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| << | < | > | >> |IndiceAOSTA 6 ISSOGNE 75 ARNAD 19 JOVENCAN 79 ARVIER - LA MOTHE 23 LA SALLE 80 ARVIER - MONTMAYEUR 25 MONTJOVET 88 AVISE 27 MORGEX 93 AYMAVILLES 30 NUS 96 BARD 34 OYACE 98 BRISSOGNE 38 PERLOZ 99 BRUSSON - GRAINES 39 PONT SAINT MARTIN 102 CHALLAND-SAINT VICTOR 42 QUART 105 CHAMPORCHER 44 ROISAN 108 CHÀTILLON 46 SAINT DENIS 110 CHÀTILLON - USSEL 49 SAINT MARCEL 112 COGNE 52 SAINT OYEN 114 COURMAYEUR 55 SAINT-PIERRE 116 DONNAS 57 SAINT-PIERRE - ETROU BLES 59 SARRIOD DE LA TOUR 121 FÉNIS 60 SAINT RHÉMY EN-BOSSES 124 GIGNOD 66 SARRE 126 GRESSAN 68 VERRÈS 128 GRESSONEY 71 VILLENEUVE 130 INTROD 73 VILLENEUVE - CHÀTEL ARGENT 132 |
| << | < | > | >> |Pagina 6I due caratteri essenziali di Aosta romana si integravano nelle linee urbanistiche e architettoniche della nuova città. Così, per chi proveniva da Eporedia (l'attuale Ivrea), percorrendo la «via consolare delle Gallie», l'ingresso avveniva lungo un rettifilo monumentale e scenografico, segnato da opere che testimoniavano la magnificenza della civiltà di Roma e la sua potenza militare. Il primo impatto era il ponte in pietra sul torrente Buthier. Esiste ancora, ma in posizione oggi defilata, perché l'alveo del torrente si è spostato dal sito antico in seguito a una delle tante piene che nei secoli hanno provocato danni e distruzioni anche a monumenti romani. Il percorso monumentale proseguiva con il passaggio obbligato sotto l'imponente arco innalzato in onore di Augusto, un vero «manifesto» politico e insieme religioso del governo di Roma e dell'imperatore. Il monumento appare oggi maestoso e severo, di grigia e marziale solidità nei suoi massi di puddinga (il conglomerato locale che veniva estratto da cave lungo le sponde della Dora Baltea), ma al tempo della Roma imperiale era probabilmente rivestito, in parte, di marmi luminosi, il fastigio superiore era più alto e ospitava le epigrafi dedicatorie (in grandi lettere di bronzo), e le nicchie erano ornate di statue e trofei marmorei. Percorrendo questo asse viario monumentale, si arrivava alle mura della città e alla sua porta più importante, la Porta Praetoria, dove i due caratteri del nuovo insediamento urbano - quello militare e quello civile - raggiungevano il punto maggiore di espressione e integrazione. L'alta cinta muraria e le torri di difesa che ne segnavano tutto il percorso (nel Medioevo diventarono, in parte, fortilizi delle casate signorili e lo stesso arco di Augusto ebbe identica sorte), custodivano al loro interno il teatro e l'anfiteatro, il foro, le terme e i templi, gli uffici pubblici e le abitazioni civili. Era, dunque, il 25 a.C, oltre duemila anni fa. Sul finire del I secolo a.C., la Valle d'Aosta aveva vissuto uno dei momenti cruciali della sua storia. Le legioni romane, comandate dal console Aulo Terenzio Varrone Murena, avevano definitivamente sconfitto i Salassi, popolazione di stirpe celto-ligure, che per oltre un secolo erano riusciti a contenere la politica espansionistica di Roma. Benché sconfitti più volte, come nel 143 a.C. dalle legioni del console Appio Claudio Pulcro, i Salassi avevano conservato margini di indipendenza, sia pure in qualche modo controllata e vigilata da Roma, dopo la fondazione, già nel 100 a.C., della città di Eporedia (Ivrea), allo sbocco dei loro territori nella pianura canavesana. L'esercito romano aveva inoltre in Valle d'Aosta una presenza fissa e in qualche modo intimidatoria verso i Salassi: un castrum stativum, cioè un accampamento stabile, essenzialmente di tipo militare e non civile, in un'area forse vicina alla odierna città di Aosta. | << | < | > | >> |Pagina 60Le prime testimonianze documentarie dell'esistenza di un sistema fortificato a Fénis, già di proprietà della famiglia Challant, risalgono al 1242 quando i signori del luogo — i fratelli Aymone, Goffredo e Bosone IV di Challant — sottoscrivono l'atto di vassallaggio e l'omaggio feudale al conte di Savoia. In quel documento si parla di un castrum de Fenicio, ma non si sa quali forme e dimensioni avesse l'edificio. Sulla scorta delle vicende costruttive di altri castelli valdostani, si può tuttavia ipotizzare che, probabilmente già dalla fine del secolo precedente, esistesse una qualche struttura tipica del cosiddetto «castello primitivo», composto cioè soltanto da una torre, o casaforte (forse identificabile con la robusta torre quadrangolare che ora affianca l'ingresso principale), protetta da una doppia cinta muraria. | << | < | > | >> |Pagina 116E pensare che, «spogliato» delle sovrapposizioni ottocentesche (per altro oggi abbondantemente storicizzate e diventate elemento caratterizzante dell'immaginario comune del complesso), il castello di Saint-Pierre si rivela prezioso documento architettonico della fase più antica del fenomeno dell'incastellamento in Valle. È infatti testimoniato già esistente nel 1191, appartenente ai signori de Sancto Petro, ma con una sorta di signoria consortile che registra, per porzioni di feudo, anche i Signori di Quart, gli Challant e i Morgex. È importante ricordare che nel territorio del Comune di Saint-Pierre ci sono due castelli, entrambi di consistente struttura architettonica ed entrambi con una funzione rilevante nella rete delle presenze fortificate in Valle d'Aosta. Il primo domina l'abitato dalla sommità di un rilievo roccioso, affiancato, ma in posizione leggermente più bassa, dalla chiesa parrocchiale con il suo campanile romanico, mentre il secondo è quello di Sarriod-de-la-Tour, a breve distanza, sulla sinistra orografica della Dora Baltea.
Non sappiamo quale consistenza avesse il castello di Saint-Pierre nella sua prima fase, ma si può
correttamente pensare che non si discostasse dalla tipologia «primitiva» di un sito fortificato: una
grossa torre, o
donjon,
forse già adattata a casaforte, racchiusa in una cinta muraria. Ancora all'inizio
del Quattrocento la situazione non doveva sostanzialmente essere stata modificata perché un
documento di investitura a Giovanni di Saint-Pierre testimonia l'esistenza delle mura al cui centro si
trovavano alcuni edifici, ancora staccati l'uno dall'altro. Certamente più antica, forse costruita nella
sua prima fase prima del Mille, ma poi riedificata nell'ultimo dell'Ottocento salvando soltanto
lo splendido campanile romanico del XII secolo, con copertura piramidale e aperto da trifore e
bifore, è invece la chiesa parrocchiale. È ai piedi del castello, di cui sembra essere parte integrante,
addossata al lato meridionale dello sperone roccioso, e rappresenta un elemento inscindibile
dell'immagine del maniero.
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