Copertina
Autore Federico Capone
Titolo Hip hop reggae dance elettronica
EdizioneNuovi Equilibri, Viterbo, 2004, Stile salentino 1 , pag. 108, cop.fle., dim. 130x190x7 mm , Isbn 978-88-7226-807-0
LettoreCorrado Leonardo, 2004
Classe musica
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Indice

Introduzione                                  5

RITMI FONDAMENTALI                            9


PREMESSA                                     13


LE TRE FASI DELL'HIP HOP ITALIANO            15

La prima fase dell'hip hop italiano          15
La seconda fase dell'hip hop italiano        19
La terza fase dell'hip hop italiano          21

L'HIP HOP REGGAE SALENTINO                   27

L'hip hop reggae nel Salento:
    breve storia di una lunga storia         27
Il linguaggio dell'hip hop salentino         33
La politica nel rap salentino                41
Movimento metropolitano o legato
    alla tradizione popolare?                43

LE NUOVE FRONTIERE                           47

Rap: evoluzione o morte?                     47
Niente morte, evoluzione                     49
La esultanza di partenza e quella d'arrivo:
    tematiche comuni                         50
Tematiche comuni nella canzone salentina     51
Tematiche comuni all'hip hop reggae del
    Salento e alla cultura di partenza       53

LE INTERVISTE                                63


LE NUOVE FRONTIERE                           73

Dj War                                       73
Electric Jassound Project                    75
Fore Motha 97                                75
Gopher D                                     76
Insintesi                                    77
Mascelle Mastine                             78
Science Force                                78
Vento di Fronda                              80
Working Vibes                                82

I TESTI DEL CD ALLEGATO                      83

Bibliografia                                103
 

 

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Pagina 5

Introduzione


Da più di duemila anni le genti del Salento sono famose per la loro fiera dedizione alla danza e alla musica. Nicandro di Colofone, un autore greco del II secolo a.C., e poi Ovidio, raccontavano che i Messapi, gli antichi salentini, osarono sfidare le Ninfe Epimelidi. Nel tempo remoto e indefinibile del mito, prima della favolosa spedizione di Eracle, le fanciulle semidivine apparvero improvvisamente presso una roccia sacra del Salento e cominciarono a danzare leggiadre, «con piedi alati». Incuriositi, i giovani pastori del luogo si avvicinarono per osservarle. Anziché innamorarsene o adorarle, però, conclusero che essi sapevano ballare molto meglio di loro. E via, provocatoriamente, si lanciarono in una gara di ballo. Apriti cielo! La tracotanza divina volle punirli, trasformandoli negli ulivi che oggi sono il vanto e la ricchezza della loro terra: una punizione che assomiglia quasi ad un premio...

Ma oggi, qualche migliaio d'anni dopo, arrivano anche i trofei musicali veri e propri. La ricchezza di generi e stili, antichi e moderni, tutti praticati con l'entusiasmo e la fierezza dimostrati fin dalle origini in quella temeraria sfida alle Ninfe; la consapevolezza della propria tradizione, cara e anzi "sacra" per ogni salentino di ogni classe ed età, da quelli con la zappa a quelli con la cravatta fino a quelli con la cresta punk; la straordinaria e partecipatoria energia di un popolo che, come già i Messapi antichi, non perde nessuna occasione per lanciarsi in una danza: tutto ciò viene finalmente riconosciuto e comincia a rivestirsi nuovamente di un alone mitico. Uno "stile salentino" in musica oggi esiste e viaggia dovunque. Partecipandovi dall'interno, pur non essendo salentino ma di origini campane, mi sembra di rivivere la felicissima stagione napoletana degli anni Settanta, quando un concentrato di tradizione e di avanguardie, di etno-rock ed etno-jazz ante litteram fecero rimbalzate la musica partenopea al centro dell'attenzione italiana e mondiale.

Una piccola serie di libri-dischi ci è sembrata l'occasione migliore, non per celebrare o museificare anzi tempo la prodigiosa fioritura dello "stile salentino", ma per offrire una documentazione utile ad una migliore conoscenza di questa intensa stagione musicale del nostro meridione, illuminandone anche certi percorsi meno noti e magari cercando di sfatare alcuni luoghi comuni. Perché nel Salento la musica tradizionale non è solo pizzica-pizzica, né vive all'ombra del tarantismo (e tanto meno intorno alla bufala del neo-tarantismo, pretestuosa desacralizzazione di un rituale pagano unico, per longevità, nella civiltà europea moderna, e trasformazione in farsa della solenne tragedia coreomusicale del dolore contadino). Da queste parti, il rinnovamento in senso "etnico" della canzone italiana non si è fermato a Domenico Modugno. I mille modi di articolare un rock "italiano" non si sono esauriti nella storica collaborazione di Adriano Pappalardo con Mogol e Lucio Battisti. Qui l'innovazione non passa solo dalla "Notte della Taranta", e l'hip hop non è solo quello dei pur gloriosi Sud Sound System.

[...]

Gianfranco Salvatore

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Pagina 9

RITMI FONDAMENTALI


Sono passati ormai quasi quindici anni dallo storico mix del Sud Sound System (SSS) Fuecu, prodotto dalla Century Vox, e molte cose sono cambiate da allora. Non so, e onestamente mi interessa poco, se in meglio o in peggio, fatto sta che bisogna prendere atto di questi mutamenti. Quella "cosa" che, all'inizio, veniva definita genericamente "fenomeno delle posse" oggi è divenuta cultura o, meglio, culture: i giovani artisti hanno preso coscienza di ciò che suonano, ballano, disegnano, i gruppi musicali operanti nel mainstream si sono calati appieno nel ruolo delle rockstar e, oggi, salgono e scendono dai palchi, palchi che all'inizio odiavano perché visti come una barriera fra l'artista e l'astante. Evidentemente, non è più così, e se si sale sul palco è perché o non si hanno messaggi o non se ne vogliono portare. Questo, ovviamente, è quanto avviene nel circuito pop, quello, per intenderei, maggiormente sponsorizzato dai mass media e dalle amministrazioni pubbliche che, nell'organizzazione dei grandi eventi, vedono rafforzato il proprio status politico e sociale.

Nel circuito underground la situazione è differente. In questo circuito si riscontra un alto tasso di vitalità della musica: il rap ed il reggae, ad esempio, hanno avuto una propria espansione (non solo in termini territoriali, ma anche dal punto di vista dell'acculturazione) e dato vita a musiche "altre", quali la jungle, il drum'n'bass, il breakbeat. Non solo. Per quanto riguarda il reggae si è diffusa la cultura del sound system (Warsound, Ghetto Eden, la Tana Sound, Heavy Hammer, Bruciatown, solo per citarne alcuni), ed il rap è divenuto quasi un aspetto secondario rispetto al breaking e al writin'.

Sfogliando i quotidiani e le riviste dei primi anni Novanta mi sono reso conto di quante occasioni si siano perse, in ambito musicale, per il Salento. Mi ha fatto un po' impressione ad esempio, vedere i volantini della presentazione di Fuecu. In quella serata il SSS cantava assieme agli Ucci, creando, o cercando di creare, un genere ibrido chiamato tarantamuffin. Evidentemente, il genere non ha avuto molta fortuna.

Le cose sono cambiate, e non hanno preso la piega nella quale erano state pensate. Salento Posse è sparita ed è sparito anche un progetto, quello sì davvero rivoluzionario, di una posse (vera e propria) aperta a nuove esperienze e a nuovi artisti. Ora si tende a considerare novità il dialetto... Se questo andava bene qualche anno fa, oggi penso si debba prendere atto che la "novità", semmai, consisterebbe nel proporre brani cantati in italiano (ma non è un problema di lingua...). Il voler proporre sempre e per forza l'idioma locale non fa bene né alla musica, né ai musicisti, né al Salento, dove il toaster contadino (figura affascinante) non è una realtà; al massimo le "radici" del toaster sono contadine (e questo chi può metterlo in dubbio, in una subregione dove l'agricoltura è stata fonte di sostentamento per secoli?).

I giovani che oggi ascoltano e fanno rap o reggae sono migliaia, a Cavallino come a Lizzanello, a Monteroni come a Melendugno, a Santa Maria di Leuca come a Otranto, e tutti, a modo loro, danno un contributo determinante alla "scena". Per rendersene conto basterebbe farsi un giro su doppiacca.net, sito di b-boys salentini o su reggae.it. Lecce è sempre in prima linea.

Un'ulteriore testimonianza tangibile di quanto il panorama sia variegato è data dal CD allegato. Ascoltandolo, ci si può rendere conto facilmente di come la musica salentina non sia rappresentata da un solo gruppo, né sia musica soltanto dialettale. Fore Motha 97 e Skema cantano in italiano, in dialetto e in inglese; Mascelle Mastine (Mas Mas), formazione nutrita di giovani rapper salentini ed albanesi, canta in italiano, dialetto, inglese e, fatto ancora più innovativo, in albanese.

Ma non ci sono solo loro: c'è anche lo ska dei Vento di Fronda e la musica minimale di Programmer Unit.

E poi non si può non sottolineare l'importanza di Really Dreamin' di Dj War, uno dei primi, forse il primo disco di musica jungle in Italia (prodotto non a caso da Renato "The General" Amata, con l'aiuto di Jody Marcos, un veterano della cultura dei sound system in Italia), oppure del funk-jazz di Gopher D (presente con Huruma), o ancora della dance elettronica di Science Force e Insintesi. Il CD rappresenta insomma parte del meglio della nuova scena salentina.

Questi sono "ritmi fondamentali", per diversi motivi, primo fra tutti perché provengono dal "basso", dalle fondamenta di un sistema che non cederà mai, ma che al contrario si arricchisce ogni giorno di nuovi spunti, di nuovi elementi, gli stessi elementi che hanno fatto nascere l'hip hop reggae in Italia.

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