Copertina
Autore Lydia Cacho
Titolo Schiave del potere
SottotitoloUna mappa della tratta delle donne e delle bambine nel mondo
EdizioneFandango, Roma, 2010, Documenti 37 , pag. 344, ill., cop.fle., dim. 16,8x21x2 cm , Isbn 978-88-6044-178-2
OriginaleEsclavas del poder [2010]
TraduttoreAndrea Grechi, Fiamma Lolli
LettoreFlo Bertelli, 2011
Classe storia criminale
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Indice


Introduzione                                           9

1.  Turchia: il triangolo d'oro                       19

2.  Israele e Palestina: che cosa nasconde la guerra  45

3.  Giappone: la mafia delle geishe                   68

4.  Cambogia: il buco nero dell'Europa                78

5.  Birmania: la guerra contro le donne              118

6.  Argentina — Messico: armi, droghe e donne        137

7.  Clienti: il segreto della maschilità             174

8.  L'esercito e la prostituzione                    191

9.  Riciclaggio di denaro                            211

10. Il mestiere del protettore                       230

11. Le mafie e la globalizzazione                    253

12. Il balletto delle cifre, il panico morale e
    quello di cui discutiamo                         274

13. Conclusioni                                      292

14. Terminologia: di che cosa parliamo e
    come lo diciamo                                  317

Appendice                                            325
Ringraziamenti                                       333
Note                                                 339


 

 

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Pagina 9

Introduzione


Quando avevo sette anni mia madre raccomandava a me e mia sorella Sonia, ogni volta che uscivamo in strada, di evitare la "ruba-bambine", una vecchia nota nel quartiere perché rapiva le femmine; le attirava regalando caramelle e poi le vendeva a estranei. La parola equivalente in inglese, kidnapper, attualmente è utilizzata per indicare il sequestro di persone di qualsiasi età. Quarant'anni dopo quelle lezioni infantili, ho scoperto che ciò che da piccola mi sembrava un aneddoto tratto da un racconto di Dickens era diventato, con il passare del tempo, uno dei problemi più seri del XXI secolo. La società in generale tende a considerare la tratta di bambine e donne come una reminiscenza di un passato in cui la "tratta delle bianche" era un commercio minore proprio dei pirati che sequestravano donne per venderle a bordelli di paesi lontani. Credevamo che la modernizzazione e le forze del mercato globale l'avrebbero sradicata e che gli abusi contro l'infanzia negli angoli sperduti del "terzo mondo" sarebbero scomparsi al semplice contatto con le leggi occidentali e l'economia di mercato. La ricerca che è alla base di questo libro dimostra esattamente il contrario. Il mondo sta sperimentando un autentico boom di reti organizzate che rapiscono, comprano e schiavizzano bambine e donne; le stesse forze che, in teoria, avrebbero dovuto sradicare la schiavitù l'hanno invece potenziata a livelli inauditi. In tutto il pianeta stiamo assistendo allo sviluppo di una cultura che tende a rendere normali il rapimento, la sparizione, la compravendita e la corruzione di bambine e adolescenti, allo scopo di trasformarle in oggetti sessuali da affittare o vendere; una cultura che per di più promuove la mercificazione dell'essere umano come fosse un atto di libertà o progresso. Soggiogate da un'economia di mercato disumanizzante, che ci è stata imposta come destino ineluttabile, milioni di persone considerano la prostituzione un male minore e scelgono di ignorare lo sfruttamento e i maltrattamenti che comporta, insieme a un sempre maggior potere del crimine organizzato, dove più dove meno, nel mondo intero.


Nella mappa internazionale del crimine organizzato mafiosi, politici, militari, imprenditori, industriali, guide religiose, banchieri, poliziotti, giudici, sicari e uomini comuni costituiscono un'enorme catena che resiste da secoli. La differenza tra delinquenti solitari, o piccoli raggruppamenti di bande locali, e reti criminali globalizzate consiste nelle strategie d'azione, nei codici di comportamento e nelle tecniche di mercato. Senz'ombra di dubbio il loro potere e la loro stessa essenza si fondano sulla capacità di corruzione di cui le mafie dispongono per generare potere economico e politico in tutte le città in cui conducono i propri traffici. Il legame che le unisce è la ricerca del piacere, per godere i frutti della ricchezza e del potere accumulati. Alcune creano il mercato della schiavitù umana, altre lo promuovono, lo proteggono, lo alimentano, altre ancora rinnovano la domanda di materia prima.

Il crimine organizzato è un'attività illegale a scopi economici e chi ne fa parte prende il nome di gangster, mafie, reti o cartelli. Tutti questi personaggi compongono la cosiddetta shadow economy (letteralmente economia nell'ombra, o economia sommersa), quella cioè che non paga imposte dirette ai legittimi governi, con i quali ha però l'esigenza di negoziare per mantenersi in vita. I crimini più eclatanti del patto tra Stato e malavita organizzata sono la compravendita di armi, sostanze stupefacenti ed esseri umani. Le attività tipiche di questi delinquenti sono definite in modo assai appropriato dagli esperti in sicurezza: furto, frode, contrabbando e trasporto illegale di merci e persone.

Il XXI secolo è testimone della ristrutturazione e della professionalizzazione dei gruppi criminali organizzati. Le mafie, seguendo i dettami capitalisti del libero mercato, hanno creato vie di comunicazione inedite per far circolare beni e servizi tra paesi e continenti. Generare violenza e vendere protezione è la loro attività; acquisire e offrire denaro, piacere e potere è il loro primo e ultimo fine.

La tratta di esseri umani – documentata in 175 nazioni – mette in luce le debolezze del capitalismo globale e la disparità provocata dalle regole economiche dei paesi più potenti; ma, soprattutto, evidenzia come la crudeltà umana e i processi culturali che l'hanno rafforzata siano diventati un fenomeno ordinario. Ogni anno nel mondo 1.390.000 persone, nella stragrande maggioranza donne e bambine, sono ridotte allo stato di schiave sessuali e comprate, vendute e rivendute come materia prima di un'industria, come scarti della società, come omaggi o trofei.


Per cinque anni il mio compito è stato passare al setaccio le operazioni delle piccole e grandi mafie internazionali attraverso le testimonianze di persone sopravvissute allo sfruttamento sessuale per scopi commerciali. Strada facendo ho incontrato uomini, donne e minori vittime della tratta delle braccia e del matrimonio per servitù; tuttavia la mia ricerca segue il percorso concreto di un fenomeno criminale nato precisamente nel XX secolo: la tratta sessuale di donne e bambine. La sofisticazione dell'industria sessuale a livello mondiale ha creato un mercato che molto presto supererà il numero di esseri umani venduti all'epoca della schiavitù africana, dal XVI al XIX secolo.

Non esiste una sola storia di mafia in cui il sesso non sia presente. Le donne e le bambine sono comprate, vendute e offerte in dono; oppure sequestrate, affittate, prestate, stuprate, torturate e assassinate. La nozione di donna come oggetto di piacere è invariabilmente presente nella biografia delle organizzazioni criminali giapponesi riunite nella Yakuza, nelle triadi cinesi e nelle mafie italiane, russe e albanesi, così come nei cartelli della droga latinoamericani. Il potere economico e politico ha bisogno del piacere sessuale per esistere. Secondo i codici del maschilismo le donne valgono in quanto oggetti, non in quanto persone, e persino quelle che fanno parte delle organizzazioni criminali riproducono gli stessi modelli di disprezzo e misoginia.

Eros e Thanatos sono costantemente presenti all'interno della psicologia criminale. Il potere di assassinare, torturare e decapitare gli avversari ha sempre bisogno di un equilibrio che generi una certa stabilità. Perciò i grandi capi delle mafie comprano, vendono, maltrattano o uccidono donne di qualsiasi età, promuovendo contemporaneamente varie forme di prostituzione e creando gli scenari adatti allo sviluppo del commercio del sesso.

L'accesso al piacere sessuale agisce da potente strumento di coesione e negoziazione tra gruppi maschili in campo imprenditoriale e militare, al punto che il commercio del sesso si situa tra la vendita di armi e il traffico di droga come la fonte di introiti più redditizia al mondo. Adulte, bambine, adolescenti: ciò che importa non è l'età, ma che i loro padroni le possano tenere sotto controllo, utilizzarle e sottometterle.

Questo libro esplora la mentalità maschile nei confronti delle donne e della sessualità: apprenderemo, dalla viva voce dei protagonisti, un fenomeno interpretato come il "boomerang del femminismo" che spinge molti uomini a cercare donne ogni volta più giovani, provenienti da paesi in cui la cultura della sottomissione femminile continua a prevalere. Daremo anche voce a varie donne che esercitano la prostituzione di strada e ad altre che si autodefiniscono "libere prostitute" e formano collettivi in difesa della prostituzione, vista come uno dei tanti mestieri di un mondo capitalista e basato sullo sfruttamento. Senza di loro non sarebbe possibile comprendere la complessità del dibattito globale sulla schiavitù sessuale e sulla prostituzione.

Viaggiare per il mondo e condurre un'indagine sulle mafie degli schiavisti ha cambiato in modo radicale il mio punto di vista sull'interconnessione tra gruppi criminali. L'impunità con la quale gestiscono i propri affari è inquietante e desta molti sospetti, soprattutto in un momento storico come quello attuale in cui i paesi più potenti hanno messo la lotta alla tratta di esseri umani tra i punti principali all'ordine del giorno della sicurezza nazionale e internazionale. Perché esistono tante contraddizioni nelle politiche migratorie e nei trattati di libero commercio? Come è aumentata la presenza femminile nei flussi migratori? Quanti paesi avallano sotto il profilo legale lo sfruttamento del lavoro in nome del miglioramento dell'economia? Perché scarseggia la trasparenza nella gestione dei visti d'ingresso temporanei degli emigranti dai paesi poveri a quelli ricchi? Come operano le maquiladoras e qual è il meccanismo adottato da imprenditori e governi per scegliere i territori in cui sfruttare la forza lavoro?

Dovermi confrontare emotivamente con il mio essere donna ha reso più complessa la mia indagine giornalistica. L'impegno è stato immenso. Sebbene io parli quattro lingue mi sono dovuta affidare a interpreti e stringers del posto, che conoscevano ogni angolo delle varie città nonché le regole dei gruppi criminali locali. Diversi giornalisti di quotidiani internazionali, tutti uomini, hanno messo una buona parola per me con tassisti, informatori e guide. Tra i miei colleghi nessuno aveva seguito fino in fondo la pista degli schiavisti e dei trafficanti di donne, sebbene alcuni avessero affrontato l'argomento all'interno del contesto più ampio della corruzione o del crimine organizzato. Senza suscitare sospetti, molti di loro sono riusciti a entrare nei bordelli e nei locali karaoke di una ventina di nazioni in cui si svolge la tratta di ragazzine. Sono uomini, e questo è il loro passaporto per accedere alla scena del crimine.

In Cambogia, Thailandia, Birmania e in Asia centrale sono stata obbligata a ricorrere a diverse strategie per evitare pericoli. Sono andata incontro a enormi frustrazioni, come quando dovetti fuggire a gambe levate da un casino cambogiano gestito da una triade cinese nel quale si effettuava la compravendita di bambine minori di dieci anni.

Gli ostacoli non sono stati pochi. In tutte le località turistiche del mondo esistono tassisti, portieri d'albergo o autisti che offrono servizi, promuovono la prostituzione e sono parte della rete dei trafficanti, il che dà poche certezze di non andare incontro a tradimenti. C'è un'alta probabilità che colui che ti accompagna per le strade dello Sri Lanka, di Miami o di Cuba informi le organizzazioni criminali locali della presenza di una giornalista che fa domande per una non meglio precisata inchiesta, o che vuole andare in determinati quartieri dove vivono i protettori e le vittime della tratta.

La paura, sempre presente, è stata di natura squisitamente femminile; e se da un lato mi ha reso più prudente, dall'altro mi ha spinto ad affinare la mia ricerca di fonti dirette e a portare a termine un lavoro più preciso. Allo stesso modo mi ha insegnato a entrare in empatia con le vittime che hanno avuto il coraggio di raccontarmi la loro storia e mi ha ricordato come in qualsiasi società patriarcale essere donna sia pericoloso.

Ho intervistato varie sopravvissute ed esperte, ma ho dovuto anche avvicinarmi a chi stava dentro quelle reti e uscirne viva per raccontarlo. Per raggiungere il mio obiettivo ho messo in pratica gli insegnamenti di Günter Wallraff, maestro tedesco di giornalismo e autore di Faccia da turco. Conobbi Günter quando visitò il mio paese ed ebbi l'opportunità di condividere con lui alcune esperienze. Seguendo il suo metodo, nel mio percorso dal Messico fino all'Asia centrale mi sono camuffata assumendo false identità. Grazie a questi accorgimenti mi sono potuta sedere a bere un caffè insieme a una trafficante filippina in Cambogia; ho potuto ballare in un locale notturno fianco a fianco con ballerine cubane, brasiliane e colombiane in Messico; entrare in un postribolo di minorenni a Tokyo in cui tutti sembravano personaggi usciti dalle pagine di un manga e camminare, vestita da novizia, nelle vie de La Merced, uno dei quartieri più pericolosi di città del Messico, controllato da potentissimi trafficanti.

Sebbene tutte le forme che assume la tratta di esseri umani rispondano a una ricerca del potere economico, quella sessuale alimenta, rigenera e rafforza una cultura di normalizzazione della schiavitù come risposta possibile alla povertà e alla mancanza di accesso all'educazione per milioni di donne, bambine e bambini. Il potere dell'industria internazionale del sesso si basa sulla mercificazione del corpo umano, visto come un bene passibile di sfruttamento, acquisto e vendita senza il consenso della sua proprietaria. Steve Harper, che del mercato e dell'industria del sesso è uno fra i maggiori protagonisti e promotori, in un'intervista rilasciata in occasione della fiera mondiale del sesso Sexpo 2009 ha dichiarato: "Non facciamo confusione. Tutto questo ha a che vedere con i soldi, non con le persone". "Make no mistake. This is all about money, not people", è lo slogan che Harper utilizza nei corsi di formazione per imprenditori del sesso. I milioni che questi investitori spendono annualmente per creare una lobby politica a favore della normalizzazione della schiavitù potrebbero salvare dalla fame un'intera nazione.

Prima di intraprendere questo viaggio, un generale in congedo dell'esercito messicano mi disse che per un trasporto illegale di kalashnikov AK-47 bastano un imballaggio adeguato, un acquirente, un intermediario statale corrotto e un venditore. Una schiava, invece, ha bisogno di essere convinta che la sua vita non abbia alcun valore, tranne che per il suo acquirente e il suo venditore. Il potere dei trafficanti si basa sulla cancellazione di qualsiasi possibilità di vita libera e dignitosa per le potenziali vittime. Nel mondo la povertà non è solo terreno fertile, ma motore di sviluppo della schiavitù di donne e uomini. E la complicità degli apparati governativi è innegabile.

In queste pagine appariranno tutti i personaggi della tragedia: ascolteremo le voci dei trafficanti e degli schiavisti, delle vittime che si sono trasformate in oppressori e di chi ha riacquistato la salute del corpo e della mente riuscendo così a trasformare la propria vita; e le voci degli intermediari e dei clienti, delle tenutarie, dei militari e dei pubblici funzionari, onesti e corrotti, di ogni livello e paese. Madri che mi hanno proposto di comprare le loro figlie e mamme di giovani sequestrate dai trafficanti, che le cercano disperatamente. Troverete anche le voci di chi fa parte di reti locali dedite al turismo sessuale. Le loro testimonianze, le loro minacce e le loro speranze sono tutte in questo libro.

Chiaramente non possiamo comprendere questi commerci criminali senza seguire le tracce del denaro. Come lo ripuliscono, e dove? Le banche e gli investimenti in borsa giocano un ruolo di primissimo piano. Per capire il fenomeno è stato imprescindibile analizzare le posizioni assunte da vari paesi rispetto alla tratta di esseri umani e alla prostituzione ed esaminare i proventi che la sua legalizzazione o regolamentazione garantiscono ai governi, nonché il valore culturale che uomini e donne attribuiscono al commercio sessuale. Ho fatto così conoscenza con nazioni profondamente religiose, come la Turchia, dove la prostituzione non solo è legalizzata ma in cui è il governo stesso a gestire i bordelli. All'estremo opposto la Svezia, che punisce il consumo di sesso a pagamento e protegge legalmente le donne vittime di schiavitù sessuale a fini di lucro.

Quest'opera, infine, non sarebbe completa senza i milioni di persone che dedicano la propria vita a riscattare e guarire le vittime della tratta; dalla Cina al Brasile, dall'India a Los Angeles, dal Guatemala fino al Canada e al Giappone.

In definitiva questa è una mappa della schiavitù contemporanea, un'indagine che risponde alle domande essenziali del giornalismo: chi, come, dove, quando e perché, in pieno XXI secolo, si vendono sempre più esseri umani, armi e droghe. La risposta che metterà fine a questo crimine è nelle mani dei cittadini del mondo. Spero che ciascun essere umano possa intraprendere il proprio cammino verso la libertà e la speranza, oltre il panico morale suscitato da questo argomento negli ultimi anni.

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Pagina 174

7. Clienti: il segreto della maschilità


Tra un viaggio e l'altro tornavo a casa a Cancún, in Messico. Seduta al ristorante Puerto Madero, mi stavo godendo la splendida vista sulla laguna Nichupté sorseggiando una birra. Due miei amici mi raggiunsero e ordinammo tequila per festeggiare il mio ritorno. Mentre chiacchieravamo, un cameriere si avvicinò al nostro tavolo con una bottiglia di champagne, seguito subito dopo da un altro giovane con tre calici di cristallo: "Signora Lydia, da parte del signore seduto a quel tavolo laggiù", disse affabilmente il cameriere indicando un uomo con lo sguardo. Avevo già notato che il tipo in questione ci stava osservando da un po'. Alto e robusto, mangiava carne e beveva vino insieme a due ragazze vestite in modo provocante e con tacchi alti a zeppa, in plastica trasparente, entrambe bionde platinate e di età non superiore ai venticinque anni. L'uomo guardava con insistenza verso il mio tavolo. Abituata a vivere sotto minaccia di morte, sono sempre in allerta, in particolare nei luoghi affollati.

"Lo ringrazi da parte mia, ma non mi faccio offrire da bere dagli sconosciuti", risposi. Il cameriere sembrò molto infastidito e con voce ancora più bassa provò a insistere: "Signora, il signore dice che non accetta di essere respinto". Guardai il cameriere negli occhi, mentre i miei compagni di tavolo, quasi di nascosto, insistevano perché accettassi la bottiglia e chiudessi la bocca. La tensione aumentò. "Gli dica che lo ringrazio tantissimo ma che non posso accettare." Il cameriere tornò con la bottiglia in mano verso il tavolo del tipo, che sospettavamo fosse una qualche specie di mafioso; fu allora che mi fece un cenno discreto da sopra il tavolo, una specie di saluto militare, accostando la mano aperta alla fronte e poi muovendola in semicerchio verso il basso. Io mi limitai a chinare leggermente la testa e diedi per concluso l'episodio.

La diffusione dei cartelli del narcotraffico nel mio paese ha ampliato il numero di persone implicate nelle loro reti operative, per esempio quella dei Los Zetas, formata da ex militari dell'esercito. Questi individui si trovano dappertutto. Negli ultimi anni si sono fatti largo nell'alta società, alla quale offrono protezione a pagamento dalla violenza provocata dalla "guerra contro il narcotraffico", sferrata a partire dal 2006 dal presidente Felipe Calderón. È così emerso in modo evidente che la violenza generata dalle guerre e dalle dittature finisce col favorire le mafie, che cercano sempre di riposizionarsi in attività legali che consentano loro di espandersi in tempi di crisi.

Alcuni minuti dopo quell'episodio mi diressi verso il bagno. Quando uscii, il tipo dello champagne stava fermo ad aspettarmi accanto a una colonna. I miei amici mi guardavano da lontano. "Signora Cacho, mi ascolti. Lei è la donna più coraggiosa di questo paese, e voglio che sappia che noi due ci assomigliamo più di quanto lei pensi. Ci battiamo entrambi contro le stesse malvagità, perché alcune cose sono consentite, altre invece violano la legge divina e quella dell'uomo." Io lo guardavo fisso negli occhi. Alto e con portamento militare, indossava un paio di occhiali Armani, un orologio di lusso, pantaloni in tessuto misto, scarpe italiane e una medaglietta d'oro della vergine di Guadalupe al collo. Il tipo ostentava fiducia e, sebbene si sforzasse di utilizzare un linguaggio corretto, sembrava che stesse parlando del più e del meno: "Se lei me lo consente, mi assumo l'incarico di eliminare il nostro caro governatore e quel Nacif. Bisogna ripulire questo paese dai topi di fogna che mettono le mani addosso ai nostri figli".

Mi sentii raggelare e provai una fitta allo stomaco: riuscii solo a rispondere che gli ero grata per la sua offerta ma che non credevo nella violenza. "Non si tratta di crederci o no, non è più il tempo, non ci sono dubbi", disse convinto. Fissò il suo sguardo nel mio e disse che capiva la mia diffidenza, ma che era un uomo di parola. Un cameriere ci passò accanto e, alle spalle dell'uomo, mi lanciò un'occhiata apprensiva, poi proseguì senza sapere cosa fare. "Signora, mi ascolti, ora torni al suo tavolo: se prima che io me ne vada lascerà cadere a terra il tovagliolo, allora saprò che ci prenderemo cura insieme dei nostri bambini, contro quei bastardi. Ha la mia parola di uomo di legge", insistette. "Le credo, buonasera", dissi cortesemente cercando di darmi un contegno, dopodiché feci ritorno al mio tavolo.

I miei amici e alcuni conoscenti seduti ad altri due tavoli erano angosciati e non ci tolsero gli occhi di dosso. Mi sedetti e, prima di aggiungere altro, minacciai i miei amici di evitare a tutti i costi di far cadere un tovagliolo a terra; poi li disponemmo al centro del tavolo in segno del nostro rifiuto della violenza. Con le mani gelate e la bocca secca bevvi un sorso di tequila e raccontai quello che era successo. Ci rendemmo conto che il soggetto, un sicario del narcotraffico, si stava offrendo per assassinare il governatore Mario Marín e il suo sodale Kamel Nacif, che nel 2005 mi avevano torturato e incarcerato per convincermi a ritrattare il contenuto del mio libro d'inchiesta sulla rete internazionale di pornografia infantile gestita dal loro complice Jean Succar Kuri. Diventai famosa non soltanto per essere sopravvissuta ma perché la loro complicità emerse in tutta evidenza grazie ad alcune registrazioni sconvolgenti, attraverso le quali tutto il paese prese coscienza di come compravano e vendevano bambine, anche di quattro anni, per il turismo sessuale e la pornografia. Li denunciai e portai il caso fino alla corte suprema, dove la corruzione vinse la battaglia: rimasero in libertà nell'indignazione generale.

Ciò che quell'uomo mi stava offrendo era l'essenza stessa della mafia: l'utilizzo della violenza a scopo di protezione. In quella circostanza potemmo toccare con mano un'applicazione concreta dell'"etica criminale". Confesso che, se ne avessi avuto il coraggio, non avrei resistito alla curiosità di domandargli se mi avrebbe offerto gli stessi servigi nel caso in cui, al posto di bambine e bambini piccoli, quella rete fosse stata dedita alla tratta di giovani donne come quelle sedute al suo tavolo. So benissimo che le reti dei trafficanti di Cancún, Playa del Carmen e dello Yucatàn devono la loro esistenza allo scudo protettivo dei Los Zetas e di altri membri di secondo piano dei cartelli della droga, specializzati nei sequestri e nella vendita di servizi di protezione.


Grazie al giornalista Misha Glenny scoprii Diego Gambetta, un professore di sociologia dell'università di Oxford autore di un libro che chiunque sia interessato a comprendere il funzionamento del crimine organizzato deve leggere: La mafia siciliana: un'industria della protezione privata. In quest'opera Gambetta spiega che le mafie, contrariamente a quanto ci hanno fatto credere per anni le autorità di polizia, usano la violenza come mezzo e non come fine.

In genere si dice che le mafie siano l'industria della violenza; Gambetta confuta quest'idea e assicura che in realtà il prodotto che le mafie vendono, a vari livelli, è la protezione. La violenza, in misura maggiore o minore, è uno strumento per assicurare che la tutela sia effettivamente fornita: che riguardi un trafficante locale che vuole far uscire di nascosto le sue schiave dall'aeroporto e farle arrivare fino al suo club, un narcotrafficante colombiano o ecuadoriano che vuole restare fuori dalle lotte di potere tra un cartello e l'altro nel transito del suo carico attraverso il Messico o i Caraibi o ancora un produttore di pedo-pornografia russo che ne ha abbastanza dell'efficace opera di repressione svolta dalla polizia delle comunicazioni inglese o, infine, i gestori dei nuovi hotel-bordello delle isole caraibiche, come Dr. Nights, Charlie's Angels e altri resorts della Repubblica Dominicana, che si sono trasformati in un'oasi di sicurezza legale per i turisti europei e americani stufi delle leggi contro il consumo della prostituzione e del sesso con minorenni.

Le mafie non gestiscono necessariamente in modo diretto l'industria del sesso (a eccezione della Yakuza), tuttavia permettono che questa si rafforzi e cerchi nuove strade per evitare di cadere nelle maglie della legge. Devo dire che nel corso di questi anni ho scoperto nei miei viaggi un modello peculiare di quella che, attraverso ulteriori ricerche, potrebbe considerarsi una nuova tipologia di mafie superspecializzate nella schiavitù umana.

Il grosso punto debole delle organizzazioni che soccorrono le vittime della tratta consiste nel fatto che a trarre i maggiori guadagni dal traffico di persone sono le mafie. Quando si riscatta una donna sfruttata l'imprenditore che perde una schiava rimette in moto le sue reti per rifornire nuovamente il mercato di "carne fresca", come dice un trafficante nicaraguense. Solitamente, in settantadue ore gli intermediari hanno già trovato la sostituta. L'imprenditore ha bisogno della mafia anche per avere protezione nel caso in cui le sue vittime decidano di testimoniare e, nell'eventualità remota che scatti un'indagine, prima che entrino in azione le reti di corruzione operanti all'interno delle forze dell'ordine. Beninteso, le mafie percepiscono un compenso extra per l'intervento in un procedimento giudiziario. Alcune, come la Yakuza, dispongono perfino di studi legali specializzati nel pagamento di cauzioni a favore di imprese opache, come bordelli e case di tolleranza. Per capire come funziona la schiavitù umana dobbiamo fare nostra l'idea che la mafia è un'azienda, che la prostituzione è un'industria e che le donne, le bambine e i bambini sono il prodotto che viene venduto.

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