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| << | < | > | >> |Indice5 Mare di Sardegna 9 Sentiero mare: il giro a piedi della Sardegna in 80 giorni 20 Turismo e qualità 26 ITINERARIO 1 Da Ottiolu a La Caletta UN BALCONE SU TAVOLARA 40 ITINERARIO 2 Da Santa Lucia a Cala Liberotto MAGICHE BARONIE 52 ITINERARIO 3 Da Cala Gonone a Cala Sisine IL GOLFO DI OROSEI 68 ITINERARIO 4 Da Cala Bernardini di Santa Margherita di Pula a Sa Perda Longa CAPO SPARTIVENTO 84 ITINERARIO 5 Da Porto Pino a Sant'Antioco GOLFO DI PALMAS 102 ITINERARIO 6 Da Portoscuso a Buggerru COSTA DI IGLESIAS 122 ITINERARIO 7 Da Tharros a Sa Rocca Tunda PENISOLA DEL SINIS 138 ITINERARIO 8 Da Cala Dragunara a Capo Caccia CAPO CACCIA E LA NURRA 150 ITINERARIO 9 Da Isola Rossa a Costa Paradiso GRANITI DI GALLURA 160 ITINERARIO 10 Dal Compendio garibaldino di Caprera a Cala Coticcio CAPRERA |
| << | < | > | >> |Pagina 5Mare di SardegnaUN BENE DA SALVARE Le coste della Sardegna sono uno dei luoghi più speciali del pianeta. In epoche geologiche remote, le montagne del Sulcis, dell'Iglesiente e della Nurra furono le prime a emergere da un mare Mediterraneo ben più vasto di quello odierno. I graniti, che formano l'impalcatura dell'isola, sono stati lavorati dal vento, dal sale e dalla sabbia per milioni di anni, prima di giungere a noi, scolpiti in forme tondeggianti, morbide, addolcite. Un paesaggio unico, dove si alternano ambienti diversissimi a ogni giro di promontorio, proprio per la grande varietà di formazioni geologiche: graniti ma anche scogliere a precipizio di origine vulcanica, antichi scisti, bianchissimi calcari, spiagge e dune, stagni e lagune. La Sardegna è speciale proprio perché isola antica, relitto di terre anteriori alla nascita di Alpi e Appennini e di tutta la penisola italiana.
La sua costa è rimasta vergine e incontaminata fino agli anni
60, quando iniziò la valorizzazione turistica. Da allora ampi
tratti costieri sono stati brutalizzati dal cemento. Tuttavia, l'isola, che ha
uno sviluppo costiero di 1.897 km, di cui 1.438
di costa alta, presenta barriere naturali (falesie, stagni...) che
hanno in larga parte preservato questo bene naturale e paesaggistico. Un
monitoraggio condotto qualche anno fa dal Wwf, in collaborazione con la Guardia
di Finanza, rivela che il 70% del litorale è in stato di naturalità. La nostra
ricognizione a piedi del 2007 conferma nella sostanza questo dato.
UN SANTUARIO DELLA BIODIVERSITÀ La grande varietà di ambienti della costa sarda genera ecosistemi diversi, e quindi un'inconsueta ricchezza di forme di vita: sono circa 2mila le specie vegetali presenti in Sardegna, in un territorio 20 volte più piccolo di un Paese del Nord Europa come la Svezia, che ne ha in tutto 1.800. Inoltre, la Sardegna è un'isola, in posizione centrale nel Mediterraneo, e molto distante dalle coste continentali. L'insularità ha impedito scambi genetici con le popolazioni animali e vegetali di altri territori (ad eccezione della Corsica) favorendo l'evoluzione di moltissime specie endemiche, come il muflone o il cervo sardo.
La tutela di questi ambienti è da sempre difficile: i parchi protetti
stentano a decollare e qualcuno, come il Parco nazionale
del Gennargentu e del golfo di Orosei, è naufragato, forse definitivamente. Una
buona notizia però c'è. Dopo molte esitazioni, nel 2007 sono stati finalmente
individuati anche in Sardegna i siti da inserire nella rete di Natura 2000, un
sistema coordinato di aree destinate alla conservazione della diversità
biologica presente nel territorio dell'Unione Europea. Si tratta,
nel linguaggio un po' astruso della burocrazia comunitaria, di
15 siti Zps (Zone di protezione speciale) su una superficie di
51mila ettari e 92 Sic (Siti di importanza comunitaria proposti) su 426mila
ettari, pari al 17,7% del territorio regionale.
Molti di questi siti sono sulla costa, e proprio nei luoghi scelti
per i dieci itinerari di questa guida.
UNA TERRA DI CONFINE Lungo tutta la costa, da nord a sud si scorgono torri di guardia, sbrecciate dal tempo e dagli elementi. Sono una in vista dell'altra, a perdita d'occhio, vedette su quel mare un tempo così pieno di insidie. Così era tutta la costa sarda fino a cinquant'anni fa; le poche città erano arroccate intorno ai porti e ai castelli, cinte da mura, ben difese dalle navi saracene che per secoli sono state una costante minaccia. Altro non c'era: forse una chiesa, bianca di calce col campanile a vela, poteva sorgere sulla marina, luogo del martirio di un santo, ed essere meta di pellegrinaggio nell'anniversario: è il caso di Sant'Efisio, a Pula. Altre ragioni per frequentare quel confine tra mare e terra non c'erano.
Certe piccole chiese sarde ricordano le missioni che gli spagnoli fondavano
ai confini del loro vasto impero, nelle Americhe. La Sardegna del XVII secolo
era una terra di confine, e
la sua costa quasi terra di nessuno. Nemmeno le guarnigioni
dei soldati che dalle torri vigilavano sulla costa amavano stare
a lungo a contatto con quel mare, ma soprattutto con le paludi.
Ci si ammalava e si moriva per la malaria, debellata solo con
le bonifiche del secondo dopoguerra, grazie ai fondi della
Fondazione Rockefeller e al Ddt degli americani. Nessuno o
quasi voleva quelle terre battute dal maestrale, dove il sale
brucia i germogli e piega gli alberi. In eredità si davano alle
donne o agli emigrati. I sardi non hanno mai amato la costa.
Tutte le grandi città sono state fondate da gente venuta dal mare
e da terre lontane: fenici, cartaginesi, romani e bizantini nell'antichità,
pisani e genovesi e aragonesi nel Medioevo, infine
spagnoli e piemontesi. Ancora oggi sopravvive nei sardi dell'entroterra una
certa diffidenza verso gli abitanti delle città sul mare.
UN PAESAGGIO, UNA LINGUA La Sardegna ha una sua lingua, la più arcaica e isolata di tutte le lingue neolatine. Tradizionalmente veniva divisa in due varianti principali, il campidanese (del centro-sud) e il logudorese (del centro-nord); oggi la forte volontà politica del governo regionale di Soru, dopo decenni di discussioni, è riuscita a elaborare un'ortografia e una norma scritta comune (Sa Limba Sarda Comuna), che, nel rispetto delle grandi differenze di vocabolario e di pronuncia esistenti da zona a zona e da paese a paese, permetterebbe l'introduzione del bilinguismo nelle scuole e nella pubblica amministrazione. Il sardo è una lingua conservativa, in cui si sono preservati suoni e parole del latino di epoca repubblicana ed è tuttora fonte di straordinarie scoperte e sorprese per gli studiosi dell'evoluzione delle lingue romanze. Una lingua viva, parlata nelle famiglie, e che risuona nella poesia e nella musica tradizionale del canto a tenores, ma anche nel rock dei Tazenda e nelle bellissime voci di Andrea Parodi, Maria Carta, Elena Ledda e di molti altri che continuamente rinnovano e arricchiscono il patrimonio della tradizione. La Sardegna ha una straordinaria varietà linguistica: oltre al sardo e al catalano della città di Alghero, residuo dei quattro secoli di dominazione aragonese (entrambe riconosciute lingue di minoranza dalla legge nazionale), sono protette dalla Regione Sardegna le lingue della Gallura (il gallurese, una varietà di còrso), il sassarese (una varietà intermedia sardo-còrsa), e il tabarchino, la parlata genovese del Cinquecento rimasta viva nelle isole di San Pietro e Sant'Antioco. La consapevolezza del valore della propria terra passa anche dal rispetto dei nomi delle cose e dei luoghi. Troppo spesso lungo il nostro cammino abbiamo visto cambiati o storpiati i toponimi tradizionali: la Turre de su Fenugru (torre del Finocchio) è diventato il villaggio Torre delle Stelle. La cala Purgatorio è diventata cala Paradiso. Lo avevano già fatto i sabaudi, che storpiarono nomi come Gennargentu, in cui l'argento non c'entra, perché il nome sardo era Ghenna 'e Bentu, cioè "porta del vento", molto meno venale e più poetico. Caso analogo per l'isola Mal di Ventre, che era in realtà l'isola del Malu Bentu, cioè del cattivo vento. Così il noto Tanka Village di Villasimius, villaggio a cinque stelle che ospita vip dello spettacolo e della politica, viene promosso per le sue spiagge polinesiane. Ma sono spiagge sarde, e "tanka", o meglio "tanca", non è una parola che viene dai mari del sud: in sardo indica un terreno recintato. Quindi si piantano palme sulle spiagge, non quelle nane, che sono autoctone, ma quelle delle Hawaii. E le spiagge si chiamano beaches. Golfo Aranci era il golfo "de li ranci", granchi in gallurese. Di aranci lì, nemmeno l'ombra. A Caprera incontriamo due turiste che ci chiedono dov'è la cala Tahiti (è una mania, la Polinesia). Fingiamo di non capire: noi stiamo andando alla cala Coticcio, famosa per la sua acqua turchese, per i suoi graniti rosa, per i ginepri secolari (vedi itinerario 10). | << | < | > | >> |Pagina 9Sentiero mare: il giro a piedi della Sardegna in 80 giorniUN "SENTIERO MARE" PER LA SARDEGNA Due milioni di passi attorno alla Sardegna. Ottanta giorni, come nel giro del mondo più famoso, abbiamo impiegato per compiere un tortuoso anello di 1.500 chilometri intorno all'isola. Il nostro viaggio è nato da un'idea un po' folle: verificare lo stato delle coste più belle e meno abitate del nostro paese, a pochi mesi dall'entrata in vigore del Piano paesaggistico regionale, uno strumento urbanistico di eccezionale coraggio, che ha di fatto bloccato ogni nuova costruzione in una fascia di due chilometri dalla linea di battigia. Percorrere integralmente a piedi la costa della Sardegna e di quattro isole minori (Sant'Antioco, San Pietro, La Maddalena e Caprera) è servito anche, nell'estate del 2007, a verificare la possibilità di realizzare un percorso escursionistico il più possibile continuo lungo le coste dell'isola. Dovendo fare un bilancio, il grande anello sardo si chiude con luci e ombre. Le difficoltà sono state molte, a partire dalla scarsità di acqua potabile, e dal costo di quella venduta in bottiglia. Il turismo balneare, delle seconde case e dei villaggi non è compatibile con l'attraversamento lento del territorio: sono troppe le barriere e troppa anche la compromissione del territorio. Gli itinerari individuati e proposti in questa guida sono quelli più facilmente ripetibili, ma non esauriscono le possibilità dell'isola. Sono stati esclusi tratti di costa di indiscutibile valore, perché di difficile percorribilità, o perché non raggiunti dai mezzi pubblici. Spesso interventi minimi, come quelli fatti sul lungo e bellissimo sentiero sulla costa di Iglesias (itinerario 6), per iniziativa dell'associazione A Ca' da Pria basterebbero ad attrezzare di percorsi a piedi zone finora escluse da ogni tipo di frequentazione turistica, perché troppo impervie e selvagge. Occorre recuperare i percorsi pastorali, che sempre ci sono: quante volte i sentieramenti di capre e pecore ci hanno guidato fuori da scogliere impervie! Angoli di Sardegna dimenticata, come capo Marargiu e Punta Argentiera (dove si stanno pensando progetti di riqualificazione delle strutture ex-minerarie) e le dirupate scogliere della Nurra, Capo Pecora nell'Iglesiente, improponibili mete per il turismo balneare, meriterebbero di essere conosciute e frequentate da chi va a piedi, e così le coste selvagge delle isole di Sant'Antioco e di San Pietro. Il percorso dei carbonai di capo Sferracavallo, in Ogliastra, non è noto agli operatori turistici della zona, ma esiste, e qualche volontario si è premurato di segnarlo in modo rudimentale.
Il nostro viaggio è stato l'occasione per fare emergere alcuni progetti e
mettere in contatto tra loro organizzazioni e singole persone che da tempo
lavorano per promuovere un turismo diverso nell'isola. La Lega Uisp Montagna di
Sassari ha già presentato alla regione Sardegna un progetto per il sentiero Mar
di Sardegna, un percorso escursionistico di circa 500 km e 42 tappe,
lungo la costa occidentale, comprese le isole di Sant'Antioco,
San Pietro e Asinara. Il gruppo di giovani architetti di Officina
Mediterranea ha messo a punto un progetto per un bivacco a
basso impatto, realizzato in materiali naturali (ferro, legno e granito),
indipendente dal punto di vista energetico e i cui elementi sono trasportabili
da un mulo. Un Sentiero Mare non potrà forse mai descrivere un anello completo
intorno a questa isola bellissima, ma potrebbe essere un eccezionale strumento
di conoscenza di quei territori esclusi o marginalmente interessati dal turismo
balneare. Sarebbe una proposta turistica eco-compatibile per quel 70% di coste
incontaminate che il Piano paesaggistico vorrebbe lasciare in eredità ai figli
dei nostri figli.
I NUMERI DEL GIRO 78 tappe 2 giorni di riposo 20 kg lo zaino di Riccardo, esclusi cibo e acqua 15 kg quello di Roberta, esclusi cibo e acqua 25 pernottamenti sotto un tetto 55 pernottamenti in tenda 565 ore di cammino effettivo 7,24 la media delle ore di cammino al giorno 11 ore le tappe più lunghe (62a Castelsardo e 68a Porto Pozzo) 1 ora la tappa più corta (6a Santa Lucia) 248 punti di rifornimento d'acqua 3,1 la media dei punti di rifornimento d'acqua giornalieri 5.132 € il costo del viaggio per due persone (compresi viaggi A+R in nave) 64 € il costo del viaggio medio giornaliero per due persone (cena saltuariamente al ristorante) | << | < | |