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| << | < | > | >> |IndiceIntroduzione 7 1. L'Antartide 13 1.1 I1 continente di ghiaccio 14 1.2 Il trattato Antartico 22 2. I Pinguini imperatore 25 2.1 La lunga marcia 27 2.2 La riproduzione 29 2.3 La cova 31 2.4 La crescita 32 3. Gli altri pinguini 35 4. I pinguini e l'uomo 57 5. Conclusioni 61 Illustrazioni 65 |
| << | < | > | >> |Pagina 7Il vento, fortissimo, da sud. A raffiche tali che impediscono, a chi non è abituato, di guardarsi intorno. Il mare glaciale antartico ribolle furente di spume bianche. La luce è netta. Il sole appare e scompare tra nuvole basse e galoppanti. Folate di nevischio, di pioggia gelida parallele all'acqua, si infrangono contro una costa bianca, compatta. Da questo mare in eruzione appaiono e scompaiono dorsi scuri che saltano quasi impazziti, siluri velocissimi. No, non sono delfini quelli che schizzano a migliaia fuori dall'acqua in un volo senza ali. Mentre saltano, tra una cresta d'onde e l'altra; mentre volano senza ali in puro stile acrobatico, la costa si avvicina. La costa è accecante di luce e il pack è formato da uno spesso strato di ghiaccio senza fine. A migliaia di migliaia gli animali dal dorso scuro, riflessi di nero, viaggiando in acqua quasi a venti kilometri all'ora, stanno per tornare a casa, per arrivare in tempo nello stesso luogo dove loro sono nati e dove nasceranno i loro piccoli. Così li seguiamo dall'alto volandoci sopra. E spalanchiamo i nostri occhi sul continente Antartide che, a poco a poco, si svela con una impressionante serie di quinte, di scenografie mozzafiato. All'interno, le montagne con le cime ben oltre i tremila metri e poi le valli glaciali, le terre scure, le rocce, le baie, la banchisa polare che sta per accogliere un popolo migrante, una moltitudine impressionante di uccelli che non volano più da decine di migliaia di armi; che trascorrono gran parte della loro vita in mare predando e combattendo, per vivere, una delle storie più esaltanti della natura: vivere l'estremo del freddo, e allo stesso tempo nuotare in uno degli Eden più pescosi del Pianeta acqua, ricchissimo di esseri viventi dal microplancton al krill, per finire con le foche leopardo e le più grandi balene del mondo, lunghe più di 30 metri. Il mar glaciale antartico ribolle di dorsi neri perché stanno per tornare a casa i pinguini imperatore, la specie più grande e affascinante dell'ordine degli sfenisciformi, famiglia sfeniscidi. La classificazione scientifica più aggiornata ordina tutti i pinguini del mondo in 6 generi, 17 specie e 26 taxa. Sono gli uccelli che hanno mutato le ali in una sorta di pinne e che hanno scelto una larga parte dell'emisfero australe per compiere la loro evoluzione e il ciclo della riproduzione. Vivono infatti tutti a sud dell'equatore con la specie più isolata e lontana quasi a lambire il centro della Terra. Sono solo i pinguini delle Galapagos, Spheniscus mendiculus, quelli che sopravvivono lungo la costa delle mitiche isole studiate da Charles Darwin. Sono rimasti in pochi dopo la drammatica stagione 1982-83 quando furono decimati dagli spaventosi rivolgimenti atmosferici dovuti agli effetti del Niño. Il loro status, lo vedremo più avanti quando descriveremo tutti e diciassette i differenti pinguini ad uno ad uno, è quello di una specie che sta rischiando l'estinzione. A parte i piccoli pinguini della Galapagos allora tutti gli altri sedici sfeniscidi vivono al fondo dell'emisfero sud. Molti di loro, tra cui i pinguini imperatore, addirittura nel Grande Sud dei venti catabatici che, partendo dagli altipiani a duemila metri di quota, quasi dal centro del Polo Sud, soffiano a 280 kilometri all'ora in direzione delle coste, come fossero spinti da tremendi cicloni. Nel Grande Sud delle temperature che d'inverno infrangono i -70 sotto zero. È quello il periodo dell'anno in cui la notte polare è rischiarata soltanto dalle fantastiche luci rosse, verdi e gialle delle aurore australi. Sedici specie confinate lungo la fascia marina più a sud del Mondo. A parte le coste sudamericane del Pacifico, le coste africane dell'Atlantico e quelle australiane del sud, il range di posizionamento dei pinguini si colloca all'80 per cento a sud della Terra del Fuoco, del Capo di Buona Speranza, della Tasmania. In un oceano mare che d'estate è solcato da iceberg, da montagne di ghiaccio, da piattaforme bianche galleggianti sempre più gigantesche per "merito" del riscaldamento globale del Pianeta, di cui siamo colpevoli noi Homo sapiens sapiens delle regioni più ricche e più sfrenatamente consumistiche del Pianeta. Diciassette specie di pinguini allora, compresi i tenerissimi abitanti della Galapagos e i piccoli Jakass del Sudafrica e della Namibia: una realtà naturale di cui il mondo degli umani si è sempre interessato molto poco a partire dall'inizio della massiccia trasformazione del Pianeta, scarnificato dalla smania di possesso. I pinguini erano al limite degli insediamenti umani. Non davano fastidio più di tanto; erano solo buffi e curiosi, facili da uccidere, eventuale cibo per superare carestie. È successo così che gli uomini da una parte li hanno umanizzati nei cartoon dandogli la parte dei camerieri; li hanno ridicolizzati in canzonette demenziali, in ritornelli; ma anche li hanno massacrati per carne e per farne grasso da sciogliere a volte per fare lampade e luce, anche per produrre calore. Fino ad usarli per accendere fuochi con cui sciogliere il grasso, questo sì di gran valore, delle balene. Si racconta anche che nei secoli passati ci siano stati stermini senza fine e senza ragione di milioni di animali quasi per il gusto di vederli bruciare vivi in enormi contenitori di ferro, torce viventi per il divertimento di marinai ubriachi. Così pare che sia finita l'unica specie simile ai pinguini che abitava le coste e i mari dell'emisfero boreale, la nostra parte di mondo. È la storia quasi sconosciuta dell'alca impenne, il grande uccello marino che non aveva più ali ma si era evoluto come "uccello pesce", modificando la necessità del volo con l'esigenza del nuoto, il più veloce e profondo possibile, all'inseguimento dei branchi di aringhe, di acciughe, di anguille di sabbia. L'alca impenne, lo pseudo pinguino che viveva presumibilmente lungo tutte le coste nordiche tra Scandinavia, Siberia, Groenlandia, Canada e Alaska, venne fatto a pezzi da marinai e pescatori che ne fecero milioni di barili e barili in salamoia. Oggi quell'essere ignoto ai più lo si può ritrovare, inscheletrito, in alcuni tra i più importanti musei di zoologia e di storia naturale d'Europa e Nordamerica. Rimane traccia del suo passaggio su questa terra, persino immortalato nei disegni dei naturalisti di un passato neppure tanto lontano. Ora, fine dell'anno 2005, il mondo massmediatico della documentaristica, il mondo del cinema di serie A, il mondo dell'informazione spettacolo, scopre gli sfeniscenidi con un film strepitosamente ben fatto nella sua parte fotografica e di sicuro effetto. "La marcia dei pinguini", del regista francese Luc Jacquet, ha fatto saltare i record d'incassi e ha lanciato in prima pagina, come una star hollywoodiana, la specie imperatore. Sono loro i pinguini più grandi, quasi un metro e venti di altezza e fino a 40 chili di peso, tra tutte le 17 specie esistenti. | << | < | > | >> |Pagina 25Avevamo lasciato gli "Imperatori del Grande Nord", i più grandi pinguini del mondo, al momento del loro sbarco nelle coste antartiche. Una vera occupazione concentrica che si svolge durante il corso di alcune settimane, quando la banchisa polare, il pack, si è già formato e costituisce una perfetta possibilità di emergere dall'acque gelide del mare e dirigersi all'interno nei luoghi e nei recessi più protetti, laddove il ghiaccio non si fonde mai. Ben altra sarebbe stata la difficoltà per i nostri amici imperatori a "volare" dal mare alle falesie rocciose, ben più alte del pack, a volte inaccessibili, spesso pericolosissime per atterrarvi sopra. Gli imperatori hanno scelto con saggezza il tempo migliore per avvicinarsi alla costa e potervi salire, loro così impacciati a terra, nel miglior modo possibile. Una volta sbarcati comincia la loro straordinaria avventura. È proprio in luoghi prestabiliti da millenni, in luoghi dove la colonia sente di poter vivere al meglio la stagione della riproduzione, che il pinguino imperatore si dirige procedendo nella ormai famosa marcia in fila indiana, caracollante e non veloce, immortalata da documentari, film e fotografie eccezionali. Il pinguino imperatore esce al volo, se così si può dire, dall'acqua. La spinta fortissima del suo apparato motorio, gli permette di esplodere con tutta la sua forza e di schizzare su da sott'acqua, atterrando sul ghiaccio e proseguendo la corsa, quasi priva di attrito, sulla pancia, scivolando velocemente anche per centinaia di metri. E qui vale la pena di fermarsi un attimo per capire come si sia evoluta nel tempo la copertura delle piume e come si sia adattato questo uccello alla vita acquatica. | << | < | > | >> |Pagina 57È il 1487 quando un navigatore portoghese, Bartholomeu Dias de Novaes, a capo di una spedizione composta da due golette da cinquecento tonnellate ciascuna, raggiunge la punta più a sud dell'Africa australe. E la supera. Chiama Cabo Tormentoso quello che poi sarà ribattezzato Cape of Good Hope, il Capo di Buona Speranza. È il primo incontro documentato tra uomo e pinguino. Il pinguino è il piccolo jackass africano, niente a che vedere con i grandi sfeniscidi dell'Antartide. Erano milioni a quei tempi, 518 anni fa. Ma il primo a scriverne, sempre di pinguini africani, fu il leggendario Vasco da Gama, esattamente dieci anni dopo. I pinguini entrano così nei resoconti e nei diari di viaggio che da quel momento in poi diventeranno parte delle straordinaria storia delle esplorazioni, delle conquiste e delle devastazioni dell'uomo nell'emisfero australe. Anche lo storico Antonio Pigafetta, durante i viaggi di Ferdinando di Magellano dal 1519 al 1522, incontra i pinguini e ne parla. Ma senza cognizione di causa. Il primo a interessarsene a livello scientifico fu il naturalista svedese Carl Linnaeus che descrisse biologicamente il jackass africano già nel 1758. Il nome pinguino viene comunque dal latino pinguis, grasso.
E qui si fa una grande confusione con l'alca impenne, che venne sterminata
nel 1844 come risultato di una caccia senza sosta per ricavarne olio.
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