Copertina
Autore Pedro Calderón de la Barca
Titolo La vita è sogno
EdizioneGarzanti, Milano, 2008 [2003], I grandi libri 615 , pag. XXVI+250, bilingue, cop.fle., dim. 11x18x2 cm , Isbn 978-88-11-36615-7
OriginaleLa vida es sueño
CuratoreDario Puccini
PrefazioneAndrea Baldissera
TraduttoreDario Puccini
LettoreFlo Bertelli, 2008
Classe classici spagnoli
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Indice


Calderón de la Barca:
• la vita
• profilo storico-critico dell'autore e dell'opera
• guida bibliografica                                    VII

Prefazione                                              XXII
LA VIDA ES SUEÑO / LA VITA È SOGNO
Primera jornada/ Atto primo 4 Segunda jornada/ Atto secondo 70 Tercera jornada/ Atto terzo 162 Note 243
 

 

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Pagina 5

ATTO PRIMO



[Scena prima]
Rosaura, in abili maschili e da viaggio, appare
in cima a un'altura, da dove comincia a discendere
mentre pronuncia i primi versi.




ROSAURA

    Ippogrifo violento
    che hai galoppato in gara con il vento
    — lampo senza luce, uccello
    senza colori, pesce senza squame,
    e bestia senza istinto
    naturale — come mai nel confuso
    labirinto di queste nude rocce
    hai trovato fuga, assillo e rovina?
    Resta al pari di Fetonte
    esempio per le bestie, in quest'altura;
    ché io, senz'altra mèta
    di quella che il destino m'ha assegnato,
    cieca e disperata,
    scenderò per l'aspra vetta
    di quest'alto monte
    che sotto il sole increspa la sua fronte.
    Male accogli, o Polonia,
    uno straniero, se col sangue scrivi
    il suo ingresso nella terra tua;
    e pena aggiungi a chi giunge appena.
    Bene la mia sorte l'attesta:
    dove pietà un misero ha trovato?

Entra Clarino, buffo.
CLARINO Di' piuttosto due miseri: e non piantarmi in asso nei tuoi lagni; perché se siamo stati in due a partire dalla nostra patria in cerca d'avventure, e in due che tra disgrazie e follie qui siamo approdati, e in due dal monte qui precipitati — non è giusto ch'io mi dolga se mi metti nei lai e non nel conto? ROSAURA Dai miei lamenti t'ho escluso, Clarino, per non toglierti il diritto, piangendo le tue pene, di trovare da solo il tuo conforto; perché dà tanta gioia, a detta d'un filosofo, lagnarsi che per poterlo fare s'andrebbe pure a caccia di sventure. CLARINO Quel filosofo era una barba d'imbecille. Che gusto dargli un sacco di schiaffoni! E giù un gran pianto per quella lezione. Ma che faremo, signora, a piedi, soli e sperduti, e a quest'ora in un monte spelato mentre scompare il sole all'orizzonte? ROSAURA Chi ha mai veduto tanti strani eventi! Ma se illusioni della fantasia non patiscono i miei occhi, alla ormai trepida luce del giorno mi pare d'intravedere un edificio. CLARINO O la smania m'inganna, o ne scorgo anch'io i contorni. ROSAURA Rustica sorge tra le nude rocce così tozza dimora da poter appena guardare il sole; e di così grossolana fattura è il suo tipo di costruzione che sembra, ai piedi di tanti picchi e tante creste di questo monte che al sole attingono luce, un masso rotolato dalla cima. CLARINO Accostiamoci, signora, che già ci siamo attardati a guardarlo, mentre è meglio che la gente che lì dimora generosamente ci accolga. ROSAURA Aperta è la porta (meglio la chiamerei funerea bocca) e dal suo fondo oscuro sorge la notte, che lì si feconda.
Rumore di catene all'interno.
CLARINO Cosa sento, santo cielo! ROSAURA Sono come un blocco di fuoco e gelo. CLARINO Mi sa proprio che sono catene. Mi venga un colpo: qui c'è un galeotto; la fifa me lo rivela.

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Pagina 71

ATTO SECONDO



[Scena prima]
Entrano il re Basilio e Clotaldo.




CLOTALDO

    Tutto è stato eseguito
    come hai ordinato.

BASILIO

            Narra,
    Clotaldo, com'è andata.

CLOTALDO

    È stato così, signore:
    grazie alla buona bevanda
    composta di più ingredienti
    che hai fatto preparare,
    mischiandovi alcune erbe,
    che con possente vigore
    e con arcano potere
    sfibra, rapisce e aliena
    a tal punto la ragione
    da addurre l'uomo allo stato
    d'un cadavere vivente,
    e da sottrargli, nel sonno,
    uso di mente e di sensi...
    (Non bisogna domandarsi
    se questo sia possibile,
    poiché, signore, più volte
    l'esperienza ha dimostrato
    che la medicina è ricca
    di segreti naturali,
    e non esiste animale,
    pianta o pietra che non abbia
    una qualità precipua,
    e se l'umana malizia
    riesce a scoprire mille
    veleni che dànno morte,
    che cosa c'è da stupirsi
    se, accanto a quelli mortali,
    vi siano altri veleni
    che, resi molto più blandi,
    possono immettere al sonno?
    Lasciamo, quindi, ogni dubbio
    se questo possa accadere,
    perché è stato dimostrato
    con ben fondate ragioni...)
    Con la bevanda, pertanto,
    che dall'oppio era composta,
    col papavero e il quisquiano,
    scesi nel carcere angusto
    di Sigismondo; con lui
    parlai d'umane lettere
    alle quali fu educato
    dalla tacita natura
    delle montagne e dei cieli,
    alla cui divina scuola
    poté apprendere il linguaggio
    degli uccelli e delle fiere.
    E per meglio incoraggiare
    il suo animo all'impresa
    da te promossa, ho prescelto
    come esempio di potenza
    quello dell'aquila eccelsa
    che, superando la sfera
    del vento, si trasformava,
    nelle più alte regioni
    del fuoco, in lampo piumato
    o in cometa senza freno.
    Elogiai quel volo altero
    col dire: «Sei la regina
    degli uccelli: quindi è giusto
    che a tutti io t'anteponga».
    Alla maestà fare accenno
    fu argomento sufficiente,
    perché sempre ne discorre
    con orgoglio ed ambizione,
    ed il sangue gli si accende
    e lo spinge a impegnarsi
    in grandi imprese, dicendo:
    «Persino nel mondo inquieto
    degli uccelli v'è chi giura
    ad un altro l'obbedienza!
    Se a questo volgo il pensiero,
    mi do pace dei miei guai;
    e solo perché costretto
    dalla forza sono schiavo;
    altrimenti di mia voglia
    a nessuno cederei».
    Nel vederlo così scosso
    dal motivo che sta al centro
    del suo dolore, gli offersi
    la bevanda, e non appena
    il liquido del bicchiere
    gli scese in corpo, al sonno
    s'arrese, ma quando vidi
    scorrere per le sue membra
    un freddo sudore, avrei
    temuto per la sua vita
    se non avessi saputo
    ch'era una morte apparente.
    A questo punto arrivano
    gli uomini a cui affidasti
    il successo dell'impresa,
    e, dopo un viaggio in carrozza,
    lo trasportano alla reggia,
    dove tutto era allestito
    con la maestà e lo sfarzo
    degni della sua persona.
    L'adagiano sul tuo letto,
    dove, appena quel letargo
    avrà perduto ogni effetto,
    come te sarà servito,
    stando al tuo esatto mandato.
    E se l'averti ubbidito
    t'induce ad esser benigno
    nei miei confronti, ti chiedo
    (scusa la mia insistenza)
    di dirmi qual è il tuo intento
    nel portare in questa forma
    Sigismondo nella reggia.

BASILIO

    I tuoi scrupoli, Clotaldo,
    sono ben fondati, e voglio
    solo per te motivarli.
    Mille sventure e tragedie,
    come tu sai, minacciano
    su mio figlio Sigismondo
    gli influssi della sua stella.
    Voglio vedere se il cielo
    (che non può certo mentire
    proprio quando tanti segni
    di rigore m'ha svelato
    sul suo animo crudele)
    riesce almeno a placarsi
    o addolcirsi, e domato
    da coraggio e da saggezza
    si smentisca: perché l'uomo
    può dominare le stelle.
    Il mio scopo nel condurlo
    qui è che, accorgendosi
    d'essere mio figlio, dia
    la prova del suo talento.
    Se vincesse questa prova
    con spirito magnanimo,
    regnerà; ma se dovesse
    mostrarsi ingiusto e tiranno,
    lo rigetterò in catene.
    Ora tu mi chiederai:
    ma al fine di quest'esame
    era proprio necessario
    portarlo qui addormentato?
    E io voglio accontentarti
    rispondendoti su tutto.
    Se oggi egli sapesse
    ch'è mio figlio, e domani
    si vedesse un'altra volta
    ridotto in ceppi e in disgrazia,
    di certo con la sua tempra
    non si darebbe più pace:
    scoperto il suo vero stato,
    come potrà mai placarsi?
    Quindi ho voluto lasciargli
    uno scampo: poter dire
    che quanto vide era sogno.
    Otterrò così due scopi.
    Primo: aprire il suo animo;
    poiché mostrerà da sveglio
    ciò che immagina e che pensa.
    E secondo: il suo conforto;
    poiché, nel vedersi ora
    obbedito, e poi tornare
    in carcere, il suo pensiero
    sarà d'avere sognato,
    e farà bene a pensarlo,
    giacché nel mondo, Clotaldo,
    ognuno che vive sogna.

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