Copertina
Autore Riccardo da Bury
Titolo Philobiblon
Sottotitoloo l'amore per i libri
EdizioneRizzoli, Milano, 1998, BUR L1243
OriginalePhilobiblon [1344]
TraduttoreRiccardo Fedriga
LettoreRenato di Stefano, 1998
Classe classici inglesi , libri
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al sito dell'editore








 

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Indice


SOMMARIO
5 Introduzione di Mariateresa Fumagalli Beonio Brocchieri 17 Bibliografia PHILOBIBLON 25 Prologo 35 I Come il tesoro della Sapienza si trovi soprattutto nei libri 45 II Come, secondo ragione, si debbano amare i libri 53 III Come stabilire il prezzo nell'acquisto dei libri 57 IV Lamento dei libri contro i chierici sacerdoti 75 V Lamento dei libri contro i monaci che esercitano il possesso sui beni 83 VI Lamento dei libri contro gli ordini mendicanti 95 VII Lamento dei libri contro le guerre 107 VIII Come ci capitò l'occasione di acquistare un gran numero di libri 125 IX Come non si devono condannare gli studi dei moderni (anche se si amano di più i libri degli antichi) 137 X Come i libri raggiunsero la perfezione 145 XI I motivi che fecero preferire i libri delle arti liberali a quelli di diritto 151 XII Perché abbiamo curato con tanta attenzione l'acquisto dei libri di grammatica 153 XIII Perché non ho trascurato le favole dei poeti 159 XIV Chi debba amare di più i libri 165 XV Quanti siano i vantaggi dell'amore per i libri 175 XVI Quanto sia meritorio scrivere libri nuovi e ridare lustro ai vecchi 185 XVII Come i libri vadano curati e tenuti con la massima cautela 193 XVIII Come ho raccolto un così grande numero di libri per il profitto di tutti gli studenti e non solo per soddisfazione personale 199 XIX Regole per prestare i miei libri agli studenti 205 XX Esortazione agli studenti perché mi rendano i dovuti onori  

 

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PROLOGO


A tutti i fedeli in Cristo ai quali arriverà questo scritto, Riccardo da Bury, per la misericordia divina vescovo di Durham, salute eterna nel Signore, perché venga sempre ricordato a Dio sia in vita sia dopo la morte.

«Cosa renderò al Signore per tutti benefici che mi ha reso?», si chiede devotamente il salmista, re invitto e insuperato Profeta: in questa santissima richiesta riconosce egli stesso di voler rendere ciò che gli è stato dato, di essere debitore nelle più diverse forme e di desiderare un divino consigliere; e in questo è d'accordo con Aristotele, principe dei filosofi, che nel III e VI libro dell'Etica dimostra come ogni spinta ad agire segua una scelta premeditata. Ora, se un profeta tanto mirabile, a conoscenza dei segreti di Dio, cercava con tanta insistenza il modo per render grazie per i doni ricevuti, come potremo noi che non siamo abituati a ringraziare pur essendo avidissimi di regali e ricolmi degli infiniti beni di Dio, esserne degni?

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Quanti superbi e titolati chinarono il loro collo superbo e altezzoso al giogo ecclesiastico e riuscirono nella feconda impresa di procurare libertà alla Chiesa! Per questo motivo, l'occhio della carità mi ha fatto considerare tutte le umane necessità sotto ogni prospettiva e la spinta della compassione mi ha fatto optare per l'aiuto a questo miserabile genere d'uomini, nei quali tuttavia la Chiesa ripone le sue speranze di progresso non solo provvedendo al loro vitto, ma anche - e soprattutto - fornendo i libri indispensabili allo studio. Proprio a questo fine già da lungo tempo, e con il favore di Dio, ho deciso senza esitazione di rivolgere a loro la mia ferma intenzione; rapito e inebriato da quest'estasi d'amore, messa da parte ogni attenzione per le altre occupazioni terrene, mi sono abbandonato a un solo, bruciante, desiderio: comprare libri! E dunque, poiché il mio fine sia palese ai posteri come ai presenti e per zittire una volta per tutte le malignità sul mio conto ho deciso di pubblicare questo piccolo trattatello con lo stile leggero dei nostri tempi moderni - hanno infatti ragione gli esperti di retorica: è ridicola una penna ampollosa quando l'argomento non lo è. E' un trattato che mi purgherà dal troppo amore che ho nutrito per i libri, divulgherà il mio vivo progetto e, per venti capitoli, racconterà illuminandole di giusta luce alcune circostanze della mia vita.

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Ma certo: il tuo tabernacolo sono i libri, quello è il luogo dove l'altissimo, luce delle luci e libro della vita, scelse di porre le tue fondamenta. Chiunque ti chiede, lì ti avrà e chi ti cerca, ti troverà: la tua porta si apre subito per chi bussa con insistenza. Nei libri i cherubini spiegano le loro ali perché l'intelligenza degli studiosi si elevi e il loro sguardo abbracci tutto da polo a polo e spazi dall'aurora al tramonto, dal Nord al Sud. Nei libri Dio stesso, illimitato e altissimo, si lascia comprendere e onorare; in loro si svela la natura del cielo, della terra e dell'inferno; nei libri si vedono le leggi che reggono la vita civile, si distinguono le funzioni delle gerarchie celesti e vi si disegnano le tirannidi degli angeli malvagi; non li superano le idee platoniche e neppure la cattedra di Cratone basterebbe a racchiuderli.

Nei libri ritrovo vivi i morti, nei libri prevedo il futuro, nei libri trovo le geometrie dell'arte bellica e dai libri escono le leggi della pace. Nel tempo tutto si consuma e marcisce e Saturno non si stanca di divorare i suoi figli: l'oblio seppellirebbe ogni gloria terrena se Dio non vi avesse posto rimedio inventando i libri.

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Riflettiamo infine su come nei libri il sapere sia a portata di mano, quanto sia semplice e misterioso insieme; con quanta tranquillità, senza falsi pudori ci spogliamo davanti a loro della nostra ignoranza. I libri sono maestri che ci educano senza bacchetta né verga, senza strepiti né rabbia e non voglion favori né soldi! Se ti avvicini loro, non dormono e non sfuggono se li interroghi per sapere! Non ti riprendono se sbagli e non ti ridono in faccia per la tua ignoranza! O libri! soli liberali e liberi, voi che date a chiunque chiede e che rendete liberi tutti quelli che vi hanno serviti con serietà e onore. Quante migliaia di cose espresse in senso figurato, tratte dalla Scrittura ispirata dalla grazia divina, avete fornito ai sapienti! Voi siete miniere di sapere dove il saggio manda suo figlio affinché scavando ne estragga tesori; Voi pozzi d'acque vive che per primo scavò Abramo, Isacco ripulì e che i Filistei cercarono di otturare. Voi siete veramente le spighe ricche di grano che solo le mani degli Apostoli possono sgranare così da produrre il cibo più sano per le anime affamate. Voi libri, le urne d'oro dove si raccoglie la manna, voi le pietre stillanti miele o, meglio ancora, i favi di miele, voi turgide mammelle, voi granai di Giuseppe sempre pieni; voi libri, albero della vita, il quadripartito fiume del paradiso che sazia la mente e che rinfresca e irriga il riarso intelletto dell'uomo; voi siete l'arca di Noè e la scala di Giacobbe, gli abbeveratoi dove, di fronte alla vista di teneri rami, le greggi in calore concepiscono; voi le tavole dell'alleanza, le anfore che proteggono le fiaccole di Gedeone, la tasca di Davide dalla quale estrarre le pietre più taglienti per abbattere Golia. Voi siete le coppe d'oro del Tempio, le armi dell'esercito dei chierici, le frecce con cui distruggere i dardi dei malvagi, voi libri siete i fertili ulivi, le vigne di Engaddi, i fichi che non conosceranno mai la sterilità, voi siete le lampade ardenti da tenere sempre davanti. Insomma, parlando in modo figurato possiamo associare ai libri qualunque immagine della Scrittura.

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Né si può mai contemplare al di fuori dei libri una verità più perfetta, poiché essi soli sono in grado di dare stabilità alla nostra facoltà immaginativa e di mantenere in atto la potenza dell'intelletto cosicché possa conoscere. E' chiaro allora che i libri sono gli strumenti più adatti e vicini alla felicità mentale; e infatti Aristotele, sole della verità filosofica, nel discernere i diversi metodi per scegliere insegna che filosofare è assolutamente preferibile al guadagnare tranne in alcuni casi estremi, come quelli in cui si manca del necessario per vivere, dove bisogna scegliere la ricchezza invece della filosofia.

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Pagina 53

CAPITOLO III


COME STABILIRE IL PREZZO
NELL'ACQUISTO DEI LIBRI

Da quanto detto deriva un corollario che a noi, ma forse solo a noi pochi, farà piacere. Ed è questo: un uomo, nel caso che abbia i soldi per farlo, non deve essere avaro nell'acquisto dei libri, a meno che non si debba contrattare con la maliziosa furbizia del libraio o rimandare l'acquisto quando si presenta un'occasione favorevole. Questo perché se è solo la saggezza a stabilire il prezzo, ed essa è infinito tesoro dell'umanità e se il valore dei libri è inesprimibile - come fa supporre quanto si è appena detto - con quali prove si potrà sostenere che costano troppo dato che quello che si acquista è un bene infinito? Per questo Salomone, sole degli uomini, ci sprona a comprarli volentieri e a venderli controvoglia: «Compra la verità - dice - e non vendere la sapienza».

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Ma, quanto dolore! oggi è l'infido Tersite a vestire le armi di Achille e riluttanti asini calpestano gli splendidi finimenti dei destrieri e le cieche nottole usurpano i nidi delle aquile e il perfido nibbio siede sull'appoggio del falco. Oggi i monaci gozzovigliano e non si collezionano codici, si collezionano calici! I libri si lanciano via lontano e si preferisce libare in onore di Bacco liberatore e si tracanna di giorno e di notte e se non c'è la botte son botte. La massa intera dei monaci sembra caduta nella trappola di una fallacia; così il volgo respinge la Vulgata e il libro della vita non raggiunge il cerchio della vita.

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A Parigi ci sono meravigliose biblioteche in stanze profumate di aromi; là si trovano i verdi giardini di tutti i volumi del mondo; là i prati delle scuole che pulsano al ritmo della terra; il cenobio di Atene oggi si trova lungo i bordi della Senna, là si perdono i passi dei Peripatetici, si trovano le vette del Parnaso e si trova il portico degli Stoici. A Parigi si può vedere Aristotele, limite supremo di tutte le arti e le scienze che si studiano nei passaggi del mondo sublunare; là oggi Tolomeo calcola e disegna gli epicicli, le orbite eccentriche e le rivoluzioni dei pianeti; e Paolo rivela i suoi segreti e poco distante Dionigi organizza e distingue le sue gerarchie; li la vergine Cannenta riproduce in caratteri latini tutta la grammatica fenicia raccolta da Cadmo. Parigi è tutto! Io per parte mia, ogni volta che mi trovavo li, non potevo far altro che aprire ogni mio forziere e, allargati i cordoni della borsa è stato con gioia che ho sperperato i miei soldi e riportato alla luce dal fango e dalla melma libri impagabili. Non sono di quei clienti che gracchiano sempre che un libro non in buono stato è un cattivo affare! Cattivo, buono... solo parole. Ecco dove sta il buono: niente è più bello di riunire insieme e in buon numero le armi dei soldati della chiesa così da permettere di difendersi e respingere gli assalti degli eretici.

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CAPITOLO IX


COME NON SI DEVONO CONDANNARE
GLI STUDI DEI MODERNI
(ANCHE SE SI AMANO DI PIU'
I LIBRI DEGLI ANTICHI)

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Pagina 126

Se si tratta della volontà di imparare e dell'assiduità nello studio, allora devo dire che gli antichi consacrarono l'intera vita alla filosofia, mentre i nostri contemporanei vi dedicano pigramente il fuoco di paglia della giovinezza, per altro già di per sé estenuata dalla vampata dei vizi. E quando, domate le passioni, essi hanno raggiunto la preparazione necessaria a distinguere la verità dall'ambiguità, subito, presi da altre occupazioni, se ne allontanano e si congedano dalle scuole di filosofia. Alle difficoltà filosofiche infatti dedicano appena il mosto torbido dell'ingegno giovanile e riservano la grande botte del vino chiarificato dagli anni per diventare ricchi. Di più, come lamenta giustamente Ovidio nel primo libro del De Vetula:
    Tutti si dedicano a quanto può garantire
                un profitto
    ben poco imparano per sapere e molto per
                accumulare denaro
    così ti prostituiscono, o vergine
                scienza!
    Così ti vendon per soldi, tu nata per un
                casto letto
    e non ti coltivano per te stessa, ma
                perché procuri soldi.
e poco oltre
    Amano guadagnare e non filosofare,
cosa che è notoriamente un potentissimo veleno per la cultura.

Gli antichi, poi, ponevano come unico limite allo studio la fine della vita, secondo quanto scrive Valerio a Tiberio, con molti esempi. «Carneade - racconta - fu di una tale costanza e coraggio nel servire il sapere che, giunto ai novant'anni, il suo vivere ebbe termine con il suo filosofare. Isocrate scrisse un libro splendido all'età di novantaquattro anni; Sofocle poetava ancora vicino ai cent'anni, Simonide scosse versi a ottanta». E Aulo Gellio, come testimonia lui stesso nel prologo delle Notti Attiche, decise che non sarebbe sopravvissuto alla sua incapacità di scrivere. Il filosofo Tauro - come narra Aulo Gellio nel VI libro, cap. X dell'opera appena citata - era solito spronare i suoi discepoli portando a esempio l'amore per lo studio che possedeva il socratico Euclide. Gli Ateniesi, infatti, odiando i Megaresi, avevano ordinato di decapitare qualunque abitante di Megara avesse osato metter piede in Atene. Allora Euclide, che era sì megarese ma allievo di Socrate già da prima del decreto, di notte, travestito da donna, andava e tornava da Atene per ventimila passi solo per poterlo ascoltare. Archimede poi, preso dalla passione per la geometria, si spinse addirittura oltre: [interrogato] si rifiutò di dire il suo nome e non alzò la testa con il che avrebbe potuto allungare il destino della sua vita mortale - da una figura che aveva tracciato e, preferendo la scienza alla vita, tinse del suo sangue il disegno che stava studiando.

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Pagina 145

CAPITOLO XI


I MOTIVI CHE MI FECERO PREFERIRE I LIBRI
DELLE ARTI LIBERALI A QUELLI DI DIRITTO


La pratica del diritto positivo, fonte di guadagno e indicata per regolare l'acquisto di beni terreni, quanto più avvantaggia utile servizio ai figli di questo secolo, tanto meno aiuta i figli della luce nella comprensione dei misteri della Sacra Scrittura e dei misteri sacri della fede e può portare l'uomo, come racconta Giacomo, a inimicarsi Dio per un esagerato attaccamento al mondo. Meglio sarebbe dire che più che estinguere, la giurisprudenza porta ad alimentare il fuoco delle liti tra gli uomini, liti generate da un'infinita cupidigia, con una selva di leggi che ognuno può tirare dalla sua parte; e questo quantunque si sappia che sono state promulgate da giuristi e saggi prìncipi proprio allo scopo di sedarle. Visto infatti che la disciplina degli avversari è la stessa e dato che la potenza della ragione ha lo stesso valore da entrambe le parti e che, infine, la sensibilità umana è più incline al male, ne segue che chi professa quest'arte sarà più propenso alla lite che non alla pace e interpreterà il diritto non secondo l'intenzione del legislatore ma ne violenterà il senso fino a raggiungere con i suoi imbrogli il suo fine.

La forza di queste ragioni, anche se mi ha posseduto fin da piccolo il morbo d'amore dei libri - un amore che mi ha posseduto come un languore voluttuoso - ha pesato nel distogliere la passione dai libri di diritto, così che ho fatto meno sforzi e speso meno soldi per comprarli. Eppure come dice Aristotele nella parte di logica del suo De Pomo le leggi sono utili come lo scorpione nella teriaca. Ma gli è che la sostanziale differenza tra scienze e leggi mi è sempre balzata agli occhi nella sua evidenza: ogni scienza si apre con gioia all'analisi perché ne svisceri l'interno mostrando agli occhi di tutti i suoi più intimi segreti; essa vuole che si vedano con chiarezza le radici dei suoi germogli e che sia messo bene in luce quel che sgorga dalla sua fonte, cosi che per la chiara luce dell'armoniosa corrispondenza tra verità, premesse e conclusioni, l'intero corpus della scienza splenderà con chiarezza senza avere una sola parte in ombra. Ma non le leggi. No, le leggi, che siano patti istituiti dagli uomini per una convivenza civile o gioghi calati dai prìncipi sui colli dei sudditi, rifiutano di essere ricomposte a questa naturale sinderesi, fonte della giustizia, preoccupate come sono di appartenere più al dominio della volontà che alle regole della ragione. E' per questo che i sapienti consigliano nella maggior parte dei casi di non discutere sulle cause delle leggi. Difatti molte debbono la loro forza più alla consuetudine che alla necessità della dimostrazione come invece avviene nelle Arti liberali, secondo quanto insegna Aristotele, Febo dell'insegnamento. Nel Il libro della Politica, infatti, rimprovera alla politica d'Ippodamo di promettere premi a chi inventa nuove leggi con il risultato che proprio dal continuo abrogar leggi e promulgarne di nuove si ottiene di paralizzare il valore di quelle appena fatte. Così, come ogni cosa che si regge sull'abitudine, è giocoforza che esse crollino per desuetudine.

Da qui va da sé che, non essendo le leggi né arti né scienze, neppure i libri di diritto si possono propriamente chiamare testi di scienza o di arte. No, questa dottrina non rientra nelle scienze, piuttosto sarebbe più appropriato chiamarla geologia. I libri delle Arti liberali, invece, sono così utili alla Sacra Scrittura che senza il loro aiuto il desiderio dell'intelletto a conoscerla sarà sempre frustrato.

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Pagina 165

CAPITOLO XV


QUANTI SIANO I VANTAGGI DELL'AMORE PER I LIBRI


Spiegare alla perfezione il titolo di questo capitolo trascende ogni umano ingegno, per quanto si sia abbeverato alla fonte di Pegaso. Se anche ci fosse qualcuno in grado di parlar la lingua degli uomini e degli angeli, di trasformarsi in Mercurio o in Cicerone, se avesse la soave eloquenza di Livio o il dolce arringare di Demostene, ebbene anche lui paleserebbe la balbuzie di Mosè o, come Geremia, direbbe d'essere un bambino senza parole o non farebbe che ripetere le stesse cose imitando l'eco che rimbomba tra i monti. Come si è dimostrato nel II capitolo, l'amore dei libri ha la sua ragion d'essere nell'amore del sapere. E quest'amore si dice appunto così in greco, filosofia, la cui virtù non può essere abbracciata appieno da nessun intelletto creato dato che invero è la madre di tutti i beni.

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Pagina 197

I gusti degli uomini son diversi e variano a seconda della posizione dei corpi celesti, a cui spesso obbediscono i corpi composti di svariati elementi. Così c'è chi si dedica all'architettura e chi coltiva l'agricoltura; chi ama l'arte di cacciare e chi del navigare, chi combatte e chi gioca. Mercurio, la mia stella, mi ha dato in sorte l'onesto piacere dei libri e io, in seguito alla libera scelta della giusta ragione, su cui non c'è stella che possa comandare, l'ho messo al servizio del Sovrano Súpremo, e in quella pace la mia mente ha trovato la tranquillità che mi ha permesso di aumentare all'infinito l'amore di Dio.

Pertanto finitela, cari detrattori! sempre a giudicare, sì, come i ciechi a proposito dei colori. Basta con i pipistrelli che fan questioni sulla luce. Smettetela di ironizzare su quel che non sapete e su quei misteri di cui comunque l'uomo non farà mai esperienza. Toglietevi un po' la trave dall'occhio prima di pensare alle pagliuzze degli altri! Forse nessuno, tra tutti coloro che mi biasimano, avrebbe avuto da ridire se mi fossi occupato di caccia, o del gioco dei dadi, o di vantarmi delle donne.

 

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Riferimenti


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