono scudi 1100 in 1200, o quello bisognerà, quali dipositerà in Roma, in sur uno banco idoneo, a nome del prefato illustrissimo signor Duca, suo et de l'opera, con patti ex-pressi che abbino a servire per fornire detta opera et non altro, né si possino per altra causa tocare o rimuovere. Et oltre a questo è contento, per quanto potrà, avere cura a detta opera di statue et ornamento, che sia fornita con quella diligenzia che si ricerca. Et a questo modo Sua Excellenzia sarà sicura che l'opera si fornirà et saprà dove sono i danari per tale efetto, et potrà per sua ministri farla di continuo sollecitare et condurre a prefezione il che ha a desiderare, essendo messer Michelagnolo molto vechio et occupato in opera da tenerlo tanto che a fatica arà tempo a fornirla, nonché fare altro, et messer Michelagnolo resterà in tutto libero et potrà servire et sadisfare al desiderio di Sua Santità, la quale suprica che ne facci scrivere a Sua Excellenzia che ne dia qua ordine idoneo et ne mandi procura sufiziente per liberarlo da ogni contratto et obrigazione che fussi fra loro.

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