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| << | < | > | >> |IndicePerché questo libro 6 I colori del Tanaro 8 Inquadramento geografico e aspetti geomorfologici 18 Lo studio 22 I tratti 24 La flora 25 La fauna 29 Masio e torrente Belbo 33 La Torre di Masio 36 La fauna 37 La flora 38 Il Belbo 40 Schede faunistiche 41 Schede floristiche 46 Poesie di Giovanni Rapetti 51 Torrente Belbo e Bormida 54 Il Canale Carlo Alberto 56 La fauna 57 La flora 58 La Cittadella di Alessandria 60 Schede faunistiche 63 "Ci dicevano di non drammatizzare" 68 Schede floristiche 72 Bormida 77 Bormida e confluenza Po 78 Storie naturali d'acqua dolce 81 La fauna 84 La flora 86 Schede faunistiche 88 Schede floristiche 93 Il Castello di Piovera 98 Percorsi naturalistici 102 1) Masio: il sentiero della Poiana 102 2) Felizzano 103 3) Confluenza Bormida 104 4) Il sentiero del Partigiano 105 5) Da Alessandria verso Pietra Marazzi 106 6) Rivarone 107 7) Alluvioni Cambiò 107 La fauna ittica 108 Rinaturalizzare e bonificare 110 Carta ittica della provincia di Alessandria 112 Classificazione della fauna e della flora 114 Conclusione e ringraziamenti 128 Bibliografia 130 Indice 131 |
| << | < | > | >> |Pagina 8I COLORI DEL TANARO
"Quel che c'è di più, sulla terra, è il paesaggio. Per tanto che il resto
manchi, di paesaggio ne è sempre avanzato, abbondanza che solo per
miracolo instancabile si spiega, giacché il paesaggio è senza dubbio
anteriore all'uomo e nonostante ciò, pur esistendo da tanto, non è
terminato ancora.
(
José Saramago,
Una terra chiamata Alentejo)
Il Tanaro, come il fiume di Eraclito, è in costante mutamento, nel tempo e nello spazio. I tratti invernali, carichi di biancore o dalle sagome scure sfumate di grigia, gelida umidità, non sufficientemente allietata dalla doratura antica di alcuni cimelli secchi, si aprono progressivamente alla luce, alla tenerezza smeraldina delle gemme, alla fioritura polifonica del sottobosco. Il corso angusto, dalle pareti ripide ed irte di scabre, geometricamente accidentate difese spondali, si concede gradualmente ai molli depositi alluvionali — su cui spunta, incerta, una vegetazione bassa dalle foglie spesse e opache —, ai ghiaioni grigi, o a volte striati di fasce versicolori, ove un ciuffo d'erba drizza deciso le sue lame aguzze oppure si aprono i grossi pennacchi verde-dorati di qualche cespuglio. Il marrone verdastro, a volte torbido, delle acque può farsi netta trasparenza orlando i greti, per tingersi, secondo i punti e le ore, delle gradazioni cromatiche che riceve dalle sponde e dal cielo, fino ad assumere, a sera, il blu livido di certi mari omerici, ottuso a gradi dall'ombra fuligginosa del crepuscolo, mentre il sole franante sanguina greve fra gli alberi filigranandone le cime di una estrema, esile brace, riverberata anche dalle nubi porporine. A volte, la massa cumuliforme dei cedui ripariali, appena dorata da un pallido sole di mattina primaverile, si sfuma, riflettendosi, nell'acqua increspata dal leggero smeriglio della corrente. La stessa luce accende, in proiezione lievemente obliqua, un intero tratto di riva, ed estrae da ognuno dei colori in mostra una tonalità speranzosa, rasserenante, minutamente rifratta dal brivido fuggitivo del fiume. Sulla riva, bacche rosse sovrastano, allegre, le tonalità verde maturo e lana strinata dell'autunno. Infrattati nella penombra della vegetazione, vediamo, sulla riva opposta, le masse vaporose dei salici bianchi, composte da piccole pennellate di argento luminoso, duplicarsi scurite nell'acqua lenta che poi curva decisa a destra o a sinistra per nascondersi dietro la sagoma della sponda. Anche il cielo si riversa, capovolto e leggermente deformato, sulla corrente. Il corso d'acqua si slancia in un tentativo di fuga prospettica interrotto dal primo meandro, fingendo dietro le quinte degli alberi — siepe leopardiana aperta alle sole costruzioni del pensiero — lunghi ed ampi orizzonti di pianura infinita. I salici stessi sono un'arborea nube frastagliata e degradante: glauco acciaio vivo, compatto. Dai più alti, che catturano tra le fronde chiazze incerte d'ombra, ai cuccioli d'albero in primo piano, tutti sono materiati dello stesso chiarore, simile a quello degli ulivi. Altri saliceti, visti da terra, mostrano ai piedi un'erba alta, spruzzata da fitte costellazioni di fiori gialli. Se dal bosco si guarda in su, si può vedere la trama degli alberi, nuda o rabescata da spirali d'edera o punteggiata di ispidi nidi, istoriare un cielo la cui purezza invernale imita il colore dei fiori di rosmarino. Nei giorni più limpidi, il cielo, di un azzurro immacolato, sembra intridere l'intera golena, riempiendone le pozze e gli anfratti e rimarcandone, per accostamento e contrasto, i colori più aridamente chiari del limo asciutto. In mezzo, la vegetazione declina i suoi verdi infiniti. Lo spesso fango scuro, screpolato e rigato da radi residui secchi d'arbusti, è scavato dal vuoto pesante di alcune orme fortemente infossate. Stradine polverose e orlate da prugnoli bioccosamente innevati di petali portano ad aree accidentate, ove il terreno emerge gibboso fra i salici ed offre fiammelle accese di papaveri che fanno da sentinella a un cespo giallo di iperico.
Filari di pioppi seguono dolcemente il saliscendi di paleoalvei
fasciati d'erba. Poco distante, rotoli d'erbamedica pressata sagomano il loro
bruno sulla pavimentazione verde vivace del prato,
rievocando le grandi biche di paglia, trascoloranti lungo il giorno, di Claude
Monet.
"Io penso spesso in chiave darwiniana, e credo allora che se esistono dei fiori, e degli animali meravigliosamente colorati e se quei colori sono perdurati attraverso le ere geologiche, vuol dire, state pur certi, che hanno un significato. Il che equivale ad affermare che non sono neutrali, ma implicati nella lotta per la vita, nei meccanismi sottili della sopravvivenza. Voglio ribadire che, in natura, l'orpello non esiste, e che permane solo quello che serve."
(
Giorgio Celli,
Il prato di Proust)
Il miglior pittore rimane però la Natura, soprattutto quando opera il discreto, silenzioso sortilegio di creare una livrea animale. Al regno dei piumati spettano gli esiti cromatici più intensamente evocativi. I migliarini appaiono tratteggiati a pennellate grigie, nere, marrone chiaro, con un colletto bianco come un ermellino papale. I cavalieri d'Italia indossano una sorta di frac nero con uno sparato bianco, e sono delicatamente sfumati di grigio cenere. Le ballerine mostrano il sottocoda di un giallo sulfureo, ali grigie e petto bianco con ritocchi in rosa. Il gheppio pare un dipinto divisionista a grana grossa, con tocchi di pennello nero-marroni, mentre il falco in riposo ci volta tranquillo la schiena dorata. Complessa appare la struttura coloristica del fagiano maschio: occhio circondato di rosso, parte posteriore del collo bianca, fitte e regolarmente curve geometrie marroni ombrate di nero, sfumature grigie sulla coda. La folaga è di un bel grigio antracite che termina in un becco rosso dalla punta gialla. Ma anche l'iridescente germano reale ha, su una carenatura bianca, una schiena grigia e tocchi azzurri sulle ali. In un'immagine, due piro-piro passeggiano nell'acqua affiancati, coi loro abiti in screziature marrone chiaro orlate di nero, come oziosi che attendano l'ora di cena. Anche la nitticora somiglia a un passante meditabondo che cammini con le mani in tasca lungo l'orlo di un ghiaione. Il fraticello mostra la testa nera, la fronte e il petto bianchi e le ali di un grigio raffinato e intenso. Il cannareccione, invece, pare un frate vero, col cappuccio e il saio marroni chiusi da un sottogola bianco. I fringuelli hanno la testa grigio-blu come metallizzata, la fronte nera, il torace e l'addome di un delicato rosa antichizzato tendente al pesca, e il dorso marrone. Le ghiandaie esibiscono un'alta fronte striata bianco-nera, guance nere, corpo rosa, ali orlate di una fitta zigrinatura a trattini verticali neri e azzurro tenue, come un acquerello orientale. I gruccioni sono di un blu metallico, con la gola giallo aranciato. I rigogoli hanno un manto color senape con parti bianche. I martin pescatori sono magnifici, col capo nero picchiettato di blu elettrico, corpo blu elettrico dai tocchi giallo-aranciati alla coda e ali blu scuro. Vi sono uccelli con la testa azzurro carico, guance bianche e mascherina nera, corpo giallo pulcino con pettorale bianco toccato di nero, dorso grigio scuro e coda azzurra, oppure con capo, ali e dorso grigio bruno, mascherina e petto arancioni, addome di un bianco che sfuma, risalendo ai lati, dal beige al grigio. Le tortore hanno testa grigia e corpo ocellato a pennellate geometriche marroncine e nere. Le cutrettole hanno capo e dorso marroni e corpo arancione acceso. Il picchio, dal canto suo, fa troneggiare la testa rossa su un corpo a sfumature reciproche giallo-grigio-beige. Ma anche gli anfibi offrono all'osservatore accorto tinte preziose: la rana si affaccia cautamente fra le foglie della ninfea in una muta subacquea verniciata di smalto a striature giallo-verdi-marroncine, e il rospo smeraldino indugia militarizzato in una lucida tuta mimetica verde-beige-bianco sporco. Tra i rettili, il ramarro si aggira rapido avvolto in un verde quasi acido punteggiato di giallo che si fa di un magnifico azzurro acceso nel sottogola e in parte del muso, mentre un paio di serpentelli (i biacchi ) sembrano rivestiti di delicatissima maiolica giallo-nera.
E, per finire, tra gli insetti si possono apprezzare la tinta corallo
spugnoso e la dorata trasparenza delle membrane alari di una
libellulina,
oppure un'argentea
damigella
(dal provenzale
damo,
libellula di altra specie), brunita d'azzurro e con occhi di
zaffiro, che pare la raffinatissima spilla realizzata da qualche
maestro orafo, o una coppia di
farfalle
dalle ali bianche spennellate di vaniglia e decorate di una fitta e geometrica
puntinatura grigia.
Più compatta, pastosa la pennellatura dedicata ai fiori e agli arbusti. Piccole foglie rosse, a volte piegate come borsette, sono sparse tra i radi stocchi di un sabbione. Altrove, le corolle sono pentagoni bianchi punteggiati d'oro al centro, o quattro petali di un celeste luminoso tenuti insieme da un aureo bottoncino. Sulla sabbia bianca, granulosa come zucchero, si stende larga, spessa, verde la portulaca, i cui fiorellini gialli passano quasi inavvertiti. Un arbusto (la phitolacca americana ) protende le foglie superiori rosse, simili a lingue beffarde, e drizza un grappolo di bacche nerastre sulla vasta campitura autunnale. Le viole aprono la loro freschezza profumata al margine del bosco. I fiori dell' erba viperina, di un azzurro violaceo intenso, si ergono riuniti a cono contro lo smalto del cielo, in mezzo a un folto di efflorescenze secche. I quadrifogli di petali bianchi della silene si protendono, al centro, in un occhiello dal quale si affaccia il giallo polveroso dei pollini. Fitti grappoli di stelle dorate si allargano sul verde. I papaveri esplodono come rossi fuochi d'artificio. Papaveri e camomilla sfumano gli uni negli altri in una vistosa compresenza. Il sambuco disegna nell'ombra minuti racimoli bianchi. Il pinnacolo verde del verbasco si aderge incimato da fiori giallo cromo. I petali roseo-violetti del colchico indicano il cielo come dita tozze. Le lappole spinose della bardana esibiscono la loro esile coroncina violetta; i cardi, invece, maturano esplodendo in lanugine vaporosa. L' erba cornetta si staglia in celeste carico, leggermente violetto, su un'onda di spighe mature, mentre il ceruleo dei dori di cicoria appare più pallido, quasi diluito. Altri fiori si tingono di un cilestrino densamente emotivo. I ranuncoli disseminano nel bosco luminose monete di un giallo solare. Le campanelle fucsia del garofanino si venano tenuemente, all'interno, di bianco. L' enagra dischiude i suoi petali color limone maturo come palpitanti ali di farfalla. Al margine di un pioppeto, si allungano scie di corolle dai petali fittamente intrecciati, di un giallo splendente. Le lance costellate di petali violetto-rossi della salcerella puntano al cielo. In calce ad un saliceto ondoso, un campo rimarca la sua ricca striscia orizzontale di fiori intensamente gialli. Una campanula apre verso l'alto il suo calice candido, fragile e lucido come porcellana. | << | < | |