|
|
| << | < | > | >> |Pagina 5 [ inizio libro ]La distanza della LunaUna volta, secondo Sir George H. Darwin, la Luna era molto vicina alla Terra. Furono le maree che a poco a poco la spinsero lontano: le maree che lei Luna provoca nelle acque terrestri e in cui la Terra perde lentamente energia. Lo so bene! - esclamò il vecchio Qfwfq, - voi non ve ne potete ricordare ma io sí. L'avevamo sempre addosso, la Luna, smisurata: quand'era il plenilunio - notti chiare come di giorno, ma d'una luce color burro -, pareva che ci schiacciasse; quand'era lunanuova rotolava per il cielo come un nero ombrello portato dal vento; e a lunacrescente veniva avanti a corna cosi basse che pareva lí lí per infilzare la cresta d'un promontorio e restarci ancorata. Ma tutto il meccanismo delle fasi andava diversamente che oggigiorno: per via che le distanze dal Sole erano diverse, e le orbite, e l'inclinazione non ricordo di che cosa; eclissi poi, con Terra e Luna cosí appiccicate, ce n'erano tutti i momenti: figuriamoci se quelle due bestione non trovavano modo di farsi continuamente ombra a vicenda.
L'orbita? Ellittica, si capisce, ellittica: un po' ci
s'appiattiva addosso e un po' prendeva il volo. Le maree,
quando la Luna si faceva piú sotto, salivano che non le
teneva piú nessuno. C'erano delle notti di plenilunio basso
basso e d'altamarea alta alta che se la Luna non si bagnava
in mare ci mancava un pelo; diciamo: pochi metri.
|