Autore Andrea Camilleri
Titolo L'altro capo del filo
EdizioneSellerio, Palermo, 2016, La memoria 1034 , pag. 304, cop.fle., dim. 12x16,8x1,6 cm , Isbn 978-88-389-3516-9
LettoreElisabetta Cavalli, 2016
Classe gialli












 

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Pagina 9

Uno



Si nni stavano assittati nel balconcino di Boccadasse, mutangheri, a godirisi la friscura della sirata.

Livia era stata tutto il jorno d'umori malo, le capitava sempre accussì quanno Montalbano era 'n partenza per tornari a Vigàta.

Tutto 'nzemmula lei, che era scàvusa, dissi:

«Mi vai a prendere le pantofole? Ho freddo ai piedi. Si vede che comincio a invecchiare».

Il commissario la taliò 'mparpagliato.

«Perché mi guardi così?».

«Tu cominci ad invecchiare dai piedi?».

«Perché, è proibito?».

«No, ma pensavo che per primo cominciasse a invecchiare qualche altro organo».

«Non accomenzari a diri vastasate» fici Livia.

Il commissario strammò.

«Ma come parli?».

«Parlo come mi pare. Va bene?».

«Non volevo diri vastasate. Gli organi ai quali mi riferivo erano che so, la vista, l'udito...».

«Me le vuoi andare a prendere queste pantofole, sì o no?».

«Dove sono?».

«Dove vuoi che siano. Accanto al letto. Quelle a forma di gatto».

Montalbano si susì e s'avviò verso la càmmara di dormiri.

Quelle pantofole dovivano tiniri i pedi càvudi ma gli stavano 'ntipatiche perché erano precise 'ntifiche a dù gatti bianchi e pilusi con la cuda nìvura. Naturalmenti non erano a vista.

Di sicuro s'attrovavano sutta al letto.

Il commissario s'acculò, pinsanno:

«La schina! Ecco 'n'autra parti del corpo che t'avvisa delle prime vicchiaglie».

Stinnì il vrazzo e con la mano accomenzò a tastiare.

'Ncontrò il pilami di 'na pantofola e stava per affirrarla quanno un dolori forti lo pigliò di sorprisa.

Arritirò di scatto la mano e s'addunò che supra al dorso aviva un profunno graccioni che gli faciva colare addirittura tanticchia di sangue.

Possibili che fossi stato un gatto vero?

Ma a Boccadasse gatti non ci nn'erano.

Allura addrumò il lumi che c'era supra al commodino, l'agguantò e fici luci per vidiri cos'era stato a gracciarlo.

Non cridì ai sò occhi.

Una delle dù pantofole era ristata pantofola ma l'autra era addivintata un gatto gatto che lo taliava minazzoso con le recchie abbasciate e il pilo tutto addrizzato.

Ma com'era possibili?

Vinni pigliato da 'na gran botta di raggia.

Si susì, posò il lumi, annò 'n bagno, raprì l'armadietto dei midicinali e si disinfittò la firuta con tanticchia d'alcool.

Dopodiché tornò nel balconcino e s'assittò senza rapriri vucca.

«E le pantofole?» spiò Livia.

«Te le vai a pigliare tu, se ne hai il coraggio».

Livia lo taliò sdignusa, scotì la testa come a commiserarlo, si susì e si nni trasì 'n casa.

Montalbano si considerò la firuta supra alla mano. Il sangue si era attagnato ma il graccioni era profunno.

Livia tornò, s'assittò, accavallò le gamme, ai pedi aviva le pantofole.

«Non c'era un gatto?» spiò Montalbano.

«Ma che dici?» fici Livia. «Mai entrato un gatto in casa mia».

«E allora questo chi me l'ha fatto?» fici il commissario mostrannole la firuta.

Senonché con grannissimo stupori notò che supra al dorso non c'era nenti. La sò mano era sana, pirfetta.

«Questo cosa? Io non vedo nulla».

Di scatto Montalbano s'abbasciò e le sfilò una pantofola:

«Questo graffio me l'ha fatto la tua finta pantofola» fici con voci altirata, ghittannola fora dal balconcino.

A 'sto punto Livia fici 'na vociata tali che...

... che Montalbano s'arrisbigliò.

Non erano a Boccadasse ma a Vigàta e Livia durmiva della bella allato a lui. Dalla finestra trasiva la luci splapita del primo matino.

Montalbano si fici capaci che doviva essiri 'na jornata di libeccio.

La rumorata del mari era forti.

Si susì e si nni annò 'n bagno.

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Dato che scinnivano quaranta migranti a vota, l'ultimo gruppo spariggio era composto da sulo dodici pirsone. Appresso a loro si misiro Montalbano, Osman e i dù agenti.

Appena che il commissario fu supra alla banchina gli s'avvicinaro Fazio e Augello.

«Dottore» fici Fazio «avi i pantaluna completamenti strazzati. Si vidino macari le mutanne».

«Pirchì, ti scannalii?» spiò sgarbato Montalbano.

«Nonsi. Ma vuliva sulo avvertirla» fici arrisentuto Fazio.

A 'sto punto arrivò Sileci per salutari i sò colleghi. Ma le stringiute di mano vinniro 'ntirrotte da dù voci altirate che provenivano dall'ultimo gruppo sbarcato, oramà arrivato vicino al pullman. Si votaro a taliare.

Un agenti diciva a un migranti:

«Levati 'sta coperta. Levatilla subito!».

«No! No! No!» replicava dispirato l'antro, stringennosilla sempre di cchiù.

A 'sto punto l'agenti affirrò la coperta e circò di livargliela.

Allura capitò 'na cosa stramma: il migranti gli lassò la coperta tra le mano e si misi a corriri alla dispirata. Era vistuto all'occidentali, con un paro di pantaluna di villuto, 'na speci di giubbotto e scarpi che stonavano tanto erano allenti.

«Fermatelo! È armato» gridò l'agenti.

A 'sti parole Fazio scattò come a 'na lepri. Seguitato da Mimi Augello. In un vidiri e svidiri, i dù acchiapparo all'omo, lo ghittaro 'n terra e quanno macari Montalbano e Osman li raggiungero vittiro che Mimì circava di rapriri le mano dell'omo artigliate al petto con tutta la forza che aviva mentri che tirava càvuci e faciva voci:

«No! No! No!».

Finalmenti Augello arriniscì a farigli lassari la presa. Gli 'nfilò 'na mano sutta al giubbotto e tirò fora un oggetto longo e nìvuro.

«Ma è un flauto!» fici, completamenti strammato, mostrannolo all'autri. Alla vista di quello strumento musicali tutti ristaro 'mparpagliati.

In quella situazioni il flauto pariva 'na cosa accussì estranea come se fossi caduta direttamenti da Marte.

Privato del flauto l'omo era ristato 'n terra con le vrazza spalancate, la testa 'nclinata a mano manca.

Pariva un crocifisso.

Chiangiva silenziosamenti.

«Tiratelo su» dissi Montalbano a Fazio ed Augello.

Quanno l'omo, sostinuto dai dù, si ritrovò addritta Osman fici un passo avanti e lo taliò attentamenti, po' dissi qualichi cosa in arabo.

Ma l'omo l'interrompi subito:

«Parlo bene l'italiano».

«Mi scusi, ma lei non è Abdul Alkarim?».

«Sì» fici l'omo con un filo di voci.

«L'ho sentita suonare due anni fa al Maggio Fiorentino. Mi pare fosse L'après-midi d'un faune di Ravel».

«Sì» arripitì l'omo con voci sempre cchiù vascia. «È stato il mio ultimo concerto in Italia. Posso avere una sigaretta?».

Montalbano tirò fora il pacchetto, quello se ne pigliò una, il commissario gliel'addrumò.

«Se lo tenga pure con l'accendino».

«Grazie» fici Pomo aspiranno avidamenti.

«Ma perché si è venuto a trovare in questa situazione?» spiò Montalbano.

«Poco dopo quel concerto» arrispunnì l'omo «sono venuto a sapere che mio fratello era stato arrestato dagli uomini di Assad e che sua moglie e la figlia di undici anni erano rimaste senza risorse ed erano a rischio di vita. Ho sentito il dovere di tornare in patria, clandestinamente però, perché anche io mi ero espresso contro il regime. Così sono riuscito sei mesi fa a mettere in salvo mia cognata e mia nipote e poi mi sono imbarcato anche io».

Mimì Augello gli pruì il flauto che l'omo pigliò e riportò al petto carizzannolo a leggio.

«Potrà servirle ancora» fici Osman.

«Non credo» dissi l'omo. «Se mi daranno l'asilo politico e avrò fortuna, spero di avere un lavoro come raccoglitore di olive».

Sileci, che si era avvicinato e aviva viduto la scena, fici:

«Sarebbe l'ora di andare».

«Grazie» dissi l'omo arrivolto a tutti.

Lo vittiro tornari verso il gruppo. L'agenti gli riconsignò la coperta, l'omo se la misi supra alle spalli e acchianò nel pullman. Montalbano dissi a Fazio di congidare l'òmini del commissariato.

Sileci si misi con la sò machina in testa alla fila. Partero. Il corteo era chiuso da 'na granni camionetta coperta, dintra alla quali ci stavano l'òmini di Sileci.

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