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| << | < | > | >> |IndiceIntroduzione 1 Lucca. Biblioteca Capitolare "Feliniana". Codice 490 1. I Sulla fabbrica in acqua 57 2. III Sulla malta 57 3. XVIII Sulla composizione del cadmio 59 4. Un altro cadmio 59 5. XX Sulla colorazione del vetro verde 61 6. Un'altra colorazione 61 7. XXI Su un'altra colorazione del colore del latte 61 8. Sulla colorazione rosso sangue 63 9. Sulla colorazione rossa 63 10. Sulla colorazione rosso porpora 63 11. Sulla tinta più chiara del colore giallo 63 12. Il rosso 63 13. Sul fiore della "dedamia" 65 14. Sulla colorazione di tutti i mosaici 65 15. Sulla doratura dei mosaici 67 16. Il mosaico d'argento 67 17. Sulle lastre di smerigliatura 67 18. Sulla colorazione (del vetro) 69 19. Sulla fusione del (minerale di) piombo 69 20. Sulla fusione del (minerale di) piombo 71 21. Sulla fusione del (minerale di) piombo 71 22. Su un'altra fusione del (minerale di) piombo 71 23. Sulla fusione del vetro 73 24. Sulla colorazione in rosso porpora della pelle 73 25. Sulla seconda colorazione 77 26. Sulla colorazione della pelle verde 77 27. La terza colorazione 79 28. Sulla quarta colorazione 79 29. Sulla prima colorazione di "pandio" 79 30. Sulla seconda colorazione di "pandio" 81 31. Sul terzo "pandio" 81 32. (Ancora sul "pandio") 81 33. Sulla porpora giallina 81 34. Il terzo "pandio" 83 35. La colorazione di ossa e di tutti i corni e di tutti i legni 83 36. Su una seconda colorazione di blu 83 37. Sulla colorazione in giallo 83 [...] 128. Sul rame bruciato 145 129. Sull'elettro 145 130. Sulla lega d'oro 147 131. Sul litargirio 147 132. Su un'altra preparazione di litargirio 147 133. Sulla doratura a fuoco 149 134. Sulla scrittura dorata 151 135. Sulla terza scrittura in oro 151 136. Sulla colorazione delle foglie (di stagno) 151 137. Sullo zolfo 151 138. Sul cadmio 153 139. L'azzurro 153 140. L'antimonio viene fatto in questo modo 153 141. Sulla composizione dell'afronitro 155 142. Sulla composizione del bronzo 155 143. Su un'altra composizione del bronzo 155 144. Sulla composizione del cinabro 155 145. Sul verderame, come viene fatto 157 146. Sull'azzurro 157 147. La preparazione di quell'azzurro è la seguente 157 148. Sulla preparazione del rosso porpora 159 149. Sul colore rosso porpora della rosa 159 150. Sulla porpora giallina 161 151. Sulla colorazione in oro dei fiori 161 152. Sulla distribuzione dell'oro 161 153. La distribuzione sottile dell'argento 161 154. Su un'altra distribuzione sottile dell'argento 161 155. Sulla pietra, che è chiamata smeriglio 161 156. Sulla terra, che è chiamata Lemno 163 157. Sulla pietra focaia 163 158. Sulla pietra "fissos" 165 159. Sulla pietra "gagate" 165 160. Sulla pietra tracia 165 Ivrea. Archivio Capitolare. Codice 54 già LXXXVII 1. Per scrivere in oro 199 2. Tintura della pergamena 199 3. Se si pesta l'oro per scrivere 199 Bibliografia 205 Indice degli argomenti 213 |
| << | < | > | >> |Pagina 1INTRODUZIONEFra i manuali dell'artigianato medievale, il più antico, contenuto nel codice 490 della Biblioteca Capitolare "Feliniana" di Lucca, è il trattato conosciuto come "Compositiones ad tingenda Musiva", pubblicato per la prima volta da Ludovico Antonio Muratori nel 1739 col titolo con il quale ancora oggi è noto. Il Muratori, che pur affermò di averlo personalmente visto, probabilmente "per demerito dell'ignoto traduttore del quale forse quel grande erudito si valse... fraintese grossolanamente parole e detti di chiarissima grafia, divise arbitrariamente i paragrafi....". Così il Pellizzari, il quale operò una migliore ricomposizione del testo manoscritto, separando le parole spesso unite, eliminando le iniziali maiuscole, correggendo la punteggiatura. Una terza edizione del 1932 è opera di Hialmar Hedfors, che revisionò il testo, annotando le diversità con le edizioni del Muratori e del Pellizzari, propose similitudini con altri ricettari quali la "Mappae clavicula", il "De coloribus et de artibus Romanorum" di Eraclio, il "De diversis artibus" di Teofilo. Ne pubblicò anche la traduzione tedesca con un commento filologico. Nel 1941 J. Svennung approfondì parzialmente lo studio del contenuto. Già alla fine del secolo scorso il chimico francese Marcelin Berthelot diffuse la conoscenza del ricettario, esaminandolo da un punto di vista più strettamente tecnico. Successivamente una sintesi venne realizzata dallo storico della chimica Icilio Guareschi. Per comprendere il ricettario è necessario esaminare seppur sinteticamente, il codice 490 nel quale è inserito. Un'analitica e precisa dissertazione sulla composizione, sul contenuto e sulla determinazione degli anni in cui è stato scritto, si deve a Luigi Schiaparelli, il cui contributo è ancora oggi fondamentale per il suo analitico studio paleografico. Il codice 490 è costituito da 355 fogli distribuiti su 47 "quaderni" membranacei, racchiusi da una legatura quattrocentesca in pelle. Descritto per la prima volta nel 1686 dal Mablllon, viene solo riportato nell'inventario dei libri della Cattedrale di Lucca del 1488: "Cronica Esidori episcopi, in quo est etiam libellum sancti Augustini De quinque hereseos, numero LXVII". Segnatura "67" - probabilmente della stessa epoca o di poco successiva alla legatura - indicata verso la metà del margine superiore del fl. 2r, il primo foglio del manoscritto. Paleograficamente, secondo lo Schiaparelli, si evidenzia l'attività di almeno quaranta scribi, "discepuli", che adoperarono vari generi di scrittura (la capitale, l'onciale, l'onciale rustica, la corsiva o semicorsiva, la minuscola precarolina, la minuscola carolina e la minuscola visigotica) operando sotto la direzione di tre "magistri" di una stessa scuola scrittoria, fra il 796 (anno in cui fu effettuata la copia su una fonte non posteriore al 16 settembre 787) e 1'816. | << | < | > | >> |Pagina 7La trasmissione delle conoscenze chimiche attraverso ricettari composti per aiutare la pratica quotidiana degli speziali o di altri tecnici acquista rilievo per la storia di molte discipline scientifiche e delle tecniche artistiche. Questi manoscritti erano il più delle volte opera di religiosi, che nel Medioevo avevano quasi l'esclusiva della scienza chimica, com'è confermato da Cennino Cennini (cap. XL), che trattando la preparazione del cinabro "per archimia", artificialmente, chimicamente, in luogo di quello naturale, sottolinea che "sarebbe troppo longo a porrer nel mio dire ogni modo e ricetta, lascio stare. La ragione? Perché, se ti vorrai affaticare ne troverrai assai ricette, e spezialmente pigliando amistà di frati", cioè facendo amicizia con frati e monaci. Costoro erano miniaturisti (e non solo; significativo è l'esempio di Teofilo, in questo caso v. libro I, cap. 34) ed esperti nel realizzare il cinabro artificiale di modo che ancora alla fine del Trecento-inizio Quattrocento la maggior parte delle preparazioni chimiche utilizzate nelle varie arti veniva tramandata attraverso l'opera continua e quasi esclusiva dei religiosi, rendendo pressoché difficile risalire alla paternità di una ricetta. Esse appaiono, si diffondono, scompaiono per probabile lacunosità delle fonti e riappaiono ed è quasi impossibile la ricostruzione cronologica del loro sviluppo, che potrà avvenire solo con il recupero di tutti i manoscritti-ricettari, sì da realizzare una completa letteratura artistica, spesso puntualizzando - come nello studio del ricettario lucchese - dei limiti. Non sempre, infatti, si è potuto collegare con sicurezza un materiale vegetale citato ad una specie esistente ben definita o a una sua varietà. Inoltre, la difficoltà di identificare una pianta tra un certo numero di varietà di una specie o una specie di un genere è talvolta aumentata dalla loro estinzione, dalla rarità, dalla loro lontananza o dal nome corrente conosciuto in un certo territorio e non corrispondente ad altre.| << | < | > | >> |Pagina 10Il ricettario lucchese è da ritenersi un anello di congiunzione tra l'antichità, Eraclio e Teofilo. Per il contenuto, per il nome di alcune sostanze, per la loro provenienza, dimostra di essere stato copiato in Italia (anche per le numerose citazioni) da un originale greco, ispirato a precedenti testi alchimistici ed antiche compilazioni. Lo stato attuale della ricerca conferma l'origine molto antica dei trattati pratici, che furono anche la necessaria espressione della tradizione di trasmettere di padre in figlio regole indispensabili ad apprendere e a realizzare il lavoro nelle officine e botteghe medievali. I formulari, che hanno la loro origine e ispirazione soprattutto in opere di scuola greco-egiziana e bizantina, ricevono in Italia in epoca carolingia l'attenzione culturale e pratica del mondo ecclesiastico.Nell'antichità la tradizione delle tecniche artistiche, mancando capacità interpretativa e volontà di attenta individuazione delle fonti, si sviluppò in modo disordinato ed acritico e la trascrizione delle ricette assunse un carattere miscellaneo, che doveva riproporsi nelle opere medievali e che rende estremamente difficile oggi individuare presumibili vie di trasmissione. Ciò si spiega con il fatto che la trascrizione fu realizzata, come già s'è anticipato, dall'improvvisata iniziativa di divulgatori - il caso delle "Compositiones" - che riprendevano e copiavano le opere di predecessori, che già presentavano carattere di tipo compilativo. | << | < | > | >> |Pagina 17Per la "scrittura in oro", già conosciuta dagli antichi Greci, riservata prima agli imperatori romani e poi ai libri liturgici, il ricettario lucchese destina tre capitoli in cui prescrive inizialmente la polverizzazione dell'oro in un mortaio di porfido, il lavaggio con aceto fortissimo e successivo trattamento con sale o soda (cap. 77). L'oro polverizzato veniva trattato con mercurio, non senza avvertire che "prima intingi la penna in allume liquido; e a questo proposito puliscila prima con sale e il migliore aceto" (cap. 78). Si realizzava un amalgama di mercurio e oro "in rapporto di tre a uno", tritato in un mortaio di marmo, aggiungendo successivamente una soluzione di gomma, "e tieni sospeso al sole, dove vuoi. Con la stessa penna, con la quale scrivi, scrivi ciò che vuoi" (cap. 135). È d'uopo precisare che per "scrivere", ma anche "per disegnare", come riporta Cennino Cennini, viene utilizzata la penna d'oca "ben soda" (cap. XIV) e "temperata sottile" (cap. XIII).Anche la raccolta di Ivrea tratta la scrittura aurea. Essa prevede di far cuocere "sulla brace calda" la gomma di ciliegio in aceto "fortissimo" fino a consumazione della metà, poi vi si aggiunge polvere d'oro ottenuta pestando lamelle sottilissime tagliate "in minutissime particelle" in un mortaio di bronzo, non senza prima averla "pulita" ripetutamente con acqua. "Allo stesso modo (si proceda per) l'argento: infatti la colla stempera non soltanto l'oro o l'argento, ma anche tutti i colori (per scrivere) sulle pergamene". La seconda ricetta per scrivere in oro insegna a trattarlo con mercurio (in proporzione di uno a sette) e zolfo (uno a dieci) per ottenere la polvere aurea. Come mordente per fissare la polvere sulla pergamena è probabile che il ricettario, non specificandolo, preveda la stessa resina cotta in aceto. La più antica prescrizione per scrivere con tali lettere è contenuta nel citato papiro di Leida: "Scrittura in oro. Raschiate delle foglie d'oro, triturate con della gomma, scrivete" (cap. 51) e "Scrittura in oro. Triturate della foglia d'oro con della gomma, fate seccare e utilizzate come inchiostro" (cap. 76). | << | < | > | >> |Pagina 56Come si deve preparare la malta. Metti una parte di calce, quattro parti di sabbia, un terzo di polvere di mattone, senza dubbio un congio d'acqua, due sestari di grasso di maiale. Poi questa miscela deve riposare per una settimana. Se invece (la) farai riposare di più, sarà meglio. Poi deve essere ripetutamente bagnata, secondo (la quantità), quanto abbisogna, e si lavora e allora (la) puoi usare. | << | < | > | >> |Pagina 99| << | < | > | >> |Pagina 107| << | < | > | >> |Pagina 125| << | < | |