Copertina
Autore Edgar Rice Burroughs
Titolo Le pedine di Marte
EdizioneNord, Milano, 1980, Cosmo
OriginaleThuvia Maid of Mars [1916], The Chessmen of Mars [1922]
TraduttoreGianpaolo Cossato, Sandro Sandrelli
LettoreRenato di Stefano, 1992
Classe fantascienza
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Pagina 66 [ superstizione ]

Jav si rizzò a sedere e sbarrò gli occhi a quello spettacolo: L'esile fanciulla che accarezzava la fulva criniera di quella gigantesca creatura che lui stesso aveva creduto divina... mentre Komal sfregava il muso contro il fianco di lei.

- Così, questo è il vostro dio? - esclamò Thuvia, ridendo.

Jav era stupefatto. Non sapeva ancora decidersi a correre il rischio di offendere Komal, poiché il potere della superstizione è cosí forte che se anche sappiamo di aver adorato un inganno esitiamo ancora ad ammettere la verità, per quante conferme abbia ricevuto.

- Sì - disse, - questo è Komal. Da epoche immemorabili i nemici di Tario vengono gettati in questo pozzo a riempire il suo stomaco, poiché Komal deve nutrirsi.

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Pagina 119 [ scacchi ]

Shea mi aveva appena battuto a scacchi, come al solito, e anche questa volta avevo tratto un'assai dubbia soddisfazione ritorcendogli quella mia scarsa dimostrazione di potere intellettuale col richiamare la sua attenzione sulla teoria, sostenuta da alcuni scienzati, secondo la quale i campioni nel gioco degli scacchi si trovano sempre tra i bambini al disotto dei dodici anni, gli adulti sopra i settantadue e i deficienti mentali: teoria che viene olimpicamente ignorata tutte le volte che vinco io. Shea era andato a letto, e io avrei dovuto imitarlo poiché qui siamo in sella a ogni levar del sole; invece m'impigrii davanti al tavolino degli scacchi, in biblioteca, soffiando oziosamente il fumo contro la testa disonorata del mio re sconfitto.

Mentre impiegavo cosí utilmente il mio tempo, udii aprirsi una delle porte del soggiorno ed entrare qualcuno. Pensai che fosse Shea, ritornato a parlarmi di qualcosa in relazione al lavoro dell'indomani, ma quando alzai gli occhi sull'arco della porta che unisce le due stanze vidi la bronzea figura di un gigante il cui corpo quasi completamente nudo era ornato da finimenti incrostati di gioielli, ai quali erano appese una corta spada decorata e sull'altro fianco una pistola dallo stranissimo disegno. Capelli neri, occhi grigio-acciaio audaci e sorridenti, lineamenti nobili: lo riconobbi immediatamente. Balzai in piedi e mi precipitai verso di lui a braccia aperte.

- John Carter! - gridai. - Tu?

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Pagina 177

- Hai ragione - disse Ghek. - Rimarrò qui fino a quando Luud giudicherà che sia arrivato il momento di distruggermi nel modo più ragionevole.

Tara di helium gli lanciò un'occhiata sbalordita, mentre la portavano fuori dalla stanza. Girò il capo e gli gridò: - Ricordati, Ghek, sei ancora vivo! - Poi la condussero via lungo le interminabili gallerie, verso la tana dorata dove Luud l'aspettava.

Quando comparve in sua presenza, Luud era accovacciato in un angolo della stanza sulle sei zampe di ragno. Il suo rykor giaceva accasciato lungo la parete opposta, con le forme meravigliose cinte da splendidi finimenti: un oggetto morto, senza un kaldane per guidarlo. Luud congedò i guerrieri che avevano accompagnato la prigioniera. Poi restò immobile per qualche tempo, senza parlare, fissandola con i suoi occhi terribili. Tara di Helium poteva solo aspettare. Poteva soltanto indovinare cosa sarebbe accaduto dopo. Quando fosse accaduto, avrebbe avuto abbastanza tempo per tentare qualcosa. Non c'era bisogno di anticipare la fine. E poi Luud parlò.

- Tu pensi alla fuga - le disse,...

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Pagina 191 [ cervello, sensi ]

Ghek, che in tempi migliori era stato terzo sovrintendente dei campi di Luud, sedeva a terra covando rabbia e umiliazione. Negli ultimi giorni aveva sentito dentro di sé risvegliarsi qualcosa di cui prima di allora non aveva neppure sospettato l'esistenza. L'influenza di quella strana prigioniera c'entrava forse con la sua inquietudine e la sua insoddisfazione? Nonlo sapeva. Sentiva comunque la mancanza di quel suono lenitivo che lei chiamava canzone... Era forse possibile che esistessero altre cose più desiderabili della fredda logica e dell'incorrotto potere del cervello? Era preferibile, dunque, un'imperfezione ben equilibrata, piuttosto che il massimo sviluppo di una singola capacità? Pensò al grande cervello, lo scopo ultimo per cui tutti i kaldane si battevano. Sarebbe stato sordo, muto e cieco. Mille creature bellissime avrebbero potuto cantare e danzare intorno a lui, ma quello non ne avrebbe ricavato il più piccolo piacere poiché non avrebbe posseduto facoltà percettive. I kaldane si erano isolati da tutti i piaceri dei sensi.

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